§ Il corsivo

Acrobati sul filo del telefono




Milla Pastorino



Niente di personale, si capisce. Anzi, qualche volta ci si trova a pensare che quel coso nero puntato contro l'orecchio tipo "colpo di grazia" possa anche essere di grande utilità. Forse non quando la signora bionda, troppo bionda, in attesa delle verdure dal suo fornitore, lo usa per comunicare all'amica "sto dal verduraio, oggi ho in mente di preparare un tortino di carciofi", o quando l'uomo alla guida dell'auto ignora che il semaforo è scattato sul verde perché continua a mandare telefonici bacetti alla "micina" che non sarà probabilmente una gatta (i gatti non amano il telefono) ma una moglie o fidanzata o chissà che.
Sono fatti loro o, come dice l'intercettatore di "Cuore" diretto da Michele Serra, fatti del terziario arretrato. Ma che l'uso del "telefonino" possa diventare un guaio lo sanno ormai anche coloro che non lo hanno. Avete mai ricevuto una chiamata da chi parla dall'automobile?
Un vero percorso di guerra. "Scusa, sto entrando in zona d'ombra, ti richiamo". E va beh. Ma quando il telefonista cellulare parla e voi sentite solo scrosci e botti, o sirene di ambulanze? Che è successo? Incidente? Scontro mortale? Regolamento di conti? Arresto per tangenti? Può succedere, e forse non lo saprete mai. Oppure saprete dopo, molto dopo, che "il traffico era un casino, non puoi immaginare". Come se il traffico cittadino fosse un fenomeno riservato agli automobilisti O forse con telefono incorporato, del quale gli altri, tutti gli altri, neppure immaginano l'esistenza.
Ultimo - giuro - esempio di uso tragico del telefonino.
Involontaria intercettazione unilaterale della conversazione fatta da un signore di mezza età dal corridoio di un treno rapido fra Roma e Genova. Dobbiamo sostituire con puntini di sospensione la frase di chi riceveva la telefonata perché noi sentivamo solo la voce del viaggiatore. Che disse.. "Sono io, mi passi la signora ... " "Come non c'è, dov'è andata?" "..." "Ah, non sa dov'è andata. Non l'ha detto. "..." "Ma quando è uscita?" "..." "Mezz'ora dopo che sono partito?" "Ah, le ha telefonato l'ingegner Galli. Ma le ha dello se torna per pranzo?" " ..." "Nooo? Neppure per cena, ma porca miseria, le avrà detto che è successo. Sta male qualcuno" "..." "No, dice? Che la signora era allegra e cantava mentre faceva il bagno? Senta, Maria, se telefona le dica di chiamarmi. Il numero del cellulare lo sa. Io richiamo appena arrivo." "..." "No, non si preoccupi, va tutto bene. Ah, un momento: che vestito aveva?" " ... " "Quello grigio chiaro? Va beh, ci risentiamo. Non le dica che ho chiesto che vestito aveva".
Ci vorrebbe uno Shakespeare per narrare la tragedia di una telefonata e di un vestito grigio chiaro. O forse Beppe Grillo? O Woody Allen, che prima di tutti i suoi recenti guai coniugali, mise in un film la famosa battuta: "se il tuo psicanalista li chiama alla due di notte e scoppia a piangere, non ti viene qualche dubbio?", e anche questa fa parte delle leggende metropolitane legate al telefono. Come le telefonate idiote di quelli che ansimano nel microfono e non sai se intendano turbarti o, in preda ad attacco d'asma, credono di aver fatto il numero del loro medico.
Le telefonate, "sexy" perseguitano purtroppo anche chi non penserebbe mai di buttare i suoi soldi in ascolti a luci rosse, oltretutto preregistrati (dicono) e a tariffe interplanetarie. Chi ha giovani figli li avverta: meglio un viaggio aereo con soggiorno pagato a New York o a Melbourne che una telefonata a uno dei tanti telefoni sexy.
Se poi a servirsi del telefono per queste chiamate è un vecchio parente, vi resta sempre il ricorso all'interdizione.
E forse bisognerebbe interdire anche tutti i parenti (di solito non proprio giovani) che inseguono premi sulle onde della radio e della televisione. Adesso stanno comparendo i telefonini verdi, nel senso che non riducono al verde chi telefona perché la telefonata è a carico del destinatario. Ma sono pochi, e la maggior parte degli utenti chiamano a loro spese per rispondere a domande non sempre tanto intelligenti che occupano i programmi dall'alba alla notte. A loro spese? Non è proprio sicuro. Ci sono spesso telefoni abbandonati come cani senza collare, in appartamenti sfitti, in case affidate alla custodia di persone gentili ma affette da telefonomania, lasciati alla mercé di adolescenti, i quali per la verità non tanto amano i quiz radiotelevisivi quanto gli amichetti conosciuti all'altro capo del mondo dove dissennatamente li abbiamo mandati in gita scolastica o gita premio, e non rinunciano a mantenere i contatti. Il che significa due cose: bollette terrificanti e linea quasi permanentemente occupata. Chi ha rapporti (di lavoro, di amicizia) con famiglie dotate di figli adolescenti sa che cosa dico quando parlo di telefono occupato.
E non si tratta di giovanissimi impegnati a domandare soccorso ai telefoni rosa e azzurri, perché pare pensabile che in casi di violenze familiari si preferisca una cabina pubblica. Preferita anche dagli anziani che si confidano col telefono d'argento e magari anche da coloro che contattano, all'insaputa dei parenti (magari la moglie?), un'agenzia di accompagnatrici. Per non, dire, al limite, un'agenzia matrimoniale in vista di imminente divorzio. Telefono, telefono. Bianco agli inizi del cinema per significare eccitante lusso ed alto tenore di vita. Nella realtà di allora, nero e pesante.
Nella mia famiglia, e parlo di circa cinquant'anni fa, il primo telefono era nero, grandissimo e fissato severamente alla parete. Era il momento magico dell'innamoramento fra una delle mie sorelle con quello che (pare una telenovela) quindici anni dopo sarebbe diventato suo marito, padre dei suoi quattro figli e ormai nonno di un imprecisato numero di nipoti. Ebbene.. questa sorella stava al telefono per tempi non valutabili, ma che certo davano il senso dell'infinito. Smetteva solo quando sentiva in arrivo l'ascensore che portava a casa mio padre, e si allontanava con aria innocente e disinvolta. Peccato che mio padre toccasse il telefono (che aveva inevitabilmente e inesorabilmente trovato occupato) e - trovandolo bollente - giurasse ogni volta di farlo "staccare".
Il telefono staccato, o isolato da un guasto: un evento che può far piombare nella tragedia.
Staccato per morosità? Comincia l'indagine: chi ha preso dalla cassetta della posta la bolletta della Sip? Chi aveva l'incarico di pagarla? Dov'è il prezioso tagliandino che comprova il pagamento? E se la bolletta non è stata pagata, perché? Perché il figlio delinquente che ha fatto tremila telefonate con Parigi l'ha nascosta, o perché l'ha nascosta la colf filippina che mantiene i rapporti familiari via telefono? Non si saprà mai, e si dovrà andare alla SIP per pagare il dovuto e riavere (in tempi malcerti) il riallaccio.
Se invece si tratta di un guasto, oltre a comporre, il 182 e beccarsi l'esaurimento da stress ascoltando voci sintetizzate, non resta che pregare. Ci deve pur essere un santo protettore degli utenti Sip. O che pregare magari un feroce iddio che pretende sacrifici umani in cambio della riparazione.
Forse aveva ragione la nonna, che diffidava del telefono e quando proprio non poteva fare a meno di usarlo teneva il microfono il più staccato possibile dal viso... Aveva anche un suo concetto particolare della comunicazione telefonica, per cui tanto più grande, era la lontananza, tanto più forte lei parlava. Quando la chiamò un nipote da Seattle, Stati Uniti, dicono che la sua voce risuonasse per tutto il quartiere. Poi, terminata la conversazione faceva due cose: baciava il microfono dal quale le era arrivata la voce della persona cara, e poi, con la manica accuratamente lo puliva: come a mantenere il più possibile privata quella sua magica conversazione. O forse anche perché, al momento dei saluti piangeva, e non voleva lasciare traccia della sua debolezza.
"Piange il telefono" dice una famosa canzone di Domenico Modugno. Ma di solito piange chi parla al telefono. Il telefono in sé è plastica (sempre più sottile, avete notato?) e almeno in apparenza non reagisce ai sentimenti. Sentimenti che hanno ispirato molte canzoni, famose e no, belle e no, tutte collegate all'invenzione di mister Bell.
Adesso, con l'uso straripante delle segreterie telefoniche, le telefonate sono diventate asettiche, vorrei dire, marziane. Nonostante gli sforzi degli inventivi, degli ingegnosi, degli spiritosi che si annunciano con musichette o rumori (e uno crede di aver sbagliato numero e mette giù) o con allegri "ciao"! e disinvolti "sono Giulia ma non ci sono"... Conosco illustri, gentili e autorevoli personaggi della cultura e della politica che non parlano mai con le segreterie telefoniche: "mettono in soggezione" affermano e poi resta la registrazione. Però, sono utili, anche se, tornando a casa dopo un'assenza di qualche giorno, non sai mai se l'ingiunzione del creditore è di oggi, di ieri o di sei giorni fa. Se "porteremo il tavolo lunedì" si riferisca a quello passato o quello che verrà. Se il "ti amo" non sia stato superato da un gelido "ti ho amato", ovviamente non registrato, tanto è inutile. Chi ricorda "La voix humaine" di Jean Cocteau, il monologo portato nel nostro cinema da Anna Magnani con la regia di Rossellini? E' una donna non più giovane, sola con un cane appartenente a un uomo che non la chiama al telefono. E che, quando la chiama, le dice tante bugie. E lei è aggrappata al filo di quel telefono che non porta da nessuna parte, perché lei non sa da dove è stata chiamata. Forse ho cominciato a non amare il telefono dopo quel film. Dopo l'immagine del volto tragico di Anna Magnani aggrappata al filo delle sue inutili speranze. A quel filo che, a buona ragione, Jacques Prévert definì "décevant", deludente.


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