Post scriptum




a. b.



E' proprio vero che non si può stare mai tranquilli. Dopo il grido di dolore per la difesa dell'identità culturale, ecco il ruggito giustizialista. Autore, questa volta, il sanguigno senatore professor Miglio. Il quale, iettatoriamente profetizzando "bagni di sangue", proclama: "Il linciaggio è la forma di giustizia nel senso più alto della parola". E per chi non coglie al volo il significato delle sue parole, precisa: "La voglia di Piazzale Loreto è forma alta di giustizia". E per chi è duro di comprendonio, l'inclito Miglio chiarisce: "C'è la giustizia dei legulei, che è il modo di imbrogliare il prossimo, e la giustizia popolare che si esprime nei moti rivoluzionari". Il gran pensatore padano non parla nel deserto del Far West, ma nel popolatissimo territorio della Repubblica italiana.
Giusto che sia così; che, a differenza dell'infernale linguaggio di Carrocciopoli, costui si esprima con la fulminante micidialità di chi può esibire i muscoli, vergognandosi del proprio preistorico cervello. Non dissimile, questo cervello, da quello descritto per un qualche suo antenato lumbard, nel tredicesimo capitolo dei "Promessi Sposi", là dove il Manzoni, scrivendo del popolo che sta dando l'assalto alla dimora del politico di turno, quel bugiardo ladrone e codardo del vicario di Provisione, racconta: "Spiccava tra questi, ed era lui stesso spettacolo, un vecchio malvissuto che, spalancando due occhi affossati e infocati, contraendo le grinze a un sogghigno di compiacenza diabolica, con le mani alzate sopra una canizie vituperosa, agitava in aria un martello, una corda, quattro gran chiodi, diceva di voler attaccare il vicario a un battente della sua porta, ammazzato che fosse".
Eccolo, l'antenato del senatore professor Miglio. Altro che il vecchione - che pure fortissimamente gli somiglia - che nel quadro del veneziano Tintoretto attenta alla casta Susanna. Per non farsi riconoscere, Miglio è passato dal tosatore, si è fatto radere al suolo (cranico) la "canizie vituperosa ", e ha cambiato il martello con la sciabola giussanese a doppio taglio.L'immagine migliana, o migliesca che si voglia, è quella di tritaossa che, da perfetto forcaiolo, aizza i sentimenti bestiali della folla e invoca giustizie sommarie. Chi ha scritto che chi non conosce la propria storia è poi costretto a riviverla, sapeva quel che diceva. Il costituzionalista Miglio (un esperto di diritto!) la storia proprio non deve conoscerla, o fa finta di ignorarla. Dopo il furore popolare, emerito Miglio, vennero i lanzichenecchi e la peste. Allora, emendi il suo pensiero patibolare. Sotterri l'ascia di guerra. Non sogni scalpi. Soprattutto, si prenda un sedativo: nella certezza che, grazie al laticlavio, non sarà sottoposto all'antidoping.
E poi si critica quello che esibisce alla Camera il nodo scorsoio! (A proposito, avrà avuto un antenato boia? O è proprio lui ad avere la vocazione?). Occorre dire, però, che se il Miglio-pensiero ispira i comportamenti di chi scambia il Parlamento per un "bivacco" (qualcuno ricorda?), il Bossi/Rocchetta-pensiero apre invece nuovi orizzonti alla letteratura. Ne sentivamo il bisogno.Mentre nei salotti buoni e sui giornali i perdigiorno discutono sul romanzo, e mentre i poeti esiliano nei cassetti i loro versi, destinati ad arricchire i "fondi", le "donazioni" e magari le "pubblicazioni postume" che fanno tanto moda, l'onore della stampa è giustamente toccato all'Inno della Lega Nord, composto dalla nobildonna Isa Marchiori, vedova del conte Grandinetti: che non è solo ex insegnante, archeologa, storica dei Celti e delle popolazioni della Gardesana, romanziera, esperta di poesia per bambini, ma anche "simpatizzante leghista", che non guasta. Ecco quel che le nobili meningi della Marchiori hanno distillato fra i perigliosi scogli della storia contemporanea e della metrica estemporanea:

Ingordi banchettavan gli sciacalli
sulle coscienze sporche del regime,
ma quando maggio rinverdì le valli
dal lungo sonno si svegliò il guerriero
e tese la sua spada verso il cielo.
"...lo riconobbe il popolo lombardo
che s'affrettò all'altare di Pontida
giurò alleanza, poi lanciò una sfida:
"Noi scoprirem le fogne del potere
e le carogne spazzeremo via.
Signore, così sia! Così sia!"

(Ritornello)
La Lega Nord è come
un grande arcobaleno
che può allacciar Milano.
E' come un'ammiraglia
con vele trasparenti,
con Bossi non s'incaglia
e sfida le correnti.
La Lega Nord è il popolo,
la tigre giustiziera,
divora questo secolo
ma apre una frontiera.

Vento di rabbia, abbatti l'arroganza,
guida il Carroccio verso la speranza,
verso giustizia, lavoro e dignità;
sogno che dura da un'eternità.
Rotola già tra cento torri e cento...
odi lo squillo? Abbraccia quel vessillo,
solo nel sole, oppresso dal cemento
ad ascoltar del popolo il lamento.
Un popolo che sfodera gli artigli
quando non ha più pane per i figli.

Gentile contessa, io dubito che quelli del Nord non abbiano pane per i figli, così come sono certo che è amarissimo il pane che per secoli hanno mangiato i ragazzi del Sud. D'altra parte, neppure oso entrare nel merito delle sue qualità poetiche, che ad occhio e croce (più a croce, in realtà) sembrano pasquinare la "erre moscia" di rigore fra i suoi pari - se è vero che noblesse oblige - e rotolare nei lessemi da trucio servitorame sub-pasoliniano con quei "banchettavan gli sciacalli", 'fogne del potere", "tigre giustiziera", e via verseggiando. Un solo dubbio mi toglie il sonno, ora che il guerriero, mentre maggio rinverdisce le valli, si sveglia dal letargo e, forse non avendo altro da fare, tende la spada verso il cielo: se progettate di "spazzar via le carogne", non ritenete di dover essere delle iene? La supplico di informarsi da quello del nodo scorsoio, contessa, e poi magari da quell'altro che esalta i valori del linciaggio in piazza: e mandi avvisi di garanzia a quanti è bene che si tengano alla larga dal vostro branco.
Eppure il problema resta. Nel momento in cui il flirt tra musica e politica è diventato incalzante, e De Gregori simpatizza con i referendari, i New TrolIs incidono l'inno dei popolari di Segni, e persino Jovanotti mette giù un rap in lode dei "liberali che mi sembrano persone oneste e pure regolari", i leghisti sentono bruciare l'anima per il rifiuto dei cantanti a partecipare alle loro adunate.
Le uniche citazioni che a tempo di rock li riguardano sono quelle di Pino Daniele ("Questa Lega è una vergogna ") e di un esplicitamente impudico Giorgio Gaber ("Si può / farsi tutti una bella Lega / si può... ").
Dove trovare un Mameli che celebri i fasti padani? Dove sono gli emuli della sullodata marchesa? La domanda se l'è posta un 'associazione che più leghista non si può, "l'Arte Nord Cultural lombarda ", che con l'aiuto di un paio di professionisti ha bandito un concorso popolare per buttar giù il "Bella ciao" o "l'Internazionale'' delle masse lumbard. Con risultati, pare, lusinghieri, almeno sul piano della quantità: sono giunte un centinaio di composizioni, da quelle professionali, con arrangiamento e spartito, a quelle artigianali, che sui nastri registrati immortalano passione e raucedine vocale della stirpe celtica.
Gipo Farassino, deputato, chansonnier, e antimeridionale dalla fedina penale - se non ricordiamo male - non proprio immacolata, è sconcertato: la retorica travolge la rude immediatezza e il sostanzialismo proletario del suo stile. Esempi? Slancio storico: "Di Giussano l'Alberto / ha ispirato l'Umberto ". Minaccioso: "Per i corrotti che han formato / la repubblica delle banane / son già pronte le campane". Compiaciuto: "Cinque aprile, primavera / è l'inizio della lega / è la fine del sistema / che ormai deve crollare". Volitivo: 'Mandàli a ca' / mandàli a ca'". Declamatorio: "siamo i Lumbard / nel futuro / nella vita con la fede nel cuore"; Speranzoso con rima alternata: "La gente sta sperando / in qualche novità / dal ponte di comando / di questa Italia qua ". Dal rock al valzer, dalla polka alla ballatA: ce n'è per tutti i gusti, mentre dal Sud riecheggia la voce di una vendetta dal sapore khomeinista: "Sul ponte di Bassano / vi taglierem la mano". Il solito borbonico, con ascendenti sciiti? Non è improbabile. Quel che è ceno, è che nel Sud anarcoide nessuno pensa lontanamente di creare - a differenza di quanto accaduto nel Nord organizzato - una "Commissione politica" cui spetterà la scelta finale di un inno al campanile. Sicché la storia, che in realtà non insegna proprio niente, tornerà a ripetersi: lassù, incideranno un disco da vendere sulle bancarelle della Festa della lega tra il profumo Dar e le mutande con il simbolo del partito; e quaggiù falsificheranno, dalle parti di Napoli, inno, profumo e mutande, vendendo al 'nemico" i prodotti della sua imbecillità: e sommergendolo così in un mare di risate.


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