§ Che Italia fa

La volgaritą del potere




Geno Pampaloni



Nell'accezione che ora chiarirò, credo che la parola "ritorno" sia di uso piuttosto recente.
Si dice "ritorno" il vantaggio, nell'immagine o nel fatturato, che si presume di ricavare da una campagna pubblicitaria o promozionale. Se un'azienda, industriale o commerciale, spende, per esempio, un miliardo in iniziative del genere, è perché prevede che prestigio, fatturato e utili cresceranno di una certa percentuale, in seguito a tali iniziative.
Tutto bene. Ma oggi, il "ritorno" è divenuto un calcolo essenziale del nostro sistema politico. Per farsi eleggere, una parte dei candidati alla carica di deputati e senatori (per fortuna solo una parte) spende una certa somma, nella previsione che ne trarrà, con un'accorta manovra delle tangenti, notevoli somme; delle quali verserà un'aliquota al partito, guadagnandosi benemerenze e solidarietà, e terrà per sé un'altra parte, distribuendola in una serie di conti correnti intestati a questo e a quello variopinti come il mantello di Arlecchino.
Gli imprenditori hanno ormai capito l'antifona, e si sono adattati a questa abitudine ricattatoria, divenuta legge non scritta per ottenere i favori del Palazzo. Nello scandalo di Milano ci sono dentro tutti i partiti maggiori, i più potenti: la Dc, il Psi, il Pds. Non c'è troppo da stupirsi, dato che il sistema consente a quei partiti di spartirsi presidenze, vicepresidenze, amministrazioni delegate, direzioni responsabili, di quasi tutti gli enti che maneggiano danari.
A questo punto mi soccorre un ricordo personale. Nel 1960 Adriano Olivetti mi affidò la direzione di un piccolo ente romano (edilizia popolare e servizio sociale). In prossimità del Natale, ci fu chiesto di provvedere, come di consuetudine, ad erogare modeste somme (in confronto all'oggi, spiccioli, centesimi) agli alti funzionari del ministero da cui dipendevamo. La consegna doveva essere fatta personalmente da me, e in denaro contante. Avvertii con un certo allarme Olivetti, che tornò subito a Roma da Ivrea, sconvolgendo i suoi impegni. E mi spiegò: "Veda, non si tratta di corruzione, ma di un complemento ai magri (allora!) stipendi di quei funzionari, ai quali dobbiamo essere grati di non ostacolare il nostro lavoro (era reduce dalla brutta esperienza di Matera, ove un bellissimo quartiere progettato dall'architetto Piccinato e gestito da Paolo Volponi era stato abbandonato per l'ostilità dei partiti). Vada pure serenamente, sotto la mia responsabilità". Il direttore amministrativo del nostro ente, burocrate geniale, non occultò l'esborso, ma lo classificò come l'elargizione liberale disposta dal signor Presidente per le festività di fine armo". Altri tempi.
Nella stanza ministeriale, severamente umbertina, ove fui ricevuto con le mie buste bene ordinate, l'accoglienza fu amichevole.
L'alto funzionario mi offrì un caffè: E' fatto con la napoletana, di cui possiedo una batteria; ed è molto più buono di quella poltiglia che danno al bar". Poi mi parlò di Firenze, dell'Albergo Porta Rossa ove anni prima era stato a rendere omaggio a Benedetto Croce. E anche di letteratura; era fanatico de "Lo Cunto de li Cunti", di cui sapeva intere pagine a memoria. Molto intelligente, aveva capito che c'era in me un residuo fondo di umiliazione in quella spedizione "elargitiva". E voleva dissolverlo.
Passati tanti anni (e che anni), devo riconoscere che in quella operazione non c'era "ritorno", se non un'ombra quasi impalpabile. Oggi invece il "ritorno" è la regola, ed è la cosa che più indispone. La corruzione non l'ha inventata la partitocrazia; c'è sempre stata, da che mondo è mondo, e la natura umana è tale che credo sia impossibile estirparla. E' anche difficile dire quale sia il confine dell'onestà, la quale ci appare, ai nostri giorni, una virtù eroica; come la grazia, e concessa a non molti. Ma ciò che indispone, al di là della corruttela, è oggi la volgarità. Il "ritorno" non si fonda soltanto sull'egoismo, ma sull'uso strumentale che se ne fa, momento tra i più ignobili del potere. Non è un vizio, è un calcolo utilitaristico, indifferente alle sorti della comunità, un programma di vita.
Per questo, pur consapevole dei rischi che correrebbe il nostro Paese se dovesse crollare un regime che tutto sommato ha dato all'Italia benessere (eccessivo e incontrollato) e libertà, auguro sinceramente alla classe politica, fatte le dovute eccezioni, un "non ritorno" nelle stanze del Palazzo, dando questa volta a "ritorno" il suo significato tradizionale.


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