§ Perché camminare con Bonn

La via dello sviluppo porta in Europa




Giovanni Agnelli



Nel momento presente pesa sul processo di unificazione europea l'ipoteca delle apprensioni che da molte parti si manifestano su una possibile egemonia tedesca sul resto dei Paesi della Comunità. C'è, da un lato, il riemergere di ombre e di fantasmi di un passato ormai lontano. C'è, dall'altro, il timore che la leadership economica tedesca possa trasformarsi in un forte condizionamento per le politiche economiche degli altri Paesi. La nostra opinione è che queste preoccupazioni siano molto esagerate.
La storia degli ultimi 45 anni sta a dimostrare come la Germania si sia data un sistema democratico solido e tra i più avanzati nei principii costituzionali e nelle garanzie ai cittadini. D'altra parte, non vi è segno alcuno, nonostante le tensioni sociali di questi mesi, che la Germania si voglia staccare dal processo di costruzione dell'Europa: anzi, la Germania di oggi ha ancor più bisogno - e tutti i partiti tedeschi concordano su ciò - di questo legame con gli altri partners europei.
Il resto dell'Europa non può ignorare che quel Paese è quello che maggiormente ha sostenuto in questi anni l'onda d'urto del crollo dei regimi comunisti dell'Est. Non si tratta soltanto dell'impegno gravoso nei confronti dei 17 milioni di cittadini della ex Repubblica Democratica Tedesca. Si tratta anche delle pressioni generate da un afflusso di masse imponenti di profughi provenienti dall'Europa orientale e dall'Asia.
Nei primi nove mesi del '92, seicentomila persone sono entrate in Germania. Dobbiamo chiederci quale altro Paese avrebbe resistito a questo impatto, senza subire gravi traumi politici e sociali. Noi europei dobbiamo essere ben consapevoli che, in un mondo strettamente interdipendente com'è quello in cui viviamo, nessuno può pensare di stare al riparo da questi eventi senza sostenerne anch'egli, per la sua parte, l'onda d'urto di una deflagrazione come quella avvenuta all'Est.
I problemi della Germania sono, quindi, anche problemi europei. E' un problema europeo condividere i costi economici che quel Paese sta pagando per la propria riunificazione e per il soccorso agli immigrati. Rifiutare quest'onere sarebbe contrastare il cammino della storia. Ma nel momento in cui riconosciamo le esigenze della Germania e i nostri obblighi nell'affiancare la sua unificazione interna, ci sentiamo in dovere di sottolineare le sue responsabilità verso l'Europa. Responsabilità che - ne siamo certi - i suoi governanti conoscono bene.
In questo ambito, se è certamente un principio sano che la Bundesbank sia indipendente dal potere politico, riteniamo che, nell'attuazione del suo mandato istituzionale, questa Banca debba tener conto che il buon governo della moneta tedesca non si può che realizzare in coerenza con un ordinato ed equilibrato sviluppo dell'economia comunitaria. Quindi, come l'Europa è tenuta a dare segni concreti della sua partecipazione ai problemi interni della Germania, riteniamo che altrettanti segni concreti debbano provenire dalla politica economica del governo tedesco, che non può trascurare i problemi che frenano una maggiore crescita delle economie del nostro continente. In questa equa ripartizione di doveri, che è il presupposto di una equa ripartizione di diritti, l'Italia si trova in questo momento ad avere un compito particolarmente grave.
Il compito, in primo luogo, di mettere più Europa nei suoi fatti, oltre che nelle sue dichiarazioni. E sappiamo che questi fatti si chiamano prima di tutto risanamento del Paese. Questo è il senso delle asprezze del presente; del sacrificio che è inevitabile accettare; delle pressioni di noi imprenditori sul governo, sul Parlamento, perché facciano, e facciano in fretta, tutto ciò che deve essere fatto.
Considero con sconcerto, l'atteggiamento di chi vuole tenere l'Italia fuori dall'Europa, pensando di poter continuare a vivere sui debiti. Considero con sconcerto l'atteggiamento di chi ritiene che possa continuare ad esistere e ad essere praticabile una via allo sviluppo basata su enormi sprechi di risorse, sul mantenimento di privilegi corporativi, sulla degenerazione dello Stato assistenziale.
La crisi valutaria degli ultimi tempi ha chiaramente dimostrato che l'Europa non è più disposta a credere in questo modo di gestire il Paese. Dobbiamo allora maturare la convinzione che lo stretto passaggio in Cui siamo incamminati ha un'unica, inaccettabile, via alternativa: la chiusura delle frontiere, una più alta inflazione e più elevati tassi d'interesse. Dunque, non sviluppo, ma stagnazione inflazionistica, e quindi il degrado del Paese e la sua emarginazione dal consesso nel quale per lungo tempo ci siamo illusi di poter far parte senza pagarne il prezzo pieno.
L'obiettivo al quale possiamo tendere, allora, è quello di rientrare in tempi brevi nel Sistema monetario europeo. Questo rientro dovrà avvenire sulla base di una nuova parità della lira, che consenta di collocare i tassi di interesse italiani su un livello prossimo a quello dei nostri principali concorrenti, e in particolare della Germania. Insieme al mantenimento di una rigida disciplina nella politica di bilancio e nella politica dei redditi, è questa una condizione indispensabile non solo per un recupero di credibilità nei confronti dei mercati internazionali, ma per stimolare in modo efficace la ripresa dello sviluppo economico del Paese. D'altra parte, il patto che ci vincola all'Europa non ci consente di dissociarci da essa in quello che è forse uno dei suoi momenti più critici.
Sopra di noi, oggi, il Paese che più si è indebolito all'interno della Comunità, grava la responsabilità di non privare la costruzione europea del nostro apporto e del nostro contributo. E questa responsabilità che abbiamo di fronte ai nostri partners è ancora più grave di quella che abbiamo verso noi stessi. Nelle condizioni presenti, non ci è concesso di arretrare, di cedere alla sfiducia, di accettare come inevitabile un futuro peggiore. Abbiamo tutte le capacità e tutte le potenzialità per superare la crisi attuale del Paese e occupare il posto che ci spetta all'interno della casa europea.


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