§ Strategie anticrisi / Parlano i tedeschi

Le paure di Berlino




Karl Otto Poehl
Presidente Budesbank dal 1980 al 1991



L'immediato futuro economico del maggiori Paesi industrializzati d'Europa si presenta decisamente poco allegro. Per la prima volta che io ricordi, tutti questi Paesi, i cosiddetti G7, o si trovano in recessione o stanno per entrarvi.
Se non ci fosse stata la riunificazione tedesca, poi, l'Europa sarebbe entrata in recessione ancora prima. In termini economici, infatti, la riunificazione ha avuto l'effetto di una iniezione keynesiana di domanda in dosi massicce, attraverso il canale delle spese in deficit. Lo scorso anno, trasferimenti nei confronti della Germania Orientale per quasi 150 miliardi di marchi hanno stimolato enormemente l'acquisto di merci e di servizi da parte della Germania Occidentale e di altre zone. Fino alla metà del 1991 la Germania era stata la locomotiva del Vecchio continente in direzione della crescita economica. Ora, però, la Germania Orientale registra un calo della produzione industriale del cinquanta per cento. Spero che si sia toccato il fondo, e che questo sia l'inizio della risalita. Risalita lenta, visto che il fondo è tanto in basso, risalita quindi che offrirebbe solo un piccolo contributo alle prospettive di crescita dell'Europa del prossimo futuro.
Le stime ufficiali sul tasso di crescita tedesco parlano dell'1,5-2 per cento, previsione che a me pare alquanto ottimistica, soprattutto dopo il recente accordo salariale tra i sindacati e i produttori d'acciaio tedeschi che fissa un obiettivo d'incremento maggiore del 6 per cento, talmente sproporzionato rispetto agli incrementi produttivi da aver messo in dubbio che l'industria tedesca possa continuare ad essere competitiva in ambito mondiale. Una situazione del genere rischia di impoverire ulteriormente le possibilità della crescita economica nei prossimi mesi.
Come conseguenza del prestiti del settore pubblico, inoltre, il deficit del settore stesso ha toccato il livello storicamente alto del 5-6 per cento del Prodotto nazionale lordo. L'inflazione è al 4 per cento, storicamente pure molto alta per la Germania. In tali circostanze, la Bundesbank non ha altra scelta che quella di gonfiare i tassi d'interesse a breve termine, per la prima volta superiori a quelli degli Stati Uniti.
In modo sorprendente, almeno per alcuni, questa operazione della Bundesbank ha fatto sì che i tassi d'interesse a lungo termine siano scesi quasi all'otto per cento, ritornando più o meno al livello precedente la riunificazione. Ciò è dovuto, a mio parere, al fatto che le iniziative a breve termine della Bundesbank hanno riaffermato la credibilità della Banca, infondendo maggior sicurezza all'ambiente finanziario. Per quanto riguarda gli errori del governo in campo fiscale e salariale, tuttavia, la crescita economica è seriamente minacciata, e non solo in Germania, bensì in tutta l'Europa.
Nonostante queste preoccupazioni, le prospettive per un'espansione economica europea sono più incoraggianti a breve e a lungo termine. L'allargamento della Comunità europea è uno degli eventi più importanti della storia recente. Prenderà forma un mercato integrato, senza barriere che ostacoleranno il commercio, i capitali e le persone. In termini di potere d'acquisto, si tratterà del mercato singolo più vasto del mondo. Questa nuova Europa è, de facto, assai simile all'Unione Monetaria, se definiamo l'Unione Monetaria Europea come un'area in cui non esistono restrizioni commerciali, sui servizi o sui capitali, e con tassi di cambio fissi. La stabilità del cambi, va detto, prevale al momento in un'area molto ampia. E' dal 1987 che non c'è un riallineamento valutario fra i Paesi che insieme costituiscono il Sistema Monetario Europeo. Anche quelli non appartenenti allo Sme, quali l'Austria, la Svizzera, la Norvegia, la Finlandia e la Svezia, hanno aderito a tutti gli effetti al blocco del tassi di cambio fissi.

Un altro segnale incoraggiante viene dal fatto che l'inflazione si è abbassata in tutti i Paesi europei, eccettuata, per il momento, la Germania, fatto che senz'altro desta qualche preoccupazione, visto che il marco tedesco rappresenta lo standard per il resto d'Europa. Spero, tuttavia, che si tratti di una situazione temporanea, dovuta alla particolare domanda di spesa pubblica generata dalla riunificazione. Le aspettative inflazionistiche sono piuttosto basse in tutta Europa, il che lascia prevedere che esista una buona chance per i tassi a lungo termine più bassi in ambito europeo. Negli Stati Uniti sono già scesi sensibilmente.
E' ora di riconoscere che la politica agricola della Comunità europea, con i suoi sussidii altissimi, si è fatta insostenibile. Innanzitutto, è troppo dispendiosa. Ma, ancora più importante, è insostenibile in quanto non solo dobbiamo aprire i nostri mercati per lo sviluppo del prodotti nazionali e degli Stati Uniti, ma dobbiamo fare spazio alla produzione dell'Europa orientale.
Il gruppo del Sette deve non solo trovare la via d'uscita dalla situazione attuale senza prospettive, ma anche accostarsi ai problemi dell'Europa orientale e dell'ex Unione Sovietica, quella che è stata definita l'Europa del "Far West". E' proprio questa, credo, la questione che la Comunità europea dovrà affrontare nei prossimi anni.


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