§ Teogonia del rito - 3

I liberi diventano quiriti




Enrico Montanari
Prof. di Storia delle religioni - Univ. dell'Aquila



Il 17 marzo - mese dedicato a Marte - aveva luogo a Roma la festa dei Liberalia. Nel giorno intitolato al dio Liber, i liberi (="figli") acquistavano la libertas che li trasformava in quirites (= "uomini liberi"). Il rapporto liberi-Liber-Libertas non è un semplice gioco di parole: esso rivela, sotto quella linguistica, una connessione religiosa che implica un rito di trasformazione di adolescenti, appartenenti a una medesima "classe di età", in membri adulti della comunità. La libertas era già contenuta in potenza nei "figli" (liberi) dei cittadini di Roma: al compimento della maggiore età, sotto l'egida di Liber (e di Giove Capitolino), la libertà potenziale si traduceva in atto mediante la deposizione e a toga pretesta e l'assunzione della toga virile. Molti dettagli indicano il carattere "iniziatico" proprio del rito:
1) il giorno prescelto era compreso nel primo mese della primavera (e dell'anno, nel calendario festivo arcaico), e seguiva immediatamente la prima festa dell'anno (le Idi di marzo) dedicata a Giove, divinità suprema della città.,
2) il colore della nuova veste era bianco (esprimeva cioè la "purezza" legata all'assunzione del nuovo stato sociale;
3) il nuovo cittadino completava, in quella occasione, la sua personalità assumendo, accanto al nomen gentilizio e all'eventuale cognomen già posseduti, il praenomen individuale;
4) la cerimonia era completata con una solenne processione, nella quale i novi togati, accompagnati da parenti e amici, si recavano nel foro - per l'iscrizione nelle liste dei cittadini - e sul Campidoglio per ottenere da Giove la "ratifica" del loro nuovo stato sociale: tipico rito, quest'ultimo, di "riaggregazione" nella comunità, secondo lo schema di Van Gennep relativo alle "iniziazioni tribali".
Una connessione con Marte, con la primavera e con le iniziazioni si riscontra anche in una pratica religiosa italica, della quale a Roma si conserva un pallido ricordo sotto forma di rito espiatorio: si tratta della "primavera sacra" (ver sacrum).
L'erudito Sesto Pompeo Festo (II secolo d.C.) riporta che, quando una popolazione si trovava in grave pericolo, faceva voto di sacrificare tutto quanto di "animato" (animali ed esseri umani) fosse nato nella primavera successiva. "Poiché - aggiunge - sarebbe sembrato crudele uccidere fanciulli e fanciulle incolpevoli, una volta che questi raggiungano la maggiore età venivano condotti con il capo velato, oltre i confini della comunità". Velare il capo indica che i giovani erano dichiarati "sacri", cioè estranei al gruppo e al tempo stesso "inviolabili", in quanto posti sotto la tutela di una divinità.
Infatti, il gruppo di coetanei espulsi era preceduto da un animale-guida, che li conduceva fino al luogo in cui riuscivano a fissare un nuovo insediamento stabile. Il nome dell'animale guida resta conservato nel nome stesso della nuova comunità (ad esempio, Picenti da picus (il picchio), Irpini da hirpus (il lupo), ecc.). In generale, questi animaliguida sono legati a Marte: d'altronde, i Mamertini in Sicilia, anch'essi insediatisi in seguito a ver sacrum, traggono il nome direttamente da Marte. Nel contesto italico (sabino e sannita), questo dio sembra rivestire una funzione simile a quella di Apollo nel mondo greco: egli "dirige" i nuovi insediamenti, come il dio greco orienta i nuovi navigatori ellenici verso la fondazione di nuove colonie.
Come in Grecia, inoltre, tali nuovi insediamenti sarebbero avvenuti, in origine, in guisa di irradiamenti a partire da un luogo sacro, assunto come "centro della terra": Delo o Delfi per l'area ellenica, Cotilia per quella sabina. Quest'ultima località era vicina a un santuario dedicato a Marte, nel quale agiva come animale vaticinatorio il "picchio di Marte" (picus Martius). La connessione religiosa del picchio con Marte dimostra come il rapporto dei giovani espulsi con l'animale-guida non possa configurarsi in termini di "totemismo" (ossia nella presunzione di una comune, mitica discendenza del gruppo umano dall'animale.). Si tratta piuttosto di una corrispondenza simbolica, in cui l'animale media il rapporto fra il gruppo umano e la divinità".
Una tale corrispondenza trova riscontro, ad esempio, nelle insegne militari dell'esercito romano: esse erano sormontate da "animali simbolici", come prova il fatto che tra questi, insieme con aquila, cinghiale, cavallo e lupo, fosse compreso anche il Minotauro. Questo, e non la presunta "parentela mitica" spiega perché l'animale-guida non venisse incontrato per caso, non fosse mai oggetto di caccia e non venisse sacrificato sul luogo di arrivo (del resto, sul piano morfologico, una simile affinità simbolica si riscontra anche nei "blasoni" della nobiltà medioevale).
Neppure accettabile è l'idea - non del tutto moderna, perché formulata anche da qualche fonte dell'antichità - secondo cui l'espulsione sarebbe avvenuta per smaltire un eccesso di popolazione. Questa ipotesi "malthusiana" è contraddetta dal fatto che non venisse eliminata la parte più debole e anziana della società, ma un'intera "classe di età" proprio nel momento in cui diventava maggiorenne ed era perciò la più utile per il lavoro e per le armi. L'idea di uno sfondo "iniziatico" sembra dunque la più adatta a spiegare la "prirnavera sacra".
Una differenza resta: il ver sacrum non era destinato all'iniziazione, bensì officiato per compiere un voto espiatorio dell'ira divina (in questa forma è concepito anche a Roma).
Vi è da osservare tuttavia che, proprio in quanto sacrani (cioè consacrati al dio), i giovani del ver sacrum facevano, attraverso l'animale-guida, quella conoscenza dell'essere extra-umano (in questo caso di Marte) che costituisce uno dei presupposti della fase di "emarginazione" di una iniziazione tribale.

Banca Popolare Pugliese
Tutti i diritti riservati © 2000