§ Quale Sud - Quanti Sud

Radiografie contraddittorie




Nello Wrona



A pochi giorni di distanza dalla presentazione del rapporto Svimez, secondo il quale il Sud aveva avuto una crescita dell'economia superiore rispetto a quella dei Nord (il che aveva fatto impensierire le Leghe e turbare i sonni familistici di Bassi), l'Unioncamere ha fornito una fotografia della situazione meridionale meno ottimistica. Il dissidio tra Svimez e Unione delle Camere di Commercio è scoppiato a tempo, alla vigilia cioè del Consiglio dei ministri che avrebbe dovuto presentare il progetto di rifinanziamento, per circa 25 mila miliardi di lire, dell'intervento straordinario nel Sud.
Secondo il rapporto Unioncamere, le disparità tra Nord e Sud, piuttosto che attenuarsi, sono aumentate. Dal rapporto Svimez emergeva infatti che il prodotto interno lordo del Mezzogiorno era cresciuto, nel 1990, di oltre il tre per cento, escludendo il settore agricolo: una percentuale superiore alla crescita dei Pil dei Centro-Nord.
Invece, secondo le stime dell'Istituto Tagliacarne, la crescita dell'economia del Centro-Nord è stata del 2,3 per cento, mentre nelle regioni meridionali l'aumento è stato pari all'1,1 per cento: il che vuoi dire che il Sud si è attestato sul valore più basso dell'ultimo quadriennio. Un quadro a tinte fosche, quello tracciato dal presidente dell'Unioncamere, Pietro Bassetti, che ha fatto discutere molto: aveva ragione la Svimez con la sua analisi ottimistica, oppure era nel giusto l'Unioncamere, secondo la quale il Mezzogiorno è sempre in seconda fila e continua a perdere terreno?
Un contrasto di non poco conto. Tant'è che, pochi giorni dopo la presentazione del documento della Svimez, lo stesso ministro del Bilancio aveva gettato acqua sul fuoco degli entusiasmi, invitando ad una interpretazione più corretta dei dati dell'Associazione per lo sviluppo industriale e all'attesa per i dati Unioncamere per una più obiettiva verifica della situazione economica del Sud. "Il timore", aveva precisato Bassetti, "è che in Europa, anziché un astratto Sistema Italia compatto e unitario, ci vada un'Italia qual è oggi, con un Sud perdente".
Che cosa occorre, allora? Una politica che riaggreghi il Paese con l'aiuto di chi è più avanti, perché la penisola non può continuare a muoversi a due velocità. Nel 1990, come testimoniano i dati dell'Unioncamere, il sistema imprenditoriale ha mostrato tutti i suoi limiti vitali: per la prima volta, il tasso di natalità delle imprese, che negli ultimi anni aveva subito una continua flessione, è addirittura sceso sotto quello della mortalità.
Al Sud si concentra il 53 per cento delle aziende agricole italiane, il 32 per cento di quelle dei commercio e il 28 per cento soltanto dell'insieme delle imprese della penisola. In sostanza, mentre nel Centro-Nord esiste un'impresa ogni tredici abitanti, nel Mezzogiorno il rapporto è di un'impresa ogni venti abitanti.
Bassetti ha definito questa situazione come un esempio di "dinamismo senza crescita", e ha ammesso che solo il 19 per cento delle piccole e medie imprese ha la grinta necessaria ad operare con pieno successo sul mercato europeo.
A questo proposito, l'Unioncamere ha riproposto la richiesta della costituzione di un registro delle imprese. "E' un modo per far venire allo scoperto un'economia criminale parallela all'economia legale il cui giro d'affari si attesta attorno al 12 per cento dei prodotto interno lordo: l'equivalente della ricchezza prodotto dall'artigianato, e superiore a quella prodotta dalla stesso agricoltura".

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