§ Sistema creditizio e integrazione comunitaria

Banche nuove per la vecchia Europa




Gennaro Pistolese



"Fare banca", oggi e domani, è la sfida stimolante e profondamente innovativa che i vari sistemi vengono raccogliendo e sempre più rilanciando, in funzione di tre fini fondamentali: efficienza, competitività, trasparenza. Non c'è solo la spinta dell'integrazione comunitaria del '93, con la liberalizzazione della circolazione dei capitali e con la mobilità degli istituti di credito oltre le frontiere proprie, ad incentivare e giustificare l'evoluzione già avviata e a dare ad essa in specifici ambiti determinate scadenze, ma c'è soprattutto la nuova cultura che si viene instaurando in questo comparto ad esigere e consentire una più avanzata identità.
Nell'ambito dei servizi, il cui ruolo sarà e dovrà essere sempre più espansivo e incisivo nella cosiddetta fase postindustriale, quello bancario riflette condizioni fra le migliori al nastro di partenza. L'operazione in corso èpertanto destinata a ristrutturare l'intero comparto, sulla base degli adeguamenti Cee e della normativa e delle applicazioni che ne dovranno derivare. Nell'uno e nell'altro senso l'arca dei supporti forniti dalla tecnologia e dalla produttività si viene a sua volta allargando, forse ancora con qualche ritardo, ma nella consapevolezza e nella ricerca di una cultura e di una filosofia più avanzate da praticare e trasferire anche alla stessa clientela. Che, ricordiamolo, oltre ad essere nazionale, spesso strettamente ancorata ad interessi locali e piccoli, sarà sempre più anche internazionale.
Fra i punti di riferimento che fanno spicco in evoluzione vi è quello della legge Amato, che favorisce la trasformazione degli istituti di credito di diritto pubblico in SpA ed agevola inoltre la ristrutturazione delle varie banche in vista della scadenza del 1993.
Lo sbocco di questa normativa ed al tempo stesso una sua motivata premessa sono costituiti dal fatto che i nostri istituti di credito, pur disponendo generalmente di congrue dimensioni e strutture, nella comparazione internazionale, principalmente dimensionale ma con i corollari che da essa più o meno discendono, rivelano in termini di ordine di grandezza disparità che nulla hanno a che fare con la ben nota solidità dell'intero nostro sistema.
La legge (Amato, per intenderci) è fatta, come si sottolinea per indicare un processo che è solo agli inizi e che ora bisogna accelerare. Ora, dopo che il 30 luglio dell'anno scorso la legge 218 (Amato) è stata promulgata e che il 20 novembre successivo i relativi decreti delegati sono stati pubblicati, si tratta di praticare strade mirate e corrispondenti.
Di esse parlano vertici, esperti, operatori. Nei fili conduttori che vengono identificati o proposti, rilievo naturalmente acquistano le interpretazioni fornite dallo stesso Amato, all'indomani del varo normativo e dei primi riscontri rilevabili sul piano pratico. I punti che emergono da questa interpretazione sono principalmente i seguenti:
- una progettualità diretta ad instaurare il nuovo ordine bancario, cui devono essere dirette coordinatamente l'interpretazione e l'applicazione dell'assetto legislativo prescelto;
- modello istituzionale: gruppo polifunzionale e banca universale. Senza più o meno preferenziali concernenti il primo da cui dovesse derivare un ingessamento del mercato, replica Amato, intravvedendo la pericolosa tendenza di chi vuol passare da un sistema amministrato ad un modello senza regole (modelli entrambi prossimi), che non terrebbe conto delle reali possibilità di articolazione che il gruppo polifunzionale consente.
Il problema ovviamente è molto più ampio di quello circoscritto in questi termini, perché si tratta di instaurare un'identità del sistema nel quale la presenza dell'autorità monetaria, necessariamente ineliminabile, si coniughi con la correntezza del sistema, che è interesse della prima e condizione di funzionalità del secondo. In sostanza, c'è e deve esserci una regulation, come solo molto marginalmente e timidamente c'è una deregulation, con i tanti lacci e lacciuoli che vengono denunciati e che dovranno essere sciolti. Ed al riguardo esistono dossier che si allungano, anche perché si intrecciano le conseguenze dei ritardi e di sopravvenienze non evitate, quando possibile, o aggravate da strettoie;
- il rifiuto di ogni interpretazione della riforma intesa come un'agenzia di nozze coatte, bensì come momento e strumento di valutazione se ci sono matrimoni che servono e a cosa servono: vantaggi aziendali contemperati con il più generale interesse del sistema creditizio. Una contemperanza necessaria, ma difficile. E le difficoltà, come si sa, sono frequentemente più di ordine politico, spesso addirittura partitico, che non di natura economica. C'è l'anchilosi provocata dalle nomine dei vertici, con le riserve e gli intralci che le accompagnano, ma c'è anche un'anchilosi che pregiudica o ritarda assetti strutturali diversi dagli attuali, condizionati e addirittura impediti dall'esterno politico;
- il finalismo, immanente, di un equilibrio d'assieme del sistema bancario nel quale anche il ruolo settoriale sia debitamente considerato. E fra questo certamente si pone anche quello inerente al riassetto bancario del Sud. Ogni trascuratezza su questo terreno aprirebbe la porta, senza alcuna competizione per giunta, a sistemi stranieri più pronti ed animati da una capacità concorrenziale più combattiva e presente di quella di cui, per le carenze e i ritardi, dovessimo disporre.

Approfondimenti e aggiustamenti a confronto
Ma oltre a questi punti di riferimento legislativo, vi è tutta una maturazione evolutiva da mettere a punto ed in merito alla quale certamente gli studi, gli approfondimenti, gli aggiustamenti pur lodevolmente predisposti sono forse in un certo ritardo.
C'è la parola degli esperti riuniti in una Commissione (cosiddetta Sarcinelli), incaricata a suo tempo - e ci riferiamo ad oltre un anno fa - dal ministro del Tesoro di affrontare l'intera ristrutturazione del sistema. Un obiettivo quanto mai rilevante per un rinnovamento istituzionale, riferito ad una branca pilota, e che pur essendo ambizioso indica fra l'altro un pregiudiziale e puntuale metodo di lavoro che i politici dovrebbero seguire quando parlano di riforme istituzionali. All'insegna perciò del conoscere per decidere, senza dare per conosciuto quello che non è neppure nella coscienza popolare e per oggetto di decisioni materie tutt'altro che delibate, coordinate e confluenti in determinazioni chiare, concrete, applicabili realmente. (E questo è il grande vuoto delle riforme istituzionali, che per fortuna non è rilevabile sotto questo aspetto nei propositi di ristrutturazione del sistema creditizio. Perché oltre tutto si procede con la massima, anche se talvolta opinabile, ponderatezza, valutazione, predisposizione di possibili sbocchi, nella considerazione più attenta dell'evoluzione delle forze di mercato).
Ma che cosa annuncia quella che è stata definita ricetta Sarcinelli?
Ricetta, che è poi il canto del cigno dello stesso Sarcinelli passato pur nelle polemiche ad altra sede di lavoro personale. In sostanza Sarcinelli con la sua commissione propone:
- libertà per le banche di scegliere il proprio assetto organizzativo futuro, sia esso il modello del gruppo polifunzionale o della banca universale;
- adozione delle regole comunitarie per disciplinare i rapporti banche-imprese;
- conferimento al Tesoro, coadiuvato da una commissione composta dai vertici della Banca d'Italia, Consob, Isvap, dell'alta vigilanza sul sistema finanziario;
-fine del regime pubblicistico dei mercati mobiliari, sostituito da un modello organizzativo aperto all'iniziativa privata e alla concorrenza. E questo ci sembra il vero salto di qualità che si intende suggerire al sistema ed in un ceno senso predisporre con le motivazioni e le premesse idonee.
L'articolazione delle conclusioni della Sarcinelli -chiamiamola così per speditezza di definizione, ma anche per considerazione della validità anche personale dell'apporto - è molto complessa.
Riguarda anzitutto il recepimento, anche se per molti versi non tempestivo, della Seconda direttiva Cee. Abbiamo purtroppo una consuetudine di tardivi recepimenti di tali direttive, che neppure il semestre di presidenza della Cee, nonostante le buone intenzioni, è riuscito a correggere nella misura necessaria. Una particolare attenzione viene rivolta alla preoccupazione che il sistema bancario sia penalizzato in vista della sfida europea. In quest'ottica si sottolinea la necessità che ogni banca autonomamente sia libera di scegliere fra il modello del gruppo funzionale di cui prima abbiamo detto (la strada maestra della legge Amato) e quello della banca universale. Un'opzione, si aggiunge, che potrà essere esercitata sulla base di considerazioni relative alla struttura dei mercati, alle tendenze evolutive degli stessi, alla tradizione aziendale. C'è in queste sottolineature il chiaro richiamo ad un pragmatismo avverso ad ogni forma di forzatura.
Altro punto caratterizzante le proposte della Commissione concerne la predisposizione di un testo unico per le leggi sul credito e la finanza. Si tratta di armonizzare il complesso delle norme sull'intermediazione finanziaria (bancaria e non), giungendo alla redazione di uno o più testi unici delle leggi, secondo criteri di coerenza e uniformità sistematica. La commissione rileva una necessità preminente ed urgente per la sfera sulla quale è chiamata a pronunciarsi, ma la necessità stessa è denunciabile in tutti gli altri settori, essendo la complessità, la contraddittorietà legislativa, la mutevolezza delle interpretazioni, i macroscopici ritardi nel contenzioso e così via alcune delle cause della crisi istituzionale che si lamenta e giustamente si vuole correggere, purtroppo non sempre sulla base di accertamenti ed approfondimenti preliminari. Ad esempio, come quelli previsti in questo comparto, che evidentemente ha motivi e capacità per muoversi subito, concretamente per giunta.
C'è poi il grosso capitolo della vigilanza sul sistema finanziario, per la quale si propone il ridimensionamento dei poteri del CICR ai soli compiti di indirizzo politico, di nomine, di approvazione degli statuti bancari. Ma anche per questo, come per tanti altri organi fondamentali per lo Stato, sono da paventare le degenerazioni o le deviazioni o le tolleranze, che hanno a monte causali difficili a morire e perciò causa di crisi e di incertezze quanto mai pericolose per il complesso delle istituzioni. Il retto funzionamento di questi istituti, ed in questo caso del CICR, è condizione perché l'intero sistema, per le implicazioni economico finanziarie, e l'azienda Italia funzionino.
L'alta vigilanza dovrebbe spettare al ministro del Tesoro e ad una commissione composta dal Governatore della Banca d'Italia, dai presidenti di ISVAM e Consob, dal direttore generale del Tesoro. Una Commissione, cioè, di cui questa volta non si dovrebbe dire che non è necessaria, ma che comunque non dovrà mai essere politicizzata nei suoi indirizzi, perché certa politica in determinate materie, essenziali per le convivenze civili, non ha nulla da dire. Non deve dire nulla, come ci ricordano le condotte delle banche centrali degli altri Paesi occidentali più avanzati e come al meglio cerca di fare la nostra Banca d'Italia.
Ed eccoci ora al grande tema, più sopra richiamato, del rapporto banche-imprese. Si deve anzitutto osservare a questo proposito che notevole è la distanza fra il parere della commissione rispetto alle norme sulle partecipazioni industriali al capitale delle banche. In effetti, ai rigidi limiti fissati nell'antitrust (soglia massima al 15%) viene oggi contrapposto un adeguamento ai principii espressi dalle direttive comunitarie, di cui bisogna nondimeno rilevare la maggiore elasticità. E ciò, va sottolineato, per non squilibrare la posizione dei nostri istituti chiamati, in forza della Seconda direttiva, a confrontarsi con istituti che non sono vincolati dalla stessa separatezza.
Ultimo caposaldo di queste articolate proposizioni è quello riferentesi all'attività creditizia, in forza della quale la raccolta del risparmio è riservata alle banche, con l'eccezione di quella a medio e lungo termine e della raccolta di imprese industriali autorizzate ad emettere buoni di cassa a breve.

Troppi binari per una strategia valida
C'è ora l'interrogativo in merito al recepimento di queste proposizioni, al seguito emendativo ed applicativo che potranno avere, ai tempi che occorreranno comunque per dare un assetto all'intero quadro. E ciò come complemento, integrazione, armonizzazione con la legge Amato, la legge sulle Sim, l'antitrust.
Alla base di questo interrogativo c'è un dibattito in corso, nell'ambito tecnico e politico, che investe i vari aspetti, con maggiori o minori puntualizzazioni: modello di gruppo polifunzionale o di banca universale, compiti di vigilanza, campo di applicazione delle norme dell'antitrust in materia di rapporti banche-imprese. Ma c'è anche un confronto da fare (anche se iniziato, deve essere completato), che viene a riguardare il riscontro che la normativa Cee incontra o deve ancora incontrare con quella allo studio conseguente alle conclusioni della Commissione Sarcinelli. L'importante, oltre che naturalmente nei contenuti, è nella tempestività dei necessari interventi legislativi, la cui mancanza o tardività sono purtroppo in tutte le materie legislative un fatto cronicamente ricorrente. C'è alla base di questo l'instabilità governativa, ma c'è in aggiunta, il più delle volte come conseguenza, la netta carenza progettuale, che di volta in volta si cerca di superare con la messa a punto dei molteplici rapporti di forza. E su questo terreno si accumulano i ritardi, i compromessi, le contropartite. La questione istituzionale ha a che fare anche con questa deviata metodologia, che almeno nelle materie fondamentali dovrebbe essere evitata. Sennonché è proprio su questa materia che le intese programmatiche delle compagini governative hanno sempre taciuto, facendo valere dopo le singole contrapposizioni di parte.
Questo dibattito in corso acquista aspetti di particolare delicatezza ed anche di incertezza, non solo per i tempi di armonizzazione della nostra normativa con la Seconda direttiva Cee, ma anche a causa di doppi e addirittura multipli binari pure sul piano tecnico.
Abbiamo detto della Commissione Sarcinelli, ma c'è anche un'altra commissione ad hoc appunto su questa Seconda direttiva, in cui sono presenti il Tesoro, la Banca d'Italia, l'ABI, la Consob e la rappresentanza del ministro senza portafogli delle Politiche Comunitarie. Dalle scelte delle due commissioni discendono due diversi orientamenti o moduli, riguardo alla conferma dei gruppi polifunzionali o del sistema universale. In sostanza, la Seconda direttiva, mentre è tarata per i gruppi polifunzionali nella commissione ad hoc, è funzionale al modello della banca universale nella commissione Sarcinelli. Ma in tutto ciò la prospettiva necessaria va oltre queste contingenze e differenziazioni, anche tecniche, che possono o dovessero manifestarsi, per finalizzarsi nella libertà delle banche di optare nella scelta del loro assetto fra un modello e l'altro.
Naturalmente su tutto ciò una parola da dire l'ha anche la Banca d'Italia e sappiamo quanto sia e debba essere alto il livello a cui la deve dire e la sta dicendo, pur sovente nella riservatezza e nella forma indiretta in cui deve esprimerla. Orbene, a questa fonte un disco verde non si accende per la banca universale, mentre si manifesta per il superamento del regime di separatezza fra banche ed industria, per distinzione fra attività di vigilanza creditizia e politica monetaria.
Ma alla base di queste aperture o prese di distanza, c'è di fronte al grosso problema delle integrazioni la concezione che spetta alle banche, con la collaborazione dell'istituto centrale, studiare validità e fattività delle singole operazioni. In questo contesto vanno evitate le concentrazioni fini a se stesse, tenendo conto che anche il "localismo" è un valore da preservare e non è antitetico all'ampliamento dimensionale. Questo "localismo" è un fattore da tenere sempre presente, non sottovalutandolo mai, perché è la condizione indispensabile per un avanzamento complessivo ed equilibrato dell'intero sistema verso gli orizzonti più lontani del mondo economico e finanziario internazionale.
Molti problemi di crescita sono condizionati da questo presupposto, specie nel nostro Sud, e d'altra parte hanno determinato la nascita e la crescita di quegli organismi che così si son fin qui caratterizzati e si vengono caratterizzando con la ricerca di nuovi spazi, mezzi e strutture operativi. Tutto ciò deve avvenire in funzione delle spinte che vengono dal mercato, che molto spesso devono essere attivate, e fra queste certamente sono da comprendere anche quelle che devono accrescere la collaborazione fra mondo bancario e mondo delle imprese, con un risvolto che può riguardare anche il ruolo delle banca mista. E qualcuno a questo riguardo non ha mancato di ricordare la presenza di banchieri nei consigli di amministrazione e viceversa. Comunque anche qui bisogna allargare il più possibile lo spazio delle verifiche e degli approfondimenti, in modo che le scelte promanino da un profondo scandaglio di necessità, di possibilità, di limiti reali, di esperienze anche altrui. E, riguardo a queste, bisogna rilevare:
- la tendenza americana e giapponese ad attenuare le distinzioni fra attività commerciale e di merchant banking non ignora che le banche universali all'interno prevaricano su quelle specializzate, mentre a livello internazionale avviene il contrario;
- la particolare efficienza delle banche universali germaniche che, sebbene ridotta in termini microeconomici, sarebbe invece elevata quando si tiene conto dell'effetto macro-economico.
Oltre a questi mezzi e questi orizzonti, v'è comunque un'esigenza di fondo che va indubbiamente meglio fronteggiata, ed è quella che, sul terreno anche di questi specifici rapporti banca-industria, riguarda la più agibile erogazione dei finanziamenti alle imprese da parte del sistema. E qui si tratta di conseguire sinergie da attivare ai livelli più idonei, con attitudini meglio motivate e supporti più puntuali di quelli di cui i due tipi di soggetti ed operatori dispongono: le aziende per meglio penetrare nel sistema onde meglio utilizzarlo, le banche per estendere area di operatività e sedi e occasioni di incontro.

Le strade degli altri
C'è tutto un contesto da attivare meglio. In questo senso, molte utili indicazioni, suscettibili di nostre riflessive ma anche operative meditazioni, ci vengono anche dagli Stati Uniti.
Mentre da oltre Atlantico sono sotto i nostri occhi le negative sfaccettature di un verso della medaglia creditizia - ci riferiamo alla grande fascia delle banche in angustia con utili depressi o nulli, con molte casse di risparmio che hanno fatto o fanno acqua, con larghi errori di gestione e quindi con macchie che si sono riversate sul sistema del credito -, non mancano segnali opposti, che indicano maggiori passi nella direzione di una funzionalità creditizia più vicina al mondo delle imprese, di pratica di un modulo tedesco (quello prima ricordato), di incentivi fiscali per favorire il finanziamento dell'industria con la Borsa e non con l'indebitamento, della competitività con la deregulation.
C'è al riguardo un progetto di riforma del Dipartimento del Tesoro, che sostanzialmente prevede l'abolizione dei vincoli geografici e funzionali dell'attività degli istituti e che vuol fronteggiare e naturalmente rispondere a quattro problemi: perdita di competitività del sistema, eccessiva frammentarietà normativa, costi eccessivi, ricapitalizzazione del fondo che assicura i depositi. Polimultifunzionali operanti su tutto il territorio nazionale, con eliminazione delle barriere istituzionali che avevano rigidamente diviso le aziende di credito commerciale dalle banche di investimento e dalle attività assicurative, costituiscono la risposta al primo problema. Politica di incentivi per il rafforzamento delle aziende bancarie, riorganizzazione delle attività di controllo riassumono la piattaforma correttiva o risolutiva degli altri problemi. Su queste basi gli Stati Uniti intendono avviare un progetto di riforma organicamente predisposto, dopo l'introduzione del Glass Steagall Act del 1933.
In tutto ciò due elementi fanno spicco sugli altri, e sono da un lato la ispirazione innovatrice e competitiva della progettualità così delineata e, dall'altro, la metodologia adottata, nell'aggiornamento di normative, indirizzi ed interventi che hanno nel 1933 segnato un preciso punto di riferimento ed ora lo ridefiniscono in un'ottica più avanzata. Senza le disperazioni politiche che dobbiamo invece rilevare per il nostro Paese.

Il nostro sistema intanto avanza
Il nostro sistema, pur in attesa di un nuovo assetto, sta intanto camminando. Nuove identità, nuovi modi dì essere si cominciano a delineare anche nel nostro quadro, con i principali riscontri che riguardano le forme e, combinazioni organizzative, la scelta e l'offerta di nuovi prodotti finanziari, il marketing e così via.
Il vicino Duemila e il 1993 ormai quasi alle porte, con le sue scadenze che con l'integrazione comunitaria comportano un pronto nostro allineamento per colmare i vuoti che tuttora ci separano dai Paesi più avanzati, già hanno e più ancora avranno un significativo riscontro nelle strutture e nel rapporto interessanti pubblico e mercati finanziari, E si tratta di un riscontro che fra gli altri, e non da oggi, rientra proprio nella specifica sfera delle attese dei nostri Istituti di credito che hanno avuto origini ed hanno oggi orizzonti dischiusi all'avvenire, con l'impegno anzi di prepararlo quanto più possibile.
Orbene, l'intero sistema pubblicomercati finanziari, che nell'economia post-industriale è, come prima abbiamo sottolineato uno degli elementi più trainanti dello sviluppo, ha innanzi a sé responsabilità e impegni di profondo cambiamento. Questi hanno a che fare con le ricordate nuove normative in atto e con quelle che si vengono predisponendo in termini di funzionalità e di dimensione; con un'esigenza di efficienza e di aggiornamento solo in parte soddisfatta, com'è confermato dalla comparazione con gli altri Paesi maggiormente industrializzati; con l'avvento di nuovi prodotti finanziari e con la migliore offerta di quelli in campo; con la più organica attuazione della trasparenza, che non si esaurisce certo nelle tematiche fin qui prese in considerazione, dovendo invece incidere più profondamente sulle stesse identità degli operatori; con le carenze d'ordine culturale, per fortuna meno incisive di quelle riscontrabili in altri comparti, ma da superare prontamente con la maggiore maturità di operatori e di clientela.


Sono questi altrettanti obiettivi, al cui conseguimento è in misura crescente disponibile il fattore tecnologico. Mezzo e ragione pertanto di un nuovo progresso. La tecnologia avanza giorno dopo giorno, con ritmo accelerato. Lo si è visto nei primissimi mesi dell'anno con le applicazioni rilevate dalla strategia bellica del Golfo.
C'è stato sotto gli occhi di tutti uno sconvolgimento totale dei mezzi impiegati, risultanti e premesse di istituzioni, innovazioni, impieghi in atto o in prospettiva validi - anche come spinta -in vari campi del vivere civile. E fra questi quello che ci interessa non può essere certo ricercato in seconda fila. Sul terreno delle specifiche tecnologie che ci interessano, passi innanzi certamente sono stati compiuti, con un continuo aggiornamento di cui vengono offerte testimonianze anche in queste pagine.
Ma occorre fare di più, sotto le spinte delle innovazioni, che rientra nelle nostre responsabilità di sempre meglio identificare e mettere a punto, ma anche per meglio ambientare nella nostra realtà quanto in campi simili al nostro viene attuato all'estero. C'è in materia di qualità delle telecomunicazioni una scala di punteggi inerenti allo status più favorevole per gli operatori. I punteggi stessi derivano dal numero di volte che una città è stata segnalata come prima, seconda o terza. Orbene, la nostra Milano, con uno 0,08, figura fra i 15 centri all'ultimo posto per quanto riguarda l'Europa, contro l'1,13 di Londra, seguita a poca distanza da Parigi e da Francoforte. C'è, dunque, molto da camminare, perché oltre a questi dati genericamente, forse, indicativi, ci sono valutazioni ancora più specifiche che riguardano il nostro Paese. Vi si afferma fra l'altro che ad esempio l'utilizzo delle tecnologie informatiche che viene fatto in Italia dal sistema bancario e dalla clientela mette in evidenza, nella sua atipicità rispetto agli altri Paesi, che i canali elettronici sono poco diffusi, che gli stessi self service sono ancora pochi e con movimentazione limitata e così via. C'è per contro da sottolineare il fatto che gli utilizzatori richiedono sempre più elementi di tipo informativo. E questa è evidentemente una strada che dovrà essere più direttamente ed impegnativamente percorsa. Le aziende ordinarie di credito e le banche popolari hanno costituito un Istituto di organizzazione e di informatica. Ci dirà certamente molte cose ed alcune le ha già predisposte (la vendita in circolarità).
Tutto il sistema dovrà e potrà fare di più. Alcune strade cominciano ad essere battute. Altre sono delineate, ma bisogna percorrerle. Altre infine bisogna immaginarle e crearle. La tecnologia offre una mano. Ma la strategia rientra nella volontà e nella capacità di scelte idonee e tempestive. Finanza e politica sono ineluttabilmente di fronte a questa sfida.


C'è fra l'altro una grossa palla di piombo ai piedi della nostra economia di cui dobbiamo liberarci, e riguarda il condizionamento che dal costo del denaro si proietta sull'azienda Italia. Una Commissione istituita per' individuare e proporre correttivi diretti ad eliminare i costi impropri che gravano sulle imprese che esportano (ma si può aggiungere che tutte producono per vendere, oltre che all'estero, anche e soprattutto all'interno), la cosiddetta Commissione Cassese, ha affermato che i nostri costi sono maggiori rispetto alla media europea, e fra questi ha inserito il sistema bancario, a causa per questo di onerosi vincoli normativi.
Per battere utilmente e rapidamente una strada, bisogna sfoltirla da ogni intralcio. Si tratta della prima cosa da fare, anche perché controlli e vigilanza, quando necessari, possano funzionare. il che ètanto più urgente quanto più la circolazione con il '93 sarà ampia e veloce. Ci dovrà essere un made in Italy anche per il bancario, di cui, come per tante altre manifestazioni, dovremo poterci vantare.


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