§ Un solo mercato - Una sola moneta

Un obiettivo con molte incognite




James Tobin
Premio Nobel per l'Economia



I sostenitori dell'integrazione europea, guardando oltre il 1992, vedono nella moneta comune un obiettivo economico di primaria importanza da conseguirsi nell'immediato futuro. Dall'unificazione monetaria delle due Germanie, vale a dire da un esperimento in corso in materia di moneta unica, possiamo ricavare qualche insegnamento. Congelare i tassi di cambio, avvertiva Poehl, presidente della Bundesbank, non è una misura da prendersi alla leggera. Le conversioni sulla base di tassi sbagliati possono infatti essere causa di danni considerevoli, come l'esperimento tedesco insegna.
Nel caso tedesco, la priorità è stata data ovviamente agli imperativi politici, mentre l'unificazione monetaria ha assunto un'importanza simbolica. A partire dal primo luglio scorso, i cittadini dell'ex Germania Democratica hanno potuto convertire quantità limitate di marchi in marchi tedeschi ad un cambio alla pari (uno contro uno), anche se la maggior parte di conversioni di attività si è verificata ad un tasso di due marchi per marco tedesco. Viceversa, salari, stipendi e altri pagamenti periodici sono stati convertiti alla pari, e non sulla base del rapporto due contro uno, raccomandato dalla Bundesbank, con conseguenze tutt'altro che trascurabili sul piano economico. All'inizio, il rapporto uno a uno non era sembrato irragionevole. Nella ex Repubblica Democratica Tedesca i salari in marchi rappresentavano circa un terzo dei salari in marchi tedeschi, il che autorizzava a ritenere che anche la produttività della manodopera fosse, nella migliore delle ipotesi, un terzo di quella dei lavoratori della Germania Ovest. Partendo da questa ipotesi, si era concluso che l'economia e i lavoratori della Germania Orientale sarebbero dovuti essere in grado di competere. I fatti, tuttavia, non dovevano confermare le previsioni.
L'economia della Germania Est è in realtà al collasso, con una produzione industriale che, sulla base delle valutazioni disponibili, appare ridotta del 50 per cento e con un 30 per cento della forza lavoro non occupata a tempo pieno. E' evidente, a questo punto, l'eccessivo ottimismo delle precedenti valutazioni relative sia alla produttività sia alla competitività dei tedeschi orientali. E' probabile, infatti, che non sia stata fatta una valutazione corretta della capacità di produrre le qualità e le varietà di prodotti richieste dai consumatori quando questi hanno la possibilità di scegliere.
Nel migliore dei casi, la transizione economica della Germania Est era destinata a portare con sé difficoltà e frustrazioni, che per non pochi lavoratori si sarebbero tradotte nell'amara tentazione di trasferirsi nella Germania Ovest. E tuttavia se, accogliendo la proposta della Bundesbank, i salari in marchi tedeschi fossero partiti con un 50 per cento in meno, sia le imprese sia i lavoratori avrebbero avuto maggiori possibilità di sopravvivere, imparando nel contempo come produrre e competere sui liberi mercati. E' noto che gli economisti dell'Università di California si sono espressi a favore di sovvenzioni salariali transitorie, allo scopo di rendere più competitive le imprese e di indurre i lavoratori a non abbandonare il loro Paese.
Anche la recente esperienza inglese ci invita alla prudenza. Il Regno Unito ha deciso di aderire al meccanismo europeo dei tassi di cambio con una sterlina dal valore straordinariamente elevato. Allo scopo di sostenere la sterlina prima dell'adesione formale, la Banca d'Inghilterra ha alzato i tassi d'interesse fino a toccare le due cifre e continua a mantenerli elevati per sostenerne la parità oggi. Può darsi che questa politica consenta il controllo dell'inflazione; quello che è certo è che danneggia le esportazioni, l'occupazione e la crescita. Una sterlina più debole aumenterebbe infatti la competitività delle imprese e dei lavoratori inglesi.
La sopravvalutazione della sterlina voluta da John Major richiama alla mente un altro Cancelliere dello Scacchiere: Winston Churchill. Nel 1925, egli decise di tornare alla base aurea, alla parità in vigore nel 1914. Tuttavia, date le nuove circostanze del dopoguerra, la vecchia parità ebbe l'effetto di sopravvalutare la sterlina in dollari e in franchi. La conseguenza fu l'ingresso della Gran Bretagna nella depressione, con parecchi anni di anticipo rispetto all'America e all'Europa continentale. Fu proprio la decisione di Churchill ad ispirare a Keynes il saggio polemico dal titolo Le conseguenze economiche di Winston Churchill.
Sopravvalutazioni di questo tipo possono comunque essere corrette, come dimostra la svalutazione della sterlina nel 1931, in seguito alla quale la Gran Bretagna avviò un processo di ripresa. I tassi di cambio non erano, all'epoca, irrevocabilmente fissati sulla base della parità aurea o dei sistemi di Bretton Woods del 1945-1971, così come non lo sono oggi all'interno del meccanismo dei tassi di cambio. Sotto questo profilo, i meccanismi di "adeguamento delle parità" non sono poi così diversi dal regime di tassi oscillanti adottato a partire dal 1973. Una moneta comune costituisce, al contrario, una svolta radicale. Il matrimonio del marco con il marco tedesco non consente divorzi. Una volta quindi che lire, marchi tedeschi, sterline e via dicendo saranno sostituiti dall'Ecu o moneta europea, non ci saranno svalutazioni in grado di salvare Paesi non competitivi dalla disoccupazione.
Allo stesso modo, un Paese membro di una unione monetaria avrà uno spazio di manovra minimo per varare politiche volte a migliorare il rendimento economico. La mobilità dei fondi finanziari supererà anche quella raggiunta dopo il 1992. I tassi d'interesse saranno uniformati e la politica monetaria sarà una sola, presumibilmente concertata da una banca centrale multinazionale. Poehl, il quale sarebbe probabilmente meno preoccupato se la Bundesbank potesse conservare il suo ruolo centrale, riecheggia oggi i timori già espressi dalla signora Thatcher in materia di una cessione dell'autonomia nazionale.
Negli Stati Uniti, la moneta comune è una realtà sin dal 1789 e l'esperienza americana può darci utili indicazioni. La legge sulla Riserva federale del 1914 prevedeva non una ma dodici banche della Riserva federale. Ognuna di esse aveva il compito di rispondere alle circostanze economiche del distretto di competenza per cui, in teoria, i tassi d'interesse avrebbero potuto differire. All'inizio degli anni Venti, tuttavia, il sistema doveva rivelarsi impraticabile. Oggi, quindi, le dodici banche continuano ad essere operanti, ma il sistema delle dodici banche federali è stato trasformato in un'unica banca centrale con la funzione di decidere la politica monetaria e quella dei tassi d'interesse.
In un'area che abbia adottato una moneta comune, le correzioni degli squilibri tra le diverse regioni si verificano in altro modo, per mezzo cioè dei liberi movimenti di merci, manodopera e capitali, e non con il ricorso a politiche intese ad aiutare le aree depresse.
Perché le correzioni possano aver luogo è altresì necessario armonizzare i sistemi di assicurazione sociale e imposizione fiscale, le relazioni industriali, nonché una serie di normative ed istituti.
Solo in questo caso, moneta comune e libero scambio possono tradursi in prosperità e progresso considerevoli, come dimostra ampiamente l'unione americana. Sacrificare altrimenti l'autonomia in nome dei tassi di cambio e delle politiche monetarie può comportare difficoltà economiche e tensioni politiche. Il segreto sta nel saper cogliere l'occasione giusta. E forse, a volte, vale la pena di correre il rischio di mettere il carro davanti ai buoi, ed è quanto probabilmente ha fatto Kohl.
Non è escluso, infatti, che unificazione e parità monetaria possano stimolare le due economie tedesche. E sono probabilmente nel giusto quegli europeisti i quali sostengono che stabilire una scadenza tempestiva per la moneta comune è il modo migliore per stimolare quelle riforme nazionali e quelle internazionali considerate essenziali.

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