§ Civiltą del malessere

Uomini e bestie




Luigi Compagnone



Nel giorni del terremoto, al municipio di Carlentini arrivò questa lettera anonima da Parma: "Sono momenti di dolore per voi ma di gioia per noi. L'unica cosa che ci dispiace è che i morti sono stati solo dodici. Ad andare giù doveva essere tutta la Sicilia perché voi siciliani siete tutti parassiti, nullafacenti, uomini d'onore. Forza Etna, forza terremoto".
Anni fa, nel '77, lo scrittore francese Dominique Fernandez andò a trovare, nella sua villa di Capo d'Ortando, il barone siciliano Lucio Piccolo di Calanovella, poeta sommo dei "Canti barocchi", cugino del principe Giuseppe Tomasi di Lampedusa, autore del famoso "Gattopardo". Pagine stupende, quelle del Fernandez, un ritratto inobliabile di Lucio Piccolo. Prima di congedarsi, Fernandez gli domandò: "Ma suo cugino Lampedusa perché ha aspettato di mettersi a scrivere così tardi? Perché non ha pubblicato niente da vivo?". Risposta di Lucio Piccolo: "Oh! Noi siciliani abbiamo talmente paura di essere giudicati male sul Continente, che preferiamo tacere". Risposta tenebrosa, e, insieme, luminosa. Forse la Sicilia è tutta qui. in questa tenebra che illumina.
Lucio Piccolo è ormai morto. Ma quel che Fernandez scoprì in quel lontano 1977 nella sua casa "continuerà a vivere finché vivrà la Sicilia: una mescolanza di attesa ansiosa e di rinuncia superba, di follia, di grandezza, di decadenza, di orgoglio, di raffinatezza, di passione, di chimere, di genio". E infine: "Due anni fa (1975) il terremoto ha distrutto due villaggi dell'interno: gli abitanti aspettano ancora i miliardi per la ricostruzione promessi da Roma e votati dal Parlamento. Che fare allora in tali condizioni? Smettere di sperare sarebbe contrario alla natura umana. Quindi si spera: il riconoscimento del poeta da parte del Continente, il risarcimento dei danni per le vittime del cataclisma. Ma in silenzio: e a costo di ridere di se stessi perché si spera. Questi sono i tratti del carattere siciliano che più mi commuovono: il coraggio e l'ironia".
E commuovono anche me. Ma ora i siciliani non hanno più il coraggio del silenzio. Hanno assunto il coraggio di parlare, di gridare. E anche questo è consono alla natura umana.
Come ci hanno insegnato i siciliani Vittorini e Sciascia. I quali, come Verga e Pirandello, e come tutti gli scrittori di quell'Isola a noi così vicina e così lontana, sono giunti alle fonti nazionali comuni del Paese, e cioè sono diventati scrittori nazionali, ed europei, in quanto provenivano dalla Sicilia e lì avevano iniziato il loro cammino di poeti, tra "furori" astratti ed insieme eroici.
L'unico a non sapere queste cose è l'anonimo di Parma, che invoca il terremoto. Ma anche questo è consono alla natura delle bestie.

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