§ Gli arrivi

Brindisi per noi




a.b.



"Pugliesi come gli albanesi / tutti appesi": queste nobilissime parole spiccavano su uno striscione issato dai rampolli del benessere nello stadio calcistico durante la partita Cesena-Lecce.
Intorno a quegli stessi giorni, Jesolo faceva sapere che non voleva schipetari tra i piedi, Rimini e Riccione mandavano a dire che i profughi erano peggiori della mucillagine, in Friuli gli immigrati venivano ghettizzati in una caserma, Torino si dichiarava infastidita dalla presenza dei transfughi, i leghisti invocavano lo stato d'assedio a Durazzo, esteso magari fino all'italica linea gotica. Niente di nuovo sotto il sole. Quando lo Stato italiano, tutto intero lo Stato italiano retribuisce con quattrini pubblici un docente del calibro di Gianfranco Miglio, sostenitore accanito di una "Università lumbard" con annesso dialetto, come se la Lombardia fosse una regione omogenea e la "lingua" unica, e non un mosaico di dialetti, allora ci si può aspettare - secondo coerente tradizione - anche la voglia di impiccare il prossimo, immediato o remoto, agli abeti del Nord.
L'intera storia italiana, di fatto, va rivisitata. Qualcuno dovrà pure spiegarci meglio da dove veniamo, prima di dirci dove vogliamo andare. Per esempio: è bene rileggere in chiaro, prima ancora del Risorgimento, la vicenda dei Comuni. I quali, ci hanno insegnato, determinarono la nascita delle libertà. Libertà per chi? E quali libertà, se poi ciascun Comune, in realtà, fu immediatamente città murata? E cioè arroccamento economico, politico e persino culturale, in cima o al centro di un contado abbandonato quasi sempre alle fortunose vicende della storia di guerre civili che insanguinò la penisola? Sono queste vicende all'origine degli egoismi economici, degli strappi politici, dei narcisismi culturali che riemergono in questi tempi imbarbariti? E perché a Cesena vogliono "appesi" pugliesi e albanesi, mentre a Brindisi il "common people", la gente stradale, di fronte alla latitanza dello Stato, si è venduta persino la camicia per aiutare questi uomini, donne e bambini, venuti dal nulla di mezzo secolo di vita (se vita è stata) e di storia marxiana, imponendosi all'ammirazione del mondo? Forse perché ci è stata estranea proprio quella storia comunale, sulla quale poi, e forse purtroppo, è stata innestata la storia nazionale?
Per noi, Brindisi è stata una pagina di civiltà e di umanesimo in atto. E se in un dato emblematico ci è dato riconoscerci, non è in uno di quelli che - citati in sintesi - hanno esaltato la rozza cecità morale del Nord, ma in uno di quelli, sia pure il più piccolo e il meno enfatizzato, il più privato e il meno clamoroso, che ancora una volta hanno esaltato, di fronte all'arroganza celtica, la grande, comune civiltà mediterranea. Quella che ci rende orgogliosi, perché è stata, e dimostra di continuare ad essere, matrice culturale e politica senza confini. Il muro nel cuore lo lasciamo volentieri ai Trimalcioni dei nostri tempi.

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