§ L'arte della moneta

Radici medioevali della svalutazione




Carla De Francisci



Gli ultimi mesi del 1987 trascorsero all'insegna di affannose consultazioni per. stabilizzare il livello dei cambi, per frenare ripetuti crolli nelle Borse di tutto il mondo, per attenuare l'incertezza economica, dovuta ai persistenti squilibri internazionali, che non avevano ancora del tutto allontanato lo spettro del 1929. In quegli stessi mesi si fece un richiamo quasi ossessivo all'esperienza storica, col duplice intento di non lasciarsi travolgere da eventi inaspettati e di trovare qualche rimedio alla crisi.
Se traumi monetari e rovinose crisi finanziarie sono state superate in passato, non c'è ragione di dubitare che non lo possano essere anche nel presente. Ma poiché la storia, come amava ricordare Schumpeter, è il solo laboratorio al quale può rivolgersi l'economista per ampliare lo spettro delle sue esperienze, è bene attingervi a piene mani per evitare errori che in passato si sono rivelati fatali.
Affrontare un tema complesso come quello delle crisi monetarie e finanziarie per un arco di tempo plurisecolare è impresa ardua che richiede non solo un ricco bagaglio di esperienza, ma anche una buona dose di coraggio e la consapevolezza di poter offrire, se non soluzioni definitive, almeno spunti di riflessione in sintonia con le questioni più scottanti del momento. Ma per raggiungere questo obiettivo è necessario prendere una certa distanza dai fatti congiunturali e rintracciare, nella tormentata storia finanziaria dell'età moderna, un filo conduttore indipendente dalle fluttuazioni di breve periodo. Così, secondo due studiosi di primo livello, Charles P. Kindleberger e Jack Revell, le guerre e i loro finanziamenti possono darci un preciso filo conduttore. Le guerre perdurano come componenti del debito nazionale e comportano riparazioni. Quando i vincitori hanno tentato di rivalersi finanziariamente, hanno dato inizio sia ai metodi di tassazione innovativi, sia a scompensi nella bilancia dei pagamenti internazionali. Sembra che le riparazioni abbiano procurato più danni ai vincitori che ai vinti e siano paragonabili, nelle loro conseguenze, all'attuale crisi debitoria internazionale.
La svalutazione medioevale ebbe origine da un eccesso di spese belliche: l'inflazione cinquecentesca dal fiume d'argento arrivato dalle Americhe e destinato, per la maggior parte, agli eserciti spagnoli; le ripetute bancarotte di Filippo II traevano origine dal debito accumulato per pagare le insaziabili armate dislocate in mezza Europa.
La necessità della politica e della guerra spingeva principi e sovrani non solo ad un impiego disinvolto delle ricchezze nazionali, ma anche alla consapevole manipolazione della moneta, perseguita come espediente per alleggerire il debito pubblico e per colmare i vuoti di bilancio, e come strumento di distorsione della concorrenza internazionale per favorire le esportazioni.
Emblematica è l'esperienza di John Law, un avventuriero scozzese esiliato dalla Gran Bretagna per aver ucciso un uomo in duello.
Rifugiatosi ad Amsterdam, venne espulso nel 1706 per aver asserito che la moneta cartacea era superiore all'oro e all'argento. Approdato a Parigi, trovò ascolto presso il Reggente che aveva ereditato da Luigi XV un bilancio dissestato. Nel giro di quattro anni ebbe accesso alla poltrona di ministro delle Finanze, ma ne fu subito sbalzato quando fu evidente che la Compagnia del Mississippi, che doveva garantire la carta moneta emessa, non era altro che una bolla di sapone. Il fallimento di Law non impedì il ritorno alla moneta cartacea nel corso della Rivoluzione francese, i cui assegnati, garantiti dai beni del clero requisiti dal governo rivoluzionario, andarono rapidamente in fumo, ma non prima di aver contribuito al finanziamento delle campagne militari di quattordici armate. La stabilità al sistema finanziario internazionale impresso dal predominio inglese nel secolo che seguì la caduta di Napoleone non fu altro che una felice parentesi.
I1 crollo del gold standard sotto i colpi della prima guerra mondiale, le irragionevoli politiche restrittive condotte da alcuni Paesi, l'incoscienza monetaria di altri, ridussero in polvere le certezze dell'Ottocento. La paurosa inflazione tedesca, il crollo del '29, le politiche nazionalistiche degli anni Trenta, mandarono in frantumi il mito dell'oro e aprirono le porte alla "moneta amministrata" in misura mai sperimentata. Il confronto fra la bella linearità dell'Ottocento e le ripetute crisi del nostro secolo mostra che la stabilità implica l'esistenza di un creditore di ultima istanza. Così era stato per l'Inghilterra del secolo scorso, così è stato per gli Stati Uniti dal 1945 al 1971. Dopo la dichiarazione di inconvertibilità del dollaro, proclamata il 15 agosto '71, è venuto meno il garante della stabilità. Che cosa accadrà in futuro? Risponde Kindleberger: "Il sistema europeo e quello mondiale zoppicheranno per qualche tempo. Alla fine si determinerà una nuova gerarchia. Non è ancora chiaro se sarà l'Europa, gli Stati Uniti o qualche Paese ancora ignoto a fornire al mondo il bene pubblico della stabilità monetaria ed economica. Nel frattempo, è importante che le nazioni stiano attente a non mettere in pericolo la stabilità della barca".

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