§ Frammenti di memoria

Solitaria Hera




Domenico Paravati



Quella tragica vicenda tra Sibari e Crotone.
Svettante sul promontorio, ormai unica, malconcia, solitaria davanti al mare, la colonna di Hera Lacinia, nei pressi di Crotone, è quasi il simbolo del passato magno-greco. François Lenormant, che nel secolo scorso esplorò le coste calabresi, tira in' ballo Lord Byron. Arrivato al promontorio Lacinio - dice provai la stessa emozione del poeta inglese alla vista del Golfo Saronico ("Collocatemi sulla ripida scala di marmo del Sunio / dove nulla / se non le onde ed io / possiamo udire i nostri mutui / mormori / e spaziare; là, come un cigno / lasciatemi cantare e morire").
E', questa, una sensazione reale. Sul promontorio dove svetta la colonna del tempio di Hera, punto di riferimento una volta dei naviganti nello Jonio, vi sentite realmente emozionati: siete soli, voi, le onde e quel simbolo della religiosità greca. L'emozione si fa più intensa davanti alle rovine del tempio, visibilissime sulla scarpata che porta dove le onde si infrangono e diventano spuma, rovine tra una natura incantominato ma micidiale, con quel mare che ruba sempre più terra, che sommerge sempre più i resti del tempio caro a Pitagora e a Zeusi. Di Zeusi si racconta che radunava qui le fanciulle più belle di Crotone per riprenderne le fattezze. Questa colonna è l'ultimo avanzo di un tempio grandioso, distrutto dagli uomini (di qua passarono le orde di Annibale), ma soprattutto dal tempo e dai terremoti. Rimane un mistero: che fine hanno fatto le altre colonne? Qui praticamente non c'è più traccia. Stanno emergendo invece, negli ultimi anni, i resti del basamento della grandiosa struttura.
La città di Kroton era più lontano, nell'interno; e del passato c'è poco o niente da vedere perché l'attuale città industriale, che si è sovrapposta, ha fatto tabula rasa. Il passato affiora con forza, invece qui, accanto alla colonna di Hera. E come si la a non pensare a Pitagora, che a Crotone era di casa, alla sua filosofia sulla metempsicosi, alla sua famosa scuola? All'interno di questo tempio, simboleggiato ora dalla solitaria colonna, maturarono certamente, o per lo meno furono ispirate, decisioni storiche per la civiltà magno-greca. Forse qui fu deciso il destino di Sibari, la metropoli (un milione di persone) distrutta da Crotone nel 510 avanti Cristo. Come in una pellicola rivediamo lo scenario. Tra la molle Sibari - a Nord - e la spartana Crotone non era mai corso buon sangue, come buon sangue non c'era tra Croton e Locri, a Sud. Ma nei confronti di Sibari, i crotoniati (e Pitagora in prima persona) si assunsero una gravissima responsabilità. La città, dopo essere stata presa in seguito alla sconfitta del suo esercito, fu letteralmente cancellata dalla geografia di allora: sui suoi edifici, sui suoi templi, passarono le acque dei Crati, appositamente deviate. I prodromi del tragico destino di Sibari ad opera di Crotone furono questi. Sibari era insorta contro i Pitagorici ed a favore degli "ultrademocratici". Il potere fu preso da Telys, un uomo violento, che bandì cinquecento cittadini; i quali ovviamente trovarono rifugio nella città rivale. Per difendere i loro diritti, Crotone mandò un'ambasceria a Sibari. Ma Telys commise un errore gravissimo. E venendo meno alle più elementari regole di rispetto per i diplomatici ne decretò l'immediata uccisione. Gli ambasciatori furono sgozzati senza essere nemmeno uditi; e i loro corpi insepolti furono gettati fuori dalla città.
Potete immaginare cosa avvenne a Crotone quando giunse notizia dell'eccidio. Venne decretata subito una guerra di totale sterminio. E così una delle più imponenti, raffinate metropoli del mondo magno-greco fu distrutta. Era il 510 avanti Cristo. La tragica fine di Sibari -si racconta - fu "vista" in anticipo dagli arconti della stessa città che ebbero un sogno collettivo la notte successiva al massacro degli ambasciatori. Hera - anche a Sibari principale divinità - fu vista uscire dal suo tempio, raggiungere l'agorà e vomitarvi una nera bile. Il mattino seguente una sorgente di sangue zampillò dal pavimento dello stesso santuario, coperto subito, inutilmente, di lastre di bronzo per nascondere il fenomeno miracoloso del furore celeste. Gli indovini, terrorizzati, nascosero il significato del fenomeno e lasciarono che le cose andassero per il verso voluto dagli dei. I sibariti radunarono un grosso esercito (trecentomila uomini), che ben presto si scontrò con i centomila crotoniati, alla cui testa c'era il famoso atleta Milone, una specie di Ercole, tra i più caldi partigiani di Pitagora. Gli storici raccontano che la cavalleria del sibariti fu messa subito fuori combattimento dai crotoniati, che ricorsero alla musica.
I cavalli di Sibari erano infatti negati agli esercizi militari in quanto i loro padroni, calati nelle loro mollezze, preferivano invece farli danzare appunto a suon di musica. L'immenso esercito sibarita sbandò come un gregge e rientrò in città. Qui una sedizione popolare mise fine al potere ed alla vita di Telys. Più tardi la città fu presa dai crotoniati e, come abbiamo detto, fu cancellata dalle acque deviate del fiume Crati.

Barletta: oltre la "Disfida", il "Colosso". Ma c'è anche Canne.
Dalla Calabria alla Puglia, e giungiamo a Barletta, una "tappa" nei ricordi scolastici. Siamo nella città della "sfida" (ricordate? Tredici cavalieri italiani il 13 febbraio del 1503 contro altrettanti cavalieri francesi, che avevano messo in dubbio il valore delle nostre armi). Per chi vuole vedere e toccare, in Piazza della Sfida, c'è una sorta di cantina dove si riunirono i cavalieri prima della tenzone che portò alla vittoria dei cavalieri italiani.


Ma chi sa che Barletta è anche la città del "Colosso"? Questo Colosso non è certamente simile a quello che - si dice - si trovava a Rodi; ma è pur sempre una statua di tutto rilievo. Pensate: è alta ben cinque metri, risale al quarto secolo dopo Cristo e rappresenta probabilmente l'imperatore d'Occidente Valentiniano primo. Il quale è passato alla storia per aver compiuto il bel gesto di dare l'impero d'Oriente al fratello Valente, mentre lui ritenne opportuno stabilire la sede a Milano.
Siamo in epoca post-costantiniana e all'inizio del declino della civiltà romana. E forse proprio nei momenti di declino si comincia a soffrire di mania di grandezza.
A Barletta ci sono anche un interessante Duomo, con elementi gotici, e un ricco tesoro nella chiesa del Santo Sepolcro.
A pochi chilometri da questa simpatica città pugliese e nello stesso territorio comunale, l'antico sito di Canne della Battaglia. Anche in questo caso affiorano lontani ricordi scolastici con le gesta incredibili di Annibale e la testardaggine dei romani, più volte sul punto di soccombere sotto i colpi dell'invasore ma alla fine vittoriosi e tremendi, con la radicale distruzione di Cartagine (su Sibari i crotoniati fecero scorrere il fiume; su Cartagine fu sparso il sale perché non crescesse più un filo d'erba).
A Canne i romani presero una micidiale batosta (216 a. C.). E la notizia, a Roma, seminò sgomento. In luce alcuni tratti di mura (la città fu distrutta dai Normanni nel 1083), porte, strade, edifici di epoca romana e medioevale. Ai piedi della collina un vasto sepolcreto. Nella stessa area, gli appassionati di preistoria possono imbattersi in un menhir, monumento preistorico dell'età del bronzo, e nei resti di un villaggio apulo. All'interno del museo alcuni vasi a vivaci colori, tra le più antiche ceramiche dipinte mai trovate in Italia.

Per salvare una farfalla.
Concludiamo con un'escursione nature, ai piedi del Vulture, in provincia di Potenza. Andiamo in un doppio cratere vulcanico dove brillano, tra le foreste, i due laghi di Monticchio. E' questa una delle aree che sono riuscite a salvarsi dal disastro ecologico. Il miracolo dovuto in parte ad una provvidenziale "non decisione" dei generali piemontesi nell'Ottocento impegnati nella ricerca dei briganti che infestavano il Sud. Contrariamente a quanto avvenuto per altre vallate, intorno ai laghi di Monticchio non furono fatti bruciare i boschi per stanare gli uomini dal cappello a cono. E così quest'area non divenne, come altre, arida e pietrosa; ma conservò l'aspetto originario con tutta la sua fauna: martore, volpi, lontre. In più si è creato un parco di oltre duecento ettari.
Si dice con un fine preciso: salvare... una farfalla che si trova quasi esclusivamente da queste parti, la "bramea europea". Per la precisione, la farfalla super-protetta ha dimora preferita a Grotticelle di Monticchio, dove cresce un raro frassino di origine balcanica, il "fraxinus oxycarpa", habitat esclusivo della "bramea".


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