§ Profumi in due tempi

Fra madre e figlia




Grazia Maria Poddighe



"Non capisco cosa abbia, tu, da lamentarti. Sei cresciuta lontano dalla catastrofe, ti abbiamo noi tenuto lontano dalle scosse. Hai avuto giocattoli, mangiato in abbondanza. E allora?"
"Credi che l'essere nata dopo la guerra mi abbia reso più sicura di te che l'hai vissuta? O credi sia un titolo di merito, l'aver superato privazioni materiali, l'essere sopravvissuti? Il caso, mamma, il caso. Nessun merito personale". "A stomaco vuoto, eravamo, e senza calze" "Potessimo far cambio: io supero la guerra. e tu ti metti al posto di una bambina che chiede solo di essere affettuosamente indirizzata, di essere aiutato a comprendersi ... ".
"Anche per me è stato lo stesso. Mia madre non ha mai capito niente, era ignorante, poverina".
"E questo ti dà il diritto di comportarti con me allo stesso modo?"
"E non erano affetto le cure che ti davo? Sempre pulita, ben vestita, ben pettinata. Unghie pulite e scarpe lucide. Non significano affetto, queste cose?"
"Erano cure che ti sembrava di dovere a te stessa. Ti vergognavi, forse, di trascurarmi. Volevi che gli altri giudicassero quanto mi amavi da come mi vestivi. Sappi che di quelle cure, di quelle trecce tenute ferme col sapone, di quella faccia troppo lavata, ho sempre sofferto, come di una mascheratura e di un'artefazione. Non c'era amore in te, quando mi sbrogliavi i capelli. Semmai, invece di una carezza, mi tiravi i ciuffi, per farmi capire quanto fossi seccata di quel lavoro, mentre volevi più tempo per te".
"Queste cose che dici le pensi solo tu. La gente sa come ti tenevamo ... ".
"Compensazione, cara mamma. E tu l'hai sempre saputo, non sei ignorante come lo erano le tue sorelle, di cui ti vergognavi".
"Sei tornata per formi il processo? Perché a me e non a tuo padre, ha sempre vissuto al riparo, lui, non s'è mai fatto toccare da un dispiacere, da una disgrazia: si adattava tutto e non piangeva mai. E io capivo di piangere per niente, schiacciata e come risucchiata dalla sua forza". "Babbo era dolce. ma aveva il sorriso di chi ti capisce ma non vuole invischiarsi. Ero io che dovevo arrivare a lui, non lui chinarsi su di me. L'affetto per voi non è mai stato spontaneo né gratuito, dovevo meritarmelo. E come, mi chiedo adesso? Essendo obbediente, servite persino; o forte come un maschio, per essere guardata dal babbo; o fare le fusa a te, quando tornavi da scuola, coccolarti e farti capire che eri tu al centro del nido d'amore, dell'amore di tutti. Allora, di riflesso, mi avresti amata".
"E tu, allora? Eri tu, invece, che pretendevi di stare al centro... tu che ti imponevi, e mettevi il broncio e ammutolivi se ti si toccava".
"Per un bambino, questo è naturale, non l'hai imparato dai libri? Per un adulto è sintomo di malattia, è la manifestazione di un egoismo malato che non si salva da se stesso".
"Hai dimenticato come ti hanno vegliato quando eri malata?"
"Già: la nonna, come per un dovere di obbedienza verso il figlio che la manteneva, non per me. Non era in gioco il suo affetto, ma il suo senso del dovere. Tu non c'eri mai ... ".
"Mi rimproveri d'aver lavorato ... ".
"Non ce n'era bisogno. Bastavano i soldi del babbo. E non parlarmi di realizzazione. Erano i soldi che ti premevano. lo, di istitutrici ne avevo abbastanza. La maestra, la nonna. Molto rigore e nessuna sostanza. Ma giù, da quando sono al mondo, non ho conosciuto nessuno che mi desse il suo affetto spontaneamente. E' sempre stato necessario richiederlo, elemosinarlo, intimarlo. Far presente che esista anch'io. Così a scuola volevo essere la prima, e ci mettevo tanta fatica, spesso non ci riuscivo, e sapevo qual era il castigo. Non era la tirata di frecce delle mani pallide della maestra, era l'essere ignorata come indegna. E io mi sono spesso sentita così, da allora: indegna delle attenzioni degli altri".
"Ma tu che sai tante cose, sapresti darmi la ricetta della madre? Mi sai dire, tu, cosa non hai sbagliato nell'educazione di Kate? Sbagliamo tutti, sai. I genitori sbagliano sempre: non so perché, ma siamo qui per sentirci rinfacciare i nostri errori. Non siete voi a volere genitori diversi, noi genitori vi avremmo voluti diversi".
"Io non lo so come sbaglio. Ma so dove tu hai sbagliato, e quegli errori ho evitato, mia figlia è stata sempre circondata dall'amore. La ho confermata nella convinzione d'essere stata voluta, e accettata, almeno da me. Ho fatto tutto per lei, e in nome suo ho rinunciato a molto, moltissimo mi sembra oggi. Stare al mondo oggi è un po' più difficile di una volta, non credi? E bisogna starci vicino, vicinissimo, a questi ragazzi che le illusioni le perdono per strada. E la nostra generazione ha preordinato loro incertezze e affanni, più gravi della tua guerra, dei vostri sacrifici. Dirò di più, se sono ancora al mondo, è per lei. Sì, sappilo, tu che vai in chiesa tutti i giorni e ti sei consacrata alla Madonna; tu che credi che ogni colpa sarà lavata: è per lei che mi sacrifico a vivere".
"Sei sempre stata atea, queste sono ancora le tue bestemmie".
"Agnostica. E stoica. Materialista. Dobbiamo pretendere, dalla vita. E, se non adempie alle nostre esigenze, buttarla via, disfarcene, come di cosa inutile. lo ho la certezza di essere stata truffata dalla vita. E non ho soluzioni, non ho futuro. Non ho proposte per mia figlia, né la illudo. E lei vuole sopraffarlo, la vita. lo non ho mai avuto questa presunzione. Mi sono lasciata vivere, da te, dagli altri. Sono una sconfitta.
Dovevi [armi accettare la sfida, mi piaceva disegnare, ricordi? Sarei stata una fallita, o forse no. Ma non dovevi spaventarmi. Adesso ho il pane sicuro, da quando avevo vent'anni ho il pane sicuro, sono una piccola piccolissima borghese che si guarda con orrore. E' già tanto se ho coscienza di questo, e tu non sei riuscita a formi a tua immagine e somiglianza. Se non sono come te".
"Vattene, adesso. Non ti seguo più. Dammi quelle pillole, sul tavolino, laggiù. Mi aiutano a stare in vita. Ma non aggiungere altro. Il babbo torna a cena. Se vuoi, puoi rimanere per lui".
Educazione! Imposizioni, percorsi obbligati, strade giù tracciate. Il soggetto educabile non vuole essere educato, lo si capisce, questo?
"Ma non ti stanchi di stare sempre seduta a disegnare?" diceva nonna, passando in cucina per la stanza da pranzo. "Voglio fare la pittrice" farfugliò infine alla madre che si pettinava, in modo che non un capello si muovesse "Che fantasia!" aveva risposto calma. "Qui non ci sono scuole di pittura. Non vorrai andare fuori casa!". Era sempre un gelo, col solo continuare imperterrita le sue occupazioni mi gelava. La figlia si allontana dalla casa, che ha un senso greve di terra, di reciproche delusioni, di colloqui inconcludenti. La madre ha reclinato il capo, per morire almeno un'ora, e riafferrare il pomeriggio, dopo il caffè. I capelli sono ostinatamente giovani e bugiardi, hanno il riflesso delle mimose che danno un sentore di morte.
"Mamma, papà ha scritto!". E la figlia abbraccia sua figlia.
"Per dire qualcosa di memorabile, o intimarci di farla ... ".
"Dice tanto e nulla, sai quanto sia pomposo. Però, dietro tanta retorica, l'unica cosa seria che ci vuoi comunicare è che non viene".
"Ha trovato un altro focolare?"
"Dice solo che è trattenuto a Berlino. Non lascia che l'indirizzo dell'albergo, ma sembra più per convenienza che perché nutra un serio desiderio di ricevere corrispondenza da noi".
"Non pensarci, cara. Siamo sempre andate avanti meglio, senza di lui". "Sarà, ma fiuto qualcosa ... ". "Vieni a cena, ti ho portato una torta". "L'hai presa in pasticceria o al supermarket?" "Ma la vuoi migliore di questa? L'ha fatta tua nonna, con mandorle e noci".
"Ti ha chiesto di me, in una pausa della requisitoria contro la tua ingratitudine?"
"Come lo sai? La torto è per te, era esausta, alla fine. Non sono certa che sia più presente a se stessa".
"Meglio così, sono simpatiche le persone un po' svanite".
"Lei sembra sempre una sacerdotessa. Adesso balbetto un po', è tanto meno ieratica ... ".
"Ho deciso, mamma. Vado da papà. Mi incuriosisce, sarà coinvolto in un giallo, o cosa ... ".
"Così non torni neanche tu".
"Dipende".
"Da quanto ti divertirai, dagli incontri, dalle compagnie".
"Dipende da quanto tempo riesci a resistere da sola, senza di me".

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