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La cultura in cifre




Sergio Bello



Delineare uno spaccato dell'attività culturale su un piano nazionale non può prescindere dalle strategie adottate dalle Amministrazioni provinciali, sia che esse operino per mezzo della gestione diretta sia che promuovano iniziative private tramite finanziamenti.
Un'idea precisa di quali siano queste strategie la si ricava dai dati contenuti in un rapporto dell'UPI (Unione delle Province Italiane), redatto nel maggio 1989 e divulgato per mezzo del trimestrale "Vita Italiana - Scienza e Cultura", edito dal Dipartimento dell'informazione e l'Editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri. L'arco di tempo entro cui è circoscritta l'indagine fa riferimento ai bilanci consuntivi relativi agli anni 1984-1986 e ai dati di bilancio di previsione per il 1987. Dall'indagine sono escluse le province autonome di Trenta e di Bolzano per ovvii motivi di peculiarità delle competenze.
L'attenta lettura dei dati presentati nella relazione permette di porre in risalto, rispetto al quadro nazionale, elementi statistici propri del Mezzogiorno in generale e delle province pugliesi in particolare, queste ultime - come si vedrà - costantemente citate nelle tabelle esemplificative che corredano il rapporto dell'UPI.
Questo, dunque, il proposito del presente articolo: estrapolare e quindi contestualizzare nella loro specificità tali elementi, così da comporre il quadro dell'impegno delle province meridionali in ambito culturale, con un occhio di riguardo alla situazione pugliese. E già esaminando i divari tra le province in termini di spesa assoluta, le città pugliesi fanno mostra di sé: nel 1984 solo quattro province hanno superato i due miliardi di spesa effettuata, e tra queste Lecce. Nel 1986 il numero delle province con spese effettuate superiori ai due miliardi sale a dieci, ed a Lecce si uniscono Bari e Brindisi; èperò indicativo il fatto che le due sole province a superare i cinque miliardi di spesa sono Roma e Lecce.
Nel 1987 le previsioni di spesa più elevate in assoluto riguardano Brindisi, con 18,8 miliardi, e Lecce, con 11 miliardi; le province con impegni superiori a due miliardi salgono a ventisette, dieci delle quali oltrepassano la soglia dei cinque miliardi, tra queste, Bari, Brindisi, Lecce e Taranto.
La spesa per la cultura, a quanto pare, segue di pari passo i livelli di sviluppo economico delle province: e se è vero che la spesa in cifra assoluta sostenuta dalle province non è l'elemento più indicativo ai fini di un'analisi corretta, essendo soggetta a picchi dovuti da impegni specifici sostenuti temporaneamente dalle Amministrazioni e destinati al riassorbimento negli anni a seguire, è vero anche che i dati relativi alla spesa per abitante e all'incidenza della spesa culturale sul bilancio provinciale, senz'altro più affidabili, non sono meno sorprendenti.
In generale, la media nazionale del livello di spesa è alquanto bassa; tuttavia si riscontrano notevoli differenziazioni tra provincia e provincia, e oltre tutto, dato di estrema importanza, si presentano sensibilissimi divari tra reddito pro capite e spesa per abitante per la cultura: questo significa che le province dei Mezzogiorno, che com'è noto sono agli ultimi posti nella graduatoria del reddito pro capite, risultano invece spesso ai primi posti nella tabella della spesa culturale.
Passando alla lettura dei dati, salta subito all'occhio come le prime dieci province italiane in quanto a reddito pro capite, tutte rientranti nella circoscrizione settentrionale, risultino poi agli ultimi posti in quanto a spesa culturale per abitanti, con variazioni che vanno dal 44° posto occupato da Mantova all'82° posto di Vercelli, con le sole eccezioni di Cremona, al 19° posto, e Bologna, al 22° posto. Al contrario, nelle ultime dieci province per reddito pro capite, tutte circoscrivibili all'ambito meridionale, troviamo province quali Brindisi e Lecce, rispettivamente al 4° e al 6° posto nella tabella della spesa culturale, mentre le rimanenti vantano una maggiore corrispondenza nel rapporto redditospesa culturale.
Ai suesposti dati circa la spesa culturale pro capite sostenuta dalle province corrispondono abbastanza fedelmente, come era lecito aspettarsi, i dati concernenti l'incidenza della spesa culturale sul totale del bilancio delle Amministrazioni Provinciali.
A questo proposito citeremo, a titolo indicativo, i dati riguardanti l'incidenza sul bilancio generale relativo all'anno 1986 delle province di Lecce, al primo posto in graduatoria, con il 5,5 per cento di incidenza, e di Brindisi, quinto posto, col 3,7 per cento; Taranto rappresenta il caso inverso, al sestultimo posto, con lo 0,19 per cento. La rilevanza dell'impegno finanziario sostenuto dalle province meridionali, ricavato dalla lettura fin qui svolta dei dati provincia per provincia, si mostra in tutto la sua evidenza allargando l'indagine sulla spesa culturale alle grandi aree geografiche: ne risulta che la spesa sostenuta dalle province settentrionali non corrisponde al peso demografico delle stesse ed è oltre tutto tendente ad un ulteriore ribasso. Tale tendenza in negativo si fa più consistente al Centro, mentre il Sud ha quasi triplicato l'impegno finanziario nell'arco del periodo 1984-1987.
Interessante si rivela prendere in esame i dati relativi alla ripartizione della spesa culturale per settori di attività: il dato medio nazionale risulta alquanto stabile, e delinea percentuali vicino al 50 per cento tanto per il settore beni culturali quanto per il settore attività culturali e spettacolo, lasciando un due-tre per cento al settore stampa ed editoria, ed un uno-due per cento al settore educazione permanente.
Sennonché, ci troviamo di fronte ad una duplice e contraria inversione di tendenza: al Nord e nelle Isole, gli impegni di spesa per i beni culturali aumentano ai danni delle attività culturali e dello spettacolo, mentre al Sud sono queste ultime ad incedere, e anche abbastanza massicciamente; il Centro si mantiene sulla media nazionale, con un lieve calo della spesa per i beni culturali. Allo stesso modo, l'incidenza degli impegni per stampa, editoria e audiovisivi, mentre accusa un decremento al Nord, aumenta vieppiù al Sud. Generalizzato èil calo percentuale del settore educazione permanente, che comunque vantava percentuali apprezzabili solo nella circoscrizione settentrionale.
Questi i dati. Dati abbastanza confortanti per il Mezzogiorno e per la Puglia, le cui province -eccezion fatta per una Taranto scarsamente propensa ad intaccare i propri bilanci -compaiono ai primi posti nelle graduatorie di spesa. Tuttavia resta da vedere quali sono i frutti che si colgono dopo tanto seminare: è un problema generalizzato quello della mancanza di specificita di intervento in un settore così evanescente quale è quello culturale; non a caso si parla di funzione prevalentemente "residuale", quando non "assistenziale" delle spese di questo tipo: mancano insomma programmazione e selettività nelle scelte effettuate dalle Amministrazioni Provinciali, tanto più che il ruolo di queste ultime in campo culturale è lontano dall'essere specificamente definito. Visto il trend acquistato dalle province in quanto a spese per la cultura, l'ultimo ma necessario passo da compiere è proprio la riorganizzazione e la finalizzazione degli sforzi profusi.

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