§ Proiezioni comunitarie / 1

Sei mesi d'Europa




Gennaro Pistolese



Il semestre italiano di Presidenza della Cee, pur disponendo di un periodo ovviamente limitato, ha avuto dinanzi a sé una serie quanto mai rilevante di obiettivi, che vanno molto oltre quelli che hanno caratterizzato gli altri semestri di' Presidenza alternata fra i Paesi partecipanti. Per la Cee, infatti, si tratto di compiere alcuni fondamentali salti di qualità che, prima ancora di costituire una svolta, preludono all'identità nuova della Comunità. Dunque quando qualcuno, forse enfaticamente, ha parlato di sei mesi d'Europa, con la targa Italia, più che riflettere un orgoglio nazionale ha richiamato solo grandi responsabilità.
Gli obiettivi da centrare sono tanti, e cercheremo di elencarli. Ma le difficoltà da affrontare sono quanto mai pesanti: e lo sono negli attriti che ci presentano per le armonizzazioni da conseguire; per lo scenario che è cambiato, sta cambiando, va oltre la stessa sfera europea; per i differenziali da colmare o per lo meno da ridurre nella misura più largo possibile e comunque urgente; per lo squilibrio di molti punti di partenza, che per il nostro Paese sono particolarmente sfavorevoli; per un quadro congiunturale mondiale che non si annuncia positivo e dinamico nella stessa misura fin qui registrata.
Quanto agli obiettivi da conseguire, ci sembrano, oltre che autorevoli, tassativi e determinanti quelli indicati dal Presidente della Commissione Cee Delors, come aspettativa derivante dalla Presidenza italiana e quindi ruolino di marcia per la condotta strategica ed operativa che ne deve discendere per il nostro Governo. Questi gli obiettivi:
- completamento del mercato interno, nei tanti presupposti da porre in atto, e soprattutto nei ritardi da recuperare, negli accostamenti da conseguire fra realtà pur diverse, negli interessi da conciliare e da rendere compatibili nella visione delle spinte che ne deriveranno per il generale sviluppo e per quello singolo dei Paesi partecipanti.
- completa realizzazione dell'Atto Unico, che è poi il sigillo conclusivo di un'unità che trae le sue origini dai Trattati di Roma: ha registrato ritardi, forse i passi indietro e certo le riluttanze che si sono avute, ma ora vuoi essere espressione di una comune volontà, maturata dalla stessa precipitosa evoluzione dei tempi.
- sensibilizzazione di presenza rispetto al processo di unificazione delle due Germanie, che non è solo un fatto di rapporti 2+4, perché è l'intero quadro mondiale che ne è investito, andando oltre la realtà europea ed occidentale in genere.
- strategia dell'attenzione rispetto al processo Csce sulla sicurezza in Europa, che coinvolge una serie di presupposti, fino a poco fa inesistenti, perché riguardano, nientemeno, la nuova identità del Patto Atlantico e di quello di Varsavia, quest'ultimo addirittura oggetto di indagini circa il comportamento di suoi latitanti o presunti tali.
- avviamento della fase due e tre dell'Unione economica e monetaria, per la quale l'accelerazione dei tempi ha a che fare con la scadenza ben precisa della fine del '92, anche se circa la gradualità per questo o quell'aspetto, o questa o quel l'applicazione, l'esperienza ci insegna che non sono rari gli accomodamenti di necessità o di convenienza. Senonché anche a questo riguardo - e l'avvertimento si riferisce particolarmente alla Gran Bretagna, che si caratterizza con i suoi distinguo, le sue riserve, le sue remore -bisogna sottolineare che la strada maestra è una sola ed una volta accettata non ammette disgressioni.
- avviamento dell'Unione politica, che finora è stata più che altro una bandiera, e che ora dovrebbe cominciare a divenire una realtà e, pur nella consapevolezza di limiti e gradualità di processi, realtà immediata.
- preparazione delle due Conferenze intergovernative di dicembre, e cioè di due assisi che, riguardando l'Unione politica e l'Unione monetaria dell'Europa dei Dodici, dovranno necessariamente costituire consuntivo e premessa di quanto la Cee vorrà effettivamente fare e di ciò che l'Italia stessa sarà riuscita a compiere perché le cose siano state indirizzate e predisposte nel senso giusto e maggioritariamente, se non unanimemente, voluto. E si sa quanto la unanimità sia indispensabile nel rapporto comunitario, pur con i compromessi che ad essa possono condurre.
- conclusione del negoziato con i Paesi EFTA, e non può sottovalutarsi quanto essa sia necessaria non solo per il livello e la qualificazione dei partecipanti, ma anche nella considerazione dell'obiettivo della Cee di non chiudersi in se stessa, di essere aperta agli altri Paesi, di rappresentare un punto di incontro e di convergenza, anziché un confine invalicabile.
- perfezionamento degli accordi di collaborazione con i Paesi dell'Est, rispetto ai quali il termine superassociazione va certamente meglio precisato, a cominciare dallo stesso Delors, come vanno specificati i possibili contenuti, tanto più che bisogna ancora accertare cosa
possa identificarsi e riconoscersi nella cosiddetta casa europea di cui parla Gorbaciov. Per casa europeo si possono, si devono intendere oggi molte cose. e probabilmente da qualche parte si circoscrivono filosofia ed interessi che ne sono alla base a visuali unilaterali e non globali (come quelle che invece sono necessarie), e che nel comportamento di gran parte dei Dodici, per quanto li riguarda, trova conferma nel cammina finora percorso. E ciò anche se qualche Paese non ha esitato a ricorrere ai freni: il Primo Ministro inglese potrebbe dirci qualcosa al riguardo.
- attenzione per l'evolversi della situazione in Unione Sovietica, che ha - come si sa - un corso molto travagliato, e che quindi a nostro modo di vedere non comporta certo il rilascio di cambiali in bianco, anche se le propensioni della fiducia si rivolgono alla perestroika di Gorbaciov. Tuttavia i giudizi conclusivi riguardano sempre i risultati finali, sulla cui base si possono costruire assetti stabili e non contingenti.
- conclusione del negoziato GATT, che ha a che fare nientemeno con le premesse fondamentali del futuro del commercio mondiale e quindi con le stesse possibilità di sviluppo delle economie disperse su tutto il globo. E' un obiettivo che ha tante sedi propulsive, ma nel GATT ha il punto tecnico di riferimento, che ha bisogno, oltre che di frequenti aggiustamenti, anche di una permanente volontà di convergenza e di conciliazione che certamente occorre più decisoriamente volere dal punto di vista politico.

Le due Conferenze di dicembre
Fra questi temi uno che incombe e probabilmente sopravanza tutti gli altri è quello delle due Conferenze di metà dicembre, che concluderanno il semestre italiano e ne rappresenteranno certamente il consuntivo più indicativo. In merito all'una ed all'altra Conferenza, c'è da dire che per quanto riguarda la prima, più che i politici impegnati nell'Unione politica, lo sono stati i pionieri, quelli cioè che hanno guardato a questa prima che a quella economica.
Ad un certo momento, e cioè in tutti questi anni, e sono tanti, è cominciato il dibattito sulla scelta fra un prius economico e quello politico, ed è - come si sa - prevalso il primo. Ora invece si ha la consapevolezza di dover spingere l'Unione politica, e ciò avviene nella considerazione del fatto che ci sono le incombenze derivanti dal crollo del muro di Berlino. In considerazione di questo crollo, le spinte maggiori derivano dal cancelliere tedesco Kohl e dal presidente francese Mitterrand, che riecheggiano antiche preoccupazioni, tendono a dissiparle, nell'ancoraggio ai rispettivi interessi. Per l'altra Europa dei Dodici le ispirazioni vanno evidentemente oltre, anche se non potranno non tenere conto di queste angolazioni settoriali. E queste per la Germania hanno a che fare con l'unificazione e le garanzie che ne devono derivare e, per la Francia, con garanzie di salvaguardia territoriale, alla quale si aggiunge anche l'autonomia della difesa nucleare che l'accomuna alla Gran Bretagna, ma che certamente ha poco a che fare con la strategia univoca dell'Unione politica.
Quanto ci si attende in materia di Unione politica è molto ambizioso. Si tratta di aumentare i poteri del Parlamento europeo, attribuendogli il compito di eleggere la Commissione di Bruxelles, dotandolo di un potere legislativo. Cosa significhi Parlamento e Governo è noto, nella realtà di ogni Paese democratico; cosa dovrebbe essere in una Comunità di Stati è meno precisabile e comunque dovrebbe avere a riferimento un federalismo praticato nell'Occidente, in altre condizioni, da qualche Stato, o promesso da Gorbaciov per l'Unione Sovietica (ma non si sa come, perché quando si parla di sovranità, di autonomia, di federazione, sono più le cose vaghe che non quelle precise o definibili). In questa materia probabilmente le cose da attenderci nell'immediato sono quelle che possono scaturire da una dialettica problematicamente enunciativa in cerca di soluzioni e di possibili passi innanzi che non ha definizioni vere e proprie. Probabilmente sardi giocata la carta della gradualità e qui staremo a vedere che cosa diplomazia e volontà trainante dell'Italia riusciranno a realizzare.
Sempre in quest'ottica, dovrebbero essere fissati i criteri ed i settori nei quali le decisioni sarebbero operanti a maggioranza, i maggiori poteri della Commissione, i meccanismi di esecutività delle decisioni della Corte di Giustizia e della Corte dei Conti, i termini del progressivo trasferimento delle responsabilità in politica estera e nella difesa degli organismi comunitari, ecc. Il traguardo è quello della creazione di una cittadinanza europea, che per gli ottimisti è una stella polare e per i pessimisti ancora un'utopia, però da coltivare, com'è nel destino di tutte le utopie che per la perseveranza e per imprevedibili corsi della storia diventano spesso realtà. E' dovere sempre di chi ha la responsabilità della guida, e quindi questa volta dell'Italia, di non essere avaro di ottimismi; probabilmente però qualcuno dei suddetti obiettivi dovrà essere disatteso, nonostante la buona volontà di chi questa Conferenza dell'Unione è chiamato a preparare, tecnicamente, ma anche e soprattutto psicologicamente.
E veniamo all'Unione monetaria, che per molti aspetti è più vicina ed in taluni aspetti, sempre monetari ed anche economici, già avviata e realizzata.
La liberalizzazione dei movimenti di capitali è già scattata in otto Paesi, mentre per gli altri quattro (Grecia, Spagna, Portogallo, Irlanda) è prevista una proroga fino al 1992. Sul fronte monetario, entreranno nello SME le tre monete ancora esterne al sistema, e cioè sterlina, escudo, dracma. il primo nucleo della Banca Centrale europea, il segretariato permanente presso la BRI ed i cinque esperti (fra cui uno italiano), che assisteranno il Comitato dei Governatori per preparare le tappe successive dell'Unione, è entrato in funzione. Il tutto, con la messa a punto della Conferenza di Roma, dovrebbe concludersi con operatività fissate fino alla fine del '92, quando si dovranno varare le modifiche al Trattato Cee per il trasferimento ad organi sovranazionali delle competenze economiche e monetarie dei singoli Stati. Altre fasi successive a questa, ma con l'occhio già ad esse rivolto, riguardano l'allestimento dell'Eurofed, la restrizione dei margini di fluttuazione delle monete, il passaggio dal 1995 all'Eurofed della politica monetaria con l'obiettivo di prezzi stabili, la convergenza fra le politiche economiche ed il finanziamento monetario dei deficit statali, l'ECU come moneta unica.
Sono grossi obiettivi, come si vede, rispetto ai quali non mancano resistenze, remore, pregiudiziali, ecc. C'è chi teme l'alternarsi delle tappe, c'è chi vuole cose certe e tassative ad una data definita, c'è chi dice siano due le possibili velocità: per chi è pronto - ed il riferimento negativo vale purtroppo anche per l'Italia - e per chi non lo è. Comunque, per la presidenza italiana si tratta di compiere tutti gli sforzi possibili affinché il massimo degli obiettivi sia conseguito e per quanto ci riguarda - perché neghiamo l'eventualità e possibilità di un'Europa a due velocità - il nostro sistema sia allineato con quello degli altri.
Punti chiave restano in questo periodo l'operatività dei poteri di codecisione per l'Europarlamento, il voto a maggioranza come regola generale al Consiglio, la definizione di una politica estera e di sicurezza comuni, la rifondazione dell'architettura dell'Europa, con l'unificazione della Germania e gli accordi con i Paesi dell'EFTA e con quelli dell'Est.

Indirizzi di base
Cominciamo dagli indirizzi generali. C'è anzitutto il nostro gap in materia di direttive Cee dall'Italia non recepite. E' il più facile ed istituzionalizzato da identificare ed il Governo lo ha fatto da una parte con il riconoscimento che noi manteniamo un record e con l'impegno, dall'altra, che le direttive saranno recepite subito. E' difatti nella fase conclusiva del varo parlamentare il recepimento di 150 direttive della Cee. Ne restano ancora 50 e bisognerà provvedere rapidamente al loro trasferimento nel nostro ordinamento giuridico, perché le adesioni si misurano sul piano della coerenza. Finora è avvenuto il contrario, ma non siamo i soli. Dobbiamo però attribuirne le colpe anche a quella lentocrazia, che è uno dei mali peggiori del sistema italiano e crea un differenziale ai nostri danni che va molto oltre questa specifica e pur importante materia, perché è alla base di un nostro generale tasso di efficienza che, nell'ambito della Cee, è certamente al di sotto dei Paesi più avanzati.
Comunque. la filosofia di condotta dei semestre italiano ha dato risalto secondo le intenzioni governative all'osservanza di impegni tassativi per l'Italia, indicati fra l'altro dalla risoluzioni del Parlamento per il progetto di costituzione dell'Unione europea da realizzarsi attraverso il rafforzamento del carattere sovranazionale delle istituzioni comunitarie, per l'ampliamento della dimensione della Cee (rapporti con i Paesi dell'Est, URSS e Stati Uniti).
E qui entriamo nella tematica che riguarda le implicazioni interessanti l'azienda produttiva Italia. C'è un documento a questo proposito, predisposto dalla Confindustria, daIl'Associazione Bancaria Italiana, dalla Confagricoltura, dalla Confcommercio, dalla Confartigianato, e presentato al Governo in relazione appunto al semestre di Presidenza italiana della Cee. In altri tempi, e noi li ricordiamo per avervi partecipato, questi documenti venivano definiti di intesa. Oggi sono forse qualche cosa di più, perché si inseriscono in un ambiente più sensibile e partecipe rispetto al passato. Orbene, secondo questo documento, le priorità da seguire concernono il completamento del mercato interno, il rafforzamento della competitività del sistema, il miglioramento della coesione interna, lo sviluppo dei rapporti extracomunitari, la realizzazione di una comune politica monetaria (con la premessa di una riduzione del pesante deficit pubblico, senza il ricorso a rialzi della pressione fiscale e contributiva), un forte impegno per colmare i pesanti ritardi legati all'arretratezza del sistema fiscale, alle insufficienti infrastrutture, alla rigidità del mercato del lavoro, alla scarsa efficienza dei servizi e così via.
Ma in tutto questo quadro c'è una particolare angolazione che viene a riguardare il mondo creditizio e bancario, rientrante più specificatamente nell'area che è propria di questa Rivista.
Orbene, le attese e le sollecitazioni riscontrabili su questo terreno e riguardanti la strategia di questo semestre Cee all'insegna italiana concernono:
- l'impostazione di una condotta organica per l'inserimento del settore creditizio nel quadro operativo dell'integrazione europea,
- il superamento degli elementi penalizzanti per il livello di competitività degli enti creditizi italiani rispetto agli operatori concorrenti. Fra l'altro si tratta di regolamentare tutti gli intermediari finanziari in modo da giungere ad un idoneo sistema di controlli che comprenda banche, Sim, e società finanziarie. Nell'ottica fiscale, poi, si tratta di giungere ad un'armonizzazione, mancando la quale -secondo le fonti bancarie - l'intero edificio dell'integrazione economica rischierebbe di sgretolarsi.
Come si vede, il fattore cronologico del semestre italiano è solo contingente ed anche occasionale di fronte all'incalzare di problemi che hanno un termine tassativo di scadenza di soluzioni che non può essere certamente eluso.
Fra l'altro si tratterà di dare un linguaggio comune in tutta l'Europa alla moneta, e cioè all'ECU, con tutto il travaglio che questo traguardo comporta e che del resto si annuncia con la posizione assunta dal Primo Ministro inglese, che già fa sapere di non voler aderire in questa materia ai processo che dovrebbe essere annunciato alla Conferenza intergovernativa di Roma del prossimo 13 dicembre. Secondo il nostro ministro degli Esteri, sarebbe un disastro per tutti se i Dodici, alla ricerca di obiettivi utopici, si arenassero nelle divergenze e perdessero il ritmo degli avvenimenti. Avvenimenti, bisogna aggiungere, che sono stati quelli della seconda parte dell'anno scorso e che oggi, per la sua parte, la Germania cerca di accelerare, con la strategia che sta manifestando e che l'Occidente e la stessa URSS registrano, o accettandola o cercando di condizionarla.

Differenziali da correggere
Abbiamo parlato fin qui di obiettivi. Ora, nell'arco di questi, le angolazioni che in questa sede ci pare che vadano maggiormente sottolineate vengono a riguardare, a nostro parere:
- il forte differenziale dell'Italia rispetto agii altri Paesi Comunitari più avanzati, che dobbiamo a vario-titolo rilevare e che hanno tutti a che fare con il nostro grado di efficienza e di competitività. Dell'inadeguatezza della prima abbiamo avuto occasione di dire, soprattutto a causa del mancato e ritardato recepimento italiano delle direttive o delle determinazioni comunitarie;
- l'appesantimento prevedibile del quadro economico occidentale, che richiede aggiustamenti tempestivi, pronto stato di vigilanza e possibile contromanovra da parte singolarmente dei Dodici e della Comunità tutta intera;
- le implicazioni che ne derivano per il nostro sistema produttivo, in termini di assunzione di uno stato di conforme reattività;
- il coinvolgimento del nostro Sud;
- le applicazioni specifiche che investono il nostro sistema bancario;
- l'ottica extracomunitaria.
E' stato detto che lo sbocco di tutto ciò dovrà essere un'Europa avente come cuore la Cee. Ma si tratta di una fisiologia che per restare tale e non degenerare in patologia deve rispettare una precisa terapia. Che è quella che bisogna completare di disegnare e soprattutto applicare. Quanto al differenziale, accanto all'aspetto negativo di cui diremo in seguito e che per noi è assillante, c'è anche quello positivo, che non si deve trascurare, non per menarne vanto e rivendicare il posto che nella graduatoria dei Paesi più avanzati ci spetta rispetto alla Gran Bretagna (il famoso quinto posto), ma per trarne motivi e sollecitazioni di avanzamento. Ricorda uno studio dell'Isrl che quasi nessuno sa che esportiamo più macchine utensili degli Usa, più robot della Francia e della Gran Bretagna, più elettrodomestici degli Usa e del Giappone. Dal 3,8% dell'export mondiale degli inizi degli anni Ottanta siamo passati al 4,5%, superati in questa traiettoria di crescita solo dal Giappone e dalla Germania, i due grandi detentori della palma dello sviluppo occidentale. Un discorso non differente bisogna farlo per la tenuta della lira, fra le monete oggi più forti e stabili dello SME, anche dopo il nostro inserimento nella banda di oscillazione ristretta, a conferma non solo di uno status, ma anche dell'impegno all'osservanza delle compatibilità che a tutti i livelli ne discendono. Inoltre, tenuto conto sia dell'export, fin qui ricordato, sia della produzione realizzata all'estero con imprese acquistate da società italiane, siamo ad un grado di internazionalizzazione che è superiore con il suo 21,2% del Pii a quello del Giappone (13,5%) e degli USA (17,9%) ed inferiore solo a quelli della Germania e, in questo caso, anche della Gran Bretagna, la quale ha alle sue spalle la storia, anche economica, che si conosce e le tuttora vitali spinte che ne derivano.
Però ci sono e pesano i differenziali nettamente e pesantemente negativi, che riguardano l'inefficienza di amministrazione pubblica e di servizi, il ritardato decollo del Mezzogiorno, con la diffusa area di sottosviluppo e di squilibri fra le diverse regioni dello stesso Sud, un certo scadimento della qualità di molti nostri prodotti industriali in conseguenza anche del tanto numerosi lacci e lacciuoli di natura burocratica, una risposta della domanda turistica tutt'altro che in chiave con le attese e sovente, bisogna riconoscerlo, anche con l'adeguatezza dell'impegno della nostra offerta. L'elenco di questi capitoli potrebbe continuare a lungo, tenendo per fermi i nostri grossi differenziali costituiti dal tasso di inflazione, dall'ammontare del l'indebita mento pubblico, dall'incerto decisionismo politico in materia di assorbimento e superamento del disavanzo dello Stato e dei vari enti locali, protesi più verso l'espansione, anche esorbitante, dell'entrata che non verso i decisi e costanti tagli di scure della spesa.
Dietro questi fatti vi sono tanti fattori negativi, che sono di natura strutturale e certamente non eliminabili solo con un'azione contingente ed incisiva sugli effetti e non già sulle causali. Il presidente della Commissione Bilancio del Senato, il democristiano Andreatta - e ci piace dare atto del suo motivato rigore, tutt'altro che frequente nella classe politica, e nel riconoscimento esula ogni preferenza o propensione di parte - ha detto che nel conto negativo bisogno mettere l'arretratezza della scuola e dell'università, la mancanza di legami efficaci fra le banche italiane e quelle europee, l'inesistenza della ricerca scientifica malgrado i cospicui fondi erogati dallo Stato, ecc. Sono tutte altrettante forme di grave malessere, tanto più pesanti quanto più "abbiamo - per dirla sempre con Andreatta - una classe dirigente incapace di congiurare insieme sui grandi obiettivi nazionali, a fronte di una classe politica che diventa sempre più analfabeta in economia, mentre la classe economica balbetta quando deve giudicare la politica". Non c'è dubbio che la prima parte della tesi sia fuori discussione, mentre la seconda parte sembra più approssimativa, perché l'incomprensione della sfera economica ha a che fare non con la politica tout court, ma con questo tipo di politica che, per brevità di imputazione, si può definire carente di precisa progettualità e di conseguente decisionismo, conforme e compatibile. Le difficoltà del nostro adeguamento alle condizioni di partenza e di confronto con gli altri sono tutte qui.


Le sfide da affrontare, in questo lasso di tempo che ci divide dal '93, sono dunque tante. Vengono riassunte nel termine adeguamento, che ha tante facce e che dobbiamo una per una determinare, affrontare, correggere. Si tratta di un lungo inventario, che dobbiamo anche cominciare meglio a definire. Poi interverrà e deve agire prontamente la fase della terapia. In questa terapia, le posologie da considerare sono molteplici, e si estendono da questa necessità di adeguamento a quelle, secondo il presidente del CENSIS, della costruzione di nuovi rapporti con l'Est europeo, all'invenzione di un ruolo nazionale di fronte all'esplosione del problema multirazziale. Come si vede, la Cee, nata con una visuale e da questa determinata, ne ha di fronte un'altra totalmente diversa ed anche ingigantita, che riflette il mutare dei tempi ed esige un grado di fantasia e di creatività ancora lontano dalla sintonizzazione dei comportamenti e delle attitudini dei dodici Paesi. E questo, purtroppo, è un differenziale che non si esaurisce in ciascun appartenente alla Comunità, ma riguarda l'intero ripensamento della Cee, che deve essere aperta omogeneamente e complessivamente a queste nuove prospettive. Così che questo o quel differenziale particolare possa essere corretto e, anche se gradualmente, eliminato. Intanto, dobbiamo fare la nostra parte.
E veniamo alle implicazioni immediatamente derivanti dall'andamento congiunturale, che naturalmente non è solo frenante ma può essere in determinate condizioni anche incentivante. Orbene, da questo punto di vista avremo a che fare con un rallentamento della crescita mondiale nel '90, come ci avverte l'ONU, e per quanto ci riguarda con gli ammonimenti dell'OCSE, secondo cui potremo sì contare su di un nostro tasso di crescita superiore al 3%, ma dovremo subire un rallentamento molto graduale dell'inflazione, una spinta dei costi al rialzo, un rallentamento della dinamica delle esportazioni dovuto al continuo peggioramento della nostra competitività. A ciò bisogna aggiungere un tasso di inflazione, secondo la Confindustria, superiore (6,2% fra due anni) a quello previsto dall'OCSE. A ciò si aggiungano i peggioramenti prevedibili per i conti con l'estero e per la finanza pubblica, con un disavanzo delle partite correnti calcolato per il 1992 intorno a 25 mila miliardi ed un fabbisogno a tale data del settore statale elevato a 172 mila miliardi, ben lontano dai 121.550 miliardi del nostro Governo.
Quando parliamo della nostra presenza nella Comunità del '93, è anche di queste cifre e dei condizionamenti che ne derivano che dobbiamo tenere conto, non naturalmente per subirli, ma proprio per evitare che nella convivenza vi siano due velocità.
Il sistema Italia impone due cose - e nell'urgenza del '93 senza alcun rinvio - e cioè una precisa ed idonea progettualità e pronti, perché indifferibili, tempi di attuazione.
Il semestre italiano è una data. Il dicembre '92 un'altra, il gennaio '93 un'altra ancora. Sono altrettante scadenze, che quando si tratta di cambiali ci trovano puntualmente allo sportello di una banca. Questa volta lo sportello è l'Europa dei Dodici, con le responsabilità e l'orgoglio che comportano.
Siamo così al tratto finale della nostra panoramica, che ha appunto a che fare con il nostro sistema bancario, cui si affiancano altre due tematiche che sono quanto mai rappresentative: quella specifica concernente il Sud - anche il nostro Sud - e quella delle relazioni extracomunitarie, che ribadiscono l'immagine di una realtà che non si chiude in se stessa, ma nella determinazione della sua inconfondibile identità è pronta ed aperta ad incontrarsi con gli altri.
Completando quanto già detto in tema bancario, giova ricordare le recenti messe a punto del ministro Carli, secondo il quale occorre ancora appurare se l'ordinamento bancario italiano sarà in grado di sostenere la concorrenza esterna o se invece dovrà subirla cambiando talune caratteristiche proprie, a fronte di assetti più aperti e meno vincolistici degli altri Paesi. Di qui la richiesta al Parlamento di voler accordare al Governo una delega per il riordinamento della legislazione sull'intermediazione bancaria e non bancaria e per la costituzione di un gruppo di lavoro, incaricato di approntare un testo di legge contenente i principii di esercizio da parte del Governo dei poteri che gli saranno delegati dalla volontà parlamentare.
Circa poi la tematica Sud, due emergenze incalzano e trovano risalto fra l'altro in uno studio del Centro euromediterraneo di studi internazionali e del Comitato per lo sviluppo della forza federalista del Mediterraneo.
la prima riguarda il piano nazionale, rispetto al quale è urgente razionalizzare l'esistente da integrare con le novità propositive: patto sociale per il Sud, autority per il Mezzogiorno, Mediobanca per il Sud. la seconda emergenza concerne il piano europeo, sul quale è urgente contribuire alla rapida definizione delle iniziative riguardanti il futuro del Mezzogiorno e dell'area mediterranea, con lo sbocco di una politica rinnovata, di un'azione regionale incentivante investimenti e localizzazioni valide, di una banca mediterranea, di grandi reti infrastrutturali.
In sostanza, si tratta in particolare per il nostro Mezzogiorno di far leva sulla Cee per superare i divari in atto, non essendo sufficiente l'impatto nazionale del problema del Sud finora praticato, dati i ritardi e le distorsioni che ne sono derivati. Fra l'altra fin qui siamo riusciti solo ad utilizzare poco più del 50% delle risorse comunitarie disponibili.
Altro importante banco di prova che attende la Cee, è quello di assumere un'identità in chiave con gli avvenimenti (unificazione tedesca, modificazione sociale, economica, politica dell'Est europeo, nuova situazione sovietica), che sia fonte di più radicale integrazione per se stessa e di valide combinazioni con la realtà extracomunitaria, vicina e lontana. La volontà sovranazionale deve tradursi in un nuovo schema, che oltre a definire i suoi connotati interni, ampliandoli e rendendoli pienamente operativi nelle direzioni segnate, avvii nuovi rapporti con i Paesi dell'Est, meglio concretizzi le relazioni con la NATO, la Conferenza sulla sicurezza e sullo sviluppo economico, sia determinante nel ridisegno della mappa europea.
Già si dispone di una serie di premesse, di studi, di determinazioni in queste direzioni ed ora, ripensandoli tutti, bisogna risolverli nei fatti: quelli appunto che nelle due Conferenze di dicembre dovranno trovare espressione. Decisione e coerenza costituiscono la stella polare, che deve guidare il cammino comunitario, anche nelle compatibilità interne e singole che devono essere rispettate. E di queste ultime l'Italia dovrà tenere particolarmente conto, perché se netta è la sua ispirazione europeista - e le prove fornite in questo senso sono tante - non sempre coerenti e compatibili con essa sono alcuni nostri indirizzi o situazioni interne.
Ne abbiamo parlato prima: il grosso nodo da sciogliere è proprio qui, nell'urgenza di due scadenze, immediata e ormai conclusiva la prima (semestre italiano), meno vicina ma non certo lontana la seconda (il termine del '92). E si tratta non giù di occasioni da non perdere, come dice qualcuno, ma di precisi impegni da assolvere.


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