§ Banche estere in Italia

Sportelli a prova di futuro




Lamberto Dini



Significativi motivi di riflessione possono trarsi dagli sviluppi che hanno caratterizzato l'economia e il sistema bancario in Italia nel sia pur breve periodo di un anno: la definitiva rimozione dei controlli valutari, la liberalizzazione dell'apertura degli sportelli bancari, l'abolizione dei limiti territoriali all'erogazione del credito sono fattori importanti che stimoleranno la concorrenza, e quindi l'efficienza, tra gli Intermediari.
Non si sono invece realizzati gli auspicati progressi nella fiscalità sulle transazioni finanziarie, che incide sulla competitività del nostro sistema e sullo sviluppo dei mercati.
Con la liberalizzazione valutaria iniziano a prodursi gli effetti concorrenziali della libertà di stabilimento e del mutuo riconoscimento delle legislazioni bancarie, previsti dalla Seconda Direttiva di Coordinamento; la competizione è destinata ad intensificarsi con la realizzazione del mercato unico europeo.
Il sistema bancario italiano è partecipe a pieno titolo del processo di internazionalizzazione finanziaria, nonostante che in alcune fasi il suo sviluppo abbia segnato il passo rispetto a quello dei principali Paesi industriali.
All'internazionalizzazione del sistema concorre l'attività delle banche estere in Italia; esse hanno svolto un ruolo importante, in particolare nell'introduzione di innovazioni finanziarie sul nostro mercato. Nonostante il mutare delle congiunture, le banche estere continuano a mostrare interesse per le opportunità offerte dal mercato italiano, anche se l'attenzione si è manifestata e tradotto in strategie differenziate. Accanto agli insediamenti di istituzioni creditizie provenienti da Paesi industriali, specie dalla Cee, nel periodo più recente banche dell'Europa centro-orientale hanno evidenziato un crescente interesse per il nostro Paese, sia pure con l'apertura di uffici di rappresentanza; questa evoluzione va ricollegata con le trasformazioni in atto in quell'area e con le più ampie possibilità di intensificare le relazioni economiche con l'Occidente.
Nell'esercizio trascorso, il volume di fondi complessivamente intermediati dalle filiali di banche estere in Italia è rimasto sostanzialmente invariato rispetto a quello precedente; questo risultato conferma che la tendenza alla riduzione delle dimensioni operative, che era stata registrato in precedenza, si è arrestata. Nel passivo dei loro bilanci è rimasta preminentemente la raccolta interbancaria, mentre dal lato dell'attivo sono scesi gli impieghi intercreditizi e gli investimenti in titoli e sono aumentati i crediti alle imprese.
L'attività di supporto finanziario alla clientela trova riscontro in un'espansione delle operazioni "sotto la linea", quali accettazioni bancarie, commerciai paper, swap in valuta e su tasso d'interesse. La quota di mercato delle filiali di banche estere nei crediti di firma è aumentata, nel corso dell'ultimo decennio, dal 2 a oltre il 5 per cento. Nel 1989 la quota relativa alle loro attività tipiche della gestione denaro si è ragguagliata invece al 2,2 per cento.
Per quanto riguarda i risultati economici, com'è noto, la redditività delle unità all'estero di un'azienda di credito non può essere comparata con quella delle dipendenze nei Paesi d'origine, a causa in particolare della diversa operatività. Inoltre, le interrelazioni esistenti tra l'attività della casa madre e quella delle filiali all'estero rendono difficilmente misurabile l'apporto che queste ultime, singolarmente considerate, adducono all'azienda.
Nel 1989 le filiali di banche estere in Italia hanno registrato in media margini che, ancorché solo lievemente positivi, hanno rappresentato comunque, nel complesso, un miglioramento del risultato lordo di gestione; tali risultati, che giungono dopo alcuni anni caratterizzati da una redditività negativa, sono da attribuire principalmente alla crescita dei ricavi netti da servizi.
L'ampliamento di attività diverse dall'intermediazione finanziaria ha fatto perno sulla capacità delle filiali di diversificare la gamma dei servizi offerti, quali la consulenza finanziaria e l'attività in cambi, cash management e home banking. Tale ampliamento è stato anche facilitato dal crescente ricorso a società finanziarie collegate, facenti capo direttamente alla casa madre, che sfruttano economie di specializzazione. Il campo d'azione delle società collegate comprende l'intermediazione in titoli, la partecipazione a consorzi di collocamento e garanzia, il leasing, l'attività di merger and acquisition, il leveraged buyout, la copertura del rischio di tasso d'interesse e di cambio, e si estende alla stessa concessione di finanziamenti.
Il grado di inserimento dei gruppi bancari esteri nel sistema finanziario italiano e i risultati da essi conseguiti devono, pertanto, essere valutati nel loro insieme, tenendo conto di tutte le attività in cui si manifesta la loro presenza sul territorio nazionale. In prospettiva, i loro risultati aziendali potranno essere positivamente influenzati dagli interventi delle autorità monetarie italiane intesi ad accrescere la funzionalità e l'efficienza del mercato interbancario.
Nell'ambito della più generale riforma del sistema dei pagamenti, la procedura relativa alle operazioni in lire di conto estero, avviata nella seconda metà dell'anno scorso, ha favorito l'adesione delle banche estere alle Stanze di compensazione, contribuendo così ad una migliore gestione della loro tesoreria. Il maggior spessore del mercato interbancario, conseguenza attesa dalla mobilizzazione di una quota del deposito vincolato a riserva, faciliterò l'accesso delle banche estere a questa importante fonte della loro raccolta.
La riforma legislativa del settore finanziario nel nostro Paese, le cui linee generali sono ormai tracciate, si collega alla contemporanea esigenza di recepire le direttive comunitarie.
Con la Seconda Direttiva verrà sempre meno la coincidenza tra le aree di competenza degli organi di Vigilanza e l'ambito della giurisdizione nazionale. Alle autorità dei Paese d'origine sardi affidata la responsabilità dei controlli di solvibilità, nel cui ambito quelli relativi ai rischi di mercato assumono particolare rilievo per i mutamenti connessi con i fenomeni di innovazione finanziaria e di integrazione dei mercati.
La sorveglianza dovrò interessare sia gli operatori bancari sia quelli non bancari, in un quadro di parità di condizioni concorrenziali; essa pone problemi di definizione dei relativi strumenti di controllo, data anche la non omogeneità delle strutture di bilancio e dell'operatività delle banche e degli altri intermediari. I controlli sulla liquidità delle filiali di banche comunitarie rimarranno, invece, di competenza delle autorità del Paese ospitante.
Nella logica dell'integrazione comunitaria, la demarcazione tra gli ambiti di responsabilità degli organi di controllo vanno intese come punti di contatto, non di separazione. La conoscenza dei rispettivi mercati nazionali da parte delle autorità di vigilanza dei Paesi di insediamento delle filiali estere è, infatti, indispensabile per una corretta valutazione della solvibilità degli enti creditizi ad opera delle autorità competenti del Paese d'origine. D'altra parte, per svolgere efficacemente le proprie funzioni, è necessario che le autorità di controllo del Paese ospitante dispongano del quadro complessivo della realtà aziendale, che solo le autorità del Paese d'origine possono fornire. Pertanto, il rapporto bilaterale tra organo di Vigilanza del Paese di insediamento e filiali di banche estere tenderò sempre più a trasformarsi in una relazione tripolare, nella quale le autorità del Paese d'origine costituiscono il terzo, essenziale punto di riferimento. L'evoluzione che caratterizzerà i rapporti intracomunitari sulla base di presupposti normativi tenderò a estendersi, in via di fatto, ai rapporti extracomunitari, ferme restando le differenze sul piano giuridico.
In questo quadro evolutivo si inscrivono gli interventi adottati dalle autorità creditizie italiane. La liberalizzazione dell'apertura degli sportelli bancari lascia alle banche - incluse quelle estere giù insediate con una succursale -piena autonomia nel decidere l'apertura di nuove dipendenze, a condizione che le loro politiche di espansione siano compatibili con la situazione tecnica e organizzativa delle aziende.
In conformità con la Seconda Direttiva, è stato dimezzato il capitale minimo necessario all'apertura in Italia di filiali di banche comunitarie. Il provvedimento è stato esteso anche alle aziende extracomunitarie. Verrà poi meno l'obbligo di costituire un fondo di dotazione per le filiali di enti creditizi già autorizzati a operare in altri Paesi della Cee.
Il riconoscimento del ruolo svolto da primarie aziende estere nel mercato creditizio italiano si traduce anche in una particolare attenzione nel definire nuove regole a esse applicabili, nell'ambito di un processo di revisione normativa che investe l'intero sistema finanziario.
Nello spirito delle norme della Seconda Direttiva abbiamo inteso rivedere fin d'ora alcuni istituti di vigilanza che correlano le possibilità operative delle filiali di banche estere all'ammontare dei mezzi patrimoniali. Mi riferisco alle discipline del gearing ratio, dei crediti di firma, dell'operatività oltre il breve termine in lire e del limite di fido.
Le regole attualmente in vigore in materia di coefficienti patrimoniali obbligatori prevedono che tutte le filiali di banche estere siano assoggettate al coefficiente dimensionale e che il coefficiente di rischio sia applicato alle sole filiali la cui attività, consolidata con quella della casa madre, non risulti sottoposta ad un coefficiente analogo nel Paese d'origine. A partire dal gennaio del prossimo anno, in coincidenza con l'adeguamento dei coefficienti patrimoniali agli accordi internazionali, verrà rimosso, per le filiali di banche comunitarie, il vincolo all'espansione dell'attività posto dal gearing ratio. Per omogeneità di comportamento, tale rimozione sarà estesa anche alle filiali di aziende provenienti dagli altri Paesi del Gruppo dei Dieci.
L'attuale normativa sui crediti di firma e sugli altri impegni di natura finanziaria, in base alla quale le aziende di credito possono rilasciare garanzie per un ammontare non superiore al decuplo del patrimonio, persegue l'obiettivo del mantenimento dell'equilibrio nello sviluppo dimensionale. La crescita delle operazioni fuori bilancio delle banche estere, che è volta a compensare la riduzione del margine tra rendimento dei capitali investiti e costo della raccolta, ha determinato per alcune di esse situazioni di debordo rispetto al limite prefissato. Per consentire una maggiore operatività alle aziende interessate è stato pertanto deciso di elevare detto plafond da 10 a 20 volte il patrimonio. Le norme relative al gearing ratio e ai crediti di firma saranno riconsiderate con l'introduzione, in prospettiva, di schemi specifici di regolamentazione dei rischi, alcuni dei quali già in fase di avanzata definizione in sede internazionale.
La regolamentazione dell'operatività oltre il breve termine in lire risulta finalizzata da un lato a evitare un'eccessiva trasformazione delle scadenze e a mantenere sufficienti condizioni di liquidità, dall'altro a preservare il principio della specializzazione temporale per tutte le categorie giuridiche di aziende di credito. Per le filiali di banche estere è già previsto, in considerazione delle loro particolari modalità operative, un regime differenziato. In relazione alla modifica dei livelli minimi di capitale che ho menzionato, è stato deciso di raddoppiare il parametro esistente.
Nel medio periodo, l'obiettivo sarò quello di tendere a un approccio onnicomprensivo per il complesso dell'attività di intermediazione, con una revisione dei parametri attualmente utilizzati; schemi nazionali di regolamentazione finalizzati a limitare l'assunzione di rischi di liquidità e a evitare un'eccessiva trasformazione delle scadenze appaiono tuttavia coerenti con la normativa comunitaria. Data la riduzione del fondo di dotazione minimo per le filiali di banche estere, è stato deciso di elevare fino al patrimonio il limite di finanziamento per un singolo cliente; ciò ridurrò notevolmente gli Interventi autorizzativi. Ma anche tale modifica avrà carattere transitorio, in relazione al previsto passaggio al principio di home country control per le banche comunitarie.
In conclusione, l'internazionalizzazione e l'integrazione dei mercati finanziari, congiuntamente con la creazione del mercato unico europeo, mettono tra loro in concorrenza, oltre che i singoli operatori, i sistemi nazionali. Per le banche, i nuovi ambiti operativi e la maggiore esposizione alla concorrenza richiedono ammodernamenti delle strutture, adeguamenti nelle capacità gestionali, ampliamenti della gamma dei servizi offerti, miglioramenti della loro qualità. Gli interventi regolamentari intrapresi negli ultimi anni dalle autorità creditizie italiane sono stati orientati a promuovere maggiore autonomia ed efficienza nelle aziende, coerentemente con i principi della legislazione comunitaria. In questo stesso contesto si inscrivono le iniziative adottate per razionalizzare la base normativa applicabile alle filiali di banche estere.

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