§ Tra storia e cronaca

Il mercato fa democrazia




Guido Carli



Sin da anni lontani, dai fortunosi anni post-bellici, ho inseguito la visione di mercati liberi, di Paesi liberi, di popoli liberi. Vicende alterne a livello mondiale e a quello del mio Paese hanno spesso ristretto l'orizzonte del mercato. Nel presente decennio, tuttavia, la spinta verso il mercato e il suo allargamento oltre i confini tradizionali, nel senso spaziale come in quello funzionale, gli hanno conferito una nuova dimensione. Questo processo di globalizzazione suscita incertezze dal lato dei rapporti di cambio fra le monete dei maggiori Paesi industriali. La prevedibilità delle variazioni del cambio fra dollaro. yen, marco, diviene più tenue, e la capacitò delle Banche Centrali di restringere l'ampiezza delle oscillazioni si affievolisce. le masse di capitali che si spostano fra i grandi centri finanziari superano in volume i mezzi dei quali le Banche Centrali dispongono per contenerne le conseguenze. Vi sono momenti nei quali si direbbe che i mercati reagiscono più prontamente alle dichiarazioni dei banchieri centrali che alle azioni che essi intraprendono.
La stessa fiducia sulle statistiche vacilla. Il Fondo monetario internazionale, l'Ocse e gli Istituti statistici nazionali calcolano le bilance dei pagamenti dei singoli Paesi. Ovviamente, al totale dei disavanzi degli uni dovrebbe corrispondere il totale degli avanzi degli altri; nonostante tecniche di rilevazione raffinate, la discrepanza è dell'ordine di 100 miliardi di dollari.
Queste considerazioni intendono sottolineare che l'internazionalizzazione, la delegificazione, la deregolamentazione della finanza suscitano spostamenti di fondi da un mercato all'altro non correlati all'andamento dell'economia reale, e ostacolano. nello stesso tempo, le rilevazioni statistiche che li riguardano.
Ricordo che l'indomani della conferenza di Bretton Woods, nel luglio 1944, il segretario del Tesoro degli Stati Uniti, Morgenthau, dichiarò che gli istituti creati in quell'occasione avrebbero avuto l'effetto di scacciare gli usurai dal tempio della finanza internazionale. Ciò è stato un po' vero negli anni nei quali i principii ispiratori dello statuto del Fmi sono stati osservati. Quei principii circoscrivevano l'ampiezza dei movimenti di capitali e si proponevano di correlarli a esigenze di finanziamento dei disavanzi delle bilance dei pagamenti correnti.
Il constatare che i trasferimenti di capitali si dissociano dai rapporti sottostanti fra le economie reali non implica affatto che ciò sia un male; alla condizione, però, che sia di sprone alla costruzione di un ordine internazionale capace di promuovere un coordinamento delle economie delle grandi aree monetarie prossimo a quello verso il quale tende la Cee al suo interno.
L'interdipendenza dei mercati accresce gli stimoli nei diversi Paesi e nelle diverse aree politiche a organizzarsi al proprio interno secondo I principii dell'economia di mercato. Se si pensa che sono state istituite o sono in corso di istituzione Borse Valori in Paesi a economia centralizzata, ciò vuoi dire che i principii della libertà economica e politica stanno risvegliandosi, permeando nuovamente società e popoli di antica tradizione civile, astretti sinora dalle pastoie di una burocrazia oppressiva.
Lungo la stessa direttrice si colloca il movimento verso la privatizzazione, che tanta parte ha avuto nella politica economica e nella politica tout court, ad esempio, del Regno Unito, della Francia, della Germania e del Giappone. Il peso del settore pubblico si riduce soltanto restituendo al mercato la gestione di imprese che lo Stato aveva finito con l'accumulare nel proprio demanio per esplicita decisione politica, più spesso per porre rimedio a situazioni di crisi particolari o generalizzate. Questa restituzione al mercato in Italia è avvenuta solo marginalmente, per iniziativa degli enti di gestione delle Partecipazioni Statali. E' da augurarsi che la vendita di beni mobiliari e immobiliari, con modalità che garantiscano con l'interesse pubblico anche la correttezza dell'operazione, serva non solo a contenere l'onere per interessi che grava sul pubblico bilancio, ma anche a ridurre l'area delle scelte politiche nel settore dell'economia. Soltanto con l'avanzare del mercato la nomina di dirigenti di imprese, oggi gravitanti nell'ambito pubblico, può essere legittimamente sottratta al potere politico. E' la democrazia del mercato, in base all'esperienza storica, l'unica che possa contenere gli enormi, spesso indebiti spazi oggi controllati dalla democrazia politica in Italia.
Questo movimento alla globalizzazione, cui hanno contribuito e ancora contribuiscono in misura non facilmente distinguibile la liberalizzazione valutaria, la deregolamentazione finanziaria e l'innovazione sia tecnologica sia operativa, non è esente da critiche, né scevro di timori. Quest'ultimo fattore, la capacità di innovare, è quasi sempre oggetto di ammirata curiosità, spesso di acritica approvazione, talvolta di esplicita avversione, che spinge coloro che se ne fanno interpreti a proporre nuove regolamentazioni, nuovi vincoli, nuove limitazioni. Soprattutto se la volatilità dei corsi è elevata, di difficile spiegazione sul piano tecnico o su quello macro-economico, si levano voci per ridurre la reattività dei mercati.
E' una tentazione cui bisogna resistere; non solo le tensioni imbrigliate in un mercato si manifestano in altri, che col primo non possono non mantenere contatti e canali di comunicazione, ma il processo di regolamentazione può essere tra quelli che si autoalimentano. Diverso è il caso di regole o di interventi volti ad assicurare il regolare svolgimento delle contrattazioni, per evitare l'eccessiva variazione dei corsi di un singolo titolo, o dell'intero listino; è il caso, appunto, dei "circuit breakers", da azionare in casi eccezionali.
I mercati derivati sono una realtà in rapida espansione, il cui funzionamento è oggetto di attento studio soprattutto da parte dei Paesi che ancora non ne dispongono, pur avvertendo il loro potenziale contributo al processo economico. Ciò è vero anche in Italia. Pure, in questo caso si intrecciano timori inspiegati e aspettative altrettanto ingiustificate, soprattutto se le transazioni avvengono con programmi computerizzati. Anche qui sono necessari più approfonditi studi e ricerche, una più chiara comprensione dei legami tra mercati a pronti e mercati derivati, maggiori sforzi per l'armonizzazione internazionale di entrambi, una vigilanza rafforzata per evitare eccezionali fenomeni di parossismo operativo, che, discreditando il mercato, non lo aiutano a consolidare la sua credibilità come principale strumento di allocazione delle risorse. Infine, in mercati che si integrano, in cui vengano meno antichi steccati tra categoria e categoria di operatori, che istantaneamente reagiscono ad avvenimenti finanziari e d'altro tipo che hanno luogo a migliaia di miglia di distanza, le regole di deontologia professionale possono venir meno, o rivelarsi insufficienti. In mercati costituiti da pochi operatori, con alte barriere all'ingresso e caratterizzati da scarsa innovazione, l'autoregolamentazione e l'autodisciplina storicamente sembrano essere state, nella generalità dei casi, garanzie sufficienti per la corretta esecuzione degli ordini. Nei mercati moderni, con ampia libertà di accesso e alta capacità innovativa, è con molta probabilità necessario integrare l'autoregolamentazione e l'autodisciplina con una forte dose di sorveglianza dei pubblici poteri, per disciplinare i conflitti d'interesse effettivi e potenziali. Altrettanto è a dirsi nei confronti di coloro che sono in grado di operare con anticipo rispetto agli altri partecipanti, perché in possesso di informazioni privilegiate.
In altri termini, il mercato è strumento efficacissimo nell'allocare le risorse, nel promuovere il benessere, nel caratterizzare le società economiche e politiche. Come tutti gli strumenti, è forgiato dagli uomini; di solito indirizzato al perseguimento del bene comune, può essere sfruttato in modo contrario alle regole per il tornaconto di alcuni, a detrimento del più.
E' questa la missione affidata agli organismi di sorveglianza sui mercati dei titoli: vigilare affinché le regole volte ad assicurare il corretto gioco dei partecipanti siano rispettate non solo nei confini nazionali, ma anche al di fuori di essi. Incombe su ciascun organismo incaricato di vigilare all'interno di un Paese l'obbligo di collaborare con gli analoghi enti di altri Paesi, al fine di scambiare le informazioni che consentano di perseguire gli "insider traders" o i riciclatori di denaro sporco. Se il mercato si globalizza, la vigilanza non può rimanere vincolata all'angusto territorio nazionale.
Mi sia consentita un'ultima considerazione, sul terreno a me più caro della gestione macroeconomica. Nei Paesi industrializzati e nel nostro Paese si è infittita la schiera degli intermediari finanziari. La concorrenza fra intermediari bancari e non bancari è diventata più aspra, la linea di demarcazione fra loro più sottile. Alla segmentazione del sistema finanziario in un ampio numero di intermediari corrisponde una scala nella gravità delle conseguenze di crisi finanziarie alle quali sono esposti. Crisi in un punto tendono a ripercuotersi su tutti gli altri punti del sistema. Ne segue che la vigilanza di stabilità deve estendersi al sistema nel suo complesso.
Esperienze recenti, in particolar modo negli Stati Uniti, mostrano che esiste una stretta interdipendenza fra crisi finanziarie e politica monetaria. Per evitare che il crollo della Borsa avvenuto a New York nell'ottobre 1987 si estendesse all'intero sistema finanziario americano e del resto del mondo, la Banca della Riserva Federale ha orientato la politica monetaria nel senso di creare tutta la liquidità che i mercati avessero richiesto. Il presidente della Riserva, nel rievocare quell'evento, ha enunciato il principio che fra gli obiettivi della politica monetaria si inseriscono quelli della stabilità del sistema finanziario. D'altra parte, l'efficacia della politica monetaria presuppone un sistema finanziario efficiente e capace di trasmettere gli impulsi che l'autorità monetaria imprime. La collaborazione tra gli organismi di vigilanza sulle Borse, quelli incaricati della supervisione bancaria e la Banca Centrale deve costituire una rete attraverso la quale sia possibile mantenere al mercato finanziario la sua libertà la sua funzione e la sua solidità, e al tempo stesso assicurare la società e i pubblici poteri che esso non diventerà il luogo ove conseguire o risciacquare profitti illeciti.

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