§ Inflazione e occupazione

Sempre attuale la lezione di Keynes




James Tobin



Per quali ragioni negli ultimi otto anni il tasso di disoccupazione in Europa è sceso così poco rispetto a quello degli Stati Uniti? E quali i motivi per cui la crescita reale in Europa è stata tanto più lenta? I dati attuali invertono i raffronti dei decenni precedenti, soprattutto per quanto riguarda gli anni Sessanta e Cinquanta.
Laddove, rispetto all'acuta recessione mondiale seguita al secondo shock petrolifero del 1979-80, così come alla recessione della metà degli anni Settanta, dovuta al primo shock petrolifero, gli Stati Uniti hanno registrato una ripresa, non si può dire la stessa cosa per l'Europa. Qui, infatti, la crescita registrata negli anni '80 non è stata abbastanza rapida da annullare i ritardi economici conseguenti alle recessioni suddette. E' vero che la produttività è aumentata più rapidamente in Europa che non negli Stati Uniti, ma questi sono riusciti ad utilizzare le risorse inattive.
Quali i motivi di questa differenza? Per gli economisti, il persistere della disoccupazione in Europa rappresenta un difficile problema, oggetto di un acceso dibattito. Le due tesi principali, che si contendono una spiegazione del fenomeno, chiamano in causa i sindacati, considerati forti in Europa e deboli negli Stati Uniti, e le strategie macroeconomiche, attive nello stimolare la domanda negli Stati Uniti ma deliberatamente inattive in Europa. La tesi ortodossa, per quanto riguarda l'Europa, è che i sindacati, dominati da "addetti ai lavori" con sicurezza del posto di lavoro, mantengono i salari reali così elevati da rendere impossibile ai datori di lavoro il ricorso ad un alto numero di "esterni". Come conseguenza, la disoccupazione "naturale", vale a dire il tasso al di sotto del quale i prezzi registrerebbero un'accelerazione pericolosa, è molto più alta rispetto a quella precedente il 1979 e ancora più alta in rapporto ai dati anteriori al 1973. Quanto alle misure di espansione monetaria e fiscale, i responsabili politici delle Banche Centrali e dei ministeri finanziari europei ritengono che la lezione degli anni Settanta insegni come gli incentivi alla domanda abbiano sempre effetti inflazionistici, a prescindere dal livello di depressione dell'economia interessata. Tesi, questa, che trova concordi numerosi economisti sulle due sponde dell'Atlantico.
L'altra tesi sostiene, viceversa, che la domanda aggregata di beni e servizi e di manodopera è cronicamente insufficiente in Europa, e che le strategie di espansione fiscale e/o monetaria non sortirebbero effetti inflazionisti gravi all'interno di economie stagnanti. Il dibattito in corso riporta all'opposizione scatenata negli anni Trenta dalle teorie keynesiane. Allora, come si ricorderà, economisti e funzionari eccessivamente ortodossi attribuivano l'alto tasso di disoccupazione a salari reali rigidamente elevati, mentre Keynes e i suoi sostenitori ne attribuivano la causa alla domanda insufficiente e indicavano nell'aumento della spesa pubblica e nelle facilitazioni del credito lo strumento atto a creare posti di lavoro. Oggi si può affermare che Keynes era nel giusto.
Accade, a volte, che un'attenta analisi empirica e statistica possa favorire la scelta tra diverse ipotesi. In un articolo all'alba del 1990 del New England Economic Review, pubblicato dalla Federal Reserve Bank di Boston con il titolo "In che misura può essere considerato naturale il tasso naturale di disoccupazione in Europa?", Geoffrey Tootell contesta la spiegazione ortodossa per quanto riguarda l'Europa degli anni Ottanta. L'autore non esclude che un "divario salariale" - cioè un salario reale troppo elevato, tale da scoraggiare una politica di maggiore occupazione - sia stato un fattore non trascurabile in relazione ai modesti aumenti del tasso di disoccupazione registrati alla fine degli anni Settanta. Egli, tuttavia, tiene a sottolineare come, da allora, il fattore in questione sia scomparso.


Per quanto riguarda la ripresa degli Stati Uniti nel periodo 1983-90, il merito principale va alla efficiente gestione della domanda da parte della Federal Reserve. Mentre la responsabilità prima della mancata partecipazione dell'Europa alla ripresa stessa ricade sulla indisponibilità delle Banche Centrali e dei governi ad espandere la domanda.
Nessuno esclude l'esistenza di problemi strutturali, ma è pur vero che i governi hanno avuto a disposizione dieci anni per affrontarli e risolverli.


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