§ Segni dei tempi

Scritto in filigrana




Milla Pastorino



Non mi piacciono le scritte sulle colonne, sui portali, sui monumenti. E' come aggiungere versi alla Divina Commedia, note a Mozart, pennellate a Tiziano.
Mi piacciono le scritte lungo le strade che portano in collina. Una proclamava a caratteri cubitali "Polly ti amo", ma poi il "ti amo" era stato cancellato da un'altra scritta che confessava "ti ho amato". Quale storia avrà legato Polly al suo innamorato pentito? Se ne possono inventare tante, un po' dolci, un po' tristi.
Detesto le scritte delle tifoserie, così sguaiatamente aggressive contro gli ospiti della domenica. le detestavo anche quando non avevano corollari di teste spaccate, ed erano ancora soltanto proclami guasconi e sgrammaticati. C'era qualcosa, in quelle esagerate minacce, che faceva presentire quello che poi è accaduto sempre più sovente, nei nostri stadi, domenica dopo domenica.
Queste sono tutte storie scritte sui muri, da anni. Che si mescolano alle pubblicità dei detersivi, dei liquori e delle automobili. Che si fanno spazio fra i manifesti elettorali, quando lo svolazzo di un "Giulia sei bona" finisce come un baffo sotto il naso di un candidato o quando un dubbio sulla virilità di uno sconosciuto Giuseppe si affianca, involontariamente allusivo, allo slogan di un politico poco amante delle donne.
Chi è abbastanza curioso da osservare attentamente queste scritte conserva nella memoria una collezione di battute spiritose e di patetici appelli, di impertinenze e volgarità, di minacce e proposte sessuali, e di quei drammatici inviti alla lotta Che, dalle fabbriche alle università, sembravano tessere una rete capace di catturare un mondo migliore. Forse proprio dai messaggi scritti con lo spray sembrò partire la conclusione di questa editoria da strada, "senza tetto né legge".
E invece no. le testimonianze di un tempo, di una società, di una cultura, sono riapparse. Scritte sulla filigrana.
Un giorno, su un biglietto da mille lire leggi: "mi mancherai terribilmente". Cominci a riflettere su quella banconota sgualcita. A chi sarà "mancata terribilmente"? La scrittura è giovane, quasi infantile. Pensi alle paghette settimanali, alle piccole creste sulla spesa. Cominci a fare attenzione ai biglietti che ti arrivano in tasca nei resti delle spese, e scopri che le mille lire con messaggio sono tante.
Che cosa spinge a lasciare un segno di sé su una banconota? Che cosa fa scrivere "Mario e Giulia settembre 1989" su un quadratino di carta filigrana che girerà di cassetto in cassetto fra tabaccaio e barista e giornalaio? Che cosa pensavano quei Mario e quella Giulia (o forse era solo un Mario, o era una sola Giulia) mentre testimoniavano, con la gonfia grafia del l'adolescenza, un legame in quei momento tanto importante?
E tutti coloro che hanno scritto su mille lire la loro patetica testimonianza d'amore ("Sara e Gino per sempre"; "Bruno e Letizia insieme"; "Francesca e Davide per la vita") quale messaggio volevano comunicare, e a chi? E perché su mille lire? Forse perché le mille lire sono l'unità di misura dell'adolescente, che non ha mai sentito cantare: "se potessi avere mille lire al mese", come l'ha sentita e cantato suo nonno, e che considera quel foglietto spesso malconcio, molle, smozzicato, soltanto la quota per un video-game, per una bibita, per un fast-food.
Foglietti malconci, molli, smozzicati. Qualcuno se ne vede nei vassoi e nei cappelli poggiati accanto ai suonatori di strada, o ai madonnari che dipingono le loro improbabili copie raffaellesche. Chissà se qualcuno di questi artisti senza tetto ha scritto una volta, sulle mille lire, "mi mancherai terribilmente"?
Collezionando questi foglietti da mille, dividendoli, classificandoli, si scoprono risvolti curiosi, con una loro logica gradualità. "Caro Mauro, perché mi hai lasciata? Io ancora non ci credo, ti voglio un mondo di bene, RITORNA!"; "Silvia, ti voglio bene da morire. Marco"; "Messaggio per Alessio: ti amo tanto. Claudia"; "Cercasi. Alessandra disperatamente", eccetera, eccetera. Quando l'amore diventa rabbia ecco "Anna quanto sei infame", ma anche "Teresa è una z ... ". Complimenti ricambiati dai vari "Diego sei uno str ... ", che nel caso di Diego comportano un ripensamento. Con la data di due giorni dopo, la stessa mano scrive su un altro biglietto "Diego the best": pace fatta? Della serie amore anche gli amori per Madonna, la cantante, per Vasco Rossi, per Sting, eccetera.
Dall'amore si passo agli apprezzamenti: "Bruno è fichissimo", "Barbara è bona", e non è che la premessa, perché spesso si entra in dettagli anatomici imbarazzanti.
Dal l'apprezzamento alle proposte. Il tono si appesantisce, perfino la scrittura sembra farsi più greve. Siamo alle mille lire a luci rosse. "Se cerchi un c .... superdotato telefona a Carlo, il s maggiorato"; "Per incontri piacevoli telefonare al numero .... "; e c'è chi, in varie forme es pecialità, promette "tanto sesso" o inneggia agli organi sessuali di questa o di quello. A luci rosse anche le dichiarazioni di intenti: "Alessio vò scopà Patrizia perché è bona".
Le luci rosse, tuttavia, sono preferibili alle lampeggianti luci delle tifoserie. Si sente odore di candelotti e rumore di spranghe, in certi foglietti da mille lire. "Viva Roma", "Forza Atalanta", "Viva Trani": fin qui tutto a posto. Ma poi c'è
chi auspica "Fiorentini appesi", "Laziali morti" e chi minaccia "Spaccheremo le teste iuventine". Molte minacce si riferiscono ad altre spaccature, ma sembrano meno pericolose.
Almeno, non così facilmente realizzabili: "Spaccheremo il c... alla Sampdoria".
Una infinità di varie ed eventuali, come scriverebbe un diligente burocrate. C'è chi scrive sulle mille lire la nota della spesa: "latte, mozzarella, detersivo", chi annuncia che Franco non studia e sarà bocciato, chi festosamente comunica a una Fabiola di essere stato ammesso agli esami. E chi ammette "vorrei morire, ma scopro che è bello vivere". Fra le varie anche la scritta che ritorna, con qualche variante, molto spesso. Da una parte del biglietto c'è scritto "In caso d'incendio girare". E girando si legge "Scemo, ho detto "in caso d'incendio!"". Quando la scrittura cambia, diventa più incerta, ma in qualche modo più adulta, appaiono le famose lugubri catene. Fare tre, cinque, dieci copie su altrettanti biglietti da mille della primitiva, ossessiva promessa di benefici e minaccia di sventure e di morte. Si possono immaginare lividi interni dove anziani, che useranno quelle mille lire per latte e pane, o per un poco di cattivo vino, tentano di esorcizzare la loro angoscia trasmettendola chissà a chi, allungando appunto la truculenta catena.
Sono tanti, rispetto a tutti gli altri, questi messaggi che non hanno né la freschezza del giovane, né l'aggressività del tifoso, né la grevità del pornografo. 'Sono quelli che danno più pena, perché testimoniano vuoti senza speranze, livori senza riscatto, dolori senza conforto. Chi ubbidisce all'ingiunzione dell'ignoto corrispondente? Molti, a giudicare dal numero dei biglietti che minacciosamente e monotonamente arrivano nel portamonete. E però c'è chi si ribella. Infatti qualcuno ha scritto, sul retro di una di queste lagne: "chi si è inventato questa catena vada a dare via il c ... ". Nessuna preoccupazione, dunque, per non aver ubbidito alla truculenta ingiunzione di ripetere, ripetere, ripetere il messaggio di S. Antonio o di S. Francesco? Ernesto De Martino in Sud e magia scrive del contrasto fra una coscienza culturale superiore, che ha appreso dall'illuminismo il grande tema della razionalità dell'universo, e una coscienza culturale inferiore, ancora non superata, secondo la quale tutto va di traverso con una regolarità e una prevedibilità che costituiscono esattamente il rovescio di un mondo "illuminato". Per cui, sempre secondo De Martino, manifestare distacco ironico dalla superstizione è un espediente psicologico che, in tempi non più adatti a trattare certi argomenti come cose serie, finge a sé e agli altri di trattarli come scherzosi, consentendo in tal modo di non rinunziare completamente a una ideologia e a un comportamento nei quali "in fondo" ancora si crede.
In un paese della Scozia, vengono venduti libri con una pagina bianca sperduta in un punto qualsiasi del volume. Secondo la leggenda, se un lettore s'imbatte in quella pagina, allo scoccare delle tre del pomeriggio, muore. Così racconta Julio Cortàzar nelle sue Storie di Cronopios e di Fama. Ma se colui che trova la pagina bianca, invece di morire, comincia a scriverci sopra il suo nome intrecciato a quello del suo amore? O se scrive "Viva l'Inter", o "Paola quanto sei bona"? Sarò, evidentemente, uno dei laici che non tengono conto delle promesse e delle maledizioni, di quelli che non formano il numero di Savina la rossa che promette notti di fuoco (numero che, nel caso specifico, risulta essere quello di un obitorio). Che non accettano scherzi, insomma. Ma sono scherzi, queste mille lire scarabocchiate? Non sono scherzi. Sono messaggi nella bottiglia. la solitudine non si riempie con la televisione. L'angoscia non si placa con le partite allo stadio. L'insicurezza non si cura con i giornali a fumetti o con i video-games. Se tante mani graffiano con la biro un biglietto da mille invece di spruzzare con la bombola spray un muro, significa forse che non si ha più il coraggio, o la voglia, di uscire allo scoperto. Ci vuole molta speranza (o molta disperazione), molta felicità (o molta rabbia) per scrivere sui muri. Pensate a quello che è stato il "muro" al centro della storia di questi anni. Il muro di Berlino, segnato da tutte le speranze e da tutte le angosce di tre generazioni. Qualcuno avrò documentato quelle scritte, quei disegni, prima che i picconi riducessero il dramma di un'epoca a una montagna di calcinacci?
Non sottovalutiamo tutto quello che non ècorrettamente scritto su fogli o su quaderni. Tutto quello che, scritto sui muri o sulla carta di mille lire può apparire effimero, senza senso e senza peso. Nella prima delle sue Lezioni americane, Italo Calvino dice che "nella vita tutto quello che scegliamo e apprezziamo come leggero non tarda a rivelare il proprio peso insostenibile". E proprio Calvino appuntò a matita, su un foglietto qualsiasi, in approssimativo stampatello, i temi di quelle che dovevano diventare, nel giugno 1984, Six memos for the next millennium per l'Università di Harvard. Che noi conosciamo come Lezioni americane perché lo scrittore morì senza averne deciso il titolo italiano.
Con Calvino torniamo alle nostre leggerissime e pesantissime mille lire istoriate. Sulle quali, in un giorno di gennaio, la mano di una sconosciuta Roby ha scritto con gentile e ordinata grafia: "Ricordati di sorridere sempre, anche quando sei triste. Perché è meglio un sorriso triste che la tristezza di non saper sorridere".


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