Brindisi
e Taranto rappresentano la terza tappa del viaggio all'interno dell'imprenditoria
salentina. Il massiccio intervento pubblico ne ha segnato profondamente
la geografia socio-economica. Montedison, Ilva-ex Italsider, Agip fanno,
di due cittadine che hanno vissuto di mare azzurro e terra rossa, due
poli industriali della chimica e dell'acciaio. Il fumo delle ciminiere
ne ha appannato i colori di città mediterranee e, forse, anche
le speranze.
BRINDISI
Brindisi occupa
una posizione intermedia tra il sistema industriale che gravita attorno
al capoluogo regionale ed il sistema salentino.
E' la più piccola provincia della Puglia: 410.000 abitanti,
20 comuni. Piccola come dimensione, Brindisi è piccola anche
come ammontare delle attività economiche. L'agricoltura ha
un peso proporzionalmente alto, mentre quello dell'industria è
contenuto, proporzionalmente inferiore al resto della regione e del
Mezzogiorno. Manca una consistente presenza di imprese produttrici
di beni tradizionali di consumo, che caratterizzano, invece, il panorama
produttivo regionale. Sono presenti imprese di tutte le dimensioni,
ma sono gli stabilimenti medio-grandi a giocare un ruolo particolarmente
significativo.
L'industria, l'economia, l'intera società arrivano agli anni
Novanta in una situazione piuttosto grave; dopo lo sviluppo registrato
negli anni Sessanta e Settanta, il decennio successivo non ha portato
ad alcun ampliamento della base produttiva. la situazione occupazionale
è gravissima.
L'insediamento della chimica di base nell'area di Brindisi coincide
con la costruzione dello stabilimento Montecatini nel 1961.
Il petrolchimico ha attraversato una lunga serie di vicende nel corso
degli anni. Particolarmente rilevante è stata l'esplosione
del cracking avvenuta alla fine degli anni Sessanta, che l'ha posto
fuori produzione, creando gravi ripercussioni sull'occupazione. Nel
1983, con l'accordo di Roma tra azienda e sindacato, ha avuto inizio
il processo di riorganizzazione: 1.600 addetti entravano in cassa
integrazione.
Alla fine del 1989 operano all'interno del petrolchimico tre società:
Enichem (1 .600 addetti), Montedipe (circa 300 addetti), Himont (oltre
300 addetti). La specializzazione delle tre società su altrettanti
diversi segmenti è il risultato della prima riorganizzazione
della chimica seguita al processo di sganciamento del gruppo Montedison
dall'area pubblica, con il passaggio di alcune attività all'ENI
e la joint-venture con il gruppo americano Hercules.
Il destino dell'Enimont si sta ancora giocando nella controversia
tra l'azienda di Stato e il suo partner privato, Raul Gardini. La
vicenda, se non fosse in gioco il destino della chimica nazionale,
potrebbe caricare di suspence le pigre giornate estive degli italiani.
Se sarà una suspence da film giallo o una dolciastra telenovela
non ci è dato ancora sapere. Intanto dalla stampa apprendiamo
che nei progetti Enimont, Brindisi rientrerà tra le sedi da
valorizzare e non tra quelle da marginalizzare, in vista della chiusura
definitiva. Nella "mappa produttiva" del Gruppo sono previsti
5.000 posti in meno, una riduzione che non toccherò la città
salentina, nel cui stabilimento stanno per essere avviate produzioni
ad alto contenuto tecnologico.
MONTEDIPE - Gruppo Enimont - Unità di Brindisi
Direttore responsabile
Ing. Giuseppe Costantini. E' nato a Verona, vive a Brindisi. Ha 56
anni. E' sposato, ha una figlia. E' alla Montedipe di Brindisi da
quasi quattro anni.
Nel 1983 lo stabilimento
di Brindisi è stato oggetto di una massiccia ristrutturazione
con 1.600 posti di lavoro in perdita. E' stato solo un trauma, oppure
ha portato a qualcosa di positivo? La ristrutturazione ha notevolmente
alleggerito soprattutto i servizi. C'è stata la chiusura degli
impianti non produttivi. E' stato l'inizio della ripresa della chimica.
Se vogliamo concepire il posto di lavoro come un fatto obbligatorio
esistenziale, allora quel trauma non ha portato risultati positivi.
Se invece riteniamo che dobbiamo educarci ad essere competitivi sul
mercato mondiale, come è necessario, allora questo aspetto
è stato positivo e ci insegna a lavorare in maniera produttiva,
onde evitare, in futuro, traumi ancora peggiori.
Brindisi è una provincia cresciuta negli ultimi 20 anni secondo
i modelli di sviluppo imposti dalla Montedison: ciò ripropone
il rapporto con il territorio...
Non credo sia giusto accusare una Società di monopolizzare
o di condizionare più di tanto. Bisogna che il territorio sappia
difendersi, che decida la sua cultura, il suo sviluppo. Uno stabilimento
petrolchimico può portare benessere e miglioramento culturale
perché aiuta la formazione di tecnici, lo sviluppo di una cultura
che non sia soltanto agricola. Che la Puglia si dedichi prevalentemente
all'agricoltura va bene, ma esclusivamente non è possibile.
bisogna pur sapere convivere con il mercato mondiale di sviluppo.
Il vostro rapporto con il territorio?
Recentemente abbiamo pubblicato un opuscolo sulla protezione civile,
sia per farci pubblicità, sia per aprire un dialogo con le
scuole. E' tempo che si superi la contraddizione territorio-sviluppo-inquinamento.
Sarà bene che la popolazione si renda conto che ha bisogno
dell'industria, che ha bisogno di darsi una cultura tale da prevedere
i rischi proprio per affrontarli e ridurli al minimo, senza demonizzazioni,
che non risolvono i problemi. La scuola è la più idonea
a creare questa nuova cultura.
Con le istituzioni che rapporto avete?
Cerchiamo di capire ciò che si aspettano le istituzioni, ciò
che si aspetta la popolazione. Indubbiamente abbiamo problemi tecnici
di sviluppo e lo stabilimento, unitariamente inteso, è nelle
mani dell'Anic, che ci presta la funzione di protezione ambientale
e sicurezza dello stabilimento. Tuttavia, abbiamo intenzione di metterci
a disposizione delle autorità per sentirne le esigenze, le
aspettative.
Avete rapporti con l'Università, con la Cittadella dei Nuovi
Materiali di Mesagne che dovrebbe avere una forte attinenza con la
vostra produzione?
Attualmente abbiamo commissionato all'Università di Bari una
ricerca, si sono stabiliti perciò dei rapporti costanti tra
i nostri ricercatori e un professore che coordinerà tale ricerca.
Per quanto riguarda la Cittadella dei Nuovi Materiali, noi eravamo
interessati ad acquistare il 5% delle azioni. Abbiamo partecipato
a tutte le riunioni e allo sviluppo dell'intera operazione. Siamo
in rapporto con il professor Cavaliere, che si dedica in modo veramente
esemplare a questa sua creatura.
Comunque, ufficialmente, i rapporti li intrattiene la nostra Sede
Centrale, visto che la partecipazione azionaria può essere
fatta dalla società Nuova Enimont. Noi, perifericamente, ci
siamo messi in disparte, anche se eventuali contatti con la Cittadella
dobbiamo averli, per esempio, con scambi di ricercatori. Voglio comunque
ribadire l'importanza di buoni rapporti con la scuola media superiore
perché il futuro del Paese e il futuro di Brindisi è
condizionato dalla buona cultura di chi lavorerò, una cultura
di uno sviluppo controllato indubbiamente, ma sviluppo. Senza sviluppo
la maggior parte di noi, almeno uno su tre, sarebbe morta.
Sembra che in Puglia la grande industria non sia per nulla sinonimo
di sviluppo, di coscienza imprenditoriale. C'è invece subalternità,
clientelismo, criminalità...
C'è un problema di cultura imprenditoriale, di bassa propensione
dell'imprenditoria locale a prendere l'iniziativa, ad, investire.
Ci sono delle imprese che noi abbiamo portato da fuori, che hanno
creato posti di lavoro in parte assorbendo cassintegrati, in parte
si tratta di mercato esterno. Ora abbiamo delle iniziative, per esempio,
nell'ambito della cooperazione: si sta avviando una cooperativa ittica
che assorbirà una ventina di nostri cassintegrati e un'altra
che opererò nell'ambito delle serrecolture.
Sul Quotidiano del 31 dicembre leggevo: "L'89 si chiude con la
speranza di un rilancio del polo chimico, con la decisione del gruppo
Enimont di ricostruire il cracking distrutto dall'esplosione del '77
ed avviare il ciclo dell'etilene nello stabilimento brindisino".
A distanza di sei mesi cosa è successo?
Il cracking è una iniziativa di competenza dell'Eni-Anic. Nell'ambito
dello stabilimento ci sono tre società: l'Enichem-Anic, a cui
compete lo sviluppo del cracking, la società Himont, per lo
sviluppo di polipropiIene, e la Montedipe, per lo sviluppo dei poliuretani.
In questo momento si parla molto più frequentemente di cracking
perché il cracking è un impianto di base. L'opinione
pubblica professionalmente un po' preparata ritiene che il cracking
sia sintomo di volontà di ulteriore sviluppo. Quindi si da
un certo peso al fatto che l'Enichem faccia del cracking perché
è, appunto, sinonimo di volontà di ripresa.
Voi vi interessate, invece?
Noi siamo invece interessati alla lavorazione dei poliuretani, che
sono sostanze plastiche di grandissimo valore tecnologico. Siamo tra
i pochissimi al mondo ad avere tutta la gamma dei poliuretani. Anche
se se ne parla meno di quanto se ne faccia con il cracking, abbiamo
dei piani concreti sviluppo. E' chiaro che il nostro sviluppo non
significa centinaio e centinaia di nuovi posti di lavoro. L'industria
chimica richiede cifre altissime per gli investimenti, ma non richiede
un numero altrettanto alto di persone occupate. Non si risolve la
questione occupazionale di una regione, ma i nostri investimenti sono
un'occasione per sviluppare una cultura industriale. Nel campo dei
poliuretani, in Italia siamo i soli, nel mondo siamo indubbiamente
all'avanguardia.
Il personale è del luogo?
La strategia dell'azienda è quella di assorbire personale locale
perché chi viene da fuori, anche se si affezione e ama il lavoro,
è portato naturalmente a voler tornare alla propria terra.
Noi siamo alla disperata ricerca di giovani ingegneri tornarest chimici.
E' obbligatorio che siano del posto. Diciamo che il 90-95% del nostro
personale è locale, e quando dico locale dico pugliesi, tra
brindisini, leccesi, tarantini. Solo tre o quattro non sono locali.
E' sempre stato così?
Lo stabilimento è nato intorno agli anni '60, quando localmente
era difficile trovare alcune specializzazioni tecnologiche, non c'erano
neanche diplomati in chimica. Ora la situazione è un po' cambiata,
c'è qui a Brindisi una buona scuola di chimici. A suo tempo,
l'allora Montedison fu costretta ad assumere dei geometri, mandarli
a Milano in una scuola della Montedison e trasformarli in chimici.
Come vi aggiornate?
C'è una notevole osmosi con la sede, e con tutte le altre Unità,
e poi convegni, conferenze, riunioni in tutta Italia.
Il contratto dei chimici ha assunto quest'anno una rilevanza particolare
per la volontà di Gardini di ribaltare la tradizionale egemonia
dei metalmeccanici in favore dei chimici.
I metalmeccanici sono sempre stati di più, e comunque, mentre
i meccanici prima di firmare il contratto vogliono sistemare la parte
normativa del salario, e si sono fermati in attesa delle decisioni
sulla scala mobile, i chimici vanno avanti.
Una diversa concezione delle relazioni industriali, uno spirito di
collaborazione, di maggiore apertura più moderni insomma.
Sì, penso proprio che sia così.
Seguendo la stampa, si assiste a continui colpi di scena nella vicenda
della chimica italiana, nella contesa tra pubblico e privato, con
una latente minaccia di separazione.
No, non è una minaccia, è una delle possibili soluzioni.
Ma non c'è pericolo che il pubblico diventi subalterno?
La Montedipe appartiene al privato.
Indubbiamente la divisione in 40% pubblico, 40% privato, 20% in Borsa,
poteva prestarsi ad equivoci su chi dovesse governare. Una delle soluzioni
è la riseparazione.
E' una storia infinita...
Nessuno è in grado di prevedere come andrà a finire.
Lo stabilimento è fatto, grosso modo, per metà da ENI
e per l'altra metà dal gruppo Montedison, costituito da Himont
e da Montedipe. Fondamentalmente, pur non anticipando la risoluzione
di questi problemi, perché sono più grandi di noi, risulterà
che anche domani una parte di stabilimento sarà di servizi
e chimica di base e una parte, quella che oggi fa parte del gruppo
Montedison, sarà destinata a materiali. Per materiali intendiamo
materie plastiche di eccellente qualità e di notevole valore
aggiunto. Chi poi gestirò queste qualità staremo a vedere.
Quanto di pubblico e quanto di privato c'è nello stabilimento
di Brindisi?
In termini di addetti, su 2.000, 1.400 sono la parte pubblica, 600
la parte privata. Comunque a Brindisi lo stabilimento, visto come
territorio, non in un'ottica settoriale, di azienda, ha una proporzione
abbastanza equa tra chimica di base e chimica applicativa ad alto
valore aggiunto. Chiunque lo gestisca, c'è possibilità
di sviluppo, se il territorio recepisce, se i ragazzi studiano bene
la chimica, la fisica, la matematica: se abbiamo buona volontà
c'è la possibilità di fare bene.
E quindi anche la possibilità di uno sviluppo maggiore?
E' molto importante che il territorio recepisca la presenza industriale
come un qualcosa da affrontare con misura, con professionalità
e senza preconcetti.
Secondo lei questa coscienza imprenditoriale, a Brindisi, è
ancora bassa?
Prima ancora che coscienza imprenditoriale io enfatizzo la coscienza
dell'opinione pubblica: è inutile che ci siano a Brindisi trecento
imprenditori estremamente aggiornati, estremamente agguerritie bravi,
se poi l'opinione pubblica che si la sui banchi di scuola è
in mano di chi vede solo un aspetto, per altro importante, come quello
dell'inquinamento. Se invece a scuola noi formiamo dei ragazzi che
vedono i pro e i contro del progresso e i pro e i contro della conservazione,
allora, avremo domani uno sviluppo equilibrato, saggio.
Parlando di inquinamento, questa struttura ha problemi grossi di impatto
ambientale?
Direi proprio di no. L'importante è che qualunque problema
di impatto ambientale, di sicurezza, di igiene, sia affrontato in
maniera professionale: l'impianto più banale, che è
un impianto che possa fare l'acqua distillata, riuscirà ad
avere
problemi di sicurezza e di impatto ambientale se viene gestito da
una società che non ha professionalità e che privilegi
il ritorno economico nel breve. Se una società ha degli impianti
difficili, quali noi abbiamo, però vuole campare, vuole reggere
a lungo rispetto alla concorrenza mondiale, allora bisogna che i problemi
li affronti e li risolva preventivamente.
Brindisi, in confronto alle altre realtà chimiche, ad altri
stabilimenti, per quanto riguarda la qualità complessiva...
Facciamo parte di una grande famiglia, dove c'è una cultura
imprenditoriale uguale per tutti gli stabilimenti, siamo in linea
con gli altri poli.
Quindi, lo stabilimento di Brindisi per il '93 non avrebbe nessun
problema...
Avremo dei problemi e saremo in grado di affrontarli.
Quali sono quelli più grossi?
I problemi più grossi sono il mondo che sta correndo forte,
c'è una concorrenza che è terribile,
soprattutto da parte dei Paesi dell'Est, coreani, cambogiani, Formosa,
che vengono a portarci i loro prodotti ad un costo, trasporto compreso,
inferiore al nostro, soprattutto allo stesso livello di qualità.
Questo è un dato di fatto.
CENTRO NAZIONALE PER LA RICERCA E LO SVILUPPO DEI MATERIALI C.N.R.S.M.
S.p.A. - Mesagne
Paolo Cavaliere,
Presidente. Paolo Cavaliere è nato a Mesagne. Vive a Francavilla
Fontana. Ha 49 anni. E' laureato in Fisica, Professore Associato di
Fisica dei semiconduttori, Direttore dell'Istituto per la Elaborazione
dei Segnali e delle Immagini del C.N.R., membro del Consiglio Scientifico
dell'Istituto di Cibernetica di Napoli e dell'Istituto di Fisica del
Plasma del C.N.R. di Milano.
In che cosa consiste
l'attività del CNRSM?
L'attività del CNRSM è incentrata sulla preparazione
di materiali innovativi. Sono materiali che vengono progettati in
vista di particolari applicazioni e realizzati con processi tecnologici
avanzati. Di questi materiali vengono studiate le proprietà
fisiche e chimiche e le loro applicazioni.
In quali settori si utilizzano materiali innovativi?
I settori di utilizzazione di materiali innovativi comprendono la
microelettronica (materiali semiconduttori per computer ed elettronica
civile, robotica), l'optoelettronica (materiali semiconduttori e materiali
ottici per dispositivi per telecomunicazioni, laser, fibre ottiche),
l'energetica (materiali superconduttori), i trasporti (materiali compositi
per parti strutturali in aeronautica, materiali ceramici per motori),
la meccanica (metalli trattati in modo tale da presentare maggiore
resistenza alla corrosione, all'usura), la medicina (materiali biocompatibili
per protesi, ecc.).
Nuovi materiali significa anche nuove tipologie produttive?
La preparazione e l'uso di nuovi materiali richiedono una attività
imprenditoriale aggiornata e al passo con i rapidi avanzamenti della
tecnologia. Può consentire lo sviluppo di attività industriali
di dimensione medio-piccola ad alto contenuto tecnologico.
La Cittadella della Ricerca migliorerà la coscienza dell'imprenditoria
locale?
In questo senso è particolarmente significativa l'iniziativa,
in collaborazione con l'ENEA, per realizzare, presso il CNRSM, uno
sportello tecnologico, cioè una struttura preposta alla diffusione
dell'innovazione, che metta in contatto le istituzioni in cui viene
effettuata la ricerca con le imprese dove quest'ultima deve approdare
per innovare prodotti e processi.
Il CNRSM si presenta all'appuntamento del '93 come soggetto protagonista?
Il CNRSM si colloca come centro di ricerca di livello europeo inserito
nel panorama nazionale della ricerca pubblica e privata nel campo
dei materiali. Partecipo ai programmi, nazionali ed europei, di ricerca
tecnologico ed applicata. Sono stati già allacciati numerosi
rapporti di collaborazione con i maggiori gruppi di ricerca italiani
operanti nell'ambito universitario, all'interno degli Enti pubblici
di ricerca nazionali (CNR ed ENEA), e dei laboratori di ricerca industriali
(CISE, TEMAV, IBM, PHILIPS). Sono in corso di attivazione i contatti
con strutture di ricerca europee, statunitensi e sovietiche, che diventeranno
pienamente operativi non appena la struttura di ricerca del CNRSM
sarà completamente avviata.
Anche i rapporti con le Università, quindi, saranno intensi?
I rapporti con l'ambiente universitario sono particolarmente buoni.
Docenti provenienti dalle principali Università italiane sono
impegnati nell'attività di formazione del personale laureato
e tecnico del CNRSM, sia attraverso i corsi di base attualmente in
fase di svolgimento, sia attraverso la formazione specialistica che
avverrà attraverso stages di alcuni mesi presso i laboratori
universitari di ricerca più qualificati.
Con le Università di Bari e di Lecce?
I rapporti sono particolarmente stretti. Le Università di Bari
e di Lecce vedono nello sviluppo del CNRSM un'occasione importante
per la crescita della struttura di ricerca pugliese.
In particolare, l'Università di Lecce è stata tra i
promotori della nascita del CNRSM ed è uno dei Soci del Consorzio.
Ha una sua struttura, il Dipartimento di Scienza dei materiali, orientata
su problematiche di ricerca affini alle nostre.
Inoltre ha chiesto ed ottenuto l'istituzione della Facoltà
di Ingegneria, con un corso di laurea specifico in Scienza dei Materiali,
proprio per avviare i giovani a questo settore.
Il CNRSM può diventare un forte elemento di aggregazione del
tessuto economico del territorio?
Tra qualche anno, quando si saranno concretizzate e consolidate tutte
queste iniziative, si avrà una struttura scientifica e tecnologica
integrata: attività di formazione e di ricerca base nelle Università;
ricerca tecnologica nel CNRSM; attività produttiva nelle numerose
iniziative che si stanno aggregando all'interno della Cittadella della
ricerca di Brindisi (FIDIA, FIAR, ANSALDO, Centro di Microscopia Avanzata),
oltre che nelle strutture industriali già presenti nell'area
ionico salentina (FIAT, ENICHEM, AERITALIA, AUGUSTA).
Tecnopolis?
C'è una vicinanza di intenti, si opera con la stessa finalità:
stimolare la crescita culturale nei settori a tecnologia più
avanzata e diffondere le tecnologie più innovative nei settori
produttivi. Sono già stati avviati contatti con questa struttura
per cercare di attivare tutte le sinergie possibili.
E il territorio?
Lo sviluppo di iniziative di questo tipo si scontra quotidianamente
con alcune arretratezze strutturati delle nostre regioni, e con la
necessitò di un adeguamento dei servizi infrastrutturali. La
collocazione del CNRSM è pressoché ideale rispetto ad
aeroporto, autostrada e ferrovia secondo gli standard internazionali
più accreditati. Qualche difficoltà sorge rispetto alla
costanza e stabilità dell'erogazione di energia e all'efficienza
del servizio telefonico. E' un auspicio, però, che gli stimoli
del CNRSM possano essere produttivi anche in questo settore.
Rapporti con le istituzioni politiche e amministrative?
Fin dall'inizio i rapporti del CNRSM con politici e amministratori
locali sono stati della massima autonomia, nel rispetto delle prerogative
reciproche, pur in un grande spirito di collaborazione e di considerazione.
ASSOCIAZIONE DEGLI INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI BRINDISI
Franco Palma vive
a Brindisi, dove è nato. Ha 62 anni. E' sposato, ha due figli.
E' diplomato in Ragioneria.
Ha una propria impresa, la Franco Palma, una officina meccanica di
precisione, costituita nel 1948, che comprende oggi un organico di
circa 30 persone. E' Presidente dell'Associazione Industriali di Brindisi
da tre anni.
Un giudizio sull'imprenditoria
nella provincia di Brindisi.
La provincia di Brindisi ha un'economia particolare, determinata dallo
stato politico, culturale, sociale degli uomini che vivono nella città,
abituati per tradizioni ad essere protetti. E' una mentalità
feudale-borbonica: dal signorotto che proteggeva il contadino, al
politico che protegge l'elettore.
Sergio D'Oria, Presidente dell'Associazione degli Industriali della
provincia di Lecce ha espresso questo giudizio: "Negli anni '50
tutti si sono scagliati contro chi aveva privilegiato l'area di Brindisi
e l'area di Taranto per gli investimenti nell'industria di Stato.
Quella che allora veniva definita una sfortuna si è dimostrata
una fortuna: non abbiamo deteriorato l'ambiente, inquinato il settore
industriale e il tessuto sociale, ed ora ci sono fermenti che lasciano
sperare bene".
Giusto, giusto, la logica è esattissima, condivido quanto ha
detto il collega Sergio D'Oria. lo, che ho vissuto proprio questi
anni particolari dell'industrializzazione di Brindisi, sono stato
contrario alla politica degli investimenti nel campo industriale fatta
in provincia perché deleteria per la natura stessa della gente
di Brindisi.
Quali sono gli aspetti più negativi?
L'aspetto negativo è uno, intorno al quale poi si può
argomentare molto: non si può togliere dalla campagna il lavoratore
che è abituato a lavorare secondo il suo sistema, senza controllo
di orario, senza vincoli, ma che comunque produce, e portarlo nel
serraglio delle industrie. Siamo stati pervasi da questo concetto
politico-sociale di industrializzare a tutti i costi. Questa industrializzazione
forzata ci è costata molto. Lo dimostra il fatto che siamo
una delle province a più alto tasso di disoccupazione e di
cassa integrazione, mentre Lecce non ha questo fenomeno.
Federico Pirro, su "Puglia Più 1982" esprime il seguente
giudizio: "Brindisi, una provincia cresciuta negli ultimi venti
anni secondo i modelli di sviluppo imposti dalla MONTEDISON, si è
vista barattare (crisi anni '80) con altre situazioni in una logica
ricattatoria senza scrupoli.
Con l'avvento di Foro Bonaparte, Brindisi rinunciò a gran parte
della propria predisposizione agricola, carciofeti e vigneti vennero
smantellati per una superficie quattro volte superiore a quella occupata
dall'area urbana. Migliaia di braccianti riciclati, stravolto un sistema
e creato un rapporto non più autonomo, ma condizionato sempre
più da ragioni internazionali, come appunto il grosso nodo
della chimica". E' d'accordo?
E', appunto, il serraglio dove è stata collocata tutto la manodopera.
Le posso riassumere quello che gli esterni hanno detto quando si insediò
la Montecatini: "Avete il più bel sole, le più
belle spiagge, il più bel clima d'Europa; avreste avuto le
più belle donne del mondo, le più pregiate monete del
mondo se, invece di farvi inquinare con una industria innaturale,
aveste seguito la vocazione della vostra gente". Lo sconvolgimento
della migliore industria esistente sul nostro territorio, la Saca,
un'industria aeronautica che occupava 7500 dipendenti, è stato
il primo errore. Fu deciso di convertirla all'Augusta, all'EFIM, anziché
fare in modo che passasse all'ALITALIA. La cultura industriale che
noi avevamo derivava fortemente dal settore aeronautico e lì
avremmo avuto la possibilità di crescere e di proliferare.
Avevamo una cultura cantieristica navale, non importante quanto quella
di Taranto, ma comunque importante perché collocata nella parte
adriatica del Sud d'Italia. La provincia di Lecce ha vissuto momenti
di crescita che sono derivati proprio dal potenziamento delle culture
esistenti: si sono potenziati gli stabilimenti oleari, vinicoli, i
calzaturieri, una grosso industria manifatturiera che non può
essere paragonata alla nostra. Però anche a Brindisi abbiamo
delle industrie manifatturiere, che stanno operando per realizzare
quello che effettivamente oggi Lecce realizza.
E' possibile rendere l'economia di questa provincia più agile,
più competitiva?
Innanzitutto, dobbiamo incrementare l'industria manifatturiera, per
sistemare una buona parte della disoccupazione. Il pericolo incombente
è che questo fenomeno, dilatandosi, crei tensioni sociali,
una diffusione sempre maggiore della criminalità organizzata.
Il problema della criminalità organizzata sta diventando molto
grave. Come mai nel Sud lo sviluppo industriale non significa anche
sviluppo del tessuto sociale, anzi?
La risposta è nella logica del sistema, nella mancanza di programmazione.
Non si può oggi dare una risposta in emergenza a un problema,
perché questo significa riproporlo continuamente. Secondo il
mio punto di vista, ora c'è, qui in provincia, un'imprenditoria
che si può ravvedere degli errori del passato e proiettarsi
nel futuro in una maniera molto più concreta.
Che ruolo svolgono le istituzioni e i politici?
Noi non abbiamo una consistente rappresentanza nel Governo centrale
di uomini della nostra provincia.
Sì, ma per quanto riguarda le istituzioni locali, le amministrazioni
comunali ... ?
In Italia il punto di riferimento è ancora il potere centrale.
Le amministrazioni locali mancano di quel trait-d'union con il governo,
in altri termini, il salto è troppo lungo tra Brindisi e Roma.
Lecce, invece, ha rappresentanti politici locali che ogni settimana
tornano a casa per vivere da vicino i problemi della loro gente.
Eppure, tutti gli imprenditori da noi intervistati hanno lamentato
un ruolo poco costruttivo della classe politica locale...
Gli imprenditori dicono che il ruolo è poco costruttivo, però
io sono convinto di un fatto: l'imprenditore deve fare l'imprenditore
e deve assumersi anche le sue responsabilità, non scaricarle
sul politico solamente, deve ammettere che ce ne sono anche di sue.
Questo ruolo importante può determinare lo sviluppo della compagine
nella quale l'imprenditore vive. Non bisogna dimenticare, poi, che
non poco ruolo gioca la natura del territorio, oltre che quella della
gente: Brindisi è una città che è stato baciato
dalla natura, ha un porto invidiabile, costituito attualmente da 650
ettari di acqua, ha un aeroporto... Sarebbe stato sufficiente che
si fosse programmato nel tempo lo sviluppo in funzione dei trasporti
ed il Salento avrebbe potuto svolgere un ruolo molto importante nell'economia
europea. lo sono fermo assertore di questo: se noi a Brindisi avessimo
programmato lo sviluppo industriale nel campo aeronautico e navate,
se avessimo incrementato questi settori, saremmo stati, assieme a
Tolosa e a Francoforte, il triangolo aeronautico europeo e la Puglia
sarebbe stata la California d'Europa.
Perché abbiamo perduto allora questa enorme opportunità?
Abbiamo perso questo treno al momento giusto a causa delle deficienze
di programmazione e per delle costanti, assolute, predeterminate volontà
che hanno strozzato e mortificato lo sviluppo congeniale alla nostra
realtà.
Conosce il nuovo piano di sviluppo regionale?
Noi possiamo e dobbiamo avere molto dal Piano di sviluppo regionale,
principalmente nel campo dei trasporti. Abbiamo bisogno di collegamenti
perché alle spalle non c'è niente.
I megaprogetti fanno male. Bisogna crescere e per crescere bisogna
fare un passo al giorno. Noi siamo quelli che rimandiamo sempre al
domani, noi siamo arrivati ai mondiali affogati, certo, siamo riusciti
a realizzare quello che avremmo dovuto, però a quali costi
e con quali sacrifici!
All'appuntamento del '93 Brindisi come ci arriva?
Brindisi al '93 potrebbe arrivare meglio, ci stiamo sforzando per
fare in modo che non arrivi mortificata. Abbiamo individuato due obiettivi
ed otto azioni. Per poter raggiungere gli obiettivi bisogna svolgere
le azioni. Oggi siamo nella fase attuativa del programma per le azioni.
Quali sono i tempi e i protagonisti di queste azioni?
Intendiamo proporci come prodotto Brindisi. Portare all'esterno questo
prodotto che è la nostra realtà, le nostre capacitò
imprenditoriali, operative, strutturali. Proporci nel modo più
concreto: agevolare joint-venture, investimenti da parte di capitali
esterni, di tecnologie da parte di aziende non solo italiane, ma anche
europee. Per rendere appetibile il prodotto Brindisi, dobbiamo fare
in modo che diverse condizioni si verifichino: assistenza per accedere
a tutte le leggi che favoriscono investimenti nel Mezzogiorno, aree
industriali valide, attrezzate, urbanizzate, manodopera disponibile
per alcuni processi produttivi, capacità di soddisfare alcune
richieste che ci vengono e che non sono coperte dalla nostra imprenditoria
perché attualmente essa non ha il know-how necessario. E' tutto
un sistema che noi dobbiamo creare.
Avete rapporti con Tecnopolis?
Siamo in ottimi rapporti. Poi abbiamo la Cittadella della ricerca...
E' importantissimo questo centro...
Sono convinto che lo spirito di abnegazione del prof. Cavaliere, che
è un indefesso sostenitore della sua creatura, il CNRSM, porterà
a risultati concreti e apprezzabili.
Avete rapporti con l'Università?
I rapporti con l'Università sono meno concreti di quanto potrebbero
essere perché Brindisi non è sede universitario. Stiamo
cercando di fare in modo che almeno una Facoltà di ingegneria
venga allocata all'interno della Cittadella della Ricerca.
Comunque lei mi sembra ottimista...
Non posso non esserlo, sono brindisino verace, sono nato qui, non
ho mai voluto lasciare la città.
La Centrale di Cerano?
lo sono dell'avviso che nel momento in cui si è deciso di fare
la centrale, ormai non si può tornare indietro, chi decide
di andare all'assalto, o fa l'assalto o non parte. Chiaramente, bisogna
dare tutte quelle garanzie necessarie perché lo sviluppo, la
natura, il benessere dei cittadini non vengono mortificati. Le nuove
tecnologie ci permettono di ottenere dei risultati positivi in rapporto
a tutto ciò che riguarda l'impatto ambientale. Sono dell'avviso
che avremmo già dovuto finire di costruire la centrale. Poi,
qualora i requisiti non fossero stati rispondenti alle caratteristiche
richieste dalle leggi vigenti per la salute dei cittadini e dell'ambiente,
non si sarebbe data la fattibilità. Avremmo già la centrale
attiva, produttrice di reddito anziché assorbitrice di reddito,
invece di avere cassintegrati avremmo gente impiegata.
Lei, da brindisino verace, come vede questa città?
Spero che la città trovi uomini capaci.
Come vive la gente?
Qui si vive all'italiana, improvvisando, la gente vive alla giornata:
domani è un altro giorno...
Cosa augura ai giovani?
I giovani devono avere fiducia in loro stessi, devono perdere l'abitudine
dell'assistenzialismo. E' mortificante sentirsi dire dal giovane:
"Dammi un posto di lavoro"; il giovane se lo deve creare
e la può creare. Vorrei dire ai giovani: "Al mattino guardatevi
in faccia e parlate con voi stessi, per stabilire cosa siete, cosa
volete, che cosa volete essere, che cosa potete essere". Stiamo
ricorrendo al Terzo Mondo, non solo per assumere la gente per fare
i lavori umili, ma anche per il personale altamente qualificato. I
giovani non si laureano in ingegneria chimica, non abbiamo dottori
in chimica, ingegneri chimici e i posti sono prontissimi.
Il giovane dovrebbe comunque essere aiutato a orientarsi, già
durante la scuola...
Abbiamo avviato un dialogo col Provveditore agli studi, per discutere
queste problematiche. Importiamo ingegneri dall'Irlanda, dall'India,
perché qui non li abbiamo. La mentalità del posto fisso
persiste ancora. E' questione di cultura personale. Dobbiamo fare
in modo che cresca il valore medio.
Secondo lei la classe politica è preparata? Personalmente ho
dei dubbi in merito a questo.
TARANTO
Oggi Taranto è
la città più industrializzata d'Europa. Un polo industriale
competitivo su scala internazionale. Una città, per un verso,
capitale dell'acciaio, per un altro verso "Manhattan del sottosviluppo
e dell'abusivismo edilizio, bazar del cattivo gusto, intristita metafora
del dispiacere del vivere" (Antonio Cederna).
Una città che ruota attorno ad una monocultura siderurgica
avanzata e concorrenziale, ma che vanta anche un'economia sommersa
malavitosa e bassamente affaristica.
ILVA
Il IV Centro Siderurgico
di Taranto inizia a produrre l'acciaio nel 1960. La costruzione dello
stabilimento richiede un impiego di manodopera così massiccio
da sconvolgere il panorama socio-economico della provincia, facendo
affluire nel settore industriale un forte numero di lavoratori provenienti
dall'agricoltura, dall'artigianato e dall'edilizia. Negli anni successivi
la crescita dei livelli produttivi porta al raddoppiamento del IV
Centro. Si afferma la tendenza dell'economia tarantina alla completa
dipendenza dalla fabbrica siderurgica. Mentre il IV Centro diventa
l'orgoglio della siderurgia italiana nell'Europa e nel mondo, Taranto
continua a dibattersi sempre più nelle sue difficoltà
sociali, economiche ed occupazionali che, paradossalmente, si aggravano.
Dalla fine degli anni Settanta e durante gli anni Ottanta si sono
succedute crisi ricorrenti del mercato dell'acciaio che hanno cambiato
il volto della siderurgia italiana, con grave incidenza sullo stabilimento
di Taranto e sull'economia ionica. Lo stabilimento spinge sempre più
verso tecnologie avanzate per aumentare l'efficienza, la produttività
e la competenza. Ciò provoca una progressiva contrazione degli
organici e dei posti di lavoro (circa 10.000). Il Piano Siderurgico
87/90 prevede a regime circa 16.000 occupati nel IV Centro, cioè
la soppressione di altri 4.000 posti.
Taranto è attraversata da un ciclone sociale di proporzioni
enormi e dagli effetti devastanti. Oggi l'Ilva di Taranto, seguendo
le sorti della siderurgia italiana, si prepara, alla grande, all'appuntamento
del '93. L'accordo Falck - Ilva di questi giorni rafforza il "sistema
Italia", che può presentarsi all'appuntamento con l'Europa
più forte, non in ordine sparso e sperare di poter competere
con i colossi internazionali del settore. Uliva percorre una sua strada.
La città che l'ha accolta, identificandosi con il suo futuro,
viene espulsa come un corpo estraneo.
AGIP RAFFINAZIONE
AGIP Raffinazione
è la Società preposta al coordinamento gestionale e
tecnico delle raffinerie continentali del settore Agip Petroli per
la copertura del fabbisogno di prodotti petroliferi per il mercato
italiano.
La nuova Società raccoglie la tradizione industriale e il know-how
che Agip Petroli ed IP hanno conseguito in decenni di attività
nel campo della raffinazione. La costituzione dell'AGIP Raffinazione,
avvenuta nel 1987, si inserisce nell'ambito del riassetto complessivo
dell'industria di raffinazione del Gruppo ENI.
Entrata in esercizio nell'estate del 1967, la Raffineria di Taranto
occupa una superficie di circa 2000 ettari. Produce gas combustibili;
gas liquefatti (propano e butano); benzina auto, normale e super;
distillati leggeri per gasificazione e petrolchimica; petroli per
turboreattori (aviazione); petroli per riscaldamento domestico, agricoltura,
illuminante; gasoli per autotrazione, agricoltura e riscaldamento
domestico; gasoli ed olii diesel per motori marini; oli combustibili
fluidissimi, fluidi, semifluidi e densi per ogni impiego; bitumi;
zolfo puro. Nel 1983 è stato realizzato ed integrato con l'esistente
raffineria un nuovo complesso basato sul collaudato processo della
conversione termica (thermal cracking) dei residui.
AGIP Raffinazione
- Raffineria di Taranto
Direttore Tecnico, Ing. Luigi Montaruli. E' nato a Trani, vive a Bari.
Ha 53 anni. E' sposato. Ha due figlie. Ha lavorato sempre nell'ambito
dell'industria petrolifera, a Livorno, Bari, Taranto.
Parlando di Agip
a Taranto si ricava una sensazione strana, la sensazione di un'assenza...
E' un po' la storia di questa raffineria a creare questa atmosfera.
E' nata dalla Shell. Nel 1973 è stata comprata dall'Eni, ed
è diventata ITALIANA PETROLI. La gente quindi la ricorda primo
come Shell, poi come IP Nell'87, appena due anni la, finalmente siamo
diventati Agip Raffinazione. Noi comunque abbiamo una tradizione più
tranquilla rispetto all'Ilva, che per le sue stesse dimensioni è
molto più presente. Ora però stiamo cercando di pubblicizzarci
attraverso inserti sui giornali, per esempio.
In questi ultimi anni il ruolo delle Partecipazioni Statali è
stato messo molto in discussione, soprattutto in termini di produttività
e competitività.
Penso che in questi ultimi anni anche le PP.SS. abbiano realizzato
un profitto. Ora c'è molta più professionalità
che in passato e questo fatto genera profitto.
Voi come Agip Raffineria di Taranto che autonomia decisionale avete?
La nostra autonomia si colloca nell'ambito delle direttive dell'azienda
Capo-settore, con sede a Genova. Comunque i margini sono ampi.
In termini di produttività Taranto regge il confronto con il
Nord?
Non c'è dubbio, ci confrontiamo con tutte le raffinerie d'Italia.
L'Agip Petroli persegue, inoltre, una politica industriale tale da
collocarsi sul mercato come multinazionale. Negli ultimi quattro,
cinque anni ha messo a confronto le sue raffinerie con le raffinerie
di tutto il mondo per mezzo di una grossa società americana,
la Solomon, che opera in questo senso.
Bisogna fare uno sforzo di omogenizzazione, controllare come ci poniamo
in termini di produttività. Si confrontano parametri, processi,
energia, indici di manutenzione, investimenti.
Ci sono delle ristrutturazioni, degli ammodernamenti?
Noi siamo molto condizionati da un mercato internazionale; i prezzi
sono formalizzati dallo Stato in base al rilevamento dei prezzi Cee.
Noi possiamo incidere solo sui costi fissi, cioè sul personale
e sulla manutenzione. Ultimamente abbiamo avuto un problema di eccedenza.
E' stato richiesto dall'Agip Petroli lo stato di crisi ed è
stato avviata un'operazione di prepensionamento. L'anno scorso eravamo
575 ora siamo 475. Quindi, come vede, anche il nostro management lavora
su obiettivi...
Si parla in questi giorni di investimenti previsti per un aggiornamento
di cicli produttivi dirottati da Taranto verso Pavia.
No, non si può parlare di dirottamento. L'Eni prevede investimenti
per tutte le tre sedi.
Senza penalizzarne alcuna?
Certamente.
La stampa locale accusa l'Eni di preferire il Nord e di investire
al Sud solo attraverso la legge 64...
No, non è vero, dipende tutto dagli accordi di programma.
Si dice che senza l'impianto di idrogenazione una raffineria è
destinata ad essere sempre meno competitiva. E siccome quegli investimenti
prevedevano proprio la progettazione di tale impianto, si potrebbe
dedurre che Taranto non rientra nei piani di sviluppo dell'Agip Petroli?
No, questa è solo un'opinione.
Un giudizio sulla città...
Taranto è tra le città pugliesi quella che sembra avere
meno voglia di emergere. Per ragioni storiche, credo. I brindisini,
i baresi sono più commercianti, più intraprendenti.
Lei ha lavorato meglio al Nord o qui?
Come lavoro è uguale, come ambiente preferisco il Sud. Le mie
radici sono qui.
ASSOCIAZIONE DEGLI INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI TARANTO
Donato Carelli
vive a Taranto, dove è nato. Ha 50 anni. E' sposato, ha due
figlie. Svolge la sua attività imprenditoriale nell'ambito
della manutenzione e della pulizia industriale e civile. Lavorano
nelle sue aziende circa 1.000 persone. Unico committente l'Ilva. E'
proprietario dell'Ippodromo di Taranto, di una stazione televisiva,
la Video levante, ed è Presidente della squadra di calcio.
Un giudizio sull'imprenditoria
nella provincia di Taranto.
Il grosso problema della imprenditoria tarantina è quello di
non aver capito che avevamo l'oro con lo Stabilimento (Ilva).
Non ci siamo mai accorti che dovevamo differenziare le nostre capacità
per non trovarci scoperti nell'eventualità che il grosso centro
avesse "qualche raffreddore, qualche malattia" e dover poi
tutti quanti soffrire dello stesso male. Ecco perché mi decisi
a differenziare il lavoro: dalla manutenzione dormi all'ippica. Nel
Centro-Sud, dopo Napoli e Palermo, non esisteva una struttura come
l'ippodromo, che poteva dare ricchezza e volontà a parecchi
imprenditori che chiedevano .soluzioni per trovare uno sfogo a livello
agricolo. Facendo un'analisi di situazioni, la Puglia era l'unica
regione che poteva dare scacco, con il tempo, ad altre regioni. Con
l'ippodromo si è sviluppato l'allevamento dei cavalli e sono
nate aziende agricole che forniscono foraggio.
Le iniziative più immediate dell'Associazione Industriali...
Quando sono arrivato alla Presidenza dell'Associazione, due anni la,
non conoscevo la vita associativa. Ho avuto la capacità di
capire e di muovermi ed ho cercato di dare una svolta diversa a quelle
che erano le caratteristiche di prima. Ho cercato di fare un progetto
per la reindustrializzazione a Taranto, facendo cambiare totalmente
il tiro di quelle che erano le cose passate. Infatti si sta studiando
su queste cose, ci sono una ventina di progetti di vario genere, stiamo
lavorando sul turismo che a Taranto è carente.
Taranto è in una posizione straordinaria, ma è così
rovinata. Potrebbe essere splendida, con tutto il patrimonio culturale
e, invece, non ha neanche un teatro...
Sarò molto difficile risolvere questa situazione dall'oggi
al domani. Per fare cultura bisogno averla. Abbiamo gli ori di Taranto,
abbiamo il mare, abbiamo la posizione strategica, non per altro Taranto
è Magna Grecia, ma abbiamo avuto una cultura diversa e oggi
ci troviamo un po' disastrati da questo punto di vista.
Si sta ristrutturando il centro storico di Taranto: ci crede?
Ci credo poco, perché come lo fanno lo disfano, non è
una cosa programmata. Abbiamo cercato in mille modi di far capire
all'Amministrazione Comunale che potevamo collaborare, ma non è
valso a niente.
A Taranto, purtroppo, il problema della criminalità organizzata
è molto grave...
La delinquenza è un male che sta progredendo velocemente, soprattutto
negli ultimi tre o quattro anni; da quando cioè si è
fatto un po' di demagogia contro la volontà di gente che lavorava
seriamente su queste cose e che teneva a bada la situazione. Poi abbiamo
lasciato un po' all'abbandono. lo credo che con un po' di lavoro in
più e un po' di buona volontà da parte delle istituzioni,
riusciremo a sradicarla. Non è un male ancora così radicato
e forte da non poterlo combattere.
Non bisognerebbe farli costruire, ad esempio, questi nuovi quartieri,
senza servizi, senza verde, come il Paolo VI...
La gravità di questa situazione è che c'è proprio
una volontà a farla crescere in questo modo, perché
quando in un quartiere si mandano bambini che vanno a crescere allo
stato brado, commettiamo l'errore di fare la fesseria prima, la fesseria
dopo... lo credo nella società civile e per fare la società
civile basta poca. Proprio al quartiere Paolo VI, fino a due anni
fa, io ho sempre dato la possibilità di venirsi a divertire,
con campi di calcio, campi di tennis, palestre...
Lei crede nell'informazione?
Certo, ma bisogna vedere come si fa informazione. Abbiamo una stampa
che non è molto attenta a queste cose. Non riusciamo a far
capire che non si vive di solo sport, né si vive solo di fatti
negativi.
E il ruolo delle istituzioni?
Diciamo che si comportano malissimo. La programmazione viene fatta
tutti insieme. Quando il momento comincia ad essere più bello,
ognuno si vuole prendere la sua fetta e le forze sane, le forze vive
che insieme potrebbero dare il loro contributo, vengono messe da parte.
Ho scritto, recentemente, una lettera ad Andreotti, in cui chiedo,
come istituzione di imprenditori, un tavolo tecnico, dove tecnicamente
si parti di lavori seri, per poter dire la nostra.
Vedo, dalle riviste che ha sulla scrivania, che si informa molto.
Devo informarmi, l'informazione la devo prendere di prima voce.
Non pensa di assumere cariche politiche? Potrebbe essere molto importante...
Ci penseremo. C'è tempo. Se questa è la medicina per
curare le nostre situazioni presenti e future, vuol dire che penseremo
a curare anche questa malattia.
Lei è un personaggio molto presente nella realtà tarantina:
come ha iniziato?
Vengo dalla gavetta, da una famiglia di lavoratori; lavoro dall'età
di 9 anni, a 76 avevo già un'impresa.
Non è semplice...
Non è semplice, ma niente è difficile. Certamente non
siamo tutti uguali, altrimenti faremmo tutti le stesse cose. C'è
la differenza, la differenza è anche nel capire ciò
che si vuole. Ad esempio, si vuole fare l'imprenditore, allora l'imprenditore
deve capire il prossimo, il futuro e il presente, lo deve capire sotto
la forma della produzione, ma anche sotto la forma degli uomini.
Vuole dire che il suo ruolo è stato molto importante per le
persone che hanno lavorato con lei, anche a livello umano?
Certo, ho avuto gente che voleva lavorare con me per quelle che erano
le ricchezze che dovevamo acquisire, ma è importante anche
dare la massima garanzia per condurre una vita familiare sereno; il
problema di un operaio non lo si può vedere dall'esterno, lo
si deve vedere all'interno di un'azienda.
Mi hanno detto, infatti, che lei conosce tutti i suoi operai...
Sì, certo, vado d'accordo con loro, vado a parlare con loro
ogni mattina, qualsiasi situazione la vedo sempre sul nascere.
Crede che il '93 sia importante per Taranto, cambierà qualcosa?
Credo che sia importante per alcune realtà che verranno. Impareremo
qualcosa che non abbiamo imparato fino ad oggi; credo che il '93 ci
deve stimolare a fare meglio.
Lei crede in questa Europa?
Come no! Più largo vedo il cerchio e più ci credo, perché
ho più spazio per potermi divertire. Il lavoro deve essere
un divertimento. Più grande è lo spazio in cui uno si
può inserire, più grande è il divertimento.
Un'intervista mancata
Pubblichiamo il
testo di un'intervista al Dott. Imbimbo Guglielmo, Responsabile delle
Pubbliche Relazioni. Da sei mesi ogni tentativo di comunicazione è
andato fallito. I motivi sono ancora misteriosi. I dirigenti dell'Ilva
di Taranto, a differenza di quelli dell'Agip, dell'Enimont-Montedison,
si sono rifiutati di rilasciarci un'intervista. Cosa significa questo:
i dirigenti del IV Centro Siderurgico sono solo degli esecutori privi
di qualsiasi margine di autonomia rispetto ai dirigenti del Nord,
oppure hanno difficoltà a pronunciarsi per qualche motivo che
sfugge ad un osservatore esterno....
DATI SULLO STABILIMENTO
Anno di fondazione,
forma giuridica, nome del gruppo cui fa parte, numero degli operai,
degli impiegati, dei dirigenti.
Tipologia e quantificazione dell'indotto.
Dirigente intervistato:
Nome, cognome, luogo di nascita, residenza attuale, stato civile,
figli, titolo di studio, responsabilità all'interno dell'azienda,
curriculum.
- Il perché di una scelta: il IV Centro Siderurgico a Taranto.
- Quanto incide l'innovazione, come avviene l'aggiornamento del personale?
- Conosce Tecnopolis?
- I dirigenti dell'Ilvo di Taranto, a differenza di quelli dell'Agip,
dell'Enimont-Montedison, si sono rifiutati di rilasciarci un'intervista,
ci hanno dirottato al Dott. Donati, a Roma. Cosa significa questo:
i dirigenti del IV Centro Siderurgico sono solo degli esecutori privi
di qualsiasi margine di autonomia rispetto ai dirigenti del Nord oppure
hanno difficoltà a pronunciarsi per qualche motivo che sfugge
ad un osservatore esterno...
- Taranto, città della Magna Grecia per antonomasia, città
"eletta" per posizione geografica, cultura, clima è
ora una città senza identità, terra di nessuno: degrado
ambientale, sociale, disoccupazione, criminalità organizzato...
Per il Nord, l'industria è sinonimo di emancipazione, non si
può dire lo stesso per il Sud e per Taranto in questo caso...
- I dirigenti locali dell'Ilva sono stati chiamati direttamente in
causa nel dicembre dell'89 per l'assegnazione degli appalti, un giro
di 400 miliardi. Si è parlato di infiltrazione Mafioso, c'è
stato un consiglio comunale a tale riguardo, c'è stato anche
un morto, un operaio dell'Ilva e, in questi giorni, c'è stato
una sparatoria contro la cosa di un impiegato. Si può dedurre
che avvenga un processo di questo tipo: non la grande industria che
produce tecnologia avanzata, know-how e quindi una ricaduta positiva
sul territorio, ma una ricaduta sull'Ilva delle caratteristiche più
negative del territorio?
- La rotazione nella cessione degli appalti avrebbe garantito forse
maggiore trasparenza. La strada scelta dall'Ilva invece è quella
di un rapporto continuativo con le stesse aziende fino a creare ingenti
fortune. Come mai?
- Ora qualcosa si sta muovendo: l'Ilva richiede da parte delle aziende
appaltatrici più produttività e meno sprechi. Si tende
alla cassa integrazione e al prepensionamento. Si tratto di un'opera
di risanamento., di una nuova tendenza? Quali prospettive?
- Da tempo si assiste alla crisi dell'acciaio in Europa. La stessa
Cee ha ridimensionato tale settore. Si parla sempre più di
nuovi materiali. La qualità si coniuga non più con la
pesantezza ma con la leggerezza. In questa nuova linea di tendenza,
quale futuro per l'Ilva e, soprattutto, per lo stabilimento di Taranto?
Quali diversificazioni del prodotto e che tipo di investimenti?
- Uno studio Csata-Associazione Industriali di Taranto, del 1986,
individuava nella dipendenza del IV Centro Siderurgico, dalla sua
manocultura, le ragioni della incapacità dell'imprenditoria
minore dell'area di Taranto di trovare nuovi sbocchi produttivi, di
creare una produzione specialistica e della mancanza di ogni proiezione
strategica nel mercato e, quindi, di scarsa competitività su
altri mercati. A parere degli esperti quindi l'imprenditoria minore
dell'area di Taranto è una imprenditoria che si adegua alla
grande industria in un rapporto di tipo assistenziale e clientelare.
Qual è il vostro parere?
- Si chiama SIA, è nata dalla collaborazione tra la SPI (IRI),
imprenditori privati e un'azienda di Stato dell'URSS. 200 miliardi
di fatturato, 400 dipendenti, produrrò mobili per uffici. Sarà
la prima società di Stato sovietica ad acquistare una quota
azionaria di una ditta italiana. Sorgerà nell'area industriale
di Taranto, costerà 65 miliardi, erogati in largo parte dalla
legge 181 dell'89 sulla reindustrializzazione. Lo stabilimento russo
userebbe l'acciaio dell'Ilva, quello italiano il legno della regione
di Leningrado. Nello stabilimento di Taranto entreranno i Coils ed
usciranno mobili' per ufficio con armature in acciaio, completi di
rivestimenti in legno. Uno stabilimento analogo sorgerà a Woborg,
a 130 Km. da Leningrado. Ci sarà probabilmente una zona franca.
Cosa significa tutto questo per Taranto?
- La stagione contrattuale segna un dato nuovo: la volontà
da parte dei chimici di ridimensionare l'egemonia dei metalmeccanici
all'interno della stessa Confindustria. Qual è il vostro parere?
- Sembra sempre più probabile, (al 90%), l'intesa tra la maggiore
azienda privato della siderurgia italiana (la Falk) e il Gruppo pubblico
(l'Ilva). L'accordo con il partner italiano invece che con quello
francese (Usinor-Sacilor) è una scelta di rilevanza nazionale.
Se per qualche ragione questo accordo saltasse, quanto sarebbe grave
per il gruppo Ilva e quindi per Taranto? In questo caso la siderurgia
pubblica, anche in prospettiva dell'apertura delle frontiere, reggerebbe
la competizione?
(fine terza parte)