§ Banche e finanza

Siamo nella giungla




Guido Carli



L'approssimarsi del momento in cui sarà data attuazione piena alla libertà di insediamento ed entrerà in vigore il principio del reciproco riconoscimento, impone di considerare che nello spazio unico europeo la concorrenza non riguarderò soltanto le imprese, ma manifesterà i suoi effetti anche tra gli ordinamenti.
La teoria economica ha analizzato a fondo gli effetti della concorrenza nel campo dei servizi bancari e finanziari in contesti di mercato ampliati a una dimensione continentale: sono stati sottolineati i profili di vantaggio per gli utenti di tali servizi, nonché l'esigenza di strutture operative e organizzative d'impresa adeguate al nuovo assetto competitivo. Maggiore incertezza sussiste riguardo alle conseguenze della concorrenza tra gli ordinamenti; occorre ancora appurare se l'ordinamento italiano sarà in grado di sostenere detta concorrenza o se, invece, dovrà subirla, cambiando alcune caratteristiche proprie.
In particolare, i mutati profili della competizione rendono stringente la necessità che il nostro ordinamento sia posto in condizioni di competere con quelli dei Paesi che hanno gli ordinamenti più aperti e meno vincolistici.
Le ragioni della concorrenza, e dell'efficienza allocativa per il sistema del credito secondo le logiche del mercato, attenuano le originarie motivazioni che hanno giustificato la preservazione della proprietà pubblica degli intermediari; essa potrà essere conservata per ragioni di difesa rispetto ad alcuni settori o ad altri ordinamenti o per mancanza di acquirenti, ma non più ormai per finalità strumentali nell'attuazione di un programma o di una politica economica.
In tale ottica, la trasformazione degli enti creditizi pubblici in società per azioni e il trasferimento di queste dalle mani pubbliche a quelle private costituisce uno dei presupposti per la modernizzazione del sistema finanziario e per consentire l'inizio di una dissociazione tra il settore bancario e il mondo della politica, al fine di pervenire maggiormente a gestioni ispirate a soli criteri di efficienza e di redditività. Il disegno di legge volto a disciplinare le modalità attraverso le quali le banche pubbliche possono assumere il modello societario appare coerente con la realizzazione di un mercato creditizio più aperto ed efficiente; ciò nondimeno, il dibattito parlamentare non è stato fecondo di miglioramenti. Gli eccessivi vincoli di natura autorizzatoria alle cessioni delle quote di proprietà pubblica nel capitale delle società per azioni bancarie possono compromettere l'esito finale del disegno. rendendolo di fatto difficilmente realizzabile. E le autorizzazioni non sono lo strumento da favorire nei futuri assetti di regolamentazione bancaria.
Anche la privatizzazione delle strutture contribuisce al declino del sistema amministrativo e può interagire con l'evoluzione dei mercati finanziari e con l'auspicabile istituzione dei fondi pensione, presso i quali potrebbero collocarsi interessenze in società derivanti da enti pubblici trasformati, senza peraltro che ciò conduca a nutrire soverchie illusioni circa la diffusione nel nostro Paese di uno schema proprietario sul tipo della "public company".
Una recente classifica stilata da ben conosciuti organismi di ricerca colloca l'Italia al diciassettesimo posto nella graduatoria per ciò che concerne la capacità competitiva internazionale. Con riferimento ai diversi fattori presi in esame, il nostro Paese si pone in sedicesima posizione sia per l'orientamento al mercato sia per il dinamismo finanziario.
Pur non ritenendo saggio enfatizzare tali graduatorie, occorre riflettere sui motivi per i quali un Paese incluso tra i primi cinque per capacità industriali viene giudicato in posizione così lontana dal vertice in una graduatoria basata sulla competitività.
La ridefinizione del sistema finanziario del Paese non può prescindere dalla struttura per dimensione delle unità produttive nazionali e dalla considerazione che, di fatto, le imprese produttive di ridotte dimensioni hanno maggiori difficoltà e minori incentivi a ricorrere alla sollecitazione diretta del risparmio, rivelandosi per esse più congeniale rivolgersi al finanziamento bancario, specie se trattasi di imprese di costituzione non recente e con una loro "storia creditizia". La struttura del sistema produttivo italiano costituisce un vincolo per il sistema finanziario e fa ritenere verosimile che la domanda aggregata di credito bancario delle imprese si mantenga su livelli elevati, mentre l'offerta aggregata di passività finanziarie (obbligazioni, azioni, carta commerciale, ecc.) sia destinata ad avere un minore sviluppo.
Premesso che la competitività può essere riferita a due diversi insiemi, quali quello dell'intermediazione svolta in Italia e quello della medesima attività. dispiegata da istituzioni finanziarie italiane, l'integrazione finanziaria tra Paesi Cee potrebbe allentare il legame tra area produttiva di riferimento e localizzazione del sistema finanziario servente fino al punto di annullarlo del tutto; in una tale, estrema, eventualità l'industria finanziaria di taluni Paesi potrebbe scomparire. A prescindere dai costi di medio periodo che una simile prospettiva potrebbe comportare, ciò condurrebbe all'abbandono a terzi della trasformazione di una risorsa preziosa quale il risparmio nazionale.
La struttura del settore produttivo italiano è caratterizzata da poche grandi imprese, da molte piccole e da un numero abbastanza limitato di imprese di media dimensione; l'organizzazione dell'intermediazione finanziaria deve rimanere al servizio di quella struttura produttiva, consentendo la possibilità di addurre finanziamenti soprattutto verso quelle imprese che, per quanto efficienti possano essere i mercati, non riuscirebbero ad accedere ad essi.
Ciò non esclude che vi sia ampio spazio per il potenziamento dell'industria Finanziaria in quanto tale, che gioverebbe anche a quello della struttura produttiva, e che il sistema possa sviluppare la raccolta diretta sul mercato in concorrenza con l'attività degli intermediari non bancari. La scelta dell'approccio alternativo, fondato su una maggiore concorrenzialità tra intermediazione bancaria e raccolta diretta di impresa, comporta la necessità di ampliare l'offerta di titoli sul mercato e di diffondere maggiormente la proprietà azionaria, con particolare riferimento a quella delle banche e delle società quotate in Borsa. Lo sviluppo della provvista diretta richiede la predisposizione di una normativa volta a porre le condizioni per un'efficiente, corretta e trasparente operatività delle Borse e in primo luogo un'opera di "creazione" del mercato, che non può prescindere dall'aumento del numero delle società che si finanziano sul mercato medesimo.
Il raggiungimento di tale obiettivo richiede precise scelte legislative per quanto attiene al diritto societario strettamente inteso, all'introduzione di strumenti di raccolta a breve termine sul modello del "commercial paper" anglosassone o del "billet de trèsorerie" francese, al varo di misure dirette a tutelare il piccolo risparmiatore e a una più assidua e incisiva partecipazione del medesimo alla vita societaria (attraverso, per esempio, anche l'ammissione del voto per corrispondenza, come nella recente esperienza francese). In una simile ottica la regolamentazione delle Borse valori assume connotati più incisivi, con riferimento sia alle modalità organizzative sia alla tutela degli investitori, rendendo possibile anche il superamento della configurazione "pubblicistica dei mercati".
Esistono attualmente in discussione al Parlamento numerosi disegni di legge: in un mercato che si sta aprendo alla competizione assume specifico rilievo quello concernente la disciplina della concorrenza nel settore delle imprese non finanziarie, delle imprese finanziarie, delle imprese assicurative, che tuttavia introduce un complesso di vincoli certamente limitativi della capacità competitiva delle nostre imprese; quello relativo alla disciplina delle SIM appare orientato al principio della specializzazione tra mercato bancario e mercato dei titoli dal quale si allontana invece la legislazione del Paese nel quale queste istituzioni sono state concepite; quello riguardante la conversione degli enti pubblici in società per azioni ha subìto, come detto sopra, l'introduzione di innumerevoli vincoli di carattere discrezionale, certamente destinati a degradare in forme dominate dall'arbitrio. La legislazione sembra avanzare come la lava del vulcano che scende lungo le pendici e che in alcuni punti si congela e in altri procede e s'intreccia; si dimostra, altresì, del tutto insensibile ai vincoli ai quali il nostro ordinamento dovrebbe sottostare in dipendenza dell'apertura alla concorrenza di sistemi profondamente diversi da quello italiano, situati in Paesi muniti di una grande forza economica, sicché sembra che si stia erigendo un ordinamento che renderà il nostro sistema finanziario meno efficiente agli effetti del sostegno che si dovrebbe dare alla produzione e nello stesso tempo non in grado di sostenere l'urto al quale verrò assoggettato da sistemi localizzati in Paesi che hanno ordinamenti diversi.
Sebbene men che lineare nei suoi sviluppi parlamentari, la legislazione in fieri è opportuno che raggiunga il suo stadio finale ed entri a far parte del nostro ordinamento giuridico. Troppo a lungo il contributo italiano all'elaborazione della normazione comunitaria è stato inadeguato proprio per l'assenza nella nostra legislazione di indirizzi rispettosi dell'evoluzione intervenuta negli ultimi decenni nei mercati e nelle tecniche operative ed organizzative. Tuttavia, il metodo settoriale che è stato seguito nella presentazione di disegni e progetti di legge e la redazione in sede parlamentare di norme delicate, con elevate implicazioni sistemiche, rischiano di produrre regole che si rifanno a una molteplicità di principii, non necessariamente tra loro coerenti e di grave impaccio più che di ausilio per coloro che saranno chiamati ad applicarle e a farle osservare. Perciò, è mio fermo intendimento chiedere al Parlamento di voler accordare al governo una delega per il riordinamento della legislazione sull'intermediazione bancaria e non bancaria,- in tal senso ho dato di recente istruzioni al Gruppo di Lavoro incaricato di rimeditare la nostra legislazione finanziaria di voler approntare celermente un testo di legge contenente i principii secondo i quali il governo potrà esercitare i poteri che gli saranno delegati dalla volontà parlamentare.

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