§ Il Governatore e le banche

Crescete ma non moltiplicatevi




Carlo Azeglio Ciampi



L'eliminazione di ogni impedimento, legislativo e amministrativo, alla libera circolazione dei capitali attraverso le frontiere ha riportato la nostra economia nel solco della sua vocazione all'apertura internazionale.
L'integrazione finanziaria dell'economia italiana è aumentata lungo tutto lo scorso decennio; più rapidamente negli ultimi due anni. I movimenti di capitale nei due sensi sono passati da meno del 60 per cento dell'interscambio commerciale nel 1980 a più del 120 per cento nel 1989. Nello stesso periodo, sia le attività sia le passività con l'estero per investimenti, diretti e di portafoglio, sono aumentate di sei volte. Nel 1980, gli investimenti rappresentavano il 7 per cento dei movimenti lordi di capitale; i flussi di debito e credito commerciale ne assorbivano il 60 per cento. Lo scorso anno la composizione ne risultava rovesciata: la quota degli investimenti era balzata al 47 per cento, quella delle dilazioni di pagamento per fornitura di merci si era ridotta al 19 per cento.
L'aumento dell'attività finanziaria che si svolge con contrattazioni sul mercato, rispetto a quella basata sui rapporti di credito bilaterali con le banche, coinvolge anche il modo di operare di quest'ultime. Le banche sono esse stesse attori primari sui mercati; parti sempre più ampie dei loro attivi e dei loro passivi sono costituite da titoli negoziabili o da contratti le cui condizioni sono sensibili ai prezzi di mercato. Si accresce il peso relativo delle variabili esogene nella determinazione degli utili, mentre la "volatilità" dei tassi aumenta l'incertezza dei risultati e rende più complessa la gestione.
L'esperienza dei sistemi finanziari in cui più forte è la componente dell'attività affidata ai mercati mostra inoltre che sugli intermediari bancari grava non solo il rischio diretto nascente dalla trasformazione delle scadenze che essi operano, ma anche quello indiretto derivante dalla loro funzione di fornire liquidità all'intero sistema economico e di gestire il sistema dei pagamenti. L'insolvenza di intermediari specializzati o di altri operatori fortemente coinvolti in operazioni di negoziazione e di investimento in titoli finisce per ripercuotersi sulle banche esposte nei loro confronti.
Vi è una sorta di illusione ottica nella straordinaria capacità che mostrano mercati molto attivi, intermediari specializzati e contratti innovativi di dare liquidi a strumenti di capitalizzazione o di debito a lungo termine. La fonte ultima di questa liquidità, oggi come ieri, è il sistema bancario.
Metodi di valutazione e criteri prudenziali che consentano alle banche in primo luogo di apprezzare e poi di gestire i nuovi rischi finanziari sono dunque indispensabili; ma sarebbero una protezione parziale se non fossero accompagnati da misure analoghe per gli operatori in titoli, più delle banche esposti a tali rischi. L'applicazione di regole prudenziali a entrambe le categorie di intermediari appare necessaria per esigenze fondamentali di stabilità e per ragioni di equilibrio concorrenziale.
La necessità di una regolamentazione delle difese contro il rischio di tasso d'interesse è stata fin dall'inizio affrontata dagli organi di supervisione dei diversi Paesi come un problema da risolvere insieme e in modo uniforme. Più che di armonizzazioni di norme nazionali, che in questo campo non esistono, si tratta di un procedimento normativa sovrannazionale applicabile a sistemi diversamente organizzati, da quelli che si richiamano al modello della banca universale a quelli in cui operano intermediari variamente specializzati. Ma l'innovazione istituzionale sta andando oltre; nelle discussioni in corso è emerso il convincimento che una soluzione razionale deve estendersi ad altri rischi e comprendere gli operatori in titoli. La dimensione transettoriale si combina dunque con la dimensione transnazionale, nella quale sono identificabili due livelli significativi, quello dei Paesi del Gruppo dei Dieci, su base volontaria e applicazione limitata alle banche internazionali, e quello comunitario, con forza normativa e applicazione a tutte le banche dei Paesi membri della Cee.
Occorre in primo luogo integrare i requisiti patrimoniali armonizzati, in vigore per le banche e riferiti ai soli rischi creditizi, includendo anche i rischi di mercato, e cioè quelli di cambio, di tasso d'interesse, di posizione in titoli azionari. Un metodo analogo è concettualmente applicabile anche agli operatori in titoli. Questi, peraltro, in ragione della loro specializzazione, da un lato presentano una struttura di bilancio più semplice e omogenea, dall'altro richiedono metodi di valutazione più precisi e, soprattutto, calibrati su orizzonti temporali brevi. L'obiettivo della sostanziale equivalenza della regolamentazione applicabile alle due categorie di intermediari, pur nel rispetto delle esigenze reciproche, appare raggiungibile individuando uno schema che risponda a un duplice criterio: di essere il più possibile comune alle attività che entrambe le categorie di operatori svolgono in modo analogo, cioè essenzialmente la negoziazione dei titoli; di essere suscettibile, al tempo stesso, di ampliamento per abbracciare le attività o caratteristiche specifiche di ciascuna categoria. Nella Comunità europea l'individuazione dello schema comune è particolarmente urgente. Da essa dipende l'attribuzione agli operatori in titoli della stessa libertà di prestazione di servizi in regime di mutuo riconoscimento già prevista per le istituzioni creditizie: in questo periodo dovranno essere prese le decisioni in merito.
In Italia, nel decennio trascorso, i mercati finanziari, monetari e valutari hanno conseguito significativi progressi di struttura.
Il mercato secondario telematico dei titoli di Stato, creato nel maggio 1988, ha sperimentato una rapida crescita: nel numero dei titoli trattati, attualmente pari a 50 a medio e a breve termine; nel controvalore degli scambi, superiore in media ai 2.000 miliardi giornalieri; nella liquidità, testimoniata dalla riduzione dei valori medi dei differenziali lettera-denaro.
Nel mercato telematico dei depositi bancari, creato nel febbraio scorso, giù si concentrano transazioni per importi medi giornalieri superiori ai 4.000 miliardi.
Sul mercato azionario hanno positivamente influito la gestione più specializzata del rischio, connessa con l'azione dei fondi comuni di investimento e delle gestioni patrimoniali; la trasparenza di informazione a tutela del risparmiatore, perseguita dalla Consob; l'ampliamento dell'amministrazione centralizzata delle azioni presso la Montetitoli. L'integrazione internazionale accresce, tuttavia, la competizione tra i diversi mercati nazionali; rende urgente la riforma della normativa, perché da noi possano realizzarsi condizioni competitive con quelle delle principali Borse estere.
Il mercato dei cambi sta ampliando rapidamente il proprio spessore; il volume medio delle transazioni giornaliere, che l'indagine già citata stimava nell'aprile 1989 in 15 miliardi di dollari, è in continua crescita, con riflessi positivi sulla determinazione dei prezzi. Ciò consente alla Banca d'Italia di intervenire con minore frequenza sul mercato al fine di contrastare oscillazioni nei corsi. Nella stessa direzione di contenimento degli interventi opera la possibilità dimostrata dalla lira negli anni più recenti di apprezzarsi; ciò ha frenato l'attività speculativa, con il renderla rischiosa in ambedue i sensi.
Il sistema bancario italiano nel suo complesso presenta solide basi patrimoniali e reddituali. Presenta però scompensi al suo interno, uniti a un'elevata frammentazione; è meno di altri attivo in alcuni settori operativi.


La legge sulla trasformazione degli enti creditizi pubblici e sulle fusioni tra banche faciliterà il rafforzamento patrimoniale degli istituti, specie di quelli che attualmente non raggiungono i requisiti di adeguatezza patrimoniale; consentirà aggregazioni riequilibratrici delle risorse esistenti nel sistema. La progettazione delle soluzioni, solo in taluni casi giù delineata, deve avviarsi con urgenza; costituisce l'impegno primo dei vertici aziendali.
Le recenti scelte fondamentali, dell'adesione della lira alla banda stretta nello Sme e della libertà valutaria, sono alla base della tematica che ho richiamato. Investono l'intera realtà del Paese, che in questa fase assume una funzione particolarmente importante alla guida del processo comunitario; lo fa con ritrovato prestigio, anche per l'aver saputo rimuovere limitazioni e vincoli che lo penalizzavano.
Queste stesse scelte ci hanno definitivamente impegnato a conformare i nostri comportamenti al raggiungimento dell'unione economica e monetaria in Europa, alla piena partecipazione ad essa dell'Italia.
A livello di impresa, di settore, nell'intera economia, i costi degli interventi da effettuare saranno tanto minori, i vantaggi tanto maggiori, quanto più l'azione correttiva sarà pronta, appropriata al fine ultimo perseguito.
La coerenza dei comportamenti, a cui tutti sono chiamati, trova la sua sintesi, sul piano economico, nel compito di abbattere l'inflazione. Essa è in diminuzione: sull'abbrivo del contenimento della componente importata, col favore delle quotazioni internazionali dei prodotti primari, il ritmo di crescita del costo della vita potrà flettere ancora, segnatamente nell'ultimo trimestre dell'anno, verso il 5 per cento. La facilità apparente della discesa non deve distoglierci dall'azione nascente da una precisa consapevolezza: è in questi mesi, sul fronte della politica di bilancio e della politica dei redditi, che si decide l'avvicinamento, già dal 1991, della nostra inflazione a quella delle economie più stabili: condizione indispensabile a che il nostro Paese possa continuare a svolgere nella Comunità il ruolo corrispondente alle proprie capacità.


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