§ Unione Monetaria Europea

Ecu ponte con l'Est




Giovanni Agnelli



Alcuni mesi fa crollava il muro di Berlino: il segno più drammatico di un'accelerazione della storia, straordinario già soltanto perché ha avuto luogo senza spargimenti di sangue. Elezioni democratiche si sono tenute di Paese in Paese, dal Baltico alla Moldavia. E mentre nell'Urss le riforme economiche fanno lentissimi passi, Varsavia, Praga e Budapest stanno capeggiando un movimento per la completa ricostruzione economica: coraggioso, per non dire rischioso, quanto promettente. Questi cambiamenti profondi non mancheranno di avere effetti profondi sulla Cee. Oggi raccogliamo i frutti di coloro che rilanciarono il processo d'integrazione comunitaria attraverso l'elezione diretta del Parlamento europeo, l'Atto Unico e la creazione del Sistema monetario europeo. I riformatori dell'Europa orientale avrebbero trovato ascoltatori più scettici se dall'altra parte della "cortina di ferro" non vi fosse stata la Cee qual è oggi, con una prospettiva di unione monetaria, economica e politica, ma dodici Paesi diversi economicamente ripiegati su se stessi, con regimi politici non tutti democratici e messi uno contro l'altro da pretese di tipo nazionalistico. Sta qui il maggior significato politico dei progressi fatti a Bruxelles. In un modo che non comprendiamo ancora pienamente, esso esercita una profonda influenza sull'equilibrio economico e politico di ciascun Paese, sulle relazioni tra i Paesi della Cee e su quelle internazionali.
E' in questo ampio contesto che va visto lo sviluppo dell'Ecu come la moneta europea: come un contributo all'integrazione dell'Europa occidentale e, al tempo stesso, come la base per la ricostruzione dell'Europa orientale.
Permettetemi di esaminare più da vicino questo ruolo politico dell'Ecu nell'Europa occidentale. Il 1° luglio siamo entrati nella prima fase dell'unione economica e monetaria. Il trattato che l'ha formalizzato sarà negoziato dalla conferenza interministeriale che avrà luogo il prossimo dicembre. Uno dei problemi chiave lasciati aperti dal Rapporto Delors riguarda la moneta, o le monete, che saranno usate nell'unione. Il recente Rapporto Christopharsen dà al problema una ferma risposta, che riflette un largo consenso intellettuale, optando per una sola moneta e non per un sistema di monete parallele governato da tassi di cambio fissi. Una preferenza giustificata da tre ragioni:
1) eliminazione dei costi delle transazioni in moneta estera;
2) accentuazione del ruolo internazionale della Comunità;
3) maggiore integrazione dei mercati finanziari.
Un mercato comune può funzionare pienamente solo sulla base di una moneta unica. Conservare una circolazione di undici monete significa esporre il mercato al pericolo della dissoluzione. Corremmo questo rischio negli anni '70, quando sterlina, franco e lira lasciarono il "serpente" per fluttuare liberamente.
Come imprenditori abbiamo bisogno di una moneta certa e stabile, che sia più che una "unità di conto" e una "riserva di valore", qual è stato l'Ecu fino a questo momento. Abbiamo bisogno di una "moneta" nel vero senso della parola: un mezzo di pagamento che ogni cittadino possa tenere nel portafogli e spendere per acquistare beni, e che non sia eroso dall'inflazione. E deve trattarsi di una moneta governata da un sistema federale di Banche centrali europee, responsabile nei confronti del "sovrano" d'Europa: un Parlamento europeo con poteri accresciuti, nel quadro dell'unione politica che ci accingiamo a costruire, grazie all'iniziativa di François Mitterrand e di Helmut Khol.
Le altre soluzioni hanno seri inconvenienti, come sottolinea il Rapporto di Ernst Young sull'Ecu commissionato dall'Aume. L'Ecu come moneta unica ha molti vantaggi rispetto a un Ecu usato come moneta parallela, fianco a fianco con le monete nazionali. Ed è uno strumento migliore di un'unione monetaria realizzata soltanto da tassi di cambio fissi. In quest'ultimo caso, infatti, le imprese dovrebbero sostenere i costi di conversione che derivano dal concludere affari e tenere depositi in varie monete. Il Rapporto sostiene che soltanto l'adozione di una moneta unica darà al settore privato la piena sicurezza che l'unione monetaria è irreversibile. Come mostra il Rapporto, i manager europei sono favorevoli a un uso più ampio dell'Ecu; ma sono in attesa di una decisione politica che lo dichiari moneta unica dell'unione economica e monetaria.
in altre parole, gli operatori economici aspettano un chiaro segnale del Consiglio europeo, o dalle conclusioni della conferenza interministeriale sull'unione economica e monetaria.
Noi imprenditori siamo stati chiamati in prima linea, negli sforzi per raddrizzare le economie dei Paesi dell'Est, per suscitare la nascita di nuove energie imprenditoriali a livello locale. Dobbiamo stabilire relazioni commerciali e legami finanziari nuovi, trasferire tecnologie e, soprattutto, cooperare alla produzione attraverso il meccanismo delle joint ventures.
Poiché in questi sforzi saremo certamente aiutati dalla nuova Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo e dalla Fondazione europea per il tirocinio professionale, finanziata dalla Cee, è importante che la Banca tenga capitali e prestiti denominati in Ecu. La scelta dello strumento monetario corrisponde all'obiettivo della Banca di stabilire un ponte tra le precedenti economie pianificate dell'Europa dell'Est e le economie di mercato consolidate dell'Occidente.
L'Ecu va incontro alle esigenze sia degli imprenditori occidentali, sia dei nostri partners orientali. Noi, per parte nostra, abbiamo bisogno di uno standard monetario europeo comune che ci permetta di valutare e paragonare i fabbisogni d'investimento, i costi di lavoro, la produttività e la redditività delle joint ventures progettate. Ma questo è anche nell'interesse dei produttori polacchi, ungheresi e russi. Solo un simile standard monetario consente alle economie orientali di comunicare, sia tra loro sia con i mercati occidentali.
Il bisogno delle economie orientali di uno strumento monetario unico e stabile può essere inteso pienamente solo sullo sfondo della crescente complessità degli scambi in una moderna economia. L'integrazione economica, già molto avanzata nei Paesi della Cee, con i loro associati dell'Efta, va molto oltre i commerci, ma investe tutti i fattori della produzione. In un'automobile Fiat ci sono componenti e know how non solo italiani, ma anche tedeschi, francesi e inglesi. L'industria automobilistica che si sta attualmente sviluppando nell'Europa orientale ha bisogno di circondarsi di un network di complessità simile a quello operante nell'Europa occidentale, integrandosi progressivamente con esso. A Est come a Ovest diventerà possibile parlare di industrie automobilistiche nazionali che garantiscano mercati che operano entro confini nazionali e impiegano componenti prodotti in casa propria. Nella ricostruzione dell'industria automobilistica dell'Est, non dobbiamo pensare in termini di un singolo impianto, ma a questo modello più ampio per la creazione di un sistema di relazioni, ai fini della graduale integrazione delle aziende nel mercato europeo e mondiale. E' sulla base di questo obiettivo strategico che la joint venture della Fiat a Yolabuga, nella Russia centrale, userà l'Ecu nelle sue operazioni.
Desidero toccare brevemente gli aspetti tecnici di questo accordo per mostrare le sue implicazioni più ampie per l'integrazione economica Est-Ovest. La joint venture opererà in una "zona franca" valutaria. Questo non significa soltanto che il commercio con l'Ovest in beni capitali, componenti e prodotti finiti sarà registrato in Ecu. Significa che anche acquisti e vendite verso e dall'economia sovietica al di fuori dell'enclave utilizzeranno l'Ecu come unità di conto. Le vendite di automobili nell'Urss saranno accreditate in Ecu. Un pistone comprato da un'azienda sovietica di engineering sarà pagato al prezzo del mercato internazionale. Questo implica la conversione dal rublo e nel rublo al cancello della fabbrica. Ma il sistema basato sull'Ecu isola l'operazione di joint venture dalla distorsione dei prezzi di un'economia pianificata e aiuta i nostri partners sovietici a ragionare in termini di prezzi di mercato. Per noi è un vantaggio il fatto di poter dirigere la società come se si trovasse a Torino o a Francoforte, piuttosto che in Russia. Dal processo post-bellico di ricostruzione e integrazione dell'economia occidentale dovremmo aver imparato che simili <tecnicismi>, possono produrre una forza senza la quale le migliori intenzioni degli uomini di governo restano retoriche.
Ma ora la "bandiera" deve seguire il commercio: la Comunità deve impegnarsi con l'Ecu non solo allo scopo della propria integrazione, ma anche per la riforma e l'integrazione dell'Est.
L'introduzione di una misura stabile del valore nelle economie orientali è più importante dell'introduzione della proprietà privata in quanto tale. I membri del Comecon hanno capito che la competizione del mercato internazionale offre una disciplina essenziale e una spinta verso l'efficienza; e che questo a sua volta implica l'uso di una moneta forte e convertibile quale base del loro sistema e dei loro scambi commerciali. Un problema è che le valute convertibili sono scarse. Per molti aspetti questa situazione ricorda il periodo dell'immediato dopoguerra, quando dovevamo spezzare la trappola dell'autarchia, dell'economia di guerra e dell'inflazione galoppante.
Il primo passo per uscire da questa trappola è stato ancorare ogni moneta nazionale ad un unico standard internazionale. Si trattava inoltre della moneta del Paese che allora stava finanziando la nostra ricostruzione. Il secondo passo, qualche anno dopo, nel 1950, è stato la creazione di una Unione dei pagamenti europea, che permise la liquidazione multilaterale dei flussi dei pagamenti nonostante la scarsità di dollari. L'unità di conto dell'Unione dei pagamenti europea fu fissata alla pari col dollaro, ma non ci fu bisogno di dollari per liquidare i conti nel breve periodo. In retrospettiva l'Unione dei pagamenti europea appare come una camera di decompressione in direzione di una piena convertibilità. I Paesi dell'Europa dell'Est oggi hanno problemi molto simili. Hanno bisogno di ancorare le loro monete a uno standard internazionale e di adottare un'unità di conto per regolare i flussi di pagamento reciproci all'interno del Comecon e per aprire la via agli scambi con l'Europa occidentale, gli Usa, il Giappone e il resto del mondo. L'Ecu può così assurgere al ruolo di àncora per le riforme monetarie dell'Europa dell'Est e come unità di conto per la creazione di un'unione dei pagamenti del Comecon, perché l'Ecu è la moneta della banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo e perché è la moneta dell'Europa occidentale, l'area con cui i legami economici sono più stretti. L'Ecu può abbattere un altro Muro nell'Europa orientale, il muro dell'inconvertibilità del rublo, dello zloti, del fiorino ungherese, che separa ancora queste economie l'una dall'altra, oltre che da noi.

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