La
lunga marcia di Gorbaciov continua dall'11 marzo 1985, data della sua
nomina a segretario generale del PCUS e perciò a capo effettivo
dell'URSS, prima della sua consacrazione a tale carica, ricoperta in
antecedenza da Gromiko.
Come si sa, il modello occidentale è recepito più che
altro e per quello che è voluto e possibile in taluni suoi aspetti
formali, e con ritardi, contraddizioni, remore nei contenuti, di ordine
più sostanziale ed incisivo. Più che di una scelta di
campo, nuova solo - come si è detto - nei limiti del voluto e
del possibile, e motivata anche con l'autocritica e la revisione ideologica,
si tratta di far fronte ad uno stato di necessità che finalmente
l'URSS sembra voler riconoscere.
La stessa nomina di Gorbaciov, effettuata prima dei funerali stessi
di Cernienko, ha riflesso uno stato di urgenza, dettato oltre che dalla
necessità di evitare un sorpasso da parte di altri, da quella
di riproporre all'immediato ordine del giorno le riforme che Andropov
aveva potuto solo abbozzare.
Al fondo di questo stato di necessità, vi era e vi è una
situazione dell'Unione Sovietica che ricerca un nuovo corso anzitutto
per esigenze di sopravvivenza, come superpotenza in parità nucleare
con gli Stati Uniti ed a livelli anche superiori in taluni strati ed
aspetti di armamento e strategici. Ma al fondo ci sono elementi critici
ancora più radicali, costituiti da un pericolo di declino strettamente
discendente dalla prevalenza del partito in materia economica mediante
la pianificazione centrale e quella periferica, che come si sa sono
dure a morire, come anche le ultime elezioni cosiddette libere avutesi
nell'URSS hanno confermato, nel contrasto fra chi vuole realmente il
nuovo e nelle resistenze di chi a tutti i costi difende l'apparato e
la burocrazia. Bisogna più a fondo guardare in questa vicenda
elettorale sovietica, che alcuni hanno enfatizzata, scorgendo un nuovo
segno che in realtà è ancora parziale. Infatti non in
tutti i centri si è avuta la contrapposizione di candidati, in
molti il candidato è stato quello unico ufficiale del partito,
nel distretto moscovita si sono contrapposti due candidati principali,
di cui uno conservatore e l'altro innovatore, ma quando il potere costituito
ha dovuto prendere posizione si è saputo che il giudizio sul
secondo si riassumeva nella valutazione che questi voleva correre troppo.
Ma un'affermazione più lesiva della libertà di scelta
e della molteplicità di coesistenza e di contrapposizione delle
varie forze certamente presenti allo stato differenziale anche nella
società sovietica si è avuta da parte dello stesso Gorbaciov,
che si è irrigidito sulla formula del partito unico, nel quale,
ha aggiunto, possono confrontarsi anche opinioni differenti e, perciò,
non prevede, ma esclude l'esistenza di più partiti. E qui, come
si vede, entra in giuoco una concezione organizzativa ed ideologica
che nulla ha a che fare con la vera libertà. Quante volte, infatti,
abbiamo ascoltato le stesse parole nelle concezioni rivolte alla dittatura,
anche se queste spesso hanno tentato di dimostrare - invano - una loro
pretesa socialità?
Un altro freno di necessità sulla prosecuzione pura e semplice
del vecchio corso è derivato dall'eccesso delle spese militari,
dettate da un progetto di vero e proprio imperialismo, che Gorbaciov
sta cercando di mitigare, più che per vocazione di pace, per
esigenze meramente di bilancio e di rianimazione sia pure limitata ed
in gran parte avvenire sia del ritmo produttivo civile, sia delle maggiori
disponibilità di beni di consumo da parte del mercato: e quest'ultimo,
come si sa, è un fatto tutt'altro che avvertibile nel presente,
anche perché l'itinerario a ciò indispensabile e con esso
compatibile non è sempre contrassegnato nei tempi possibili e
negli obiettivi, qualitativamente e quantitativamente determinati.
Fatte queste premesse, vediamo meglio come stanno le cose.
Lo sforzo di cambiamento da parte di Gorbaciov, per quanto concerne
l'interno, ha a che fare con:
1) il condizionamento della supremazia del PCUS, sostanzialmente e rigorosamente
riconosciuta come rispondente alle esigenze della società sovietica
non diversamente soddisfacibili, ma da rendere compatibile con il ruolo
da riconoscere allo Stato ed all'amministrazione, oggetto invece nel
passato di una generalizzata usurpazione partitica. E' da tenere però
presente che tutte le dittature hanno tentato o cercato di dimostrare
di tentare questa conciliabilità, partendo ora dal partito unico
di base, ora dallo Stato, ma il risultato è stato sempre quello
dell'unitarietà artificiosa del sistema, privo dei due fattori
essenziali di ogni vera convivenza democratica, e cioè la libertà
politica e l'affermazione dell'iniziativa individuale, diretta dal mercato
ed avviata al profitto, pur nei limiti previsti per l'uno e per l'altro;
2) il timido annuncio di una propensione, molto condizionata e molto
limitata nei contenuti che al momento non vanno oltre quelli di facciata,
per la pratica dell'iniziativa privata e per l'instaurazione di una
timida economia di mercato, di cui non si incontrano tracce di reale
consistenza nella prassi e nelle strategie in atto, come hanno confermato
le dialettiche che si registrano in materia, fra le quali quelle stesse
interessanti l'agricoltura, con tutto il travagliato dibattito che ne
è derivato circa il riconoscimento di un rapporto di affittanza
di lungo termine, che non fa certamente entrare né dalla porta,
né dalla finestra il diritto di proprietà.
Per quanto attiene ai rapporti con l'estero, le intenzioni sono rivelate
da
- il disegno di porre al fine un freno all'espansione dell'URSS, testimonianza
fin qui di una vocazione imperialista che anche per il PCUS viene da
lontano;
- le trattative in corso con gli Stati Uniti per la riduzione degli
armamenti nucleari e spaziali, che sembrano essere rivelatrici di un'ansia
di pace - e la constatazione non può essere che valida fino a
prova contraria -, ma sono in tanta parte anche provocate dalla necessità
di ridurre le spese militari e di convogliare una parte maggiore delle
disponibilità verso gli impieghi civili e produttivi. E lo stato
dell'economia sovietica è tale da esaltare il più possibile
questo slittamento delle priorità militari verso quelle produttive;
- la nuova attitudine, meno preclusiva del passato, rispetto ai Paesi
satelliti, che però non reagiscono tutti in pari misura a questi
orientamenti di Mosca, perché gli apparati in taluni di essi
sono più forti e si collegano con quelli di pari comportamento
rigido interni all'Unione Sovietica.
La metodologia seguita da Gorbaciov in questa sua progettualità
così indirizzata, nella parte intenzionale ed in quella realmente
praticata, si è caratterizzata fin qui con i seguenti comportamenti
e le seguenti scelte:
- il ripristino della centralità dell'intellighentia rispetto
alla burocrazia ancorata al godimento delle proprie rendite di potere.
Ma questo ripristino è lontano dall'essere realizzato, perché
la burocrazia è tutt'altro che periferica nel sistema, come anche
le ultime elezioni hanno dimostrato, trovando anzi in esse pure i loro
emblemi contrapposti agli altri che cercano di venire alla ribalta;
- l'adozione della glasnost, che è ritenuta condizione necessaria
per la perestrojka, ma la trasparenza è solo, quando esiste,
uno specchio della realtà, i cui attriti che ostacolano la democrazia
politica, se continuano ad essere reali, non possono essere cancellati
se sopravvivono all'immagine;
- la pratica dell'intento di sostituire alla precedente preclusiva politica
del niet la ricerca di possibili convergenze, pure di compromesso, talvolta
anche con l'anticipo del giuoco, a scopo prettamente propagandistico.
Un look ancora
esorbitante
In concreto, finora, i risultati reali e veramente incisivi sono ancora
limitati, avendo il look del nuovo corso una dimensione ed una colorazione
che sono certamente superiori alla loro consistenza effettiva.
In realtà, Gorbaciov ha eliminato larga parte dei suoi avversari
conservatori dai massimi consessi centrali - Politburo e Comitato
Centrale del PCUS - e periferici, ma fra i candidati di Mosca alle
ultime elezioni politiche non è riuscito ad imporre, nella
contrapposizione fra candidato conservatore e candidato innovatore
(caratterizzato questo da una vocazione irrinunciabile all'accelerazione
ed alla critica di quanto doveva essere fatto fin qui per l'innovazione
ed il cambiamento e non è stato fatto), un proprio candidato.
Gorbaciov tende ad essere contrario a tutti gli eccessi, fra chi vuole
conservare e chi vuole innovare, ma in questa politica del contrappeso
fa quello che può e vuole fare.
Passando al campo economico, le novità reali continuano ad
essere poche e limitate, pur a fronte di obiettivi che sono quanto
mai ambiziosi, e tali si sono rivelati proprio nelle sottolineature
che si sono succedute in un fondo ancora per molti versi sostanzialmente
sterile o poco fecondo. La popolazione, spronata ad impegnarsi di
più e ad essere più responsabile, anche quando ha risposto,
non sta meglio di prima (qualcuno dice anche peggio), quanto a beni
di consumo ed alloggi. Le cose, è vero, non cambiano dall'oggi
al domani, ma denotano pur sempre una tendenza anche allo stato iniziale
che al momento almeno non indica alcuna consistente inversione. La
realtà è che riformare l'economia nel senso di maggiori
e più articolate iniziative e di più larghe porzioni
di mercato, nell'ambito del sistema comunista, è una vera e
propria quadratura del cerchio. Questa è la realtà insopprimibile,
di cui ogni reale e vero salto di qualità non può non
tenere conto, anche se richiede coraggio. Ma è proprio con
questo coraggio che si confermano la sincerità e la profondità
di una volontà.
Sennonché Gorbaciov, come prima si rilevava, non può,
né vuole abbandonare i principi del marxismo-leninismo, dalla
cui operatività egli ricava la sua forza e la giustificazione
e la pratica del suo potere, fondato infatti su di un apparato civile
e militare che naturalmente non vuole morire e vuole essere poco condizionato.
Nello sforzo di cambiare corso, nella parte reale che effettivamente
persegue, egli trasferisce tutte le responsabilità ai protagonisti
del passato, con l'eccezione del solo Lenin e con la conseguenza di
spingere la critica ed il peso dell'insuccesso ai quattro quinti del
periodo comunista. Questo tipo di purga non è insolito nel
sistema, il più delle volte più per ragioni subiettive
che non obiettive, e non si vede come, in un sistema culminante in
una sola persona ed elevato al ruolo supremo in funzione di una democrazia
inesistente e tutt'al più zoppicante nelle stesse intenzioni,
questo vertice possa sfuggire alla critica ed al ripudio: e cioè
a quanto abbiamo assistito in tutti questi anni. D'altra parte i frutti
del cambiamento, anche quando ci sono, sono molto lenti. Riserve ed
attese ne sono pertanto le conseguenze ed hanno a che fare con il
grado di profondità, di continuità, di progressività
di quanto si sardi realmente riuscito a fare nelle coscienze e nelle
strutture. Se tutto ciò è anche vero nelle democrazie
reali, figuriamoci quanto sia essenziale nelle aspiranti democrazie
e nelle attitudini sia delle basi sia dei vertici.
Abbiamo fin qui detto delle implicazioni derivanti dal nuovo corso
di Gorbaciov in campo interno ed economico, e per l'uno e per l'altro
abbiamo più a che fare con un futuribile, non certo scontato
o intuibile sin da questa fase.
Soffermiamoci ora sulle implicazioni di ordine internazionale, che
sono già verificabili per i risultati conseguiti, di cui però
non si sa fino a qual punto possano considerarsi preambolo di connessi
momenti successivi.
C'è anzitutto da rilevare il ridimensionamento sia delle presenze
sovietiche nel mondo (Afghanistan, Cambogia, Angola), sia del grado
di ingerenza in alcune situazioni particolari dello stesso Est europeo,
nelle quali fanno spicco la prospettiva interessante dell'Ungheria
e l'atmosfera nuova instaurata in Polonia con il riconoscimento di
Solidarnösc.
In positivo, per l'URSS, per contro, vanno al momento considerati:
- l'accordo per lo smantellamento degli euromissili, nel senso che
quelli americani potevano colpire il territorio sovietico e non viceversa;
- la remora agli armamenti spaziali per gli USA, che, se attuati secondo
il disegno di Reagan, avrebbero costretto l'URSS ad una pesante e
nuova corsa agli armamenti;
- gli effetti provocati in taluni Paesi europei della NATO, secondo
cui non esisterebbe più una minaccia sovietica, con l'intento
pertanto di sfumare o contrapporre comportamenti ed attitudini nello
stesso schieramento occidentale. Ma prudenza, estrema prudenza, è
quella che occorre in materia da parte dei Paesi occidentali;
- il riavvicinamento con la Cina, da valutare nei suoi effetti nel
quadro di quella cautela di rapporti che è tipica della stessa
Cina, nonché delle sue relazioni in atto con gli USA.
- una strategia diplomatica che cerca di essere più dinamica
e penetrante della precedente, in termini di tempestività,
soprattutto nelle aree più calde del Medio Oriente e dell'Asia.
Si tratta di un'azione che vuole costituire un contrappeso ed una
contromossa rispetto all'iniziativa occidentale, specie statunitense,
nella ricerca e pure nell'attivazione di punti di attrito fra gli
USA e la stessa Europa. Si tratta di un'alternativa alla precedente
guerra fredda ed in alcune zone di un suo nuovo modo di essere.
Aspetti tuttora
interlocutori
Fin qui abbiamo parlato di quanto emerge dal quadro, e che dà
luogo ad interpretazioni per molti aspetti ancora interlocutorie e
per altri aspetti ancora incerte. Così è per quanto
riguarda, come prima si diceva, per le ultime risultanze elettorali
nelle quali si è votato con voto palese, nelle quali alcuni
candidati non derivanti dall'apparato hanno conseguito risultati di
gran lunga superiori a quelli dei candidati designati da esso, nelle
quali si sono dovute ripetere le votazioni perché i candidati
ufficiali non avevano conseguito il 50% del suffragio, nelle quali,
ancora, il sopravvento nelle aree baltiche è stato conseguito
da candidati nazionali e difensori delle relative autonomie e così
via. Che significherà tutto questo per la politica di Gorbaciov
è difficile dire. Potrà infatti significare una spinta
al suo divenire, come potrà recepire il contrappeso di una
reazione conservatrice dell'apparato, con tutta la recrudescenza che
ne potrà derivare. Una serie di incognite è pertanto
innanzi al futuro sovietico, nello sforzo di Gorbaciov di mediare
fra le due spinte, pur nella rigidità delle convinzioni ideologiche
anche se diversamente - fino a qual punto? - interpretate. Un fatto
è comunque certo e cioè che la base vuole il cambiamento
e cerca di attivarlo il più possibile, mentre il vertice, anche
quando mostra di puntare sul nuovo, è Più circospetto
e timoroso di sostituire il nuovo al vecchio, data la persistenza,
da nessuno negata in detto vertice, delle ipoteche ideologiche, anche
di quelle che di fatto le masse vogliono mandare in soffitta.
A questi segni, in larga parte indefiniti, altri se ne aggiungono
in conseguenza di una realtà economica sommersa. Questa esiste
anche nell'URSS. Secondo alcune stime, il valore di essa sarebbe compreso
fra il 17% ed il 25% del reddito nazionale sovietico: cioè
fra i 100 ed i 150 miliardi di rubli sui 625 miliardi indicati per
il 1988 dalle statistiche ufficiali. Sono comprese in tale economia
le attività illegali, ma anche quelle, pur esse illegali, rientranti
in servizi reali ed utili resi in via privata. Il loro sbocco è
l'incetta di banconote, di oro, di pietre preziose, ecc., con intento
conservativo e di contrabbando all'estero. Non manca la ricerca di
dollari. Il tutto con la conseguenza di forti disponibilità
che vengono sottratte all'interesse collettivo, quando invece in caso
di redistribuzione fra la popolazione deriverebbe l'aumento di un
terzo del reddito pro-capite o una forte crescita degli investimenti.
Questa è
dunque la dimensione di un fenomeno che sia pure contra legem conferma
l'attitudine di forti masse ad allargare lo spazio della propria autonoma
iniziativa, come si vede dura a morire anche in sistemi tanto rigorosi
e preclusivi come quello sovietico, sia pure nel nuovo corso.
Ed ora puntuale come sempre, perché si è avuto anche
in passato, l'interrogativo in merito al comportamento che l'Occidente
deve assumere nei confronti dell'URSS ed ai rapporti con la politica
di Gorbaciov.
Ci sono, com'è noto, gli aperturisti. Quelli, cioè,
che ritenendo che l'URSS voglia la casa europea e rinunci alle minacce,
propendono per l'elargizione di aiuti e di mezzi, atti a facilitare
il nuovo corso e nel contempo ad inserire nel mercato dell'URSS l'iniziativa
occidentale. Questo tipo di comportamento occidentale, secondo quest'ottica,
faciliterebbe l'evoluzione interna e le attitudini
più moderate dell'URSS, facendone derivare una fase più
stabilizzata e tranquilla delle stesse relazioni internazionali. Siffatta
posizione è rilevabile soprattutto nella Germania Federale,
ma è chiaramente in relazione con la sua caratterizzazione
di Paese che confida nella riunificazione e vuole mostrare la sua
duttilità, anche per essere campione nella stessa Europa di
questa volontà di apertura. Stati Uniti e Gran Bretagna dal
canto loro sono invece riservati nella loro condotta e più
che altro si sono posti in stato di guardinga attesa di possibili
risultati positivi nell'evoluzione sovietica, che non sono dati per
scontati.
Le applicazioni di questa strategia sono evidenti anche nel fatto
della loro intenzione di non abbassare la guardia e di mantenere una
copertura nucleare tattica in Europa, senza la quale gli americani
finirebbero per ritirare i loro soldati e la loro protezione diminuirebbe
ulteriormente. Rilevano poi gli osservatori più qualificati
che gli USA continuano a pensare in termini di sfida globale con l'URSS,
della quale la nuova Casa Bianca si fiderebbe meno di quella precedente,
e comunque vorrebbe essere più graduale e cauta, come questi
primi segnali mostrano già di avvertire.
Quanto all'Italia, è noto che essa si muove nell'orbita di
un giusto equilibrio fra il rispetto e gli impegni dell'Alleanza atlantica
ed il mantenimento di attive relazioni con l'URSS, che d'altra parte
non sono occasionali (si ricordino i precedenti accordi ENI e FIAT)
e che oggi si vogliono intensificare, in un'apertura anche psicologica
derivante dagli annunci o dalle promesse di nuovo volto della realtà
sovietica.
Gli interrogativi
da sciogliere
Molti sono, come si è visto, gli interrogativi da sciogliere.
Gorbaciov dice, ad esempio, di aver intrapreso una rivoluzione per
riportare il socialismo alla purezza delle origini. C'è da
dire che ogni concezione e ogni prassi socialista dicono di tendere
a questa purezza. Anche il socialismo riformista occidentale ha puntato
e punta tutte le proprie carte su questo obiettivo. Ne parla anche
il nostro Partito Comunista, riconoscendo principii di democrazia
e di iniziativa individuale, ma praticando la prima con una condanna
ancora per molti aspetti solo verbale e non del tutto svincolata dal
centralismo - come si afferma, le opinioni possono essere diverse,
ma non possono organizzarsi perdendo così gran parte del loro
potere e della loro rappresentatività effettiva - e perseguendo
la seconda con una serie di limiti spostati innanzi ad un indefinito
ed illimitato interesse generale e sociale, che poi nella sua indiscriminazione
è la fonte della sua esasperazione e degenerazione.
Inoltre Gorbaciov parla di riforma economica. Ma più che di
riforma, l'azione praticata è costellata di assaggi e di tentativi,
in gran parte ignoti nei possibili e concreti obiettivi e nella scelta
e nei tempi di operatività dei mezzi. Ecco perché di
fronte a riforme non realizzate si parla di nuove riforme da porre
in cantiere, anzi da inventare. Di qui il comportamento dell'opinione
pubblica, che è di protesta da una parte e di attesa da un'altra;
di un'attesa che riguarda l'economia, il reale corso della democratizzazione,
la questione delle nazionalità, lo statuto delle repubbliche,
i rapporti con la Chiesa ortodossa: tutti fattori che sono chiamati
ad offrire collaborazione, con contropartite che sono vaghe e spesso
già deludenti in taluni sforzi di concretezza.
Un altro interrogativo, ancora, riguarda il futuro dei rapporti con
gli altri Paesi comunisti europei, che hanno una reattività
diversa rispetto alla perestrojka, ma probabilmente quello che realmente
conta per Gorbaciov è il controllo militare delle relative
aree, che è stato sempre il punto di forza di tutta la condotta
sovietica quale ne sia stata la caratterizzazione temporale e di leader.
D'altra parte l'ispirazione imperialistica dell'URSS è sempre
stata un punto fermo ed irrinunciabile.
Di qui la fiducia che si deve sposare con la prudenza e con gli interessi
reali, politici ed economici, senza cioè incaute aperture di
credito, che sono sempre improprie ed in questo caso, per lo meno
da definire interlocutorio, da escludere completamente. La realtà
andrà infatti verificata giorno per giorno, avendo come punto
di partenza non preconcette preclusioni, ma uno spirito di vigilanza
che sappia cogliere il nuovo quando c'è, senza generalizzarne
gli effetti.
Le distanze anche teoriche sono ancora tante, perché al fondo
della realtà c'è il fatto che sia da parte dell'Occidente,
sia da parte dell'URSS c'è il netto ed ovvio principio di difendere
i rispettivi interessi, ma anche quello di salvaguardare le essenze
dei due sistemi, sia pure per quello sovietico contemperandole in
una più elastica concezione.
C'è uno sforzo di adeguamento e di rinnovamento nelle relazioni
e nei fatti economici. Questo sforzo è in atto, come si sa,
anche nell'Occidente, ma non in funzione di un'inversione di marcia,
bensì di avanzamento. Basti pensare, per quanto ci riguarda,
all'Europa del '93, all'efficienza da assicurare al Welfare State,
alla concezione del profitto, ai rapporti che devono intercorrere
fra legge e mercato, e così via. Quanto invece all'URSS, gli
adeguamenti devono partire da molto lontano, avendo - a differenza
dell'Occidente - un punto di approdo che non è ancora definito,
perché l'identità del sistema è lungi dall'essere
tratteggiata a fronte di una difformità di spinte, che anche
quando qualcuno definisce telluriche - come le recenti elezioni sovietiche
- non consentono ancora prospezioni valide.
Prudenza ed
aperturismo
Prudenza ed aperturismo si contrappongono in queste valutazioni, ma
è ovvio che l'esperienza sospinge nella prima direzione, quale
motivazione del comportamento occidentale. Il che deriva dalla stessa
strategia di Gorbaciov per quanto riguarda la sua condotta attuale
e futura, con tutti gli attriti, le strettoie, i nodi che l'attraversano
all'interno della realtà sovietica.
Con la prevedibile flebilità e possibile provvisorietà
di taluni segnali che, pur promettenti, quando lo sono, non devono
essere enfatizzati.
Qualcuno ha ricordato che, nel commentare i risultati elettorali,
si sono registrati punti di vista dei mass media sovietici o improntati
al riserbo o addirittura ispirati ad una constatazione di immaturità
del corpo elettorale, o almeno di quella parte di esso che si era
discostata dalle linee e scelte ufficiali, e cioè dell'apparato.
Ed al riguardo è tornata alla mente l'identica espressione
usata da Lenin a commento delle elezioni dell'Assemblea Costituente,
18 giorni dopo la rivoluzione d'Ottobre. Orbene, Lenin di fronte al
fatto che i bolscevichi avevano ottenuto solo il 24% dei suffragi
e solo 74 deputati su 107 definì immature le masse e sciolse
l'Assemblea. Ne risultò un avanti sostanzialmente indietro,
che indubbiamente costituisce un ammonimento per lo stesso Gorbaciov,
sulla strada della perestrojka e della glasnost, fatti da sempre meglio
e profondamente piantare nella realtà sociale, economica, politica,
cioè civile, per essere interpretati in piena e non superficiale
ed effimera credibilità.
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