§ Rencontres poétiques internationales

I fulvi poeti del Salone Verde




Antonio Verri



Yverdon. Settembre '88. Terza edizione dei "Rencontres Poétiques Internationales". Torniamo a scrivere sui poeti. Non è necessario. Ma ci piace farlo.
Un giorno, uno stupefatto Benjamin, girando in lungo e in largo nelle piazze di Mosca, piene di neve e di poetici venditori di fiori di carta, notò - ce lo ha consegnato in uno dei suoi libri - un tipo alquanto misterioso che armeggiava tenendosi davanti una "tavola scritta fitta fitta". Immaginate il suo stupore, la sua curiosità, lui che già si era incantato guardando la mercanzia varia e stravagante (da terre del Sud, scrisse) dei tanti mercanti che popolavano Mosca. Bene. Cominciò a spiare il suo tipo, pensando e prevedendo chissà che personaggio, un indovino, chissà quali storie, quali alchimie e quali profetiche verità nelle sue tavole. Si avvicinò sempre di più, sempre di più... E la sorpresa arrivò: "vidi che due delle sue lettere le vendeva ad un cliente e gliele fissava nelle galosce a mo' di iniziali"!...
Sono un po' così i poeti. Sanno così ben spacciare e dare segnali sempre ambigui. Poeti, sempre speciali, falsi, faraonici, un po' vili, venditori della merce più curiosa, edulcorata, anche eccellente, variopinta, caotica, incantata. Venditori a volte di tavole inutili, ma squisiti, eleganti, galanti, assurdi, gaglioffi, innocenti, prede, predoni, geniali, disperati. E ci fermiamo.
Una terza edizione a Yverdon e a Neuchâtel che non seguiremo con la stessa meticolosità che ci accompagnò nella registrazione dei fatti della seconda edizione. Per carità, niente di ripetitivo (o se c'è può anche non disturbare), solo che abbiamo due anni in più ed un po' di entusiasmo in meno. Fermo restando che è sempre notevole, interessantissimo, scontrarsi con i suoni, i ritmi, le cantilene di 68 poeti di 17 Paesi diversi.
Le danze si aprono come ogni volta all'Hôtel de la Prairie, a Yverdon, anche se l'apertura ufficiale è la sera al Castello. Cominciano gli arrivi, o meglio un fluorilegio di sorrisi, di abbracci, di pacche sulle spalle, di vestiti colorati.Cinque giorni da passare insieme: c'è chi, al solito, si aspetta qualcosa, c'è chi non sa che aspettarsi, c'è chi spera di essere invaso dallo stupore, c'è chi è là solo per fuggire il fastidio della vita di ogni giorno (la formula di questi "incontri" è azzeccata, il lavoro dei signori Junod è veramente un lavoro sfiancante: anche se, stavolta, la poca disponibilità degli enti addetti alla cosa culturale. La poca, o nulla, attenzione dei mezzi di comunicazione - si è tutti firmato un documento di protesta per questo - ha in un certo qual modo indebolito l'Organizzazione che non ha potuto assicurare quel che doveva assicurare, consentendo - volontariamente o no - qualche non piacevole trovata di marca svizzera.
Tutti pronti insomma: pimpanti, imbellettati, brutti e belli, sognanti, disgustati. Non importa. Siamo qua a celebrare qualcosa. Nessuno pensa di tirarsi indietro. Per la cronaca, sono ospiti attivi di questa terza edizione anche il direttore e il fotografo di questa rivista.
Apertura ufficiale. Una sala intera del Castello sui cui tavoli sono in mostra i libri degli autori presenti. Amarezze, disperazioni, sogni, tutto là, in tantissime lingue (quello che subito registriamo - ma due anni fa non andò meglio - è l'assenza della gente, cosa che noteremo per tutti e cinque i giorni). Bene.
Guardati i libri, in silenzio, abbozzando sorrisi, apprezzamenti veri o falsi, o cose del genere, siamo poi arrivati a dirci, tacitamente, la solita vecchia verità: la poesia non è un affare, non è un affare per nessuno e mai lo sarà! Inteso. (Cominciano, si ufficializzano, sin dalla prima sera, gli incontri non ufficiali nel Salone Verde dell'Hôtel de la Prairie, una delle cose più vere e spontanee della cinque giorni letteraria: tutti intorno ad un tavolo con le proprie ballate, canzoni, ritornelli, suoni, poesie, e tanto vino!).
La giornata lavorativa di venerdì 9 è cominciata alle 14,30 con la prima parte del Simposio che quest'anno aveva come tema: "Senso della poesia e poesia del senso".Solita ottima conduzione dell'ottimo Raymond Tschumi (anche se in genere non è stato in forma come due anni fa), ben combinata l'ambivalenza della proposta, poteva provocare dibattito, e un po' c'è stato. Cominciano due donne: una belga serena, con le idee chiare, Lucie Spède; una svizzera timida, con gli occhi un po' tristi ma curiosi, anche se col sorriso pronto, Renée Jan-Duiven. Poi Pierrette Micheloud. Il tema, come si diceva, è molto ampio, interessante, ma spesso offre anche spazio a termini tante volte usati, anche a stupide dichiarazioni di poetica. E.F. Accrocca è solo sul testo del Simposio. Oliver Friggieri, un maltese interessante, un po' introverso, che si è beccato una giusta reazione di Gaetano Salveti (uno che al collo ha decine di amuleti: ghiande, corni, ecc.) quando ha detto che il poeta esiste finché ha responsabilità e ubbidisce a delle regole che la società gli impone. Jacques Tornay.
Ma la poesia, caro Tornay, è soprattutto ossessione, rapporto squisito e privilegiato, è anche ascolto e proiezione di una stupenda, magica sintesi di linguaggio. Johann C. Burgel, un colto islamista che sta-bene-nella-vita, che predilige "l'antico dire": questo poi, a ben guardare, si riflette anche nella musicalità e nelle immagini dei suoi versi. Claude Darbellay è in cattedra. Molto giovane, immediato, sembra un novello Queneau testardo e amante del gioco, ha voce certa e idee chiare, faccia da bravo ragazzo - ma la sa avere anche di bronzo - tende a divertire e ad irridere chi l'ascolta. E' subito identificato come eretico (la sua relazione ha questo titolo: "Poesie? Vous avez dit poesie?"). E' tornato a sedere, gli abbiamo sorriso, e lui, come stesse continuando dentro metafora ci fa: "Non è vero che siamo tutti buoni. Ci sono i buoni ma ci sono pure i cattivi!". Sardi interessante leggere la sua poesia.
Qualche altro... E' finito qua il nostro interesse per il Simposio, anche se ci sono stati altri buoni interventi. Kostas Valetas, una nostra vecchia conoscenza (ma non abbiamo trovato né Ferenc, né Franciska, né Benito, né il povero Certa morto a Budapest), quest'anno si tiene fuori dai lavori dello stesso Simposio.
Esemplare però, ieri sera 8, la protesta insieme a Panos Misserlis, buon poeta greco, incantevole per la sua "Maria" - con conseguente uscita dal Salone Verde, quando, mentre non ufficialmente si leggevano delle poesie, un poeta macedone dichiarava la sua adesione culturale, oltre che politica, alla Jugoslavia anziché alla Grecia. C'è incomprensione e rivalità. "Arrivano a dire che lo stesso Alessandro il Grande era uno slavo e non un greco!".
Kostas si rifà nella Serata Greca nell'Aula magna del Castello. Praticamente è lui che conduce. E dopo una scorsa critica veloce ma precisa, si comincia con la lettura dei testi. C'è Panos, c'è Victoria Theodorou, non ci sono due vecchi poeti greci che hanno rinunciato, per ragioni di salute, all'ultimo momento; Panos e Victoria leggono le loro poesie. Panos, del "Sud torturato", col suo vocione ben impostato e la cadenza giusta, ha avuto il successo che meritava leggendo della sua "Maria", dolce donna del Nord. Victoria, un cosettino così, esile, tutta in bianco, una qualcosina che poteva da un momento all'altro sparire, non ha fatto altro tutta la sera che chiedere ad Uranio di insegnarle 'Talchimia della permanenza". Ma poi i nostri due amici si sono proposti in una carrellata sulla poesia greca del Novecento, che quasi nella sua totalità corre sui binari politici e protestari. Buona serata.
Saltiamo il resto del Simposio di sabato 10 e siamo invece alle 4 di pomeriggio al Castello per la presentazione dei ''laureti'' ai premi B. Cendrars e degli "incontri". Anonimo il premiato per i "Rencontres". Ci interessa l'altro premiato, Rino Cortiana, veneziano, buon poeta in proprio, che si è "laureato" per una monografia critica e traduzione dei testi di Blaise Cendrars. Buone anche le sue pubblicazioni. Legge: in effetti fa buona poesia e una fetta del tempo concessogli l'ha consumata dicendo in versi di Otranto, del suo Albero, del suo mare. Oddio, come possiamo non amare Cortiana quando parla di Re Artù e di Alessandro Rex nelle sale di un Castello di una cittadina, gentile sì, ma pallida e asettica!
Siamo più o meno a metà del programma dei "Rencontres". Stasera, sempre al Castello, c'è la prima serata internazionale. Intanto c'è.
Intanto c'è una stella, una baraonda (lo scrivevamo due anni fa, lo confermiamo oggi), un inventore, una persona squisita e alquanto scanzonata, uno che sa ridere delle povertà, delle meschinerie, sa ridere di tutto, ed è un poeta, è un poeta anche per questo. Risponde al nome di Francisco Delgado. Una sorta di guru calato nel "Rencontres" (è uno degli organizzatori), che riesce sempre a capire, a sopportare, a coinvolgere. Un grande istrione, un uomo che ha anche molto sofferto, che comunque ha sempre delle risorse, che sa come arrivare al cuore degli amici, che sa come nessun altro cantare (la sua "Ahi, Carmela", una vecchia canzone partigiana spagnola, è diventato quest'anno il motivo più richiesto), che sa bene, come nessun altro, annullarsi... e splendidamente riacquistare ragione e consistenza. Intanto gira nei "Rencontres".
Prima serata internazionale. Tutto ben curato; tutto stirato a puntino, ottimo l'audio, molto ben curata la lettura: il francese, poi, così sonoro e nasale si presta bene a creare atmosfere suggestive. Quel che manca, come già lamentato, è il pubblico: ovvero c'è solo un pubblico rispettabilissimo di 68 poeti...
Va tutto bene. Il tono ironico-narrativo, a volte leggero, aereo, è la caratteristica dominante di quasi tutte le poesie lette. Qualche nome: G.E. Clancier, amico del nostro amico Astalos, ottimo poeta francese (non è azzardato dire che, per valore e saggezza, ha preso il posto che l'anno scorso era di Guillevic); Ann Carol Duffy, una inglese molto decisa e passionale, l'iracheno Buland Al-Haidari, che tutti e cinque i giorni non ha fatto altro -mentre parlava o recitava - che snocciolare, all'altezza della coscia, un suo particolare rosario; il nostro Lino Angiuli non ha bisogno di presentazioni; Luis Alpera, uno spagnolo interessante, che ha gradito moltissimo il numero 2 di Sudpuglia con l'inedito di Lorca; Rino Cortiana, di cui s'è già detto; Jean Ber, solito attore-poeta, solita distinzione, solita pipa; Maria Pia Argentieri, che fa dell'ottima poesia; e poi Tschumi e Friggieri, ecc.
Alle 10 di domenica 11 lasciamo Yverdon. La carovana si sposta con autobus, con mezzi propri, a Neuchâtel, per l'ultima parte della manifestazione. Dobbiamo ancora registrare. Dopo la prima serata internazionale tutti in processione a cercare la locanda dei siciliani, un nostro vecchio posto. La locanda non c'è più. La cerchiamo ugualmente. La vera anima dei poeti esce fuori quando bevono un po', quando vanno in gruppo... tirano fuori di tutto, sanno tirar fuori di tutto, le storie più impensate, i ritornelli, magari le canzoni partigiane. I poeti sanno così bene, quando sono in gruppo, occultare i loro drammi, le loro disperazioni, i loro fastidi...
Neuchâtel. Cominciamo con una scampagnata in battello, fino a Morat. E' un modo come un altro per scambiare quattro chiacchiere. Delgado gira con una cinepresa, Bevilacqua fotografo è in una nuvola, fa un clic dopo l'altro (è da un anno che fotografa scrittori, autori in genere: ci ha preso gusto, li trova un po' matti!), Salveti racconta sul Duce, Monique Dusseault, una canadese, insegue una sua certo splendida gioventù, ma sa stupendamente recitare o cantare nenie molto dolci. Abu-Rub è in pantaloni corti. Panos è molto stanco. A Claude chiediamo dove diavolo s'è andata a cacciare la poesia. Kostas va dicendo che a De Jaco una volta hanno dato da mangiare un gatto. Wanda Ramos, una spontanea e molto brava portoghese, Victoria, Aldo Bello e signora, Alpera, qualche spaesato rumeno, qualche inglese, ma anche noi, guardiamo l'acqua. Chissà.
(Sul battello due anni fa nacque un estroso poema con ogni poeta che scriveva un verso; per un giorno, alla fine, tutti in giro; la "raclette"; una vera festa in un grande salone: i poeti quando sono in gruppo queste cose le amano!... Ma è sciocco riandare sempre a due anni fa ... )
Chiudiamo la domenica con una "cena di festa" in un posto che non ha nemmeno la dignità di una mensa universitaria. Pagamento anticipato (come negli altri posti dei "Rencontres") dell'acqua minerale o di una doppia richiesta di vino. Squalliduccio. Ma perdoniamo facilmente ai Junod: combattono anche loro un contesto non recettivo. (Senza contare che con Delgado anfitrione il vino non è mai mancato!).
Lunedì 12. Ultima giornata di lavori. Le letture nelle scuole, sempre in programma, sono di solito affidate ad autori di espressione francese. Visita alla Città di Nauchâtel. Per chi ci è andato. Noi siamo andati a trovare il nostro vecchio amico Horia Liman -combattivo come sempre - con le solite tre rose per la moglie. A rivedere Jean Jacques.
Seconda serata internazionale.
Nell'Aula, ampia e funzionale, della Nuova Facoltà di Lettere dell'Università. Ore 20,30. Molto più varia, per suoni, e per stili, questa seconda parte delle letture.
Comunque sempre di buon valore letterario. Sul palco da Préfontaine a Victoria a Wanda Ramos, Aldo Bello, Panos, Delgado, Abu-Rub, Haefliger, Salveti, ecc, con molta più ufficialità di quando si cantava e recitava nel Salone Verde.
La solita buona antologia dei "Rencontres", per chi riesce a trovarla (dovrebbe circolare di più, essere magari spedita nelle biblioteche o in altri posti in tutti e 17 i Paesi), renderebbe bene il senso del buon livello poetico di quest'anno.
Ultime ore. Tutti insieme fino a notte fatta all'Hôtel "Alle Belle Arti". Vino. Tarallucci. Canzonette. Promesse. Scambi di indirizzi. Bacetti di saluto. Eccetera.
La mujer de paco Franco", sono i versetti iniziali di "Ahi, Carmela". Delgado la canta per l'ennesima volta. Triste e allegro. Claude, con molta grazia, ci ripete che proprio non sa dove si è andata a cacciare la poesia: "se lo sapessi, starei lì anch'io". Wanda è appassionatamente portoghese, Monique guarda nel fondo della sua dolcezza. Préfontaine ci parla degli ampi spazi del suo paese. Panos volerà tra un po' dalla sua Maria. Kostas, Nouky, François, Jacques, Aldo, Alexandre, Pino, Victoria, Paul. Mohammed, Caterina, Roger-Louis, Ion, bla bla bla.
Ci sono quasi tutti. Ci siamo tutti. Solo Clancier è forse partito, le due inglesi tubano per conto loro, qualche altro non ce l'ha fatta. Allora, siamo ancora qui...
Celebrare la poesia? E chi ci pensa! La poesia ha i suoi luoghi e i suoi splendidi violini verdi, e le disarmonie e il suo bel giallo canarino.
Noi siamo qui, ancora per qualche istante, invece, in nome di un dio minuscolo che ha parenti pagani, contenti, meno contenti, dispiaciuti, meno dispiaciuti, eroi, pupi, stanchissimi, disperati, infastiditi, gioviali, speciali... Domani saremo altrove.

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