§ Il corsivo

L'orsa minore




G.W.



L'hanno chiamata, più modestamente, Nuova camorra organizzata salentina, aprendo i fascicoli processuali di tre province pugliesi alla criminalità made in Italy. E a una sconcertante, inedita terminologia all'ombra degli ulivi: affiliazioni, riciclaggio, boss o padrino, regolamento di conti, incaprettamento, vedove bianche, sequestro di persona, estorsioni. E, per ultimo, commissione Antimafia.
Da almeno tre anni, il settanta per cento dell'attività criminosa in Puglia frutta all'Organizzazione profitti sommersi pari al prodotto interno lordo di due città come Taranto e Lecce messe insieme, mentre il libro mastro del terrore non conosce voci in passivo. La specializzazione è in grande stile: dal traffico di stupefacenti al contrabbando, dalle truffe agli organismi CEE alle estorsioni, dai furti su commissione agli attentati dinamitardi: miete più vittime il tritolo, tra gli esercenti, dell'attuale congiuntura economica.
Di cinque anni fa è la linea adriatica dello sviluppo, disegnato dal Censis, al di qua della dorsale appenninica. Era la strada destinata a rivoluzionare i termini della questione meridionale, con l'abbattimento del luogo comune di un Mezzogiorno indistintamente arretrato e immobile, votato per emergenza storica all'assistenzialismo. Il Censis aveva individuato, a sud della capitale, un altro Sud, dinamico e imprenditoriale, che faceva della riconversione delle terre e della piccola e media industrializzazione il trampolino per il proprio rilancio. I "paesi canguro" correvano ad Est, da Termoli fino a Lecce, fermandosi a Maglie e alla sorprendente Patú, nel depresso entro-terra salentino.
Ad Ovest, i "comuni lumaca", in corrispondenza delle sacche di povertà dove allignano camorra, 'ndrangheta e corporazioni mafiose. Ancora una volta, le mulattiere borboniche segnavano il displuvio italiano tra il progresso illuminato degli anni' Ottanta e il regresso economico di vaste sacche del Paese, che non erano più in grado di reggere la marcia europea dell'ingresso nel futuro.
Si mosse, invece, la Puglia, e i modelli non potevano che essere di importazione: una cittadella dell'informatica a Bari, un'estensione dell'indotto del Petrolchimico a Brindisi e dell'italsider a Taranto, un'esplosione del terziario bancario e assicurativo che andò ad integrare il terziario burocratico e parassitario degli enti territoriali. Alle spalle rimanevano ali ettari incolti di un'agricoltura che avrebbe potuto, a pieno titolo, sfamare tre regioni meridionali e che, con l'ingresso di Spagna e di Portogallo nella Comunità, mendica a Madrid e a Lisbona l'olio d'oliva, i semi di girasole, e persino il vino da tavola. Dissodata e cementata, sulla seconda pianura italiana le nebbie autunnali non trovano più un albero dove arrotolarsi.
Il progresso, quello di Norber Wiener, sembrava inarrestabile. Cambiarono, modellandosi sui Fattori esponenziali della crescita, anche le coordinate della convivenza civile. Al cortile si sovrappose l'enclave massificato della piazza, al mercato rionale gli stand fieristici, alla cultura del risparmio quella dell'implosione del debito, programmaticamente perseguito come naturale contraltare nella gestione delle imprese. Se si dovessero esigere, nel circuito commerciale pugliese, da un giorno all'altro tutti i crediti, il sistema economico della regione andrebbe incontro a una delle più catastrofiche débâcle della sua storia. Si muovono e si trattano, in realtà, miliardi che non esistono: prima o poi la catena si inceppa.
Poche le voci dissidenti. Annegarono nel mare magnum del conformismo, che era poi l'illusoria speranza del momento. Si disse: "Progresso, d'accordo, ma su basi reali", oppure: "La crescita economica aprirà la strada a una nuova accumulazione di denaro, che non potrà fare a meno di una nuova e coerente, nonché trasparente, gestione della cosa pubblica". In altre parole, i canali della ricchezza devono essere controllati e pilotati razionalmente, rispettando coordinate geografiche e leggi di mercato che sono alla base di ogni strategia di sviluppo economico e sociale. Erano solo poche voci e furono presto soffocate. Quel modello di crescita è oggi spezzato, mandato in frantumi. Le cinque province continuano ad ignorarsi a vicenda: l'unica confederazione possibile, per gli anni Novanta, l'hanno fatta camorra e mafia.
Le strade della coca s'inerpicano sul Vallo di Bovino, terra di briganti e di eroi, inaccessibile come lo sperone dell'Aspromonte; da qui scendono in pianura, sulla rotta carsica delle Serre. L'eroina entra dalla Basilicata o via mare. Le anfetamine seguono l'incolonnamento del traffico nella rete autostradale. In media, ogni tre ore arriva in Puglia un corriere della droga. E il mercato ha regole precise di smercio: lungo l'Adriatico, eroina. Sulle coste basse dello Ionio, cocaina. Chi sbaglia piazza paga con la vita. E i morti si contano ormai a decine, da una parte e dall'altra.
Il primo sopralluogo della commissione Antimafia in Puglia risale a tre anni fa, in coincidenza con le prime bombe e con i primi attentati dinamitardi, ma constatò "anche, tra i politici, una tendenza a rimuovere il problema". Dopo tre anni, "vi è una crescita rilevante delle rapine gravi, delle estorsioni, dei danneggiamenti, che sono tutti delitti tipici della mafia e, comunque, espressione di certa potenzialità criminale".
Come dire che esiste già un "caso Puglia".
Si tende, ancora oggi, a minimizzare, ad aggirare l'ostacolo. Quando uno dei membri della stessa Commissione ha parlato di "gravissimo degrado politico-istituzionale" e di una "corruttela generalizzata nella pubblica amministrazione", la provincia di Lecce ha reagito con sdegno a quella che, solitamente, si definisce una provocazione o una preconcetta distorsione della realtà. Le cose non stanno così.
Si smercia più cocaina nel Basso Salento di quanta acqua scorra nelle condutture dell'acquedotto pugliese. E le strade che non ha aperto, in termini di occupazione, il potere dello Stato, qui sono state tracciate dalle organizzazioni criminali.
Lo chiamerà Mirko, gli ricorda uno spezzone felice di una vita che, a diciotto anni, lo ha promosso spacciatore di coca. Promosso sul campo, dopo la solita trafila: fumo, acido, ero ed oggi la polvere degli angeli. Sta seduto sulla panchina, dondolandosi ritmicamente. L'anello al mignolo, d'oro massiccio e sproporzionato in una mano da efebo, costa cinque bustine. "E io ne posso smerciare dalle venti alle trenta per sera" mi dice asciutto, contabilizzando le entrate. "Non rischio niente, conosco gli appostamenti, mai una sera nello stesso posto. Ho tre province nelle quali muovermi, mi sento tanto un commesso viaggiatore, oggi qui, domani chissà. Seguo le richieste risalendo la corrente, come i salmoni. Fiuto l'ambiente e poi piazzo la merce.
Professionisti, altro che sbandati, di quelli non mi fido, magari tagliano con la polvere di marmo o con il borotalco una parte della loro dose e poi la rivendono, e mi bruciano la clientela. Pentito? Non diciamo fesserie, questo mestiere mi aiuta a vivere, anzi vivo meglio di tanti altri.
Certo, bisogna rispettare le regole, tutto è nelle mani di quelli la e si sa che certe cose non si perdonano. Ma non avevo alternative: quando andai all'ufficio di collocamento, mi chiesero prima di tutto se ero iscritto a qualche partito o se simpatizzavo per i sindacati. Oggi mi è sufficiente tenere la bocca chiusa".
Un commesso viaggiatore. Un professionista della morte, a diciotto anni, nella piazza di cemento di un paesino che potrebbe tranquillamente essere in una delle cinque province pugliesi. Non servirebbe un'identificazione territoriale, perché il processo di omologazione si è già compiuto. Aprendosi, la Puglia si è scoperta, e ha ceduto il terreno., Si è ritirata, come sempre, nella campagna, arretrando di fronte a questa nuova, ennesima invasione. E la ricchezza, quella dei mitici anni Ottanta, comincia a presentare il conto.
Desertificazione delle terre, inquinamenti, concentrazioni urbane degne soltanto del terzo mondo per igiene e per qualità della vita, fallimento della politica economica. Gli ultimi due giganti, che avrebbero dovuto risolvere magicamente il problema del lavoro, in forte crisi occupazionale, e il fatidico 1993 è già alle porte. Si è impantanato, infine, quel terziario avanzato gloria e promessa del post-moderno: si è capito, ma tardi, che i microprocessori non si possono delegare agli uomini della cultura contadina.
Le voragini sono state immediate. E sulle piazze dei paesi - stupende inutili piazze - al reclutamento dei braccianti si è sostituito quello della manovalanza della morte.
Ha scritto Canetti che la frase più mostruosa tra tutte è "qualcuno è morto al momento giusto": in Puglia la mattanza continua, senza dare alcun insegnamento.
Le statistiche, nemmeno quelle che si aggiornano in virtù degli accordi presi in sede di Comunità europea, lo potranno mai rilevare. Per ogni esercizio commerciale che s'impianta nella regione, altri due sono costretti a chiudere per l'esosità dei taglieggiamenti. La manovra, anche qui, è il tipico accerchiamento dello squalo. Un approccio morbido con il commerciante, poi un avvicinamento diretto e circostanziato, infine il posizionamento di un ordigno, che, le prime volte, non provoca danni rilevanti. Presi di mira, ristoranti, pub, gioiellerie: come dire tutte le microimprese che possono stornare notevoli quantità di denaro liquido che abbia bisogno di un veloce riciclaggio.
E questo non è già un "caso Puglia"?
Si dovrebbe prestare maggiore attenzione, piuttosto, alla geografia e a qualche vicenda storica.
La Campania e la Sicilia, ma anche la Calabria, sono da tempo nel mirino della magistratura e della Guardia di Finanza. Indagini a tappeto - che spesso provocano solo un rallentamento nei tempi di marcia di crimini specifici -, perquisizioni, qualche arresto eccellente. L'unico sbocco, per queste regioni,- a parte i normali canali che già da tempo fanno confluire i proventi del traffico della droga e dei sequestri di persona a Nord e in compiacenti istituti di credito stranieri -non può che essere a Sud, nell'unica terra - ponte con il Medio Oriente. La Puglia, appunto.
Dalla Puglia passano i corrieri turchi e libanesi; dalla Puglia transita il denaro sporco in uscita dal Mezzogiorno. Rileggendo la mappa del nuovo potere mafioso e camorristico disegnata dagli inquirenti sarebbe subito sconfessata l'immagine - da depliant turistico - di una terra "isola felix" nel Mediterraneo.
Si rigira nervosamente l'anello al dito. La mia presenza lo infastidisce ma, in fondo, lo lusinga un interessamento che non sia solo "per ragioni di lavoro".
"Che avrei dovuto fare? Mio padre si è schiantato il Fegato e il cuore in una fonderia, in Germania, e quando è tornato in Italia ha trovato che il pezzo di terra sul quale doveva costruire gli era stata espropriato. E' morto sognando la casa che, all'epoca, era il fiore all'occhiello di ogni emigrante. Uno status symbol, come oggi mandare il figlio in una università americana. Ho terminato gli studi in un liceo, e cercavo la mia prima occupazione fuori dal parcheggio della scuola. Mi sono sentito rispondere con le cifre dei licenziamenti e con quelle della cassa integrazione. Andare anch'io fuori? Sì, ma ormai sono nel giro e poi, ti ripeto, si guadagna bene e i clienti sono in aumento. Ancora due anni di questa vita e poi potrò ritirarmi, aprire magari un negozietto. Ci hanno lasciato la libertà del buco e quella di vestire tutti nello stesso modo".
Piazza Mazzini era immersa nelle luci, quella sera di febbraio. Dietro le vetrine, gli ammiccamenti dell'ultima moda, le anticipazioni per la primavera-estate 1989. "Vestono tutte il colore nero", mi disse il direttore di questa rivista, qualche giorno dopo, facendomi notare che il nero - dei pantaloni, dei giubbotti, delle gonne, dei maglioni -era il colore imperante nella piazza.
C'era qualcosa in quel nero di tragico e di profetico. Forse il segno dei tempi, forse un preludio agli atti del futuro prossimo venturo. Ma non c'era nulla di epico o di portentoso, come nei veli disfatti di una lunga vedovanza. Si celebrava soltanto, con una maschera di allegria, la fine di un'epoca.
"Orsa minore", dicono i peruviani, e intendono le stelle che brillano di luce riflessa, perché "il grande cuore della luce non arriva a baciare la terra". Al piccolo carro legano la fecondità della terra e quella delle donne, la fortuna del gioco e l'abbondanza del raccolto.
Da noi, allo stillicidio dei morti ammazzati, nelle terre che per prime conobbero l'arte della tolleranza, bisognerà d'ora in poi aggiungere il debito verso questa cultura vilipesa e tradita e verso un umanesimo che non ha nulla da spartire con i nuovi imperativi categorici di una società ingenua ed atterrita.

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