§ Banche popolari salentine

Manovre per il futuro




Clara Lucia Conoci



Il sistema bancario e in particolare, all'interno di esso, il mercato bancario sono stati interessati negli anni più recenti da modifiche negli assetti strutturali (1) . In questo contesto le autorità monetarie hanno dato maggiore rilievo al problema dell'efficienza (2), rispetto a quello tradizionale della solvibilità, nell'intento di porre le banche italiane nella condizione di fronteggiare adeguatamente il processo di integrazione tra i Paesi della Comunità europea che porterà alla eliminazione delle barriere tra mercato nazionale e mercati esteri (3).
Questa tendenza si può rinvenire sia nella riaffermazione del carattere di imprenditorialità dell'attività bancaria, sia nella graduale attenuazione dei vincoli riguardanti la sfera di operatività e l'articolazione territoriale di ciascuna banca. E, pertanto, le banche sono impegnate nella ricerca di dimensioni ottimali.
Le piccole banche e soprattutto le banche popolari hanno continuamente ricercato condizioni di equilibrio gestionale attuando processi di collaborazione interaziendale fra istituti della stessa categoria (4) e di concentrazione aziendale.
Le banche popolari sono caratterizzate da una notevole eterogeneità dimensionale, che tuttavia tende a divenire meno espressiva di una corrispondente differenziazione funzionale in seguito alla continua ricerca di assetti dimensionali efficienti. Al fine di beneficiare delle economie di scala, legate all'ampliamento delle dimensioni aziendali, le banche popolari hanno realizzato delle concentrazioni che, specie negli anni Ottanta, hanno superato quelle intervenute nel resto del sistema (Tabella 1).


Le banche popolari hanno subìto processi di concentrazione già da tempo: nel periodo che va dal 1947 al 1966 c'è stata una diminuzione di 27 unità per incorporazioni e fusioni. Tale processo ha subito un incremento nel periodo compreso tra il 197,4 ed il 1980, che ha interessato 22 aziende; mentre nel periodo 1981-1987, 30 aziende sono state coinvolte nel fenomeno (5). Esse, concentrandosi, hanno dato vita ad organismi più forti in grado di fronteggiare la concorrenza e di soddisfare le richieste di una clientela, sempre più esigente, conservando le proprie caratteristiche peculiari (6) di banche locali al servizio di operatori minori. Quindi ancor prima di essere necessitate dalla possibile concorrenza europea esse hanno dovuto affrontare il problema di ottimizzare le loro dimensioni in un ambito locale. Generalmente sottodimensionate, esse spesso si sono trovate in difficoltà per tale motivo, e nella politica della fusione hanno trovato il mezzo più idoneo per sopravvivere, in una realtà imprenditoriale e finanziaria in rapido movimento, che altrimenti le avrebbe viste inevitabilmente soccombere.
Il Salento non è rimasto estraneo al movimento di concentrazione. Da noi negli anni Ottanta si sono verificate quattro fusioni. Nel 1981, la Banca Popolare di Parabita e la Banca Agricola Popolare di Aradeo si sono fuse dando vita alla Banca Popolare di Parabita e Aradeo. Quest'ultima recentemente, nel 1988, si è fusa con la Banca Popolare di Ceglie Messapico (provincia di Brindisi) dando luogo alla Banca Popolare di Lecce.
Nel 1982, Banca Agricola Popolare di Matino e Banca Popolare di Depositi e Prestiti, attuando una fusione hanno creato la Banca Popolare Sud Puglia. Nel 1986 la Banca del Salento ha incorporato la Banca Donato Mongiò di Galatina.
L'attività delle Banche popolari nel Salento oggi, come nel passato, appare orientata verso una clientela differenziata per gruppi dimensionali, diversificata per rami di attività economica. Si rivolgono maggiormente al settore delle piccole e medie imprese industriali e commerciali, alle famiglie e al finanziamento dell'agricoltura. Tutto ciò si verifica anche in altre realtà territoriali.
Infatti, i dati nazionali ci indicano come l'attività delle Banche popolari sia generalmente diretta a favorire lo sviluppo capillare del settore secondario minore e terziario (7). Le aziende di credito di minori dimensioni e locali hanno interagito, con il processo, così tipicamente nostrano, del decentramento dell'attività economica compresa quella sommersa, permettendo il "reinvestimento in loco" dei depositi raccolti.
Le banche di minori dimensioni che hanno operato a livello provinciale e regionale sono caratterizzate da apprezzabili livelli di redditività e di produttività, mentre le aziende di grandi dimensioni hanno manifestato delle diseconomie connesse ai crescenti gradi di burocratizzazione.
Le banche popolari hanno saputo dimostrare la loro costante vitalità nel rispetto delle principali finalità istituzionali, e un elevato grado di vitalità attraverso l'introduzione di nuove forze operative, tenendo conto delle modificazioni del sistema in generale e di quello economico in particolare (8). Amministrano poco meno dell'1,6% del mercato dei depositi e degli impieghi bancari con una rete costituita da 2551 sportelli, concentrati per circa i 2/3 in piazze con più di 4 sportelli (Tabella 2).


Delle 136 banche popolari 77 hanno una massa fiduciaria inferiore ai 300 miliardi ciascuna. Le unità di maggiori dimensioni sono localizzate esclusivamente nel Nord-Italia; nel Sud e nelle Isole sono concentrate le popolari di minori dimensioni (Tabelle 3-4). Nell'ultimo decennio le banche popolari hanno notevolmente accresciuto le proprie quote di mercato: tra il 197,4 e il 1986 la quota dei depositi è passata dall'11,8% al 17,2%, quella degli impieghi dal 10,3% al 15,3%. L'aumento è attribuibile esclusivamente alle unità di minori dimensioni, poiché le 3 grandi hanno mantenuto sostanzialmente invariate le proprie quote di mercato.
Le banche popolari salentine rispecchiano ciò che si è realizzato in ambito nazionale. Se ad esempio si considera la Banca Popolare Sud Puglia, si possono notare i positivi effetti derivanti dalla fusione e dalla ristrutturazione della rete di sportelli. Nel 1982, anno in cui si è verificata la fusione per unione, tale banca presentava crediti verso la clientela pari a circa 202 miliardi e depositi pari a 431 miliardi. A distanza di cinque anni, nel bilancio 1987, i suoi depositi ammontano a 1030 miliardi e gli impieghi a 36,4 miliardi. Una situazione analoga di miglioramento dopo la fusione si può riscontrare nella Banca Popolare di Parabita e Aradeo che dopo appena due anni dalla fusione presentava una massa fiduciaria pari a 234,5 miliardi e un complesso di impieghi pari a 100,2 miliardi. Nel 1987 i crediti verso clienti hanno raggiunto circa 167 miliardi e i depositi circa 335,1 miliardi.
Il maggior grado di concorrenza e la diversificazione dell'attività tradizionale appaiono destinati ad accentuarsi negli anni futuri. E' necessario che ciascuna banca delinei una strategia che abbia un orizzonte temporale di medio periodo.
Le banche popolari sono caratterizzate:
a) da una tipologia della clientela costituita da medie e piccole imprese, e famiglie (si presume che la domanda di credito aumenterà negli anni futuri).
b) da una minore concentrazione degli impieghi rispetto al resto del sistema bancario.
c) da un grado di patrimonializzazione abbastanza elevato (9).
Comunque tra i punti di debolezza bisogna rilevare:
a) la modesta dimensione di un numero considerevole di banche e di nuovi operatori.
b) la maggiore concorrenza da parte di altre banche e di nuovi operatori nelle zone di influenza delle banche popolari.
c) la riduzione negli anni più recenti del grado di patrimonializzazione delle banche minori (10).
Pertanto, una questione di primaria importanza è se le banche di piccole dimensioni per poter fronteggiare la concorrenza devono considerare la crescita come elemento strategico da perseguire con tenacia (11).
Alcuni autori assegnano all'obiettivo della crescita dimensionale una importanza determinante facendo dipendere dal raggiungimento dell'obiettivo in questione la probabilità di sopravvivenza delle piccole banche. Ritengono che la crescita sia determinante per acquisire nuove tecnologie, per affrontare nuovi mercati, per allargare la gamma dei servizi offerti alla clientela, per ridurre la vulnerabilità degli attacchi concorrenziali.
Dall'altro canto, altri sostengono, invece, che le piccole banche non hanno bisogno "né della crescita ad ogni costo, né di una crescita qualunque", bensì di obiettivi di crescita ben individuati sia sotto il profilo quantitativo sia sotto il profilo qualitativo.


NOTE:
1) L'attività creditizia tradizionale ha subito una riduzione sia per l'affermarsi di nuovi prodotti, sia per l'affermarsi di nuovi intermediari. Gli intermediari creditizi sono chiamati a fronteggiare: a) l'evoluzione intervenuta nel sistema bancario; b) l'ingresso nel mercato di nuovi intermediari; c) l'integrazione dei mercati.
2) Il termine efficienza presenta numerose accezioni che dipendono dal punto di vista da cui viene considerato il sistema bancario: con riguardo alla distribuzione delle risorse, sì parla di efficienza allocativa, che è la capacità di erogare i fondi tra i possibili impieghi alternativi secondo criteri di massimizzazione. (BANCA D'ITALIA, Relazione del governatore della Banca d'Italia 1987). Un'allocazione di risorse è efficiente quando "non è possibile mutarla senza diminuire il benessere (utilità) di qualcuno (anche se qualcun altro può trovare vantaggio del cambiamento)". F. Bruni, A. Porta, Aspetti teorici, in Ricerca del sistema creditizio, Roma, 1976. Dal punto di vista dell'organizzazione dei settori si parla di efficienza operativa e sì intende la capacità di minimizzare dei costi dell'intermediazione e dei servizi. Considerando poi un'accezione più ampia, si paria di efficienza -Funzionalità intendendo la capacità del sistema al raggiungimento di un dato obiettivo economico. Naturalmente questo concetto presuppone il conseguimento dell'efficienza allocativa e operativa. Recentemente si è messo in luce un nuovo aspetto della efficienza funzionale-dinamica, che è la capacità del sistema di assumere un ruolo attivo e propulsivo nella crescita reale dell'economia. Banca d'Italia, op. cit.
3) Nel giugno del 1985, con l'approvazione da parte del consiglio europeo del Libro bianco per il completamento del mercato interno, la Comunità ha fissato il programma per realizzare entro il 1992 un mercato unico mediante la soppressione delle barriere tecniche, fisiche e fiscali ancora esistenti alla circolazione di prodotti, servizi, persone e capitali. Cfr. P. Mengozzi, Efficienza e concorrenza alla luce della giurisprudenza della corte di giustizia della CEE, in "Banca, impresa e società", 1985, n. 3, pag. 247.
La direttiva del 12 dicembre 1977 n. 780 si è posta come obiettivo: l'incremento della concorrenza nel settore bancario; l'introduzione di condizioni uniformi e di criteri oggettivi di autorizzazione, al fine di ridurre progressivamente i poteri discrezionali delle autorità nazionali di controllo.
Numerosi sono i progetti di direttiva in corso di definizione; tra di essi il più importante si riferisce alla "seconda direttiva del coordinamento bancario". Esso ha lo scopo di saldare insieme tutte le direttive inserendole in un meccanismo normativo rispetto al quale ciascuna di tali direttive svolge un ruolo specifico ai fini dell'obiettivo finale: quello di un mercato interno comunitario in cui trovino piena realizzazione la libertà di stabilimento e la libertà di prestazione dei servizi.
4) Gli organismi di categoria sono molteplici e presentano difformi capacità operative. Essi sono distinti da due grandi gruppi: 1) Le associazioni di categoria che sono specializzate nella produzione e offerta di assistenza tecnica alle banche partecipanti; 2) Gli intermediari di categoria che sono costituiti dalle banche partecipanti al fine di disporre di strumenti di azione sul mercato monetario e finanziario in modo tale da poter innovare e diversificare i servizi offerti alla propria clientela. Cfr. M. Baravelli, Gli istituti centrali di categoria, Milano, 1978; L'attività degli organismi di categoria a Favore delle piccole banche locali: quale ruolo per il Futuro, in "Bollettino dell'Associazione tecnica delle banche popolari", 1986, n. 3-4, pag. 114. Oltre alle due Associazioni di categoria, le banche popolari hanno dato vita a 5 consorzi e 5 gruppi; queste forme di cooperazione raggiungono oltre 80 aziende.
5) Cfr. Banche popolari, innovazioni finanziarie e integrazione del mercato europeo, Convegno Abano Terme, novembre, 1987.
6) Una categoria di aziende di credito si caratterizza in un sistema pluralistico per i valori che ne ispirano l'azione e le originali modalità con le quali offre servizi diversi da quelli delle altre categorie di banche. Le banche popolari e le casse rurali indipendentemente dalla comune forma giuridica svolgono funzioni che le rendono diverse dalle altre banche e diverse fra loro. Cfr. P. Mottura, La gestione della banca, Milano, 1981; A. Alberici, Cooperative di credito, F. Angeli, 1977.
7) Destinano il 58,3% al settore industriale e il 4,9% dell'attivo all'agricoltura. C'è da rilevare che le modificazioni intervenute all'interno del portafoglio prestiti, indotte anche dagli interventi dell'autorità monetaria, non hanno dato luogo a processi indiscriminati di selezione del credito nei settori tradizionali di intervento. Nei diversi, rami di attività economica, il valore dei prestiti si è mantenuto intorno ai valori minimi osservati per le altre categorie di aziende di credito. A. Alberici, Il localismo e la cooperazione fattori chiave per il successo di una piccola banca, in "Bollettino dell'Associazione tecnica delle banche popolari italiane", n. 3-4, 1986, pag. 6.
8) Cfr. G. Murè, Problemi e tecniche operative dei sistemi bancari esteri ed italiano, 1983, pag. 17.
9) a) L'elevato frazionamento della raccolta garantisce la stabilità e la protezione competitiva nei confronti di altre banche. La raccolta nel settore famiglia è pari al 69,5%. E' stato rilevato che il processo di intermediazione, in seguito all'introduzione dei titoli di stato, ha assunto proporzioni contenute nelle banche popolari proprio per le specifiche caratteristiche della raccolta. b) La competitività delle banche popolari per quanto riguarda gli impieghi si realizza attraverso interventi diretti e indiretti. La quota di mercato delle banche popolari si è incrementata nel corso degli ultimi anni. Il rapporto fra sofferenze e impieghi economici (5,96) è più basso rispetto a quello del sistema (6,60) e a quello delle categorie giuridiche caratterizzate da elevata concentrazione degli impieghi su base locale, vale a dire le casse di risparmio (7,0) e le banche di credito ordinario (6,18). Per quanto riguarda gli impieghi che le singole banche non possono assumere per la dimensione degli stessi o per le caratteristiche qualitative del servizio, esse li realizzano ricorrendo all'istituto centrale o alle società finanziarie o di servizio costituite dalla categoria. c) Il rapporto mezzi propri e depositi risulta superiore di circa tre punti rispetto al resto del sistema (esso è pari al 9,1 nelle banche popolari contro il 6,35 delle banche di credito ordinario e il 5,0 delle casse di risparmio). Cfr. A. Alberici, Il localismo e la cooperazione fattore chiave per il successo delle piccole banche, in "Bollettino dell'Associazione tecnica delle banche popolari", n. 3-4, 1986, pag. 61.
10) Cfr. S. Corallini, Le banche locali nel processo di innovazione finanziaria, Perugia, 1987, pag. 40.
11) Cfr. G. Forestieri, Lo stato attuale della teoria sulle dimensioni ottimali delle aziende di credito, relazione al Convegno di Spoleto, 30 giugno 1984.


Banca Popolare Pugliese
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