§ Prospettiva dell'innovazione finanziaria

Gli 'swaps' in Italia




Gianluigi Guido



Nei precedenti articoli apparsi su questa rivista ci siamo inoltrati nella trattazione della persistente imperfezione di mercato, inerente ai tassi d'interesse, che è alla base degli interest rate swaps; nonché delle motivazioni e degli usi di questo strumento finanziario, degli sviluppi del mercato e rischi e vantaggi connessi alla valutazione e determinazione del prezzo. Lo swap (scambio) dei tassi d'interesse nasce dalla volontà di alterare il profilo del rischio legato al rendimento o al tipo di debito contratto; per modificare, in ultimo, la "qualità" o "grado d'incertezza" connesso ai cash-flows aziendali (*). Le altre caratteristiche dei flussi di cassa (misura, direzione e durata) possono sempre essere mutate, finché esiste un attivo mercato finanziario, attraverso appropriate strategie d'investimento, ma la "qualità" dei flussi (relativa ai tassi, fissi o variabili) non poteva essere gestita prima dell'introduzione degli swaps: solo essi consentono di scambiare un tasso fisso (certo) con uno variabile (meno certo) senza intaccare il capitale.
In questo conclusivo scritto vediamo praticamente quali possibilità di sviluppo hanno gli swaps in Italia, dando una particolare occhiata alle prospettive, di applicazione di queste tecniche finanziarie nella realtà economica del Mezzogiorno.
E' necessario partire da alcune considerazioni generali circa l'indebitamento a tasso fisso e variabile. Dalle ultime stime in Italia risulta un differenziale dei tassi di indebitamento tra debitori primari (che potremmo definire AAA usando i ratings statunitensi) e meno primari (non comunque al di sotto di BBB) che si colloca, nel mercato a tasso fisso, intorno all'1%.
Invece, per le stesse due categorie di debitori, il differenziale dei tassi di indebitamento nel mercato dei capitali a tasso variabile è nell'ordine d'una frazione di punto. E' naturale che tali valori siano suscettibili di variazioni anche notevoli in dipendenza di volta in volta dei debitori coinvolti e delle particolari condizioni di mercato, ma sussiste sempre la possibilità di promuovere un arbitraggio tra la maggiore selettività del tasso fisso rispetto all'indebitamento a tasso fluttuante.
Per quanto attiene al tasso fisso, gli istituti di credito si approvvigionano di fondi a tasso fisso per mezzo di certificati di deposito (a 18, 24, 36, 48 e 60 mesi) e delle obbligazioni a medio termine (in un segmento di mercato in cui si assume che il differenziale sia pari all'1% circa).
Per i fondi a tasso variabile, si prendono solitamente delle basi di riferimento, quali il tasso interbancario lettera a 3 mesi (I 1 3), o a 6 mesi (I 1 6), o il Prime Rate ABI, oppure indici che sono combinazione di più tassi assieme - p. es. Rendiob + IL3 - ecc. (con un differenziale che si aggira sul mezzo punto o meno).
Dal punto di vista della possibilità di arbitraggio, esistono dunque le premesse per effettuare variazioni di swap sui tassi d'interesse ma l'utilizzo di questi strumenti richiede un'estesa conoscenza degli stessi e una mentalità aperta all'innovazione da parte degli utilizzatori. Ci si può chiedere: nel Mezzogiorno chi ha la capacità e la disponibilità di mezzi per avvalersi di queste tecniche? La risposta implicitamente la dava il professor G. Busso, il quale dalle pagine di questa rivista, nel settembre 1987, scriveva: "( ... ) una prospettiva di questa natura (l'innovazione finanziaria, N.d.A.) è essenzialmente affidata alla volontà del sistema bancario. Questo sia perché non è mai esistita una tradizione di intermediari finanziari non bancari ( ... ), sia perché gli intermediari finanziari si sono rivelati all'altezza di incorporare e organizzare le diverse soluzioni in cui si è venuta configurando la stessa innovazione finanziaria".
Gli istituti di credito pugliesi, oltre che da meri intermediari, potrebbero agire quali utilizzatori del financial swaps per sfruttare i benefici derivanti dall'arbitraggio.
Si possono realisticamente ipotizzare le seguenti condizioni di indebitamento, poniamo, d'una banca barese ed una banca leccese operante nel Salento, allo scopo d'indagare le condizioni di fattibilità d'uno swap d'interessi e dal lato economico e dal lato fiscale-contabile.
Per comodità, chiamiamo AlFa la Banca leccese (che presenta nei 2 mercati, a tasso fisso e variabile, le migliori condizioni d'indebitamento) e Beta la Banca barese:


In questo caso, il costo d'indebitamento per Alfa è di 100 punti base minore di quello di Beta "nel mercato a tasso fisso", ma solo di 10 punti base minore di quello Beta "nel mercato a tasso variabile".
Questi 90 punti di differenza nel costo marginale dell'indebitamento tra i due mercati crea un'opportunità d'arbitraggio che potrà essere divisa per permettere ad entrambe le parti di ridurre i rispettivi costi d'indebitamento.
Si potrebbe ipotizzare un interest rate swap in cui si realizzi lo schema seguente:


Nei termini di questo ipotetico scambio, Alfa dovrebbe accedere al mercato a tasso fisso al 10% e farsi passare questo tasso da Seta.
Seta, a sua volta, dovrebbe accedere al mercato a tasso variabile al Tasso Interbancario Lettera a 6 Mesi meno lo 0.3% e farsi passare da Alfa il Tasso Interbancario Lettera a 6 Mesi meno uno spread dello 0.7%.
Così facendo si otterrebbero dei flussi finanziari che potrebbero essere così sintetizzati:


Come si osserva, l'interest rate swap permette di effettuare un arbitraggio sullo 0.9% di differenza tra i differenziali esistenti nei 2 mercati, fisso e variabile, riducendo per ambedue le parti il costo dell'indebitamento.
Infatti:
1) dal punto di vista di Alfa (la Banca leccese), essa, passando dal tasso fisso al variabile, riesce a lucrare 30 punti su di un uguale finanziamento che potrebbe ottenere direttamente dal mercato, poiché finisce per pagare (come deriva dalla somma algebrica dei flussi di pagamento in Dare e Avere) 70 punti in meno rispetto l'l 1 6 sui 40 punti in meno rispetto l'l 1 6 che avrebbe ottenuto sul mercato; 2) dal punto di vista di Beta (la Banca barese), essa, passando dal tasso variabile al fisso, riesce a lucrare 60 punti rispetto alle condizioni che otterrebbe direttamente sul mercato a tasso fisso: infatti attraverso lo swap paga 10.4% rispetto all'11% che gli proponeva il mercato.
Si è detto che le parti dividono i 90 punti base dell'opportunità d'arbitraggio fra di loro. Ciò non toglie, però, che necessariamente tali 90 punti si suddividano così: 30 punti di risparmio ad Alla e 60 a Beta.
Al contrario, dovendosi seguire la logica, essendo Alfa la società con la maggiore capacità dì credito (risultando più forte di Beta sia nel mercato a tasso fisso che in quello a tasso variabile) ed avendo perciò la maggiore forza contrattuale, essa dovrebbe spuntare un margine di punti risparmiati superiore rispetto a Beta.
Nell'esempio si è volontariamente favorito Beta, ma nulla impedisce che i 90 punti in oggetto possano essere distribuiti fra le due parti seguendo considerazioni contingenti. Se così fosse, lasciando inalterato il flusso di swap a tasso fisso del 10%, basterebbe sottrarre punti percentuali al flusso di swap pagato da Alfa (fino ad un massimo di 1.3%) per incrementare il suo risparmio rispetto alle condizioni di mercato (e viceversa, aggiungerne, per favorire Beta: non superando la soglia di l 1 6 - 0.,4%, naturalmente).
In ultimo, va rilevato che le commissioni di swap previste per un tale accordo non sono tali da pregiudicare in astratto la convenienza dell'operazione, né la semestralizzazione del tasso fisso.
Le operazioni di domestic interest rate swap comportano problemi in relazione al trattamento fiscale delle stesse, in mancanza di un parere ufficiale espresso dall'amministrazione finanziaria e ciò vale in specie per l'imposta sul Valore Aggiunto (IVA).
Autorevoli studi fiscali hanno affrontato il problema della assoggettabilità ai fini IVA dei reciproci pagamenti d'interessi oppure soltanto del loro saldo.
Non essendo gli IRS configurabili come prestiti o mutui incrociati, non essendoci lo scambio dei capitali sottostanti, i singoli importi non rappresentano il corrispettivo di reciproci finanziamenti, ma scaturiscono dall'applicazione di semplici parametri (tasso fisso e variabile) stabiliti contrattualmente.
In base all'art. 1 del DPR 633/72 istitutivo dell'IVA ("l'imposta si applica sulle cessioni dì beni a titolo oneroso e sulle prestazioni di servizi, effettuate nel territorio dello Stato, verso corrispettivo, nell'esercizio d'imprese o nell'esercizio di arti o professioni"), né lo scambio dei pagamenti degli interessi né semplicemente il loro saldo costituiscono corrispettivo del servizio, bensì sono l'oggetto della prestazione.
Per di più, in base all'art. 2 del DPR 633/72, "le cessioni che hanno oggetto denaro" non sono considerate cessioni di beni in quanto non contribuiscono alla formazione di valore aggiunto. Inoltre, in quanto solitamente perfezionate nella forma della corrispondenza commerciale, non sono assoggettabili ad imposta di registro. Per contro, sardi assoggettabile a IVA l'eventuale corrispettivo richiesto come Commissione dall'intermediario per agevolare l'accordo tra le parti.
Per quanto attiene invece le imposte sul reddito (IRPEG e ILOR), il saldo degli interessi costituisce di volta in volta o una componente positiva (e imponibile) o una componente negativa (costo deducibile) del reddito d'impresa.
I criteri per la rappresentazione in bilancio degli interest rate swaps domestici possono essere desunti dalla causa giuridica del contratto, la quale non è configurabile nel credito, bensì nella semplice permuta di pagamenti d'interesse o del loro saldo, relativi a sottostanti attività o passività.
Le risultanze delle suddette operazioni aventi natura finanziaria integrativa di oneri e proventi dovrebbero dar luogo all'iscrizione nel conto economico nella voce "oneri e proventi finanziari". Invece, la contabilizzazione delle sottostanti attività o passività originarie non subirebbe alcuna modificazione.
L'operazione in sé dovrebbe essere annotata nei "conti d'ordine" in relazione alla necessità di segnalazione del "rischio finanziario" connesso allo swap (che andrebbe opportunamente valutato nelle note esplicative del bilancio d'esercizio).
Con riferimento alla gestione delle esposizioni bancarie "off-balance sheet" da parte di istituti di credito, l'ABI ha trasmesso delle direttive con la Circolare n. 49 del 21 luglio '86 in cui il Comitato per le Regolamentazioni Bancarie e le pratiche di Vigilanza analizza e valuta la natura dei rischi connessi alle Procedure contabili relative alle attività fuori bilancio, elaborando, nell'ambito dei lavori della Bank for International Settlmements, degli schemi di evidenziazione per ogni tipo d'operazioni.
Le operazioni fuori bilancio sono degli strumenti finanziari che non implicano movimenti patrimoniali, ma rischi che vengono distinti in:
- rischi di mercato (connessi nel nostro caso all'andamento dei tassi d'interesse);
- rischi di credito (che nel nostro caso vengono graduati, fra le tre categorie possibili
- rischio pieno, medio o basso -, come rischi medi).
Tali operazioni fuori bilancio vengono a loro volta distinte in 4 categorie, a seconda del rischio di credito:
1) garanzie; 2) impegni; 3) transazioni connesse ai cambi, ai tassi d'interesse e agli indici azionari (fra le quali rientrano gli swaps), 4) gestioni fiduciarie.
E' evidente come assumano particolare rilievo queste operazioni per le autorità di vigilanza, in quanto una motivazione di base delle stesse potrebbe essere l'elusione dei requisiti patrimoniali prudenziali. La conclusione principale del documento è che le singole categorie di rischio associate alla stragrande maggioranza delle attività "fuori bilancio" non sono in via di principio diverse da quelle associate alle attività "in bilancio". Ne consegue che i rischi connessi non devono essere analizzati separatamente, ma considerati parte integrante del profilo complessivo del rischio bancario. Per contro, tale impostazione permette di riconoscere il valore di eventuali attività fuori bilancio qualora vengano utilizzate per la copertura di rischi evidenziati nello stesso.
Nel caso degli interest rate swaps conclusi da banche che agiscono invero non come meri intermediari ma come "market makers", ciò può produrre un aumento dell'esposizione dal lato dei tassi e di quella creditizia. E' necessario, allora, che le banche inseriscano i rischi derivanti specificamente da attività fuori bilancio nel sistema di misurazione dell'esposizione globale relativa ai tassi d'interesse (che può essere quello del "risk point", "gap limits", "millimonth", ecc.). Tutti questi sistemi si basano su ipotesi implicite o esplicite, che debbono essere costantemente rivedute o verificate. Il grado di sofisticazione delle procedure di misurazione e controllo del rischio varia da banca a banca, ma deve essere comunque salvaguardata la globalità delle esposizioni, in bilancio o fuori.
L'orientamento specifico delle autorità di vigilanza mira ad assicurare che le banche adottino oltre alle misure specifiche di valutazione dei rischi anche le procedure di controllo più appropriate (queste comprendono principi quali il doppio controllo, la separazione delle funzioni e l'imposizione di limiti agli affidamenti, sistemi di revisione e informativi della gestione aziendale), nonché sistemi delle segnalazioni di vigilanza adeguati alla veloce evoluzione di queste operazioni fuori bilancio.
I rischi dovuti a controlli inadeguati sono destinati ad aumentare al crescere del grado di complessità dei mercati.
Il documento in oggetto dà un'indicazione circa l'atteggiamento delle autorità di vigilanza su questi problemi, ma non ha carattere prescrittivo. Resta pertanto nei doveri della singola banca partecipante allo swap particolarmente l'obbligo della segnalazione del potenziale rischio finanziario per la cui misurazione sono approntati particolari metodi empirico-matematici.
Il maggiore ostacolo per i potenziali utilizzatori resta quindi la difficoltà a superare l'iniziale inerzia della resistenza passiva alle innovazioni finanziarie ed acquisire quella conoscenza e confidenza con lo strumento necessario per raggiungere gli obiettivi proposti, allo scopo ultimo di conseguire un'ulteriore crescita della liquidità e soprattutto per realizzare una maggiore convenienza ed efficienza.


NOTE
*cfr. -gianluigi Guido, L'innovazione finanziaria degli Interest Rate Swaps, Milella Ed., ottobre 1988


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