§ Prospettiva 1993

Sud d'Europa




Pasquale Saraceno



Che cosa accadrà nel Sud quando, a partire dal 1993, comincerà a funzionare il Mercato unico europeo? E' certamente questa, tra le molte, la questione più pressante che oggi si pone; vi saranno certamente rilevanti cambiamenti quando, tra pochi anni, il Mezzogiorno si troverà, con altre aree sottosviluppate, nella nuova Comunità, che allora prenderà vita; e, in questo breve periodo, dovremo renderci consapevoli della posizione che più ci conviene far prevalere nel dibattito che oggi si svolge tra i Dodici partecipanti.
L'Atto unico europeo con il quale, nel 1986, i Paesi che formano la Comunità hanno determinato gli obiettivi della sua futura azione, stabilisce all'art. 23 che la Comunità sviluppa la propria azione intesa a realizzare e rafforzare la sua coesione economica e sociale e in particolare a ridurre il divario tra le diverse regioni e il ritardo delle regioni meno favorite. In detto articolo l'Atto distingue due tipi di azione: promuovere il progresso economico delle regioni sottosviluppate, sostenere la ripresa delle regioni industriali "in declino". Va subito detto che non ha molto fondamento associare in una sola sede i due tipi di problemi; l'area industriale "in declino" è fenomeno normale nella vita di un Paese industrializzato; l'espansione territoriale, sul piano mondiale, della produzione industriale e l'intensità del progresso tecnico creano continuamente, per le imprese industriali, situazioni nuove di mercato, che possono generare delle crisi; sono crisi più o meno gravi che colpiscono questo o quel settore, e anche un'intera area, se in essa, come avviene di frequente, si accentrano numerose imprese del settore in difficoltà.
Tali crisi possono avere gli svolgimenti più vari: possono condurre alla cessazione dell'impresa o anche di più imprese, oppure essere superate con riforme introdotte nella struttura dei complessi produttivi in crisi; ciò può aver luogo ad opera delle stesse imprese, oppure, se le imprese in difficoltà sono numerose, o di rilevante dimensione, richiedere un intervento da parte della politica economica del Paese, e in futuro, in casi gravi, un intervento della Comunità. Il formarsi di situazioni di declino industriale può addirittura definirsi come una manifestazione della straordinaria vitalità dell'industria; questa, nei due secoli trascorsi dalla sua apparizione nell'economia del mondo, ci appare come storia di mutamenti avvenuti nei processi di produzione e nella distribuzione territoriale dei nuovi impianti a seguito del variare dei processi di produzione e della loro localizzazione. Il declino è quindi un fenomeno temporaneo o perché vengono abbandonate le imprese in crisi, o perché la crisi, con o senza sostegno dell'azione pubblica, viene superata. E' comunque un fenomeno di natura temporanea che colpisce un Paese pienamente industrializzato; se il fenomeno non fosse di natura temporanea, il Paese in questione retrocederebbe nella situazione di Paese sottosviluppato.
Sottosviluppata è invece un'area nella quale:
a) non si è formato un capitale produttivo sufficiente per dare occupazione a tutta la forza di lavoro che lo chiede;
b) vi è una situazione di mercato che non rende conveniente l'investimento in nuovo capitale produttivo;
c) la forza di lavoro disoccupata che non emigra preme in forme varie per avere un lavoro.


Nell'Europa comunitaria, in base ai dati fin qui disponibili, si riconosce che vi sono aree sottosviluppate in Italia e in Spagna; inoltre, sono nella totalità sottosviluppate Irlanda, Grecia e Portogallo. Lasciamo da parte il caso dell'Irlanda che, con tre milioni di abitanti, ha una popolazione pari a poco più dell'1% della popolazione comunitaria, e consideriamo la situazione degli altri quattro Paesi. Essi si trovano tutti nell'Europa meridionale e sono tra loro confinanti o sono separati da bracci di mare. Nel nostro esame si giustifica quindi fare riferimento ad essi come ad un'unica area, un'area che è posta nell'Europa meridionale; la sua dimensione, il suo inserimento nell'Europa occidentale pienamente industrializzata e la sua situazione di area di confine meridionale della Comunità determinano possibilità e anche necessità di azioni nuove che non potevano presentarsi alle politiche di ciascuno dei quattro Paesi nei quali le aree in questione sono incluse.

Nel 1985, ultimo anno per il quale si dispone di dati, la popolazione complessiva della parte sottosviluppata dell'Europa meridionale era di 57,4 milioni, così suddivisi: Italia meridionale 20,5 milioni; Spagna sud-occidentale 17,4 milioni; Grecia 9,9 milioni; Portogallo 9,6 milioni. E' interessante rilevare che le quattro aree hanno gradi di sottosviluppo nei riguardi della Comunità che non sono molto diversi tra loro; il prodotto per abitante dell'area italiana è il 64% di quello della Comunità, quello dell'area spagnola è il 63%, quello della Grecia il 58% e quello del Portogallo il 55%. La complessiva popolazione dell'area è pari al 18% della popolazione comunitaria; sono però da distinguere Italia e Spagna, nelle quali la popolazione dell'area sottosviluppata costituisce solo una parte della popolazione del Paese: 36% per l'Italia, 45% per la Spagna; Grecia e Portogallo sono invece interamente considerate sottosviluppate; quindi, mentre Italia e Spagna svolgono specifiche politiche nei riguardi della loro parte sottosviluppata ed è a questa politica che farà riferimento la politica comunitaria, per Grecia e Portogallo sarà la loro politica generale che dovrà essere resa conforme all'obiettivo di accelerare il loro sviluppo.
Il sottosviluppo dell'Europa meridionale è problema grave; le politiche di cui le varie aree hanno formato oggetto dalla fine della guerra non hanno infatti ottenuto importanti riduzioni del divario che separa quelle regioni dalla restante Comunità europea. E' una vera e propria malformazione che con il sorgere dell'industria si è prodotta nell'economia europea, una malformazione che assumerà un significato nuovo quando, nel 1993, si creerà il Mercato unico europeo. Tale mercato includerà al suo confine meridionale un'area che è rimasta sostanzialmente esclusa da quella rivoluzione industriale che, iniziatasi e poi sviluppatasi nell'Europa centrosettentrionale, si è poi propagata in misura rilevante in altre parti del mondo, lasciando esclusa la propria area meridionale. Questa si trova quindi con una rilevante disoccupazione che ha carattere non temporaneo; e il suo futuro è soggetto al rischio di non lievi turbamenti e alle incognite che presenta una situazione delicata quale è quella mediterranea. Interessante è anche notare che il dualismo economico della futura Comunità riflette il problema con il quale, dal suo sorgere, ha dovuto fare i conti il nostro Paese; è un problema non nuovo, oltre che serio, sul quale dobbiamo fin d'ora molto impegnarci.


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