§ L'INCHIESTA - GHOST-STORY

Romantici fantasmi




A. P.



Un enorme elmo dalle piume nere piombo nel cortile di un maniero feudale. E' la prima scena de "Il castello di Otranto" (1764) di Walpole, e il brivido di terrore che coglie i personaggi e i lettori del romanzo darà il via a un filone letterario, e poi cinematografico e fumettistico, che a oltre due secoli di distanza non si è ancora esaurito. Dietro le piume di quell'elmo si snoda una catena di misteri che ogni scrittore manipola e rielabora secondo tappe obbligate: il fruscio dietro la porta, la voce soprannaturale, i rumori della stanza chiusa, i rintocchi della mezzanotte, la paura del buio. Sono i segni inequivocabili della presenza di "qualcosa" che va al di la dei confini logici e razionali del quotidiano, che sfugge ad una spiegazione scientifica e plausibile del reale. E' proprio lui, il fantasma, l'ignoto che affascina e terrorizza, che seduce e agghiaccia. Non è solo un protagonista della letteratura europea, una molla dinamico di tensione narrativa, ma l'eroe della mentalità collettiva, la figura interiore della coscienza, delle angosce e delle paure. Non è stato solo un personaggio di moda, ma qualcosa di indispensabile e necessario alla vita: ha regalato brividi ed emozioni alla borghesia ottocentesca nelle lunghe notti d'inverno trascorse accanto al fuoco di un camino.
Esistono, o no, i fantasmi? A questa domanda retorica e oziosa si può rispondere che se non ci fossero bisognerebbe inventarli. Altrimenti, la noia del quotidiano ci travolgerebbe senza rimedio.
Anche i fantasmi, come noi, hanno volti diversi. Ci sono fantasmi orribili e mostruosi, crudeli e spietati, e fantasmi teneri e dolci, malinconici e tristi. Seminano quasi sempre il terrore per un torto subìto, agiscono per ristabilire la giustizia sulla Terra, e posseggono l'unico privilegio, rispetto agli esseri umani, di varcare indisturbati i confini tra la vita e la morte. Per questo, forse, i loro nomi e i luoghi in cui vivono sono diventati assai più celebri del foro inventori. Solo i cultori del genere "gotico" conoscono Mary Shelley e Stevenson, Walpole e Bram Stoker, mentre Frankestein e il dottor Jekyll, il castello d'Otranto e quello di Dracula vivono nella memoria della gente.
"Frankestein", definito da Mario Praz il primo romanzo nero fantascientifico, nacque nell'estate del 7816 in una locanda sul lago di Ginevra. Cinque personaggi - Byron, la sua amante Claire Clermont, il medico Polidori, Shelley e la sua futura moglie Mary Wollstonecraft -fecero una scommessa su chi avrebbe scritto il più bel racconto di fantasmi. L'arrivo di Frankestein, uno scienziato di origine tedesca, inventore di strani esperimenti chimici ispirò a Mary Shelley l'idea del suo libro, che fu pubblicato l'anno seguente. Nacque in questo modo il più orrido mostro di tutti i tempi, una creatura fabbricata artificialmente, che dietro il suo aspetto ripugnante racchiude un animo sensibile. Ama le bellezze della natura e le donne, le "Vite" di Plutarco e il "Werter" di Goethe. Solo la solitodine e la mancanza d'amore lo spingono ai più atroci delitti.
All'origine dell'orrore suscitato dal fantasma c'è spesso un vuoto affettivo. La morte ha interrotto un sentimento non consumato nella vita. Nei racconti onirici e visionari di Poe è presente questo fenomeno. "Ligeia", "Morella" ed "Eleonora" sono fantasmi dalci, carezzevoli e angelici, che attraversano la morte per rinascere. Sulla diffusione del fantasmi è stato determinante l'influenza di Swedenborg, con la sua teoria delle corrispondenze tra recitò visibile e mondo spirituale. In "Spirite" (1866), l'ultima novella fantastica di Gautier, c'è un "veggente", barone svedese compatriota di Swedenborg, che spiega al protagonista la presenza del soprannaturale. Quel "sospiro flebile, leggero e aereo" che arresto Guy de Molivert, un giovane alla moda un po' dandy e un po' artista della Parigi elegante del faubourg Saint-Germain, sulla soglia dello studio, è il segno della presenza di Spirite, una fanciulla morta da poco e silenziosamente innamorata di lui. La vede riflessa in uno specchio, vicino al pianoforte o tra le colonne del Partenone, gli appare in slitta mentre scivola sulla neve del Champs Elysees e gli detto la sua storia, una "tardiva dichiarazione d'amore giunta dall'altro mondo". La sua presenza è un'ombra luminosa, un vapore latteo, e la sua carezza è lieve come un'ala di libellula. Malivert vive nello spazio immaginario di lei. Quando viene ucciso dai briganti, le due anime si uniscono e formano un angelo.
Il fantasma romantico eternizza l'amore nel passaggio dalla vita alla morte. Nella fosca brughiera di "Cime tempestose" (1847) di Emily Brontë, i fantasmi notturni si scatenano, si amano e si uccidono. Gli "occhi neri da demonio" dello zingaro Heathcliff s'incendiano di folle passione per Catherine, sua anima gemella. Quando la fanciulla muore, il suo fantasma continua a vivere nel cuore selvaggio di lui, quasi fosse un'emanazione del suo io.
Il gusto dell'orrido, del mostruoso e del diabolico percorre la letteratura europea dell'Ottocento. Aleggiano spettri nelle foreste scozzesi di Scott, cadaveri di annegati galleggiano sul Tamigi e ombre sinistre attraversano cose disabitate nei romanzi di Dickens, il dottor Jekyll e il signore di Ballantrae ingaggiano spietate lotte con l'Altro nelle storie di Stevenson, il fascino delle brughiere stregate e delle cupe leggende intrigo il lettore di Hardy.
Il genere della "ghost-story" attrasse particolarmente le scrittrici inglesi del secolo scorso. il focolare domestico, in cui la donna si identificava, era il luogo privilegiato per raccontare storie di fantasmi. Inoltre, il fantasma rappresentava lo specchio al negativo della società vittoriana, la fuga dal quotidiano, la tendenza alla sparizione e la creazione romanzesca di un interlocutore. La brughiera inglese si popolo di esseri sulfurei, di mostri che affiorano dalle paludi e dagli stagni, di larve verdastre e gelatinose, di ghigni orrendi formati da matasse di lenzuola attorcigliate. Nelle cupe notti d'inverno, tra lande coperte di neve, ci si può imbattere nella carrozza fantasma, incrostata di muffa e abitato da spettrali viaggiatori. Tra questi, può nascondersi la lussuriosa contessa Millarca, protagonista di "Carmilla", un delizioso racconto di Sheridan Le Fanu, capostipite della letteratura sui vampiri. Di questo scrittore dublinese, che èforse il più tipico autore di "ghost-stoy" del mondo vittoriano, sono stati tradotti recentemente in italiano vari racconti. Tra i più noti, "Tè verde" e "La locanda del Drago Volante", una perfetta parodia di romanzo gotico, dove i meccanismi retorici del terrore ci sono tutti: volti spettrali, strane apparizioni, carrozze rovesciate, passaggi segreti, bare che si muovono, "revenants", camere maledette, cadaveri mummificati. Siamo in pieno kitsch dell'orrore. Henry James, che di storia di fantasmi s'intendeva, considerava Le Fanu come "lettura ideale in una dimora di campagna per le ore dopo la mezzanotte".
Si ritiene che nessuna città al mondo respiri umori alchemici e stregoneschi come la capitale boema. La mappa sterminata del suoi incantesimi e delle sue diavolerie è stato tracciata alcuni anni fa da Angelo Maria Ripellino nel suo splendido romanzo-saggio "Praga magica". Uno dei personaggi più diffusi nel folclore boema è il "vodnik", l'omino delle acque, che vive nei fiumi, nei laghi e negli stagni. Questo nanerottolo dai capelli di alghe, in marsina verde e brache rosse, attira nel baratro le anime dei sonnambuli, dei suicidi, degli annegati, e le conserva in urne di terracotta. Abita le acque della Vitlava, a Praga, sotto le arcate del ponte Carlo. Fuma la pipa lungo gli argini del fiume, beve birra e gioca a carte nelle osterie con falegnami, taglialegna e barcaioli, è amico degli artigiani del quartiere di MaIà Strano.
In questa città mitteleuropea i fantasmi nascono dal desiderio di essere l'Altro, di scambiarsi i ruoli; sono stati definiti le proiezioni di uno spaesamento della mente e del cuore. Una leggenda diffusa è quella del "templare senza testa", che rubando quella del borgomastro salva la città dalla demolizione dei vecchi quartieri (allusione esplicita al comportamento becero degli assessori). L'attività del fantasma consiste nello scambio delle teste, dal momento che ci sono delle persone che "non sanno dove sbattere la testa", c'è chi "la testa la tiene tra le nuvole", chi "non ha più la testa sul collo", chi "perde la testa" con facilitò, chi finisce con la testa rotta, o assiste a spettacoli nei quali c'è "una testa sull'altra".
A volte basta uno scambio dei cappelli per penetrare nell'esistenza dell'altro, per vivere nel suo spazio immaginario. E' quanto racconta Gustav Meyrink nel suo romanzo magico "Il Golem" (7915). Tra le minuscole casette della Viuzza d'Oro, una lillipuziana stradina onirica del quartiere ebraico di Praga, si aggira il Golem, un pupazzo d'argilla protettore del rabbini. Creato dalle paure e dalle angosce del popolo ebreo, lo spettro percorre i sordidi vicoli del ghetto con il suo viso giallo dai tratti mongolici, e scompare nella nebbia con la suo andatura traballante.
Giocare con gli spettri, come avveniva nei salotti borghesi dell'Ottocento, vicino alla luce tremolante del fuoco di un camino, può essere divertente e pericoloso nello stesso tempo. Il fantasma che scivola nella stanza tra gli invitati che conversano, senza essere visto da nessuno, come avviene ne "La cosa dei fantasmi" (1979), una aggiornata "ghost-story" di Peter Straub, è il caso tipico del brivido che dà piacere. Una terrificante storia di bambini e di fantasmi è "Il giro di vite" (1898), di Henry James. Qui i fantasmi sono "mentali" più che "figurati", giochi sottili della mente con l'impalpabile e l'invisibile. La vicenda si svolge in una vecchia casa di campagna inglese, dove una giovane istitutrice tenta di salvare due bambini bellissimi dalla minaccia delle forze demoniache, rappresentate dai servitori. Alla fine, il male trionfa. James definì questo racconto un gioco, un divertimento, una favola crudele sul tipo di "Cenerentola" o di "Barbablù". L'ambiguità protratta sino alla fine fa sorgere un problema: i fantasmi esistono o no? Sono reali, o appartengono alle allucinazioni di una zitella anglosassone sessualmente frustrato? E ancora: i bambini sono puri e innocenti o perversi e corrotti? Sono posseduti dalle anime dannate di due servitori morti o vittime ignare della depravazione? In questo racconto di sottile tensione, che si consiglia al lettore amante del brivido più raffinato, i confini tra reale e immaginario sbiadiscono, si confondono, e il fantasma diventa il segno delle possibilità rifiutate, il frutto segreto di una espropriazione, rivela ciò che non può essere detto, confessato, disegna la figura vuota dei sentimenti non consumati nel quotidiano.

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