§ L'INCHIESTA - CRONACHE DEL SATANISMO

Superstizione e messe nere




Nazareno Fabretti



Il satanismo più ottuso e volgare fa di nuovo parlare di sé i giornali per i furti sacrileghi come quelli denunciati dal cardinal Ballestrero, ma anche per il laido e grottesco questionario che la "santona" Ebe Giorgini impone agli aspiranti della sua setta erotico-spirituale e quattrinara. A Torino, sede storica d'un satanismo che sembra arcaico ma è bene organizzato, si moltiplicano gli scassi di tabernacoli, non per rubarne argenti e ori, ma proprio le sacre particole e farne bersagli di riti diabolici in segretissime "messe nere".
Poca tempo fa, anche nel mio convento un frate santo e arguto si è trovato in difficoltà davanti a un giovane disperato che s'accusava d'aver usato l'ostia della comunione (che s'era portato a casa e aveva incastonato dentro un medaglione appesosi poi al collo) anche durante l'incontro con una prostituta: il "blocco" sessuale era stato immediato, totale. Di qui le lacrime del rimorso, dopo quelle della rabbia.
Quanto a Ebe Giorgini, "mamma spirituale" (ma evidentemente senza complessi d'incesto, se è vero che è stata l'amante del più belli e prestanti tra i suoi "figli spirituali"), di Satana ha evidentemente una sincera paura, se il formulario così fruga nella coscienza del giovani e non giovani suoi adepti: "Hai mai commesso fatture diaboliche, profanazione del Santissimo, messe nere, sabba, adoperando la materia seminale sia maschile che femminile per rovinare un'intera generazione facendo patti con il diavolo e per ottenere la distruzione della Chiesa cattolica apostolica?". "Satan" èscritto in rosso e a grandi lettere in alcune stazioni del metrò di Milano. Se tutti questi segni fossero davvero opera di Satana, come la mettiamo con l'affermazione di Charles Baudelaire, l'autore del "Fiori del male", il quale asserisce, con intuizione da teologo moderno, che "il capolavoro di Satana è d'averci convinto che egli non esiste"?.
I riti parossistici di questa squallida superstizione si definiscono da sé, e senza dubbio riguardano più la psichiatria che la teologia, in quanto i loro sacerdoti e accoliti sono a loro volta più vittime che colpevoli. Ma il problema rimane, e Satana si ripropone nell'inferno che conosciamo meglio, quello dell'al di qua, più che in quello dell'al di là che non conosciamo ancora. Infatti, anche menti laiche di tutto rigore, come Bloch e Kolachowski, recuperando, a loro modo, Satana, denotano il bisogno di definire il male che domina il mondo, l'odio e la violenza d'ogni tipo, e identificarli in qualcuno più ancora che in qualcosa, anche se non proprio non del tutto nel Satana del testi ebraici e cristiani. Il terrore che incombe sul mondo, dal flagello della fame al ricatto nucleare, dal crollo delle coscienze e delle civiltà alle guerre locali e all'inquinamento del cosmo, portano molti a scaricare freudianamente tutto su una entità ignota e quasi onnipotente, invece di assumere e riscattare il peso d'ogni errore e ogni delitto e il peccato singolo e collettivo nella coscienza e nella storia.
Lo smarrimento è tale che anche filosofi e sociologi "atei", se non altro per ipotesi, tornano a interrogarsi su -quel Satana che d'altronde lo stesso Cristo, con grande realismo esistenziale, ha definito "bugiardo sin da principio", ma anche "principe di questo mondo".
In più "stinabilaire" tuttavia ci porta, sul versante teologico, non il revival di Satana, ma quello conseguente dell'inferno. Un certo scalpore ha destato tempo fa l'affermazione di uno dei più grandi teologi viventi, lo svizzerotedesco Urs von Balthasar, il quale, ai giornalisti che lo interrogavano sui punti caldi oggi più controversi della dottrina cattolica - dalla "teologia della liberazione, appunto, a Satana e all'inferno - ha risposto, olimpico e sottilmente arguto, ma con il distacco di chi risponde da un altro pianeta: "L'inferno esiste, ma forse è vuoto, in quanto nessuno può dire quante persone o anime ci sono, e se ci sono". Il discorso di von Balthasar ha probabilmente sconcertato quasi di più certi onesti laici che i cattolici. "Che gusto c'è ad andare in paradiso, se non esiste l'inferno?", si è domandato un grande critico del costume come Massimo Fini. Nella Chiesa, anni fa, un uomo di rigorosa cultura moderna, e un papa di strenuo rispetto d'ogni diversità culturale come Paolo VI, rilanciò proprio lui l'esistenza personale di Satana. E Giovanni Paolo, anche lui un papa che al diavolo ci crede; come d'altra parte ci credeva, senza disperazione, anche papa Roncalli.
Ovviamente, non poteva non tornare a galla, nel dibattito su questi "massimi sistemi" del cattolicesimo, il più noto, prestigioso teologo, Hans Kung. Anche il suo discorso sull'entità e l'eternità dell'inferno è compreso nel dossier a suo carico giacente da tempo presso l'ex Sant'Uffizio. Nella sua opera controversa, "Vita eterna?", pubblicata anche in Italia, è chiaro, anche se non concluso, il suo discorso di interlocuzione e di domanda, in quanto neanche i generi letterari del vecchio e del nuovo testamento lo concludono se non per analogie e per simboli.
Kung, riassumendo una corrente che cresce fin dal secolo XVIII, afferma: "Il Dio infinito ha davvero bisogno di ciò per ristabilire il proprio 'onore' di fronte ad un'offesa che i suoi difensori presumono infinita (ma il peccato, in quanto atto dell'uomo, non può che essere un atto finito!)? Egli è un tale creditore dal cuore duro? Un Dio della misericordia, dalla cui misericordia sarebbero esclusi i morti? Un Dio della pace, che ha reso eterna la discordia dell'inconciliabilità? Un Dio della grazia e dell'amore verso i nemici, che potrebbe vendicarsi spietatamente del suo! nemici per tutta un'eternità? Che cosa penserebbe di un uomo che soddisfacesse con una simile spietatezza e insaziabilità la propria sete di vendetta?".
E' l'"inferno" dell'al di qua che induce i più a non credere all'inferno dell'al di là. Lo stesso Kung ricorda che "già nel 1967, alla domando se esista un inferno, in Germania rispondevano con un no il 78% del protestanti e il 47% dei cattolici; nel 1980 davano la stesso risposta l'83% dei protestanti e il 59% dei cattolici". Quel che dunque conta, secondo Kung e un altro grande teologo molto discusso, Molttmann, è che la condanno all'inferno, "nella luce del Cristo crocefisso e risorto, non sia l'ultima parola, e abbia proprio qui e ora conseguenze decisive, per lavorare all'eliminazione degli inferni di quaggiù".

Caccia alle streghe
Fu un repertorio di misoginia, un "naturale" esempio di propensione a vedere la donna vascello di Satana, veicolo di concupiscenza e di iniquità? Fu un'epoca di nevrastenia sessuofobica, di ossessione, di castrazione? Perché si inventarono amplessi diabolici, pozioni magiche, filtri d'amore, seduzioni per magia imitativa e per contatto con altri corpi per procreare esseri dannati mediante contrabbandi di seme sottratti al diavolo nei Sabba? Chi, e perché, volle la caccia alle streghe, che si trasformò in un vero e proprio genocidio?
Il pregiudizio risale alla Bibbia: "Ho trovato la donna più amara della morte, perché è una trappola, il suo cuore è una rete, le sue mani catene; chi piace a Dio la fugge, chi è peccatore è catturato da lei". Non ricordò l'immensa poesia del "Cantico dei Cantici" colui che raggiunse il primato universale nel firmare condanne a morte. Ricordò solo che la donna è "più amara della morte". Il giudice Torquemada mandò al rogo in diciotto mesi 10.220 streghe. Nel corso della sua carriera ne fece impiccare 97.371 !
Ma perché gli inquisitori accesero milioni di falò in tutte le piazze d'Europa? Ha scritto Rosa Giannetta Trevico che la demonomania creò streghe la dove vi erano solo donne vittime dell'invidia, della gelosia e di altri "sentimenti" che spingevano alla denuncia. E bastava la sola denuncia per mandarle al rogo, dal momento che il processo finiva per essere la costruzione "politica" del reato. Tant'è che in non pochi casi l'inquisizione, "per timore che la vittima alla vista del patibolo rivelasse pubblicamente con quali metodi le era stata strappata l'ammissione di essere una strega, ricorreva all'espediente di mandarla al rogo con (alla lettera) le labbra inchiodate".
La caccia alle "sacerdotesse di Satana" fu un fatto politico. Infatti, se l'isteria collettiva aveva reso cieche le masse presenti nelle piazze, certo non aveva annebbiato le menti - lucidissime - degli inquisitori, che non potevano essere sfiorati dal dubbio quando s'inventavano donne che volavano a cavallo di una scopa, capaci di trasformarsi in animali delle specie più varie, di uccidere a distanza, e così via. Alla strega, in realtà, era attribuito un potere che non poteva avere. la dismisura tra l'entità delle persecuzioni e la dimensione reale del personaggio non ha precedenti letterari né analogie storiche, neanche con Circe, e tanto meno con Medea. Sta di fatto che in tre secoli gli inquisitori mandarono a morte ben nove milioni e mezzo di donne.
Scrive Serena Foglia che la potenza dell'immagine della strega, "rafforzata da miti arcaici ed archetipi, da sotterranee tradizioni; collegata a primordiali pulsioni sessuali; sorretto dalla miseria dell'esistenza e dalla speranza di sfuggirvi, quindi dalla credulità e dall'ignoranza; mantenuto dalle leggi scritte e tacite di società patriarcali; esaltata dalla confusione tra miracoli "buoni", operati in nome della fede, e miracoli "malvagi" compiuti da chi a questa fede in qualche modo si sottraeva, si sovrappone, prevale e prevarica ogni possibile relatà. Ancora una volta il ruolo ha determinato lo status, i gesti, gli atti, dunque la vita".
Nella sostanza, dunque, la caccia alle streghe, al di là delle messinscene di facciata e delle tortuosità degli inquisitori, era una risposta al malessere sociale che attraversava l'Europa prima della Riforma, battuta da gruppi di eretici, insanguinata da rivolte contadine, pronta ad opporre forme di religiosità popolare all'ortodossia del potere del papato. la caccia era diretta contro i movimenti eretici, i cui obiettivi erano l'abolizione della monarchia, della proprietà privata, del principio di eredità, del matrimonio, di ogni religione. E' anche, e forse soprattutto, contro queste teorie che l'inquisizione dovette battersi, sostenendo pubblicamente che il fantasma di Satana percorreva il vecchio continente. Nessuna sorpresa, dunque, se il Sant'Uffizio fece ricorso a metodi radicali e a un lungo bagno di sangue.


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