§ L'INCHIESTA - ALLE ORIGINI DEL MALE

Il diavolo nelle religioni




Alfonso M. Di Nola



Nelle millenarie vicende della storia, non si conosce cultura umana che non abbia avvertito l'esistenza del male come problema angosciante e drammatico. All'accettazione passiva del male come connaturale, gli uomini si sono opposti, nella diversità delle civiltà e delle epoche, ricorrendo alla individuazione di una causa e spesso personificandola in uno o più esseri malefici: così che il nostro demonio è soltanto una forma storica specifica di personificazione che viene a formarsi nel preciso ambito semitico-cristiano e mediterraneo, accogliendo anche influenze di alcune immagini del mondo tardo-antico.
Ma quale è il male che gli uomini hanno avvertito come situazione negativa ed avversa, inficiante la sicurezza e la pienezza dell'essere rappresentata come "bene"? In altri termini, le figure demoniache, al di fuori dell'ambito cristiano, di quali connotazioni negative si rivestono, condensando nella loro azione gli aspetti della realtà esorcizzati dagli uomini e divenendo la causa di essi?
Esistono certamente mali che potremmo definire assoluti o extraculturali, nel senso che sembrano appartenere alla stessa condizione umana e che quasi precedono, nella loro universalità, le deficienze storiche specifiche che questa o quella cultura hanno considerato negativamente. Un male universale ècertamente la morte, come scandalo non spiegabile che inficia alla radice la volontà fondamentale di vita e la piega ad un destino immutabile e prepotente. Mali universali sono le malattie che, pur calandosi nei sintomi diversi e nelle differenti eziologie dei tempi storici, hanno in comune la violenza attentante alla salute. Mali preculturali o extraculturali, che accompagnano tutte le epoche, sono, per un lato, i disastri naturali, i terremoti, le carestie, le siccità e le tempeste, le invasioni di animati, e per un altro lato gli eventi storici parzialmente dominabili dall'uomo, quali le guerre, le aggressioni di stranieri o di nemici. Né va escluso, in molte culture primitive e superiori (con scrittura o senza scritture) lo stimolo di una problematico del male interiore e segreto, della tendenza stessa dell'uomo a compierlo, del gusto della peccaminosità e della perversione.
Qui e lì, nella storia, il demonio ha spiegato il perché di queste varie forme del male, ma è anche servito a risolvere gli interrogativi che questa o quella cultura si ponevano circa eventi e fatti considerati come negativi, senza che tali fossero universalmente. Molte popolazioni, per esempio, hanno avuto terrore della notte e in particolare dell'oscurità improvvisa provocata dalle eclissi solari o lunari, ed è così sorta una schiera di esseri malefici provocatori di eclissi, fino a quando l'uomo non ha raggiunto la conoscenza scientifica del fenomeno. O altre popolazioni hanno considerato negativamente alcuni animali come portatori di morte e di rovina, e si è così delineata una ricca demonologia che, in rapporto agli ambienti ecologici in cui sorgeva, qualificava demonicamente il leopardo, la pantera, l'orso, il leone, la tigre. La cronaca delle innumeri fantasmagorie demoniache è, perciò, la storia delle angosce arcaiche e dei terrori che tuttora circolano dentro di noi e che trasformano la vita in un mistero non sempre accettabile.
Il nodo dell'origine e dell'esistenza del male cosmico, naturale e storico, si scioglie per la prima volta, in modo esemplare, nel dualismo, quale è formulato mitologicamente, intorno al VII sec. a.C., nella predicazione di Zoroastro o Zarathustra, nell'Iran antico. Nell'Avesta, il testo rivelato zoroastriano, si delinea il mito delle due creazioni, una di Ahura Mazdah, una di Ahriman, opposte fra loro come "creazione buona" e "creazione cattiva". Ahriman o Angra Mainyu è la malvagità personificata, ma subito il male si articola in un mondo demonico e demoniaco molto ricco, che viene, nella complessa vita culturale e religiosa, a designare, con la sua simbologia spesso evidente, le occasioni specifiche di rischio nella quali il fedele mazdeo spesso si scontra. Così, per esempio, la druj, la menzogna come negazione intenzionale della Buona Parola rivelata da Dio, èla forza personificata dell'antilegalità e dell'istinto di distruzione e di morte. Ahriman, il signore della perversione, invio il demonio della siccità che regna in estate, introduce il veleno nelle piante, è il fumo che toglie vigore e ardore al fuoco, si incarna in tutte le forme nocive del regno animale, in particolare nei serpenti, nelle rane e nei rospi, è l'impurità stessa come condizione di rischio. Sul piano direttamente interessante i fondamenti della vita civile, egli è la stessa druj o menzogna, la malafede, inficiante le pattuizioni che sollevano l'orda a dignità di gruppo agricolo.
Tuttavia, il dualismo ironico ha una sua singolarità. Il signore del male non è concepito come un termine di inevitabile e definitiva opposizione al signore del bene. Il fondamentale carattere del mondo demoniaco mazdeo è la sua predestinazione ad esaurirsi e ad annullarsi nel finale trionfo del bene. Per un lato, il male demoniaco è una condizione transeunte di crisi e di prova che il Signore Buono ha dovuto accettare, quasi per necessità, nel momento in cui dal non-tempo passa al tempo. Per un altro lato si prospetta la certezza della finale redenzione e del riscatto totale di tutta la natura dalla provvisorietà della prova. Un testo ironico proclama: "Tutte le creature riconosceranno i miracoli di Mura Mazdah e abiureranno ogni malizia e ogni desiderio di Ahriman, schierandoti risolutamente dalla parte di Mura. Gli esseri luminosi abbatteranno ciascuno il proprio avversario. Dalla concordia la discordia sarò vinta, dalla generosità l'avarizia, dalla giustizia la menzogna". Ahriman che, in opposizione al dio buono, ha provveduto alle sue proprie creazioni, opposte a quelle del Bene, ha dato origine alle tenebre terrestri, agli animali velenosi, alla perversione, sarà infine precipitato nell'inferno. Questa mitologia, tuttora alla base della religione del Parsi dell'India, precede e spiega i temi demonologici che appariranno nel Mediterraneo. La figura demoniaca, caratterizzata in modo atroce, nasce da un crollo cosmico iniziale, istituisce la differenza fra regno celeste e regno terreno, spinge i giusti a coalizzarsi nella lotta per la vittoria del bene ed è condizionata da un finale evento apocalittico nel quale vi saranno nuovi cieli.
Questo ottimismo dualistico ironico non conserva i suoi caratteri nella posteriore evoluzione religiosa del Mediterraneo e del Vicino Oriente. Con le varie gnosi eretiche, molto diffuse e numerose, si giunge, attraverso la radicale modificazione del primo schema ironico, alla posizione che si chiama anticosmismo, ossia alla considerazione del cosmo o mondo come originato dal male, dall'errore e dal peccato da un dio malefico, che lo ha creato o che, con il suo intervento, ha sostanzialmente capovolto l'ordine e la perfezione di una prima creazione attribuita a un dio buono. Si sviluppa, così, uno schema di successive decadenze o "perdite della luce" fino ad una frattura drammatica, che è la creazione del mondo materiale e degli uomini. Emerge, nel pensiero dei vari movimenti gnostici, temperato in modalità diverse, un pessimismo radicale o cosmico, per il quale la creazione dà origine ad uno stato di negatività ed è attribuita ad un essere demoniaco, spesso indicato come demiurgo, qualificato come corruttore della perfezione originaria e operante nell'ignoranza. Il demiurgo demoniaco è identificato con le più varie figure mitologiche, ora con il dio degli Ebrei, ora con un angelo o con più angeli, ora con potenze malefiche che abitano gli astri, ora con l'Arconte o Principe del mondo. La religione cristiana e quella ebraica appaiono ingannevoli e mistificatorie, fino al punto che le immagini demoniache presenti nelle loro tradizioni vengono riconsiderate come positive dagli Gnostici: così il serpente tentatore dell'Eden è venerato dagli Ofiti e dai Naasseni, e vengono rivalutati Caino, Giuda, Esaù, i Sodomiti. Le sètte gnostiche, che hanno originato mitologie e teologie molto complesse, sparirono nel prevalere dell'ortodossia difesa dalla Grande Chiesa e lasciarono poche tracce nei secoli successivi.
Non fu così del Manicheismo, la religione fondata nel III sec. d.C. dal grande profeta ironico Mani, una religione ricca di spunti mitologici e teologici che era al principio destinata a divenire una delle grandi fedi universali, con diffusione dalla Cina alla Spagna. Il Manicheismo, che pure accoglieva decise influenze gnostiche, lasciò tracce profonde fino al tardo Medioevo. Il demonio manicheo, in una accentuata visione dualistica (di qui l'attuale termine "manicheo" per indicare opposizioni irriducibili e scissioni del mondo in due piani contrastanti) è il dio delle tenebre, accompagnato dalla sua coorte di esseri deformi e malefici, che si oppongono al dio della luce o Padre della Luce o Padre della Grandezza. Il mondo delle Tenebre è sempre esistito di per sé, come opposto al Regno di Luce o Terra della Luce, ma, nel momento della creazione, viene ad invadere il Regno di Luce, superando la barriera che lo divideva da esso. E perciò l'attuale realtà è costituita da una commistione negativa e diabolica, che avrà termine soltanto quando gli esseri infernali saranno nuovamente relegati nei loro confini. Nel Manicheismo si accentua un motivo che circola chiaramente nelle sètte gnostiche: il demonio viene a rappresentare la carne, i rapporti sessuali, la sfrenata lussuria, che permettono, attraverso la generazione, la continuazione del mondo negativo nel quale viviamo. Nella mitologia manichea, infatti, accanto a demoni caratterizzati per la loro malvagità, appaiono diavolesse e esseri demoniaci invasi da concupiscenza che si uniscono e procreano moltiplicando la loro specie.
L'eredità manichea si estende per molti secoli, e i motivi dualistici appaiono presso i Priscilliani, diffusi principalmente in Spagna fra il IV e il VII sec. d.C., secondo i quali Satana ha creato la materia. Nell'VIII sec. si originano in Bulgaria i Bogomili, per i quali il demonio ha creato il mondo terrestre e demoniaco, e questa dottrina passerà al movimento del Catari, diffusi in molti paesi europei. Per i Catari, il dio unico ha generato due figli, Satanaele e Gesù. Satanaele genera, a sua volta, la materia sostanzialmente perversa, e l'uomo deve liberarsi da essa rinunziando ai rapporti carnali, al l'alimentazione carnea e alla proprietà privata. Si esce dal contrasto cosmico fra male e bene, fra Satanaele e Dio, soltanto attraverso una rigorosa ascesi. I temi si consolideranno nel movimento degli Albigesi, che prendono nome dalla regione francese di Albi, dove si diffusero fra la fine del XII e il principio del XIII secolo, sparendo, poi, sotto la violenta crociata che la Chiesa proclamò contro di loro.
La soluzione dualistica è, invece, ignota alle religioni che si erano sviluppate millenni prima nel Vicino Oriente e nella Mesopotamia. Presso i Sumeri e gli Assiro-Babilonesi, i demoni incarnano principalmente i vari rischi connessi alla società agricola, al nomadismo, alle malattie del deserto, alla pioggia, alla tempesta distruttrice, all'invasione delle acque. La causa dei mali veniva attribuita ad essi, e si sviluppò, in conseguenza, un'arte esorcistica che era destinata a difendere gli uomini. Presso gli Assiro-Babilonesi si presenta un dio delle regioni infernali (il cosiddetto Arallu), il quale porta il nome di Nergal, che sembra significare il "signore della città grande" (l'inferno) o "il furioso". Domina la Grande Terra o la Terra-senza-ritorno, dove abitano i morti, e ha carattere guerriero, sfrenato ed eversore. Accompagnato dalle sue schiere demoniache, semina la peste e le malattie, ha enorme statura, forza sovrumana e tiene nascosta la fonte di vita dalla quale i morti potrebbero attingere per resuscitare. Nella coorte che lo accompagna appaiono molti altri demoni. Poiché uno dei mali più temuti era l'insolazione, accompagnata dall'emicrania, Tiu è lo spirito maligno che le porta: "La sua testa è quella di un demonio, / la sua forma è quella di un turbine, / la sua apparenza quella dei cieli ottenebrati, / il suo volto è oscuro come la profonda tenebra della foresta". Namtaru è il demonio della peste, il quale, sempre secondo i testi cuneiformi, "ruggisce come il vento del deserto". In una società agricola e pastorale l'infecondità la sterilità, l'impotenza, che ostacolavano l'abbondanza di figli nella famiglia patriarcale, incidono sul potere generativo: così il demonio lilu e la sua compagna lilitu esprimono il decadimento della sessualità negli stati morbosi, il piacere infecondo e lussurioso, divelto dalla sua naturale destinazione riproduttiva. La lamashtu è il demonio che, ora in forma di incubo, ora in forma di febbre, attenta alla gravidanza e sottrae gli infanti alle madri, ma la stessa capacità distruttiva è attribuita in epoca tarda al demonio Samana, del quale in uno scongiuro è detto: "Ha sottratto al poppante l'alimento, / ha sottratto il mestruo alla donna, / ha sottratto al giovane il potere virile". I temuti disordini meteorologici si impersonano nel gruppo infernale detto I Sette che "servono la tempesta funesta, / sono il turbine che va a caccia sul paese", "sono le tempeste immense che si abbattono dall'alto dei cieli".
Nella vicina tradizione egizia emerge più volte la lotta fra bene e male, che, in una mitologia non dualistica, è sempre destinata a risolversi con il trionfo degli dèi benefici. Horus, il dio protettore con la testa di falco, ha il suo oppositore in Apopis, il serpente o drago delle, tenebre che aspira a distruggere l'ordine fondato sulla luce e sul calore e invia le tempeste, la grandine, la pioggia e il gelo. Il dio Seth, nemico del fratello Osiride, è rappresentato con testa di uccello ed è accompagnato dai coccodrilli, dai porci neri e dagli ippopotami, ma è egli stesso il lupo selvatico, con lunghe orecchie, con una freccia al posto della coda e con una collana. Gli Egizi ebbero vivissima la preoccupazione del destino ultramondano dei morti, e così il passaggio dalle regioni terrestri al mondo delle tenebre o del Sole Nero, quale è ritualizzato nel Libro dei Morti, è anche la lotta che il "doppio" o anima sopravvivente del defunto deve affrontare contro i demoni infernali. Fra gli dèi infernali appare proprio Apopis come divoratore dei cadaveri e nemico della luce solare, vinto dal dio celeste Ra.
Senso vivissimo della morte umana e cosmica, incidenza di una impressionante mitologia delle apocalissi che accompagnano i cicli cosmici, terrore delle malattie e dei fenomeni naturali avversi, originano una demonologia molto ricca nel territorio ben distante delle antiche culture mesoamericane o precolombiane. I Maya si rappresentarono il mondo formato da tredici cieli e da nove mondi sotterranei, ciascuno dei quali è dominato da un Bolon. Il nono mondo sotterraneo è il Mitnal o inferno, governato da Ah Puch, il Signore della Morte. L'universo attuale degli uomini si concluderà con un cataclismo escatologico, nel quale dalla gola del serpente o drago infernale scaturiranno fiumane di acque annientatrici. Lo aiuteranno nell'opera di devastazione gli dèi malefici, la Vecchia Donna, dea della morte, e il dio Ek chuah, patrono della guerra, che porta sulla testa l'uccello maleaugurante Moan, e nelle mani il giavellotto e l'asta. Il coccodrillo delle acque celesti, accompagnato dai nove dèi del mondo infero, distruggerà il mondo nella sua lotta contro gli dèi celesti. Particolare rilievo, in questa demonologia, ha la figura della Vecchia, che, nel suo aspetto malefico, corrisponde all'eversione e alla distruzione provocate dalle acque. Porta sulla testa un fascio di serpenti, simbolo della morte, ma anche attributo delle divinità femminili.
Nella religione degli Aztechi del Messico antico, il dio Tezcatlipoca è l'aspetto oscuro, tenebroso, malefico della potenza e distruttore del cosmo. Poiché tutto l'ordine divino è regolato da un Essere supremo, duole e bisessuale, i figli di lui si proiettano come opposte incarnazioni del bene e del male, e la storia del mondo si sviluppa in cinque età cosmiche, nelle quali è sempre presente, come negatività, un Tezcatlipoca. I Tezcatlipoca portano il disordine nel mondo, trasformandosi ingannevolmente nella stessa figura dell'Essere solare supremo e ponendo gli uomini al loro servizio. Gli Aztechi ebbero anche altre figure demoniache: Coatlicue, "quella che ha una veste di serpente", epifania della terra distruttrice e delle forze sotterranee che divorano il cosmo e ingoiano gli astri; il re dei morti MictIantecuhtIi, con il volto coperto da una maschera scheletrica.
Nelle varie esperienze religiose, che si scaglionano lungo la più volte millenaria storia del subcontinente indiano, appare un'emergenza di figure demoniache veramente fantasmagorica, ma la soluzione del problema del male e della morte viene proposta in modo totalmente diverso da quelli finora ricordati. In sostanza, nelle più raffinate speculazioni del pensiero indiano, ma anche nella comune religiosità popolare, viene a formarsi la credenza nell'illusorietà (maya) delle manifestazioni di quella che appare realtà ai nostri occhi ottenebrati dall'ignoranza e da I l'attaccamento. Morte, malattie, avversità, disastri, dolore, calati nelle figure demoniche, sono soltanto proiezioni o ingannevoli epifanie della nostra mente immersa nel mondo della illusione: così che la schiera demoniaca che ci circonda e tormenta è destinata a liquefarsi quando l'ascesi o l'accesso alla verità dissolvono la danza illusoria nella quale siamo immersi.
Nella più antica esperienza religiosa indiana a noi nota attraverso testi scritti, il Vedismo, fondato sui Veda, libri rivelati, già appare il termine Asura, che indica "signore potente", "dio", ma si connette subito ad un potere detto "asurico" che è la capacità di creare a mezzo della forza magica e dell'illusione delle esistenze. Questa rappresentazione avrà decisiva importanza sui posteriori sviluppi delle religioni indiane che vengono indicate con il nome molto approssimato di Induismo. Nel Vedismo i demoni hanno un carattere ancora incerto e, più che precise personificazioni, appaiono gli aspetti negativi, ominosi e rischiosi di divinità spesso a carattere ambiguo. Quando questo avvertimento di potenza negativa assume forma personale, si scarica, cioè, in figure visualizzate anche iconograficamente, non si supera del tutto la congenita indeterminazione dell'immagine demoniaca. Infatti i demoni hanno aspetto sempre misto, in composizioni animali (teriomorfiche) orrifiche, ovvero in composizioni antropomorfiche, nelle quali le strutture umane vengono capovolte, annullate nella loro armonia funzionale (demoni a tre teste, ovvero senza testa, senza gambe, senza dita), quasi ad indicare il riaffiorare di uno stato di caos, di indiscriminazione, di opposizione all'ordine. Gli Asura, in questo contesto, si qualificano come l'illusione magica trascinante, il potere taumaturgico nefasto, la felicità inesistente perché non sostanziale. I Raksa sono gli spiriti del male in genere. I Pisaka sono i lemuri che divorano la carne dei cadaveri. Vrtra è il drago-serpente che impedisce alla pioggia di scendere e che divora il dio Indra. In genere questi e altri demoni espongono l'uomo alla malattia e alla morte; invadono le persone soggette a periodi di crisi, le partorienti, le giovani spose, i morti; inficiano l'ordine del sacrificio e del rito; inaridiscono le fonti vitali, la vegetazione, i succhi vitali degli animali; sono la violazione dei patti, il furto, la disonestà; sono le tenebre notturne favorevoli alle azioni turpi, al brigantaggio, alla violenza. Aspetti demoniaci ha il dio Rudra, personaggio terrifico, pieno di collera violenta, distruttore, portatore di mali, accompagnato da una schiera di demoni minori, cinghiale di colore rosso. Come uragano, malattia, flagello, morte, devasta i campi, distrugge gli uomini. Questa mitologia si arricchisce nei posteriori sviluppi dei movimenti genericamente designati come Induismo. In essi assume funzione ambivalente e demoniaca il dio Shiva, carico di una numinosità traboccante che si risolve in perenne rischio per le creature. Armato dell'arco, con lancia e tridente, scuote le foreste e le montagne, spande la distruzione e le tempeste. Sue figlie sono la collera, la paura e la malattia; rappresenta la volontà di morte delle creature, il principio tanatico della natura, l'istinto di morte. Perciò il suo colore è il blu, equivalente cromatico della dissoluzione cadaverica. Anche ambivalente è la Grande Madre, che, nella sua epifania malefica, come Durga, è la sposa di Shiva, matrice della disgregazione e del disfacimento del cosmo e delle stirpi umane, impeto di morte e distruzione, divoratrice di mondi e di uomini che, venerata quale Mahakali, regge nelle quattro mani il coltello, la ciotola per l'acqua, lo scudo e il cranio, mentre ha il collo circondato da una collana di teschi.
Nel Tibet, prima ancora che fosse introdotto il Buddhismo, la religione Bon aveva una sua propria demonologia, posteriormente e almeno in parte assorbita dalla stessa mitologia buddhistica. Nel cosmo diviso in tre sfere (il trimundio), la sfera sotterranea è abitata dai Sa-bdag e dagli Sri, spiriti in forma di vampiri che assalgono i neonati. Temuti sono i gNyan che, nascosti nelle rocce, possono essere involontariamente provocati dagli uomini e assalirli con malattie. L'area intermedia, l'aria, è abitata da temibili esseri demoniaci, i bTsan, descritti come cacciatori selvaggi, di colore rosso, cavalcanti destrieri scarlatti, pronti a colpire con le loro frecce chi li incontra.
Quando, nel 649 d.C., il Buddhismo fu introdotto nel Tibet, assunse la forma detta vrajayana, "via del fulmine" o del gioiello o del fallo, sistema salvifico fondato sulla pratica magica. La nuova religione portò con sé la mitologia indiana dell'illusorietà del reale, e perciò gli dèi e i demoni sono e non sono, nel senso che operano in mezzo a noi, ma vanno intesi unicamente come immagini illusorie proiettate dalla nostra mente immersa nell'errore. Le molte divinità terrifiche tibetane, nella loro carica devastatrice e terribile, sono spesso destinate a difendere dalle forze ostili che attentano alla salvezza. Le Dakini sono divinità femminili fornite di potenza magica, di scienza negromantica, energie distruttrici e nefaste quando non vengono trattate secondo le debite osservanze rituali. Rappresentate talvolta come attraenti fanciulle, coperte da soli ornamenti, sono connesse alle tecniche yogiche cimiteriali e mortuarie. Portano una collana di teschi umani, danzano su mucchi di cadaveri, bevono il sangue da un teschio foggiato a coppa, hanno occhi rossi e verdi. La principale Dakini, Dorgepanò, ha un nome che significa "troia danzante", perché ha presso l'occhio un'escrescenza in forma di testa di maiale. Un gruppo particolarmente importante è costituito dalle cosiddette Divinità Terribili o Terrifiche, che proteggono la integrità e la diffusione della dottrina buddhistica. Fra questi demoni particolarmente importante è il rango degli Otto Uccisori Terribili, nei quali la policefalia, la policromia, gli attributi mortuari e nefasti esprimono una visione del demoniaco di eccezionale ricchezza.
Nella Cina antica gli spiriti cattivi, detti shen, si identificavano anche con le anime dei morti. Erano gli otto fratelli folletti, gli echi, aventi forma di bambini dai lunghi capelli e imitanti la voce umana, con la quale spaventano i viaggiatori, gli spiriti delle rocce che divorano gli uomini i demoni senza testa, i demoni delle montagne, i demoni delle paludi, la dea della siccità, figlia dell'Imperatore Giallo, i demoni delle epidemie che obbediscono alla Dama Regina dell'Occidente, le anime abbandonate.
lo Shintoismo giapponese ci ha trasmesso una mitologia cosmogonica nella quale si presume che in una fase astorica esiste una confusione aurorale dominata da forze avverse e malefiche: "Il rumore delle divinità malefiche era simile a quello delle mosche durante la quinta luna, ed esse riempivano tutto del loro sciamare", dice il Kojiki, uno dei testi fondamentali della religione shintoista. Costituito l'ordine restano nel pantheon alcune divinità perverse. Tra di loro particolarmente importante è il dio dell'uragano, signore del mare, chiamato Susanowo, protagonista delle lotte contro il sole divino. Geni malefici dei fiumi sono i Kappa, animali dal volto umano che infestano le sorgenti. Ika-tsuchi, Padri-Terribili, sono le otto divinità del tuono che uscirono dal corpo putrefatto di lzanami, dèi infernali e portatori delle malattie. Spirito maligno e bivalente è il dio del fuoco, Kagudzuchi, Padre-Incandescente, venerato come spirito malefico. Nel regno delle tenebre e dei morti, il Paese della Sorgente gialla, la Terra delle Radici, sono le case e i palazzi abitati da divinità malefiche femminili e maschili.
Per tornare in un'area culturale prossima ai filoni storici che hanno dato origine alla demonologia cristiana, si può accennare alle credenze dei Greci, dei Romani e degli Etruschi, le immagini negative dei quali hanno parzialmente influito sulla stessa iconografia diabolica del Medioevo. Presso i Greci, il governo dei morti compete ad Ade, il signore del mondo delle tenebre, abitatore di un triste palazzo che ha porte di marmo e soglie di bronzo, non più superabili una volta che siano state varcate. Come dio delle ricchezze sotterranee assume il nome di Plutone. La sua sposa,- Persefone, è la signora degli Inferi, determinatrice della vita e della morte delle piante e degli uomini, la quale, come è detto in un inno a lei dedicato, tutto nutrisce e tutto uccide. Divinità associata alle ombre, agli inferi e alla notte è Ecate, signora delle magie e degli incantesimi, dei riti negromantici, notturni e funerari. Appare ai maghi con due torce nelle mani e in forma di giumenta, di cagna o di lupa. Presiede ai quadrivi e come regina degli spettri e delle ombre è rappresentata nelle statue con tre teste femminili. Alla mitologia infernale appartengono alcuni mostri che corrispondono al terrore della morte, della decomposizione dei cadaveri e delle tenebre. Empusa è uno spettro della corte di Ecate che si nutre di carne umana, assalta le vittime assumendo l'aspetto di bella donna, trama insidie ai bambini. Eurinome è un demone che divora le carni dei cadaveri appena seppelliti, lasciando soltanto le ossa. Echidna, la vipera, è un mostro dal corpo femminile terminante in serpente. Caronte è il celebre nocchiero rappresentato come orribile vecchio dalla barba grigia e sudicia. Cerbero, il cane dalle tre o più teste, con coda serpentina e serpenti sul dorso, non consente ai defunti di passare nuovamente attraverso le porte di Ade e si nutre della carne dei vivi. Le Erinni, in forma di geni alati, con torce e flagelli, si impadroniscono della vittima, la rendono folle o la sbranano, perseguitandola per ogni luogo della terra.
Presso i Romani, i modelli demonologici greci si arricchiscono di elementi di origine etrusca ed italica. Diffusa era la credenza nei vampiri e nelle striges e negli uccelli notturni designati con tale nome, che succhiano il sangue dei neonati. Fauno, nella forma di Incubus, è il dio che spaventa gli uomini con sogni e apparizioni terrifiche. I Manes sono gli spiriti dei morti carichi di potenza prevalentemente maligna, i quali, nei giorni in cui si apre il mundus del Palatino, invadono la città. Dea delle febbri malariche era Februa, con tre altari in Roma. Gli Etruschi ebbero molte divinità infere, che conosciamo soprattutto attraverso le testimonianze archeologiche relative alle ampie credenze sul mondo dei morti. Si delinea, nella sua complessità, la sorte dei defunti, attesi da un mondo infernale, spesso dominato dal terrore. Frequenti sono le figurazioni demoniache. Il dio Charun, corrispondente al Caronte greco solo labilmente, èuna divinità che si presenta nel momento della morte e nel l'accompagnamento del defunto all'Ade. Colpisce l'uomo con un martello, a rappresentare il momento violento del trapasso. è demone in condizione semi-animale, significante il disfacimento della carne. Ha il naso adunco e grande, che ricorda il becco di un uccello da preda, le orecchie allungate e puntute con tratti cavallini, i denti ringhianti che evocano l'immagine di un carnivoro nell'atto di divorare la preda, il colore della pelle di un azzurro scuro, nelle sculture policrome. Tuchulcha, che di solito accompagna Caronte, ha il becco e le zampe dei predatori, le ali e i serpenti in pugno o nelle chiome. Animale tipico della morte è il lupo, e lo stesso re degli inferi, Aite, appare con il capo coperto dalla pelle di un lupo nella Tomba dell'Orco di Tarquinia. Questa demonologia mortuaria appare confermata dalla credenza nelle turbe di spettri che invadevano i paesi e le città uscendo dalla fossa detta mundus, una fossa consacrata agli dei inferi e ai defunti, che costituiva la comunicazione fra i viventi e il regno dei morti.
Si ritorna allo schema dualistico di soluzione del problema del male nella religione dei Germani antichi, ma questa volta si tratta di un dualismo incarnato in un conflitto fra forze cosmiche, attraversato da epiche guerre e battaglie e culminante nella tragedia del Crepuscolo degli dèi. Il male per eccellenza si incarna nel dio Loki, che rappresenta l'insorgenza delle energie eversive. Nei testi nordici è generalmente il protagonista di imprese che appaiono disonoranti secondo il criterio normativo dell'ordine divino. E' chiamato l'Attaccabrighe ed è il primo padre della menzogna: "E' una vergogna vivente per tutti, sia per i mortali, sia per gli immortali", dice l'Edda. Nel seno del mondo divino, prepara la finale conflagrazione nella quale andranno distrutti il cosmo e gli dèi. Il suo carattere demonico si dimostra anche nella capacità di continue trasformazioni, in giumenta, in stallone, in mosca, in strega. Il mito di Loki è da inserire in una tensione oppositoria fra bene e male, fra calore e ghiaccio, fra il mondo umano divino e le varie sedi della distruzione e della morte. Queste sono, in particolare, il Niflheim, la Casa di Nebbia, che è il gelido regno dei morti, il Muspellsheimr, la Casa dei Distruttori del Mondo, la regione caotica detta Ginnungagap, il burrone di ghiaccio, la fossa abissale nella quale vivono le energie magiche e demoniache. La Casa dei Morti è custodita dal cane infernale Garmr, il cui pelo è insozzato dal sangue dei defunti che hanno tentato di fuggire e che egli ha divorato. La regina dell'inferno è Hel, che abita nel palazzo detto "Freddo di Nevischio" e ha per schiave la Senilità e l'imbecillità: suo piatto è la Fame, suo giaciglio è l'infermità, suo coltello e sua forchetta sono la Carestia, sue tende sono Oscurità Dolente. Ha carnagione per metà livida e per metà normale ed appare arcigna e odiosa. Nella Terra dei Giganti vivono gli Jötunn, mangiatori di uomini, orchi, che causano i più grandi disastri naturali, la caduta dei massi, i terremoti, l'eruzione dei vulcani, i fulmini, i congelamenti dei fiumi, il crollo dei ghiacciai. Fra i demoni vanno anche ricordati Draug, spirito spettrale e ombra del cadavere, che, tornando sulla terra, perseguita i viventi soprattutto nelle notti tempestose d'inverno; i démoni delle messi e del grano, che si presentano in forma di animali; le Valchirie che tessono la trama della guerra, facendola scorrere su un ordito sorretto da lance (l'ordito è formato da budella umane, mentre la trama gocciola sangue).
Il male cosmico si libererà in tutta la sua primordiale violenza nell'epoca finale, il Crepuscolo degli dèi, il Ragnarök della tradizione islandese. Il tempo finale sarà preceduto dall'Inverno Mostruoso, costituito da tre inverni di eccezionale gelo, non interrotti dall'estate. Sole e luna saranno inghiottiti dai lupi infernali, mentre gli astri abbandoneranno il loro corso. Sulla terra seguiranno incendi e devastazioni delle foreste, mentre le catene montagnose crolleranno e si infrangeranno. Allora il lupo Fenrir, figlio di Loki, infrangerà le catene che lo trattengono e una grande massa d'acqua invaderà il mondo, mentre da essa emergerà il serpente cosmico. La nave infernale Naglfar, costruita con le unghie dei morti, avanzerà sopra le acque, e il lupo Fenrir, con le enormi fauci spalancate, spanderà il terrore e, infine, divorerà Odino, il dio dell'ordine. Il disastro cosmico è il punto finale di un ciclo di decadenza dominato da immagini infernali e conclude un tempo epocale, ma non tutto il tempo umano e divino, poiché dopo il Ragnarök il mondo divino avrà altre splendide dimore e in esso vivrà la stirpe degli Uomini Buoni.
L'eredità delle credenze animistiche dei Beduini del deserto, il filone della tradizione ebraica e le larghe influenze cristiane confluiscono nella demonologia dell'Islam, documentata nel Corano. I ginn, che sono al centro di questa demonologia, in epoca preislamica erano satiri e ninfe del deserto e rappresentavano in genere l'atteggiamento ostile della natura nei riguardi dell'uomo. Nel Corano assumono la forma di serpenti, di lucertole, di scorpioni, di animali striscianti, ed entrano nel corpo dell'uomo provocandogli la pazzia. Tentano di soffocare lo stesso Maometto e possono impossessarsi dell'anima dell'uomo, invasandola. Il demonio, lblis, appartiene al loro ordine. Hanno traviato il genere umano e da essi il credente deve difendersi come da esseri che, insieme con i malvagi, producono il male. Gul è una varietà del popolo del ginn, che si distingue per il suo carattere bestiale, diabolico ed ostile. Essi appaiono, in forme fantastiche, all'uomo, per farlo deviare dal giusto sentiero, indi si precipitano sopra di lui per divorarlo. Nelle leggende islamiche, il qui èrappresentato come cannibale, umano e demoniaco, e assume talvolta i caratteri dell'orco della tradizione occidentale.
Shaitan (Satana) e Iblis sono i due nomi coranici che designano l'incarnazione demoniaca del male. Shaitan è il capo degli spiriti maligni, nati dalle sue uova. è il potere che si oppone a Dio nei cuori degli uomini, sussurrando alle loro orecchie e inclinandoli al male. Gli Shaitan appartengono all'uno e all'altro sesso, sono orridi, hanno piedi caprini. lblis, identificato con Shaitan, è il nome personale del diavolo. Nella storia coranica appare come colui che si ribellò alla creazione di Adamo, rifiutando di prestargli l'adorazione che il Creatore gli comandava. Per sua natura presenta agli uomini come belle le cose turpi, ma non ha potere sui fedeli giusti. Tenta gli uomini, precipitandoli nel peccato; li vede e li controlla, con la sua banda, da dove non può essere veduto; li lusinga con promesse che non potrà mai mantenere; li divide seminando zizzanie in mezzo a loro; li invita per trascinarli nella vampa di inferno. Il suo naturale habitat è l'inferno, gahannam, che il Corano personifica in forma di animale mostruoso e divoratore o rappresenta come luogo dei dannati. L'inferno, come animale, trema alla presenza di Allah, cammina su quattro gambe, ciascuna delle quali è legata con settantamila anelli e su ciascuna delle quali sono settantamila demoni, tanto forti, ciascuno, da poter ridurre una montagna a pezzi. Separato dai mortali per uno spazio di mille anni, si precipiterà sopra di loro nel giorno del Giudizio. Almeno parzialmente influenzata dall'Islam è la religione degli Yezidi, un gruppo tribale curdo considerato eretico dal punto di vista islamico. Essi sono ben conosciuti come shaitan-perest, Adoratori del Diavolo, o Servi del Demonio. Gli Yezidi hanno una teologia intricata, che si sviluppa intorno al tema del pentimento e della redenzione degli angeli caduti per il primo peccato. Essi hanno identificato l'angelo caduto con il Pavone o Re Pavone, che, opponendosi al Dio creatore, ha, in origine, preservato la creazione dalla distruzione. Da questo tema nasce l'accusa volta agli Yezidi di adorare il diavolo. Nella loro narrazione cosmogonica, Dio vive sopra l'albero del mondo in forma di uccello. Emana dal suo splendore l'angelo Gabriele, sempre in forma di uccello, ma proprio Gabriele assume gli aspetti del Satana biblico, che poi si redime annullando nel mondo il male: gli Yezidi ritengono che il male per sé non esista.
Questa rapida rassegna delle rappresentazioni del male nelle principali culture umane non può concludersi senza l'opportuna segnalazione delle numerosissime demonologie che appartengono ai popoli classificati dall'etnocentrismo occidentale come Primitivi o Selvaggi. Sono le culture attualmente esistenti o sparite per l'intervento devastatore dell'uomo bianco, che più correttamente vanno indicate come arcaiche o senza scrittura, perché, quando furono incontrate dai viaggiatori, si distinguevano per mezzi di comunicazione diversi dalla scrittura. limitandosi ad indicare soltanto alcune fra le infinite varietà storiche e geografiche che qualificano le culture arcaiche e preindustriali, va ricordato che presso molte di esse emerge una tematica dualistica che spiega l'attuale male del cosmo e dell'uomo, attribuendo ad un essere malefico, o operante buffonescamente (trickter), o ingannatore, la creazione o la modificazione dell'originaria creazione perfetta attribuita al dio buono. Gli etnologi segnalano come primo esempio interessante quello della mantide religiosa che, presso i Boscimani, ha precise funzioni demiurgiche, realizza imprese di creazione in cui si trova, poi, malamente coinvolta; da origine alla luna come corpo celeste opposto al sole. Ma classicamente la mitologia della creazione negativa o modificata appare presso le etnie dell'Asia settentrionale artico-siberiana e nell'America settentrionale. Per riferirsi ad un esempio dell'area americana, nel mito della California centrale una nube formatasi nel cielo si trasformò in coyote, mentre da una bruma improvvisamente sollevatasi nasceva la volpe argentata. La volpe argentata fa cadere il coyote nel sonno, lo pettina e dai piedi di lui forma un'isola sull'acqua, facendo poi crescere alberi, rocce e boschi con il semplice pensiero proiettato in parole creative. La volpe argentata, tuttavia, non vuole che il coyote, svegliandosi, sappia che ella ha creato il mondo attraverso un'operazione di magia, e nello sviluppo della storia mitica tutto quanto essa aveva previsto per il bene degli uomini è modificato dalle mene e dagli inganni del coyote che diviene protagonista di una serie di imprese malvagie ed oscene. Mentre il coyote fa trionfare nel mondo la morte, che prima non esisteva, la volpe argentata lo uccide, spostandosi, poi, per ogni luogo della terra dove il coyote si era fermato e ripulendo i posti nei quali aveva lasciato le tracce della sua orina. Ma dimentica uno di tali posti, e il coyote rinasce, obbligando la volpe a rendergli omaggio e rispetto.
Al di fuori di questo ambito dualistico, nel quale appaiono altre personificazioni animali del male, frequente è l'individuazione del demonio come causa delle malattie. Per gli Akikuyu dell'Africa la malattia deriva dall'entrata di un demonio nel corpo della vittima, la quale, per liberarsene, e costretta ad ingurgitare una pozione di polvere, acqua e intestini di capra. Altrove emergono altre forme di epifanie demoniache. Presso gli Ainu, che abitavano l'isola giapponese di Hokkaido, i demoni esprimono principalmente l'opposizione culturale fra la sicurezza del villaggio e l'incertezza della foresta. Presso i Talang o Mon della Birmania inferiore torna il tema dell'origine demoniaca delle malattie, e nella cerimonia sciamanica si celebra una danza violenta nella quale i partecipanti impersonano gli spiriti malefici, gli orchi, le streghe, i cani e i maiali. Opposizioni dualistiche fra cosmogenie negativa e positiva, all'altezza della più alta tradizione occidentale, tornano presso i Na-khi di famiglia linguistica tibeto-birmana, stanziati nel Tibet orientale. L'universo si genera da un rapporto sessuale fra Realtà e Competenza, e nella cosmogonia emerge l'antitesi della divinità causa del male cosmico e negatività esistenziale, che si manifesta nella sua continua lotta contro la luce.

Il diavolo nella religione ebraica
Nella religione ebraica antica si delinea la figura diabolica che sarò ereditata dal Cristianesimo, dall'Islam e da tutta la cultura occidentale. Nell'Antico Testamento l'idea che domina la demonologia è la dipendenza di Satana dal volere e dalle decisioni di Dio, e quindi è assente il deciso dualismo che caratterizza molte altre religioni, e principalmente l'Iran.
Il peccato della prima coppia, che abito l'Eden, consiste nell'avere volontariamente violato il divieto di mangiare il frutto dell'albero proibito che era al centro del giardino paradisiaco. Ne conseguono la cacciato dall'Eden, la perdita della condizione di gloria e di perfezione, l'obbligo per l'uomo di procurarsi il cibo con la propria fatica, l'avvertimento della propria nudità e il sentimento delpudore, il dolore che, d'ora in poi, accompagnerà il parto della donna. Protagonista della corruzione e del decadimento della creatura è la figurazione biblica meglio nota del male, che circuisce Evo assumendo la forma di serpente e le annunzia: "Sarete come Dio, avendo la conoscenza del bene e del male" (Genesi, 3:5). Il primo peccato, insinuato nel cuore dell'uomo dal serpente, è considerato, perciò, orgoglio, hybris, ribellione a Dio. Probabilmente all'uomo dominato dall'orgoglio si riferisce un testo del profeta Isaia (14:12-15): "Io salirò al cielo, eleverò il mio trono al di sopra delle stelle di Dio, mi assiederò sul monte dell'assemblea, nella parte estrema del settentrione, salirò sulla sommità delle nubi, sarò simile all'Altissimo". Altri interpreti, principalmente appartenenti alle scuole rabbiniche medioevali, ritengono che il primo peccato abbia natura sessuale e che il serpente assuma il valore di un fallo. il serpente sarà identificato con Satana e con il Diavolo soltanto nella posteriore esegesi cristiana e islamica, mentre nella narrazione di Genesi si presenta come "il più astuto di tutti gli animali dei campi che Dio aveva fatto" e, per avere agito da corruttore della prima coppia, deve sopportare una condanna che sembra consistere nella mutazione in peggio del suo primo stato felice: "Allora Dio disse al serpente: "Perché hai fatto questo, sii maledetto fra tutte le bestie e tutti gli animali dei campi. Tu camminerai sul tuo ventre e mangerai polvere tutti i giorni della tua vita. E io porrò inimicizia fra te e la donna, e fra la progenie tua e la progenie di lei: questa progenie ti schiaccerà il capo, e tu le ferirci il calcagno".
L'antenato biblico del demonio cristiano non è soltanto il serpente. Ha origine ebraica la figura di Satana, un termine che dipende da una radice (stn) che significa "essere nemico", "osteggiare". Esso non appare dualisticamente opposto a Dio, e nel Libro di Giobbe (1:6; 2:1 segg.) è ancora indicato con l'articolo (ha-satan) e conserva chiaramente il significato di "nemico", "oppositore": in effetti è a servizio di Dio, alla cui corte si presento, agendo come nemico non di Dio, ma dell'uomo. Soltanto nel tardo Primo Libro delle Cronache (21: 1) egli è presente senza articolo (satan) e spinge il popolo di Israele a compiere un otto contrario alla volontà di Dio. Ancora più tardi, il mito di Satana venne collegato al peccato di Adorno e di Evo e alla ribellione degli angeli. Nella nuova mitologia, in parte influenzato da fonti iraniche, l'origine di tutto il male viene fatto dipendere dal Diavolo, secondo una concezione che appare già nel Libro della Sapienza (2:23-24): "Dio, invero, creò l'uomo per l'immortalità, e lo fece ad immagine della propria natura, ma nel mondo entrò la morte per invidia del Diavolo". Satana viene anche ad identificarsi con Lucifero, la stella mattutina che sarebbe caduta, secondo un altro mito che ha qualche probabile traccia in Isaia (14:12): "Come mai sei caduto dal cielo, o astro mattutino, figlio dell'aurora?". Bisogna anche aver presente che l'Ebraismo più arcaico, quella anteriore all'esilio babilonese, aveva figure demoniache e malefiche che corrispondono ad antiche divinità cananee o erano connesse spesso al deserto e ai mali che vengono dal deserto. Del seirim è detto nella Bibbia che ricevono sacrifici, ma sono certamente demoni-capri, il cui nome significa "pelosi". Sedim sono, invece, i "demoni neri" ai quali gli Ebrei, prevaricando, sacrificarono i loro figli e le loro figlie. Un unico passo ci parla di Lilit (Isaia, 34:14), lo spettro notturno che abita nel deserto e corrisponde al demone babilonese Lilitu, originariamente l'energia demoniaca della tempesta, poi della lussuria. In un rituale si fa riferimento al demonio Azazel, il cui nome suggerisce un rapporto con il capro, e a tale demonio viene inviato ai limiti del deserto un capro espiatorio carico dei peccati del popolo.
La demonologia ebraica antica, che ha esercitato la sua influenza determinante su quella cristiano, oscilla, quindi, fra due posizioni: da un lato la riconosciuta presenza di figure demoniache più o meno determinate, le quali, tuttavia, sottostanno sempre a Dio; da un altro lato, una spiegazione del male cosmico e storico non in rapporto a tali figure, ma alla stessa volontà di Dio. In questo senso Dio comprende in sé uno spirito di malvagità o spirito malvagio (ruah ra'ah), che, per esempio, è inviato in Saul e si impossessa di lui, riducendolo a pazzo.


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