§ NUOVI STRUMENTI OPERATIVI

Una banca d'affari per il Mezzogiorno




Giampaolo Busso



Certamente la costituzione della PAR.FIN. si inscrive, sia pure a modo proprio nella stagione di intenso sviluppo dell'innovazione finanziaria che da circa due anni sta interessando il nostro Paese. Chi ha seguito da vicino questi processi ha potuto aver modo di rilevare come il concetto di innovazione finanziaria non può riferirsi esclusivamente alla nascita di nuovi istituti e strumenti, per la semplice ragione che questi ultimi risultano essere, quasi sempre, il portato di una profonda e continua ridefinizione dei ruoli e dei rapporti tra gli operatori economici e finanziari. Si può allora dire che le novità in corso offrono, anche, numerose occasioni di verifica empirica a riguardo delle due principali tesi della teoria delle relazioni tra accumulazione finanziaria ed economia reale. Questa divagazione teorica pare decisiva per comprendere, da un lato, come l'innovazione finanziaria italiana riproponga il tema del dualismo insito nella struttura economica del nostro Paese e per comprendere, dall'altro, la peculiarità dei problemi, delle difficoltà rispetto ai quali PAR.FIN. è chiamata a misurarsi. Ora, vi è un primo filone di studi teorici che sostiene la tesi secondo cui la finanza incide sui caratteri dello sviluppo economico a determinare le politiche e gli orientamenti degli intermediari finanziari. Da questo punto di vista, l'innovazione consiste nella introduzione sul mercato di nuovi strumenti finanziari capaci di soddisfare le esigenze di creditori e di debitori, fermo restando che le dimensioni del risparmio e del l'investimento si determinano autonomamente.
Mi pare che questa cornice sia in grado di raccogliere il modello di innovazione finanziaria che si è sviluppato in Nord d'Italia. In quel contesto, cause importanti della domanda di innovazione finanziaria sono state: l'accresciuta forza contrattuale delle imprese che si rivolgono al mercato tramite le finanziarie di gruppo; la maturazione professionale dei gestori di finanza d'impresa; la disponibilità a ricercare e a utilizzare strumenti idonei a minimizzare i rischi della volatilità del tassi di interesse e di cambio. Più in generale, il ritorno delle imprese alla redditività ha comportato una modifica del rapporto banca-impresa, nella misura in cui il rapporto debito-credito tende ad assumere la forma di titoli negoziabili che, a loro volta, accrescono la diversificazione degli impieghi della ricchezza finanziaria e, dunque, il potere di mercato degli operatori in avanzo.
In definitiva, è l'evoluzione della domanda, associata ai progressi dell'economia reale, a determinare una organizzazione e un'offerta diverse da parte degli intermediari finanziari. Così come vi è un'altra parte del Paese, vi è poi un secondo filone teorico, il quale sostiene che sono gli interventi e le iniziative delle istituzioni creditizie a condizionare l'evoluzione qualitativa del risparmio e dei l'investimento e che lo spazio occupato dai mercati finanziari - lungi dall'essere determinato dalle forze dell'economia reale - dipende dal modo di operare degli intermediari sull'ampiezza della dissociazione esistente tra risparmio e investimenti. In questo scenario, a differenza del precedente, l'innovazione finanziaria nasce dal lato dell'offerta.
Il Mezzogiorno presenta una situazione dell'economia reale e della macrostruttura finanziaria assimilabile a questo secondo modello. Da un lato, la relativa arretratezza tecnologica delle imprese, gli squilibri insiti nella loro finanziaria, i livelli di produttività marginale del capitale investito e, dall'altro, il volume disponibile di ricchezza finanziaria, l'elementare composizione del portafoglio degli operatori in avanzo costituiscono vincoli notevoli per lo sviluppo autonomo della domanda di innovazione finanziaria. La centralità degli intermediari bancari nel sistema del finanziamento dell'economia meridionale e - come dato speculare - la preferenza delle imprese a finanziarsi mediante indebitamento rappresentano il risultato naturale di un mercato finanziario non ancora sufficientemente diversificato in strumenti ed istituti e della tipologia delle attività e delle passività finanziarie in circolazione. Una conferma di questo dato può venire dal tasso di bancarizzazione dell'economia pugliese. Nel 1986 esso è stato pari all'82%; negli ultimi due anni - e dunque nella fase che ha visto al Nord profondi rivolgimenti in materia - è sceso appena di mezzo punto a fronte di una contrazione dello stesso indice, a livello nazionale, di tre punti.
A questo genere di riflessioni e a queste coordinate può farsi risalire la genesi, la costituzione della PAR.FIN.: essa rappresenta un tentativo, una iniziativa, del sistema finanziario operante sul territorio di offrire all'economia reale, e in particolare ai settori produttivi, una nuova struttura del finanziamento delle proprie attività, un allargamento di opzioni e di strumenti per le operazioni di finanza aziendale, un contributo - anche di carattere culturale - alla creazione di una domanda innovazione in grado di riscontrare le potenzialità dell'offerta. Non vi è dubbio che probabilmente PAR.FIN. non sarebbe nato se anche in Italia non avesse cominciato a soffiare il vento del cambiamento, dell'ammodernamento del sistema finanziario, che, tra l'altro, impone l'esigenza di partecipare ai fenomeni di integrazione e di globalizzazione dei mercati finanziari. Ma è anche vero che PAR.FIN. nasce avendo una alta percezione delle caratteristiche del contesto entro cui si muoverò. A tale fine può essere utile passare rapidamente in rassegna le principali motivazioni che hanno presieduto da parte dei promotori alla nascita della società.
Per quanto riguarda Finpuglia, anche in questa occasione è valso un principio che cerchiamo di seguire sempre: non è importante che Finanziaria Regionale partecipi a iniziative o a cose che si mettono in moto anche in sua assenza; è invece essenziale che essa solleciti e promuova aggregazioni imprenditoriali professionali, finanziarie, necessarie a coprire i vuoti esistenti nella strumentazione delle strategie di sviluppo. E' un dato acquisito che un vincolo strutturale alla crescita del sistema produttivo regionale e meridionale sia rappresentato dalla sottocapitalizzazione delle imprese e, in secondo luogo, da una gestione non ottimale della finanza aziendale. I problemi dell'innovazione tecnologica, dei servizi reali sono certamente aspetti significativi per lo sviluppo delle imprese ma la questione finanziaria merita di essere considerata ed affrontata prioritariamente. Non la pensa, invece, a questo modo - e sbaglia - l'intervento straordinario. la legge 64 ripropone, infatti, la vecchia logica di finanziamento mediante indebitamento, sia pure a tasso agevolato, senza che compaia il minimo sforzo di fantasia o di elaborazione per cercare di capire in quale modo almeno una componente dell'intervento straordinario potesse essere utilizzata per l'ammodernamento del mercati finanziari del Mezzogiorno e della struttura del finanziamento dello sviluppo.
Conforta non poco, però, che questa nostra posizione risulti perfettamente allineata con i più recenti indirizzi della Comunità Economica Europea. Essa intende, infatti, riconoscere una grande importanza alle questioni del capitale di rischio delle piccole e medie imprese e prevede - mediante i Programmi Integrati Mediterranei e la nuova task force per lo sviluppo industriale - di dotare di risorse finanziarie i soggetti operanti, come PAR.FIN., nel campo dell'offerta di mezzi finanziari ai settori produttivi. Per quanto concerne, invece, la partecipazione bancaria, occorre rilevare innanzitutto il numero delle aziende e degli istituti aderenti: ben 24 di cui 19 appartenenti al sistema creditizio regionale e locale. Il dato di fatto è che a oggi la PAR.FIN. è, tra le società di partecipazione a matrice bancaria, quella che ha l'azionariato più diffuso. Si può ritenere che alla base di questo tipo di adesione vi siano per lo meno due ordini di consapevolezze. La prima riguarda il fatto che, a differenza del leasing, del factoring o di altre attività parabancarie, le dimensioni del mercato locale per il merchant banking non consigliano un proliferare di operatori ma viceversa esigono una concentrazione degli sforzi e delle risorse. Da questo punto di vista riteniamo la PAR.FIN. una società aperta a nuove adesioni e gli eventuali futuri aumenti di capitale sociale potranno servire all'ulteriore allargamento dell'azionariato. La seconda consapevolezza da richiamare èquella della necessità di guardare - almeno nel medio termine - al di là del confini regionali nell'esercizio dell'attività, per il rispetto di quelle economie di scala che esercitano un'influenza tutt'altro che secondaria sulla formazione del conto economico. Accanto al patto parasociale che già impegna PAR.FIN. a tenere in considerazione la Basilicata, non si devono perdere occasioni di intervento e di lavoro in grado di allargare l'area geografica su cui operare. In altri termini, la matrice pugliese di questa iniziativa è tutt'altro che incompatibile e contraddittoria con l'ampliamento della sfera territoriale di intervento.
Ma tornando alla filosofia e al significato delle adesioni bancarie, penso che all'interno del sistema del credito si tenga ben presente che la concentrazione al Nord dell'innovazione finanziaria e dello sviluppo del mercato dei capitali tendono, già nel breve periodo, a prefigurare una economia settentrionale sufficientemente in grado di capitalizzarsi ed una economia meridionale - come già detto - esclusivamente bancarizzata. Il consolidarsi di tale dualismo avrebbe ripercussioni di grande rilievo non solo sul differenziale di produttività e di efficienza a danno del capitale produttivo investito nel Mezzogiorno ma anche sulla marginalizzazione del sistema creditizio meridionale. Infatti, un rapporto "banca- i m presa" fondato esclusivamente sull'erogazione di credito - e impossibilitato a godere dei benefici derivanti dalla possibilità per l'impresa di differenziare le quote relative dell'autofinanziamento, dell'indebitamento e degli apporti di fondi generati da nuove emissioni azionarie - condurrebbe alla cristallizzazione e al progressivo peggioramento del circolo vizioso "sottocapitalizzazione delle imprese - percezione di più alto rischio bancario - elevato costo del denaro - sofferenze". Da questo punto di vista, è interesse primario del sistema bancario concorrere, nei limiti offerti dalle disposizioni vigenti, ad integrare il nucleo centrale della sua funzione tradizionale con l'offerta di .prodotti e servizi specializzati e sinergici, finalizzati alla diffusione, presso le imprese, di nuovi strumenti in grado di razionalizzare la gestione della finanza aziendale, e, presso i risparmiatori, di una più marcata propensione a trasformare quote significative di ricchezza finanziaria in capitale produttivo.
Non solo nel Mezzogiorno, ma in tutta Italia, una prospettiva di questa natura è essenzialmente affidata alla capacità, alla volontà e alla disponibilità di mezzi del sistema bancario. Questo, sia perché non è mai esistita una tradizione di intermediari finanziari non bancari, in grado oggi di sviluppare in proprio (com'è invece accaduto in altri Paesi) i temi dell'innovazione finanziaria, sia perché gli intermediari bancari si sono rivelati all'altezza di incorporare e organizzare (dal leasing al merchant bank) le diverse soluzioni in cui si è venuta configurando la stessa innovazione finanziaria. Ne consegue che la contrapposizione tra sistemi "orientati ai mercati" e sistemi "orientati agli intermediari", che ha costituito un tratto ricorrente delle analisi recenti delle strutture finanziarie dei Paesi industrializzati, va, almeno nel caso italiano, adeguatamente riconsiderata. Si assiste, infatti, ad una progressiva evoluzione degli intermediari bancari verso quegli strumenti e quelle condizioni che consentono di acquisire una più ampia area di convergenza tra gli interessi di debitori e creditori finali così .che, il sistema "orientato ai mercati" anzicchè risultare giustopposto a quello "orientato agli intermediari" si sta manifestando come un suo organico e complementare sviluppo.
la sperimentazione nel Mezzogiorno di queste tendenze rappresenta uno dei principali obiettivi che PAR.FIN. è chiamata a conseguire nell'attuazione del suo oggetto sociale. In altri termini, le attività relative alla capitalizzazione delle piccole e medie imprese, alla messa a punto di nuovi servizi di finanza aziendali, alla formazione della domanda di innovazione finanziaria, vanno inserite - da un punto di vista strategico - in un contesto più ampio di quello delimitato dai mezzi propri della società in quanto orientate a fondare un vero e proprio mercato di capitali e di servizi capace, nel lungo termine, di integrarsi nei processi di globalizzazione dei mercati finanziari.
Accanto alle banche e a Finpuglia, a completare il quadro azionario vi sono l'Olivetti, Cominvest e una giovane società finanziaria barese. Avrebbero potuto esserci anche numerose imprese manifatturiere e di servizi, circa 40, organizzate dall'Associazione degli industriali di Bari se un banale ma insuperabile ostacolo burocratico-procedurale non avesse impedito la loro adesione. Ciò nonostante esiste l'interesse di PAR.FIN. ad avere queste e altre imprese ancora tra le proprie file. I vantaggi reciproci sono presto detti: la società avrebbe in casa potenziali clienti per i suoi servizi di assistenza e consulenza finanziaria e le imprese potrebbero trarre comunque dei vantaggi dall'essere parte integrante di quel modesto laboratorio di innovazione che PAR.FIN. vuole essere.
La Società è stata costituita all'inizio dell'anno in corso, di un anno che potrebbe passare alla storia come l'anno delle grandi modernizzazioni dei sistema finanziario: la liberalizzazione valutaria, la legislazione sui fondi comuni chiusi, l'omologazione del trattamento fiscale dei titoli di Stato a quello delle obbligazioni. Il 1987 è già stato l'anno in cui si è proceduto ad una prima regolamentazione delle banche d'affari, o - come si chiameranno in Italia - delle società di intermediazione finanziaria a matrice bancaria. Su tale provvedimento vorrei esprimere un'opinione senza impegnare la società. Se noi potessimo misurare in metri cubi il volume dei dibattiti, dei discorsi, delle ricerche, degli scritti che in questi ultimi tre anni vi sono stati in Italia sul tema delle banche d'affari, probabilmente ci troveremmo dinanzi ad una montagna, di carte e di parole. Ad una montagna che, come avviene a quelle delle favole, pur possedendo la virtù di partorire, ha però partorito un topolino. Infatti, viene configurato un modello di banca d'affari, se così vogliamo chiamarlo, che ha ben poco a che vedere con le esperienze delle merchant banks inglesi, delle investiment banks americane, delle securities houses giapponesi, senza, peraltro, che emerga alcuna prospettiva di evoluzione verso il modello di banca universale. Gran parte dell'attenzione viene essenzialmente rivolta alla questione delle partecipazioni, alle relative modalità di assunzione e di smobilizzo. Nulla, invece, si dice di altre attività tipiche di una banca d'affari quali, ad esempio, operazioni di leverage buyont, gestioni patrimoniali, operazioni di mercato monetario, presenza sui mercati internazionali di capitali. La sindrome degli anni '30 ha colpito ancora. In altri termini, si continua a ritenere che la partecipazione bancaria - sia pure indiretta al capitale di rischio industriale - sia esposta a conseguenze infernali da esorcizzare mediante limitazioni, controlli e rigide regolamentazioni. In tal modo si trascura di ricordare alcuni aspetti irripetibili dell'esperienza bancaria degli anni '30 allorché il vero momento di crisi fu rappresentato non tanto dal fatto che le banche detenevano partecipazioni nelle industrie quanto dal fatto - per dirla con le parole di Mattioli - che Me banche avevano ricomprato praticamente tutto il loro capitale: possedevano se stesse attraverso il possesso delle finanziarie da esse create e finanziate per assicurarsi il controllo del loro capitale". Rispetto a comportamenti di questa natura, di acqua ne è passata sotto i ponti e, allora, maggiore attenzioni andrebbe dedicata al fenomeno opposto: al manifestato interesse, cioè, di grandi raggruppamenti industriali e finanziari ad entrare nel capitale di istituzioni creditizie e, più in generale, alla necessità di prevedere per gli intermediari finanziari a matrice bancaria. Comunque sia, le modalità operative previste dallo Statuto della PAR.FIN. sono in grado di rispondere coerentemente alle disposizioni vigenti. In particolare è possibile individuare tre aree di attività prevalenti. In ordine di importanza, la prima riguarda il contributo della PAR.FIN. alla fori-nazione di una domanda di innovazione finanziaria. L'obiettivo è certamente legato, subordinato alla diffusione di una maggiore cultura, di una più approfondita conoscenza degli strumenti che l'innovazione finanziaria ha reso disponibili. Non è un caso che una delle iniziali attività della società riguarderà l'organizzazione di seminari per imprenditori e dirigenti d'azienda finalizzati alla diffusione di questo tipo di informazione.
Ma il progresso dell'innovazione finanziaria, dal lato della domando, dipende anche dal successo di politiche di aggiustamenti strutturali verso cui le imprese devono finalmente orientarsi. la revisione e la certificazione dei bilanci devono essere più ampiamente utilizzati dalle imprese, le quali devono comprendere che la trasparenza e la correttezza del loro dati è un motivo di particolare gradimento da parte degli operatori finanziari. Così come rischia di apparire una vera e propria contraddizione in termini, rispetto all'obiettivo di una maggiore capitalizzazione, il fatto che appena il 5,5% delle imprese pugliesi risulti costituita sotto forma di società di capitali. Una seconda area di intervento sarà rappresentata dal servizio assistenza e consulenza finanziaria alle aziende. il servizio deve essere in grado di non interferire con il tradizionale rapporto "banca- impresa", anzi deve risultare complementare rispetto ad esso. Per altro, l'ausilio che in questo campo può essere offerto dalle banche risulta decisivo ove si pensi, a titolo esemplificativo, ai seguenti casi:
1) rilascio della fidejussione necessaria per lo svolgimento di operazioni di carte commerciali;
2) segnalazioni di imprese aventi posizioni debitorie e posizioni in valuta tali da consentire, rispettivamente, operazioni di swaps sui tassi di interessi e di currency options nei limiti previsti dalle disposizioni;
3) sostegno nell'esercizio dell'attività di consulenza per la gestione di attività finanziarie e di patrimoni di terzi;
4) disponibilità a partecipare alla costituzione, promossa da PAR.FIN., di sindacati per prestiti in pool o di sindacati di garanzia e di collocamento.
Il terzo tipo di intervento riguarda l'assunzione di partecipazioni in aziende sane, vitali e orientate ad una buona redditività. Il problema più importante a riguardo è quello relativo alle possibilità di smobilizzo per il quale PAR.FIN. ha messo a punto le seguenti tre ipotesi, la prima delle quali è praticamente già nel breve termine. la seconda e la terza costituiscono soluzioni da studiare -come fattibilità - e verificare in tempi più lunghi.
1. Al momento del suo ingresso nell'azionariato di un'impresa, PAR.FIN. richiede ai soci imprenditori di sottoscrivere un patto di rilievo a termine delle azioni acquistate dal socio finanziatore (PAR.FIN). Il patto deve limitarsi a prevedere (salvo proroghe o anticipazioni consensuali) un impegno essenzialmente temporale, senza predeterminare il sovrapprezzo delle azioni o il loro rendimento nell'arco degli anni di partecipazione. In questo modo, PAR.FIN., da un lato, vincolerebbe il socio imprenditore ad una condotta finalizzata alla costituzione delle condizioni finanziarie necessarie al rispetto del patto e, dall'altro, farebbe dipendere - come è deontologicamente corretto nel contesto di una partnership imprenditoriale -le sue prospettive di plusvalenza e di dividendi dall'andamento reale dell'impresa partecipata.
2. Entrando a fare parte della società di gestione di un Fondo comune chiuso e sviluppando rapporti con i Fondi aperti già promossi da banche socie, PAR.FIN. potrebbe - almeno per le sue partecipazioni più interessanti -risolvere due problemi: lo smobilizzo delle partecipazioni in aziende non quotate in Borsa e la formazione del flottante per quelle imprese partecipate, interessate ad incamminarsi verso il mercato mobiliare.
3. Un obiettivo di lungo termine, ma che va ben presto impostato, riguarda la verifica di fattibilità relativa alla creazione di un mercato locale di capitali che potrebbe favorire, oltre che gli smobilizzi da parte di PAR.FIN., una più significativa trasformazione di ricchezza finanziaria in capitale produttivo. Al riguardo, il modello da assumere a riferimento dovrebbe essere quello francese delle "borse di provincia" che si è rivelato di grande utilità per le piccole e medie imprese di quel Paese.
In conclusione, per PAR.FIN. viene così a configurarsi un'area di attività e di iniziative che per molti versi ripropone un modello tipico di merchant bank sia pure adeguato alle caratteristiche strutturali del nostro contesto. Occorre, però, non dismettere in alcun momento la consapevolezza delle difficoltà che, in particolare nel Mezzogiorno, caratterizzano un cammino di questa natura unitamente alle necessità di realismo che i limitati mezzi disponibili, l'esigenza di una gestione ispirata alla più sana economicità e la diligente prudenza impongono. Pur nello scrupoloso rispetto di questi vincoli, è importante che ogni scelta e ogni singola decisione nell'espletamento del suo mandato rientri in una strategia complessiva di lungo respiro, adeguata sia alle motivazioni profonde, che hanno presieduto alla nascita della Società, sia alle intense trasformazioni in corso.

Banca Popolare Pugliese
Tutti i diritti riservati © 2000