§ QUADRANTE ECONOMICO

Pił tasse per frenare i consumi




Carlo Azeglio Ciampi



Il rallentamento che la crescita del credito al settore produttivo aveva manifestato all'inizio dell'anno è stato seguito da una nuova accelerazione a metà anno: il tasso d'incremento degli impieghi bancari a distanza di un anno èrisalito al 15%. l'espansione del prodotto lordo e quella della domanda globale non spiegano l'andamento del credito. l'investimento in attività finanziarie delle imprese si mantiene elevato. Anche la moneta ha presentato nei mesi più recenti un'ascesa nel ritmo di crescita, che si è portato sull'11 per cento.
L'azione della Banca Centrale è tesa a contrastare gli elementi di instabilità, attuale e potenziale, insiti in siffatte tendenze. la liquidità netta dei sistema bancario viene mantenuta su bassi livelli; il costo delle anticipazioni a scadenza fissa è salito, fin dalla prima decade di giugno, in prossimità del valore massimo del 13,75%; nella seconda decade, il tasso "overnight" ha superato il 12% e su livelli analoghi si è portato quello delle operazioni pronti contro termine. I segnali rivolti attraverso il mercato monetario affinché l'offerta di credito venga frenata sono chiari.
Oltre all'evolversi degli aggregati monetari e creditizi, i dati sull'andamento dell'economia resisi disponibili negli ultimi tempi confermano le preoccupazioni espresse all'Assemblea della Banca d'Italia. Misurata sui prezzi al consumo, l'inflazione è ferma sui valori dell'autunno 1986. Nei prezzi all'ingrosso, venuta meno la discesa delle quotazioni del petrolio, il segno delle variazioni a distanza di 12 mesi è tornato positivo; per i prodotti finiti, l'incremento ai primi mesi dell'anno è stato del 3,3%. Il vincolo esterno torna a stringere.
L'economia italiana sta crescendo a un ritmo non superiore al previsto, in un contesto internazionale che si espande al di sotto dell'atteso. In particolare, la stasi della produzione negli altri maggiori Paesi europei ,indica che il foro sviluppo, nel 1987, toccherà a stento il pur modesto tasso del 2%. Il divario fra i ritmi di crescita pone al nostro Paese un problema di compatibilità: tanto meno si renderà necessario frenare l'espansione per adeguarci al lento sviluppo altrui, quanto più saremo capaci di rigore nei nostri comportamenti.
Gli aumenti retributivi concessi in sede di rinnovi contrattuali, gli incrementi del reddito disponibile dei lavoratori autonomi e quelli della ricchezza finanziaria delle famiglie in termini reali si stanno traducendo in una maggiore spesa per consumi, specie di beni durevoli. Nonostante le incertezze sull'evoluzione del ciclo internazionale, prosegue la realizzazione dei programmi di investimento. Essi sono rivolti al completamento della ristrutturazione industriale e a un sia pur limitato aumento della base produttiva. Lo sviluppo delle vendite sul mercato interno ha innalzato l'utilizzo della capacità degli impianti su livelli solo di poco inferiori a quelli massimi della precedente fase di espansione. Il contenimento del disavanzo commerciale richiede, in difetto di crescita della domanda mondiale, un rallentamento dei consumi e la ricerca della competitività attraverso una maggiore produttività e la moderazione dei salari e dei profitti unitari.
La soluzione dei nodi di fondo dell'economia italiana, soprattutto di quello della disoccupazione, postula la crescita. Accettare un tasso di sviluppo inferiore alla potenzialità del sistema, non è per l'Italia solo un accidente congiunturale; ha implicazioni più profonde, in quanto aggrava i problemi di struttura.
Un'azione diretta a rendere stabile e duratura la crescita del reddito e dell'occupazione, evitando recrudescenze inflazionistiche, deve sottrarre risorse ai consumi, liberandole per l'attività di accumulazione e di esportazione.
Insieme con un rinnovato impegno nella politica dei redditi, è necessaria una manovra di bilancio volta a impedire che l'aggiustamento ricada sugli investimenti. Essa dovrà, in primo luogo, mirare a raggiungere l'obiettivo di ridurre il fabbisogno pubblico per il 1987 a 100 mila miliardi. In una condizione ciclica come l'attuale, emergono i limiti che alla politica economica impone un bilancio pubblico difficilmente manovrabile quale strumento anticongiunturale, oltre che di guida dello sviluppo e di diffusione del benessere tra i cittadini.
Lo stato della finanza pubblica si riassume in pochi dati: un fabbisogno e una distribuzione netta di risparmio tuttora pari, rispettivamente, al 12 e al 6% del prodotto interno lordo; una spesa che ha raggiunto il 51% del prodotto, costituita per quasi nove decimi da uscite correnti, alimentata da istituti, difettosi nell'impianto, che è urgente riformare. la dimensione del fabbisogno, il suo finanziamento, la gestione del debito pubblico condizionano la condotta della politica monetaria. Di qui l'attenzione della Banca Centrale allo stato della finanza pubblica e la sua partecipazione al dibattito sugli indirizzi atti a migliorarlo. Abbiamo sostenuto da tempo, e riaffermato di recente, la necessità di perseguire il riequilibrio, ponendo innanzitutto sotto controllo la dinamica della spesa. Il piano pluriennale del governo, teso ad annullare il fabbisogno al netto degli interessi, è opportunamente incentrato sui freni alla spesa.
Abbiamo preso atto del progresso compiuto lo scorso anno nel contenimento del fabbisogno al netto degli interessi. Ma i risultati conseguiti hanno in parte carattere transeunte. Un apporto al raggiungimento del fini del piano governativo secondo i tempi previsti può venire da aumenti delle entrate; va ricercato, giova ripeterlo, soprattutto correggendo la sperequazione esistente in favore di chi beneficia di spazi di evasione, elusione, erosione degli imponibili.

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