§ ITALIANI ALLO SPECCHIO

Sorpasso e anglofilia




M.C.M.



Sull'Italia che ha "sorpassato" l'Inghilterra in campo economico si è detto tutto. Con un'eccezione: un cono d'ombra sul quale non è inutile gettare qualche fascio di luce. Il grande dibattito ha rivelato l'esistenza nel nostro paese di una estesa e tenace anglofilia, che è addirittura "invulnerabile", come ha sostenuto di recente uno scrittore britannico. E' vero che molti hanno inveito contro la tesi del sorpasso non per genuina fiducia verso il Regno Unito, ma per antica sfiducia verso l'Italia. Ma è anche vero che l'anglofilia ha una lunga e nobile tradizione in Italia, con radici storiche, culturali, emotive. Come tutte le "filie", esige però un aggiornamento. Se non lo accetta, è rigida ideologia.
E' evidente che centinaia di migliaia di italiani, dei quali abbiamo udita in questi mesi l'amore e la stima per la Gran Bretagna, hanno nel cuore e nella mente una nazione che non esiste più. Voci dotte e assennate hanno descritto un'isola che neppure il più ottimista o nazionalista dei britannici osa sognare. Quell'Inghilterra è morta una ventina di anni fa. E ancora non si intravede la silhouette, non si capta lo spirito della futura Inghilterra.
Sostiene Mario Ciriello che si è posto troppo l'accento sul "declino eco-nomico", come se l'impoverimento materiale fosse l'unica afflizione della Gran Bretagna. Purtroppo, ve ne sono altre, e ben più gravi. Scri-ve il "Financial Times": "La pubblica istruzione è nei guai e vi resterà per almeno un'altra generazione. Manca una filosofia nazionale dell'educazione, e i governi non possono crearla". Il "Daily Telegraph" conferma l'esistenza a Londra di pericolose "no-go areas", dove né po-lizia né postini mettono piede. Drogati e prostitute assediano, da mez-zanotte in poi, insieme con spacciatori, protettori e hooligans, intere fasce londinesi: e non stiamo parlando della periferia, bensì della City. L'"Observer" commenta il crescente uso da parte dei governi dell'Offi-cial Secret Act, nonché la mancata "incorporazione" nel diritto inglese della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, e scrive: "Si è così vi-sta rivelata la sottile epidermide che protegge le nostre libertà tanto decantate".
Il nostro anglofilo immagina tuttora una società civilissima, popolata di gentlemen seri, distinti, corretti, adepti fedeli dei "fair play". Vede tuttora città linde e ordinate, protette da "bobbies" senza armi. Pensa a belle "public schools", ai convitti con allievi in uniforme e con prati smeraldini. Ormai sono miti. La società è ruvida e grintosa; e forse de-ve esserlo, per ritrovare un dinamismo economico. Le città sono sciat-te. I "bobbies" sparano, hanno il grilletto facile. Nei costosissimi colle-gi si impara assai meno che in un gratuito liceo tedesco, francese, ita-liano; e le scuole di Stato sono universalmente considerate un "disa-stro nazionale". Finalmente consapevole di non avere una Costituzio-ne, il paese chiede, ma invano, almeno finora, un "Bill of Rights".
Bernard Williams, rettore del "King's College" di Cambridge, ha parlato in termini di cruda realtà. La vecchia società inglese - ha scritto sul "Times" - "has gone and will not come again", se n'è andata e non tornerò. Adesso è necessario "riflettere" sulla forma e sullo spirito della società futura, ma è un esercizio doloroso, affrontato con riluttanza e senza il rigore necessario. Soprattutto, bisogna elevare il bassissimo livello generale d'istruzione, perché, se non lo si farà, questa società - conclude Williams - "diverrà uno slum astioso, turbolento, disperato". è il linguaggio drammatico, violento persino, di chi vede la propria terra oscurata da un lungo crepuscolo. Lo stesso linguaggio di Lord Grimond, l'ex leader liberale, il quale dice: "Siamo avvolti dalle nebbie delle disillusioni. Anche nelle strade più prospere, vi è sui volti un velo d'infelicità".
Per Grimond, uomo di grande cultura, la Gran Bretagna continua ad affondare "nella palude di una demoralizzata inefficienza". E non sembra esservi speranza: la "rivoluzione thatcheriana" ha posto le premesse per un rinnovamento, ma il rinnovamento ancora non c'è, e, intanto, si è aggravato, invelenita la frattura tra le classi, e tra le classi e le regioni. Un nuovo sondaggio rivela che la stragrande maggioranza degli inglesi vede non uno, ma "ben cinque declini": nel rispetto della legge e dell'ordine; nella moralità sessuale; nell'etica professionale; negli studi; e persino nell'"integrità politica". Questa consapevolezza delle numerose ombre è forse la novità più incoraggiante. Non ci si nasconde più dietro arroganti ignoranze. Si cercano insegnamenti ovunque. E anche in Italia.
Questo panorama non deve indurre i nostri anglofili a ripudiare i propri sentimenti. Serbino e coltivino la loro preziosa "filia", soprattutto se attinge ai valori eterni di quest'isola. Ma attenuino l'ammirazione e accrescano la cognizione. Non si continui ad amare una fanciulla che non c'è più, che non tornerò più: si accetti che l'Inghilterra degli anni Ottanta è una nazione vecchia, arrugginita, grigia, smarrita, ancora alla ricerca di una nuova identità. Forse il peggio è passato, forse "non affonda più", come sostiene "The Spectator", ma molti anni dovranno passare, prima che torni a galleggiare esuberante. Anni difficili, una lunga ricostruzione, economica, sì, ma soprattutto spirituale, morale, sociale, culturale. E non è cosa da poco.

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