§ MERCATO EUROPEO DEI CAPITALI

Un progetto e tante incognite




Claudio Alemanno



L'economia di carta elaborata dalle istituzioni comunitarie potrà avere concreti riscontri nell'organizzazione di un mercato europeo dei capitali? C'è in questo senso una direttiva CEE che colloca al 1992 la data ufficiale di avvio del processo di liberalizzazione ma è difficile immaginare che in cinque anni si possa procedere ad un armonico allineamento del delicati meccanismi nazionali che regolano la materia, impegnati tra l'altro a gestire in chiave interna i processi di stop and go che attanagliano l'evoluzione economica contemporanea. l'esigenza è comunque avvertita nel settore finanziario, in quello delle imprese e tra i privati che accrescendo la loro capacità di risparmio hanno permesso di rendere più dinamica la funzione mediatrice del mercato. Non a caso i Governi nazionali sono orientati a limitare progressivamente il concorso diretto al finanziamento delle imprese con la conseguenza di vedere accresciuta l'importanza della Borsa e degli organismi intermediari. la concorrenza tra questi soggetti, se liberamente esercitata in ambito comunitario, consentirebbe di stimolare con più efficacia gli investitori potenziali aumentando di conseguenza il volume globale del risparmio immesso sul mercato. Su questa linea si muovono le direttive comunitarie che anche in Italia hanno fatto proseliti con la progressiva riduzione delle norme restrittive contenute nella disciplina valutaria.
Tuttavia a fronte delle esigenze obiettive di espansione del mercato accade spesso di ascoltare timori in ordine alle tensioni accumulate all'interno dei sistemi nazionali ed alla foro capacità di provocare, nel quadro del l'integrazione, effetti perversi sul movimento del capitali. Di fatto alcune difficoltà sono insite agli effetti nuovi di quotazione e possono essere riassorbite nella fase di assestamento del mercato. Altre invece sono riconducibili alla necessità di perfezionare a monte, sul piano istituzionale ed organizzativo, i meccanismi fin qui utilizzati favorendo l'adattamento delle possibilità d'impiego alle preferenze manifestate dai risparmiatori, promuovendo normative ispirate al principio della neutralità fiscale e predisponendo strumenti adeguati di garanzia e di controllo.
Il passaggio alla realtà operativa di un mercato europeo dei capitali necessita quindi di un quadro complesso di armonizzazioni che implica questioni tecniche ed indirizzi più generali di politica economica da mettere a punto in sede comunitaria ed in ogni Stato membro.

Stabilità dei mercati valutari

Innanzitutto va rivisto nella nuova realtà che si vuole accreditare il ruolo dello Sme. La frequente revisione delle parità di cambio determina tensioni ed incertezze che non possono non riflettersi negativamente sulla bilancia commerciale e sulle più generali aspettative di stabilizzazione. La limitata sovranità valutaria dell'Europa suggerisce l'adozione di provvedimenti tecnici che devono condurre alla costituzione di un "nuovo" Sme idoneo a raffreddare le tensioni sui cambi ed a contenere gli effetti di dipendenza dalle fluttuazioni del dollaro e dello yen. Soprattutto quando i taurbillons monetari risultano gestiti da managers di "front pages" più che da responsabili esperti di strategia economica. Negli ambienti della Commissione europea circolano idee che appaiono marginali rispetto al quesito di fondo che attiene alla necessità di realizzare un effettivo coordinamento delle politiche economiche e monetarie.

Si prospetta l'opportunità di dare disciplina agli interventi inframarginali, cioè a quegli interventi che effettuano le Banche centrali prima che una moneta raggiunga il limite accordato nella banda di oscillazione dello Sme. Si pensa ancora di promuovere il rafforzamento del ruolo del Fecom (Fondo europeo di cooperazione monetaria) assegnandogli poteri di intervento diretto sul mercato. Sono questioni tecniche di indubbia rilevanza ma di scarso effetto pratico se restano in sordina tre quesiti base: l'aggancio tempestivo di provvedimenti economici alle esigenze di riallineamento valutario, la rapida stabilizzazione dei tassi di sconto, il consolidamento dell'Ecu come unità monetaria polivalente, ivi incluso il riconoscimento del ruolo di valuta di riserva.

Diritto societario e operazioni di Borsa

L'entità dei fondi reperiti dalle imprese sul mercato dei capitali e la proliferazione di strumenti finanziari innovativi impongono altre riflessioni. La quotazione in Borsa non può essere considerata come semplice parametro di riferimento per la determinazione del valore dei titoli. Ha assunto ormai vasta rilevanza sociale dal momento che è cresciuta la domanda e la diffusione dei titoli interessa un pubblico sempre più ampio e variegato. E' vero che nella strategia di contrattazione i finanzieri di professione privilegiano il loro "peso" ma è altrettanto vero che accanto ad essi operano sul mercato nuclei consistenti di piccoli risparmiatori che più semplicemente li comprano con l'aspettativa di un buon rendimento. L'impegno di assicurare garanzie e pubblicità adeguate sulla consistenza economica e patrimoniale delle società e di perseguire maggiore trasparenza nelle operazioni di Borsa diventa essenziale se si ritiene di coinvolgere il "cittadino europeo" nel progetto di ampliamento dei titoli offerti. L'intreccio di partecipazioni azionarie fra società che compongono un gruppo industriale solleva in particolare seri interrogativi in ordine alla necessità di rendere intelligibile la struttura organizzativa, l'assetto proprietario e l'indirizzo gestionale.
Una direttiva CEE (la nona), in corso di definizione, fornisce su questo versante utili indicazioni anche se risulta ispirata per eccesso dalla legislazione tedesca (la Germania però è l'unico paese comunitario dotato di una disciplina dettagliata per i gruppi d'imprese). La direttiva prevede che l'impresa con compiti di direzione nei confronti di un'altra impresa assume responsabilità verso quest'ultima per ogni danno che possa derivare dalla gestione. In pratica insorge responsabilità a carico della società controllante per errori di gestione commessi dalla società controllata in ossequio al principio della sostituzione di organi e si riconosce la titolarità dell'azione non solo all'organo di direzione della controllata ma anche al singolo azionista di quest'ultima. Il vuoto legislativo che in Italia corre l'obbligo di registrare su questo tema (la disciplina attuale prevede vincoli generici disposti con gli artt. 2359 c.c., 2424 c.c. modificato con la riforma del 1974 e 2429 bis n. 7 introdotto dalla riforma citata) è auspicabile che possa essere colmato in sede di attuazione della direttiva CEE ed in coerenza con lo sviluppo e l'accelerazione che si pretende di imprimere al mercato dei capitali.

Ampliamento dei circuiti creditizi

La struttura dei mercati finanziari negli Stati della Comunità ha nelle Banche e negli istituti di credito speciale i suoi punti di forza. Tuttavia le tecniche creditizie e soprattutto la funzione degli organismi che le applicano rispondono a preoccupazioni spesso divergenti nello stesso ambito nazionale. L'azione degli istituti di diritto pubblico operanti in Belgio, Francia e Italia risulta ad esempio concorrenziale con il sistema bancario ed è caratterizzata da una vocazione essenzialmente nazionale.

Agli ostacoli istituzionali si aggiungono difficoltà proprie delle operazioni finanziarie internazionali connesse al rischio di cambio ed al quadro delle garanzie e delle cauzioni offerte dall'ente mutuante. Rilevanza non secondaria hanno anche i gravami che si riscontrano nel settore fiscale per l'impatto oneroso prodotto dai fenomeni di doppia imposizione sugli interessi dei crediti e sugli effetti utilizzati nei rapporti finanziari internazionali (cambiali, ecc.) nonché dai diritti e dalle tasse cui è soggetta la costituzione di cauzioni e garanzie.
Altro tema di rilevante interesse per le banche sotto il profilo istituzionale è quello della predisposizione di bilanci secondo le regole europee. Esistono in proposito tre direttive CEE di indubbio interesse sui bilanci in generale, sui bilanci consolidati e sui conti annuali e consolidati. Quest'ultima, di recente pubblicazione, allarga l'ambito di applicazione a tutte le società di diritto civile e commerciale, ivi incluse le cooperative. Da sottolineare che l'elenco degli enti creditizi che i singoli Stati devono fornire alla CEE dev'essere aggiornato ogni anno seguendo uno schema che prevede cinque categorie di banche: le commerciali, comprese le filiali di banche estere; le Casse di risparmio; le cooperative; gli istituti speciali di credito a lungo termine; le altre banche escluse dalle precedenti categorie.
Il processo di razionalizzazione per quanto attiene agli schemi di bilancio può dunque ritenersi a buon punto avendo anche disposto che le banche devono consolidare le controllate la cui attività costituisca emanazione diretta dell'attività bancaria dando luogo a servizi complementari come il leasing, il factoring, la gestione di centri informatici e di fondi comuni d'investimento. Ciò non esclude che esistano ancora vaste aree di studio per valutare la solidità patrimoniale, definire le responsabilità degli amministratori e assicurare la trasparenza bancaria. Senza ledere l'autonomia decisionale degli organi di gestione si avverte la necessità di rendere disponibili alcuni criteri univoci di riferimento per conseguire una lettura puntuale della politica del fido, per conoscere la composizione qualitativa e quantitativa delle sofferenze, il tempo della loro formazione e la relativa collocazione nella struttura del bilancio. Non solo allo scopo di conseguire l'obiettivo di un chiaro giudizio contabile ma principalmente per assicurare analisi e valutazioni di tipo tecnico-economico in ordine all'evoluzione dell'economia aziendale. A questo tema si collega anche l'esigenza di criteri univoci nella regolamentazione della trasparenza bancaria sia per precisare contenuti e modalità dei l'informazione da dare al pubblico, sia per definire la pubblicità delle operazioni con riferimento ai tassi minimi e massimi ed alle condizioni praticate per le operazioni di credito e di raccolta.
Sotto il profilo della responsabilità degli amministratori occorre approfondire. gli studi di diritto comparato per giungere alla configurazione di ipotesi di reato strutturalmente interrelate con l'esercizio dell'impresa bancaria. In Italia ad esempio si fa spesso ricorso a fattispecie delittuose prese in prestito da altri contesti istituzionali. Fanno testo il peculato che appartiene alla disciplina dei delitti contro la Pubblica Amministrazione e l'appropriazione indebita che appartiene alla disciplina dei reati contro il patrimonio. Ma se si afferma il principio già consolidato in ambito CEE secondo cui l'attività di raccolta del risparmio e l'esercizio del credito hanno carattere d'impresa, indipendentemente dalla natura pubblica o privata dei soggetti che la esercitano, occorre procedere al riesame di diversi orientamenti legislativi che in questi ultimi anni hanno di fatto attribuito al sistema bancario prevalenti funzioni programmatorie dell'economia accentuando un carattere pubblico sostanzialmente improprio.
La revisione o introduzione di norme specifiche nel contesto di un quadro istituzionale europeo armonizzato implica nel settore della circolazione dei capitali anche un progetto di internazionalizzazione della vigilanza esercitata dalle Banche centrali. E' auspicabile che come primo contributo in questa direzione si giunga rapidamente allo scambio di informazioni e visite ispettive di controllo consentito sulla base di una direttiva CEE già recepita dagli ordinamenti interni. Ma in prospettiva occorre definire la competenza del controlli da esercitare su un numero limitato ma crescente di gruppi bancari multinazionali che si presentano come strutture complesse e diversificate soggette alla disciplina di più ordinamenti. Si avverte quindi l'esigenza di una maggiore interdipendenza nell'esercizio della funzione ispettiva che implica impegni di cooperazione regolamentata per far fronte alle linee evolutive dell'espansione del mercato. Con riferimento all'Italia è doveroso sottolineare che mentre nel 1970 il sistema creditizio era rappresentato all'estero da 4 istituti, alla fine del 1985 questi erano già 44 e la loro incidenza sull'attività internazionale era pari al 2,5%. Una cooperazione multilaterale s'impone per regolamentare anche sotto il profilo organizzativo lo sviluppo delle agenzie e degli sportelli che finora ha seguito solo la logica espansiva dei grandi gruppi industriali.

Attività del Tesoro

E' noto che sui problemi strutturali dei mercati finanziari ed in particolare sul classamento dei titoli obbligazionari e sulla distribuzione delle quote tra gli intermediari incide in modo rilevante il ruolo svolto dal Tesoro. In tutti i Paesi esso assume la funzione di organismo redistributore di capitali a lungo termine mediante l'emissione di obbligazioni e la concessione di crediti al settore delle imprese pubbliche e private sia direttamente, sia tramite gli istituti di credito. Il suo compito di direzione della politica economica è particolarmente visibile quando lo Stato riserva condizioni di favore alle proprie emissioni e concede mezzi finanziari e condizioni più vantaggiose rispetto a quelle correnti sul mercato. la partecipazione degli organismi di raccolta del risparmio al finanziamento degli investimenti produttivi appare quindi condizionata ed obiettivamente limitata dai vincoli posti all'impiego delle risorse dalla Pubblica Amministrazione. Ciò crea in sede comunitaria seri problemi di coordinamento per gli indirizzi statali di politica economica e di bilancio pubblico e fa riflettere, nel quadro di uno spazio finanziario europeo, sulla necessità di potenziare il grado di autonomia del sistema bancario.

Riordino del sistema fiscale

Lo sviluppo ed il funzionamento dinamico di un mercato europeo dei capitali richiedono poi che i sistemi fiscali non creino ostacoli per le operazioni effettuate su questo mercato, analoghe a quelle poste in essere su un mercato nazionale. Il richiamo al principio della neutralità trasferito sul piano operativo implica che i sistemi fiscali non devono incidere sulla scelta del luogo d'impiego né sulla scelta tra l'impiego diretto del risparmiatore e quello indiretto operato attraverso i servizi d'intermediazione, così come non devono sussistere differenze tra i Paesi membri in tema di incentivi allo sviluppo. Ne consegue la necessità di mettere a punto una serie articolata di provvedimenti che dovrebbero apportare modifiche sostanziali ai regimi fiscali in vigore. Ampio e variegato ad esempio è il capitolo delle doppie imposizioni che colpiscono i redditi in impieghi mobiliari effettuati in un Paese diverso da quello in cui il beneficiario risulta domiciliato. Condizioni altrettanto differenziate si riscontrano in materia d'imposte indirette che gravano sulla raccolta e la circolazione dei capitali. Dunque l'intera materia del trattamento fiscale dei titoli e dei redditi che ne derivano richiede un'armonizzazione dei regimi d'imposizione, di riscossione e di controllo che potrà essere realizzata solo nel contesto di una convenzione multilaterale specifica.

Incognite sul futuro

Alla base dell'ampio disegno di riordino strutturale che esige la messa a punto di un mercato europeo dei capitoli c'è un triplice ordine di problemi impellenti: la realtà di un'Europa valutaria assediata, l'orientamento delle politiche d'impresa verso una diversificazione geografica delle attività produttive, connessa ad un tasso crescente di concentrazione, l'aspirazione dei privati di acquisire, con uno spazio-mercato più ampio, opportunità maggiori nella remunerazione del risparmio. L'allargamento dei mercati, sostenuto da uno stretto coordinamento delle politiche economiche, agevolerebbe il finanziamento dello sviluppo che nei singoli Stati dipende in misura sempre maggiore dal mercato dei capitali. Si accentuerebbe la moltiplicazione delle fonti esterne di finanziamento delle imprese e quindi il perseguimento più rapido dei loro obiettivi dimensionali.
Il livellamento nelle condizioni di finanziamento all'interno della Comunità darebbe luogo inoltre ad altri vantaggi che vanno dalla diminuzione delle distorsioni in tema di concorrenza all'aumento dell'offerta di capitali grazie all'accresciuta diversificazione dei titoli disponibili. Naturalmente la necessità di superare la compartimentazione in atto implica la ricerca di un maggiore equilibrio tra disponibilità finanziarie e fabbisogno dei diversi settori dell'economia e quindi l'adozione di adeguati poteri di controllo sia sul funzionamento dei mercati nazionali, sia sulla loro possibilità d'integrazione.
Tutto ciò si traduce in ultima analisi nel riconoscimento di maggiori poteri agli organi istituzionali della CEE. Ma nella prospettiva del loro esercizio s'impone l'obbligo di evitare metodiche bizantine e discriminanti che già si avvertono in regime di regolamenti. Se ribaltate su un proscenio più ampio finirebbero per disattivare gli stessi segnali di unificazione che provengono dal mondo concreto dell'economia. Le difficoltà nel produrre strumenti di gestione equidistanti derivano dal fatto che mentre all'interno degli Stati la dialettica democratica è pienamente accettata, non lo è ancora nei rapporti intracomunitari che continuano ad essere governati dalla ragion di Stato interpretata sovente con le regole dell'encien régime. Occorre convincersi che diversità e diseguaglianza restano categorie concettuali distinte ma non penalizzanti.
Se non si trova un connubio possibile in vista del relativo superamento, gli europei dovranno rassegnarsi a vivere a lungo in ordine sparso. Tra aspettative deluse e fiduciose attese. Immersi in una filosofia di mercato ed in uno schema di organizzazione sempre in bilico tra l'illuminismo tedesco ed il pragmatismo anglosassone.


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