§ LIRA E STABILITA'

Moneta e nuova finanza




Carlo Azeglio Ciampi



La predisposizione di condizioni per il passaggio a una impostazione della politica monetaria basata sugli strumenti di controllo indiretto costituisce il filo conduttore dell'azione della Banca d'Italia nell'ultimo decennio. In questa transizione il nostro Paese si è iscritto in un processo internazionale nel quale si sono manifestate due tendenze. la prima ha visto i Paesi europei che avevano fatto maggiore ricorso agli strumenti di controllo diretto rimuovere gradualmente l'apparato amministrativo. E' il caso del Regno Unito, che ha abolito il "corset" alla fine del 1979; della Danimarca, del Belgio e dell'Irlanda, che più di recente hanno abolito l'affidamento ai "ceilings" sul credito; dei Paesi scandinavi, che hanno progressivamente smantellato gli apparati di controllo sui tassi d'interesse. Anche la Francia si appresta ora a passare a un regime basato sulla manovra degli strumenti di controllo indiretto. Il ruolo degli strumenti diretti nella politica monetaria è stato oggetto, di recente, di analisi e valutazioni da parte delle banche centrali della Cee.
E' prevalso un giudizio di inopportunità e di difficile praticabilità di un loro uso prolungato: essi, nel tempo, provocano distorsioni allocative e vengono gradualmente erosi dal sorgere di altri canali di finanziamento. Possono invece costituire un utile mezzo per arginare situazioni di crisi temporanee. l'applicazione nel nostro Paese, nella prima metà dell'86, del massimale sul credito bancario è coerente con questa impostazione. la seconda tendenza è stata quella verso una maggiore flessibilità e articolazione della scelta e nel perseguimento degli obiettivi intermedi. In particolare, gli Stati Uniti e il Regno Unito, che all'inizio del decennio avevano fondato lo sforzo antinflazionisfico sull'imposizione di limiti rigidi allo sviluppo di alcuni aggregati monetari, hanno di recente fatto riferimento a un insieme più numeroso di indicatori, espressi con più ampi margini di tolleranza. Il cambiamento è da ricondurre alla rilevanza del movimenti internazionali di capitali, che hanno accresciuto le difficoltà di controllo degli aggregati tradizionali; all'innovazione finanziaria, che ha reso meno stabili le relazioni fra obiettivi intermedi e obiettivi finali; al mutamento di enfasi negli stessi obiettivi finali.
Una politica monetaria affidata a strumenti indiretti di controllo, anche quando si fondi su una informazione statistica esauriente e tempestiva e su schemi analitici perfezionati, è esposta a disturbi inattesi e la sua efficacia soffre di inevitabili margini di incertezza. Nel nostro caso, richiedono particolare attenzione i fattori esterni e la relazione fra obiettivi intermedi e finali, segnatamente quelle che passano attraverso la domanda di moneta. A parte l'imprevedibilità di shocks, quali quelli dei prezzi del petrolio, la stessa integrazione fra i mercati finanziari europei rende più intensi gli impulsi esterni: si impone per ciascun Paese della Comunità la necessità di impostare la politica monetaria muovendo dalla consapevolezza delle crescenti interdipendenze economiche all'interno dell'area. Per i Paesi legati agli accordi europei di cambio, i movimenti all'interno delle bande di fluttuazione, l'imperfetta sostituibilità tra le attività denominate in valute diverse, la persistenza di controlli sui movimenti di capitale, il ricorso nella manovra monetaria a strumenti amministrativi hanno finora attenuato i vincoli che derivano alla politica monetaria dalla partecipazione allo Sme. Tuttavia, il processo di liberalizzazione valutaria, il passaggio a metodi di controllo monetario indiretto, la stessa innovazione finanziaria stanno restringendo i margini per un'azione monetaria autonoma. Divengono sempre più manifesti gli effetti negativi che derivano dal diverso grado di avanzamento conseguito nei tre principali aspetti dell'accordo di cambio:
1) la gestione delle politiche d'intervento all'interno delle bande di fluttuazione;
2) la fissazione dei tassi di cambio fra le varie monete in occasione dei riallineamenti;
3) la definizione della politica monetaria per il sistema nel suo complesso.
Mentre il coordinamento comunitario ha fatto notevoli progressi per il primo di questi aspetti, e in rilevante misura anche per il secondo, per il terzo esso è ancora a uno stato embrionale. l'assetto attuale nello Sme è assimilabile alla situazione in cui un Paese-cardine sceglie la propria politica monetaria e gli altri vi si adeguano, privilegiando il tasso di cambio rispetto agli obiettivi interni. Paradossalmente, questo aspetto viene indebolito dal miglioramento delle condizioni economiche del Paesi aderenti e dalla loro convergenza. Ovunque, negli ultimi anni, la lotta all'inflazione ha costituito l'obiettivo primario: la politica economica del Paese che conseguiva i risultati migliori in questo campo si proponeva agli altri come un naturale punto di riferimento. Il controllo dell'inflazione resta pur sempre il compito fondamentale delle autorità monetarie; l'Italia, nonostante i progressi compiuti, non ha ancora conseguito i risultati degli altri Paesi. Nondimeno, la lotta all'inflazione non si configura più come l'emergenza attorno alla quale coagulare, anche in mancanza di precise procedure, la formazione della politica monetaria comunitaria.
La sfida sulla strada del l'integrazione monetaria europea consiste nel rafforzare lo Sme con un insieme efficiente ed equilibrato di "regole del gioco"; queste non investono solo il governo della moneta, ma debbono riferirsi alla politica economica nel suo complesso. Occorrono inoltre strumenti finanziari idonei per affrontare situazioni di tensione sui mercati valutari, particolarmente in caso di movimenti destabilizzanti dei capitali a breve termine.
Circa la relazione fra obiettivi intermedi e obiettivi finali della politica monetaria, anche in Italia la trasformazione degli assetti finanziari ha esercitato su di essa un'influenza profonda. L'innovazione ha interessato in ampia misura il mercato del credito, che ha cessato di costituire il canale pressoché esclusivo di afflusso di risorse finanziarie alle imprese; ha interessato ancor di più la domanda di moneta. Le attività finanziarie nuove hanno ridimensionato la funzione patrimoniale della moneta.
L'assenza di una regolamentazione dei tassi passivi ha semplificato il controllo monetario. In Paesi come gli Stati Uniti, una spinta importante all'innovazione èprovenuta dal tentativo di aggirare i vincoli sulla remunerazione dei conti correnti, e il superamento di questi vincoli rende difficoltosa la definizione degli aggregati cui riferirsi. Da noi, questo problema si è posto in misura molto minore. Un trattamento indifferenziato del passivo da parte delle banche non è tuttavia auspicabile. L'esperienza internazionale mostra che spazi di economicità possono essere guadagnati distinguendo, all'interno dei depositi, categorie dalle diverse caratteristiche di liquidità e di remunerazione, con effetti positivi anche per l'efficacia della politica monetaria. L'impulso che la Banca d'Italia ha inteso dare allo sviluppo dei certificati dei depositi bancari, anche di recente con nuovi provvedimenti, è coerente con queste considerazioni.
La rilevanza dei fenomeni di ricomposizione dei portafogli fra moneta e altre attività finanziarie ha reso necessario abbandonare gli obiettivi puntuali di espansione della moneta e ricorrere a "ventagli di crescita", secondo una pratica già in uso in altri Paesi. L'opportunità della decisione è risultata evidente nella prima metà dell'86, contrassegnata dallo sviluppo dell'attività dei fondi comuni e dei servizi di gestione patrimoniale offerti dalle banche. Qualora la Banca d'Italia avesse stabilito e mantenuto obiettivi monetari rigidi, ne sarebbe risultato un indirizzo eccessivamente espansivo, che avrebbe richiesto in seguito una brusca correzione.
I profondi mutamenti intervenuti nella struttura finanziaria italiana nell'ultimo decennio, e in particolare la maggiore sostituibilità fra attività finanziarie e fra strumenti di credito, inducono a chiedersi se l'efficacia della politica monetaria ne sia stata influenzata. Fra i meccanismi di trasmissione degli impulsi monetari, gli effetti di "razionamento" si riducono al crescere dell'efficienza dei sistema: la segmentazione dei mercati si assottiglia con l'attenuarsi dei vincoli di liquidità e dei costi di transazione. D'altro lato, mantengono e possono anzi veder accresciuta la loro efficacia gli impulsi che si trasmettono attraverso variazioni dei rendimenti e dei rischi relativi delle attività finanziarie. le scelte di portafoglio degli operatori assumono maggiore rilevanza; gli aggregati tradizionali perdono significatività come indicatori della capacitò di spesa dell'economia, o di accesso alle risorse finanziarie, e vanno considerati sempre più congiuntamente al livello e alla struttura dei rendimenti. A questo riguardo, l'indicizzazione finanziaria nel caso italiano assume importanza particolare. Negli anni passati essa ha rappresentato uno strumento indispensabile per il finanziamento delle imprese e soprattutto per la gestione del debito pubblico. L'incertezza sui tassi d'interesse rischiava di allontanare i risparmiatori dall'investimento in titoli; l'elevatezza dei rendimenti nominali avrebbe implicato oneri difficilmente sopportabili al discendere dell'inflazione ove si fosse fatto ricorso all'indebitamento tradizionale a tasso fisso. il diffondersi dell'indicizzazione dei rendimenti ha posto tuttavia problemi nuovi alla politica monetaria. Una manovra verso l'alto dei tassi a breve, anche temporanea, non può ignorare l'aggravio di costo per il servizio del debito pubblico. D'altra parte, per ogni data variazione del tassi-guida, l'effetto sul reddito disponibile di coloro che detengono attività finanziarie indicizzate e Ia connessa eliminazione del fenomeni di "lock in" attenuano l'efficacia della manovra monetaria nel contenere la spesa privata. L'indicizzazione finanziaria rende automatica la diffusione di un aumento dei tassi a breve ai rendimenti degli strumenti finanziari a medio termine, con gli effetti desiderati sul costo del debito indicizzato dalle imprese. Ma i fattori sopra menzionati tendono a compensare tali effetti allorché l'ammontare in essere di titoli a tasso variabile è molto elevato.
La recente tendenza degli investitori italiani a ritornare ai titoli a medio termine a tasso fisso è pertanto da riguardare con favore anche da questo punto di vista; il suo consolidarsi ha come presupposto il rafforzamento della fiducia dei risparmiatori nella stabilità del valore della moneta. L'efficacia della politica monetaria richiede che sia pronta e affidabile la trasmissione dei suoi effetti attraverso gli intermediari e i mercati finanziari. Resta cruciale il ruolo affidato al sistema bancario; anche per questo motivo occorre che le aziende di credito perseguano nei propri ambiti organizzativi e decisionali l'efficienza nella gestione e nel controllo delle poste di bilancio. Ne deriverebbero effetti positivi sui loro stessi conti economici.
La concorrenza più acuta, internazionale e interna, tende ad assottigliare i margini reddituali delle banche e le spinge a cercare nuovi spazi operativi. Il fenomeno è oggetto di attenzione anche nelle sedi internazionali ove si dibattono i problemi di vigilanza bancaria. Oltreché sulla esigenza di una più penetrante supervisione cartolare e ispettiva, le autorità dei vari Paesi concordano nel ritenere opportuna l'applicazione di requisiti minimi di capitale; ciò risponde non solo a motivi prudenziali, ma anche allo scopo di promuovere l'omogeneizzazione delle condizioni di concorrenza tra le banche che operano nei mercati internazionali. Sul piano interno, l'introduzione di coefficienti di capitale che limitino l'assunzione del rischi risulta coerente con l'indirizzo di accrescere l'autonomia gestionale delle banche; essa rende possibile l'ulteriore riduzione dei vincoli operativi specifici lungo la linea da tempo seguita.
I risultati conseguiti nella trasformazione delle strutture finanziarie confermano che sono stati compiuti, negli ultimi anni, progressi importanti. Altre tappe ci attendono lungo questo cammino.
Ulteriore ammodernamento dei mercati, affinamento degli strumenti di intervento, liberalizzazione valutaria, maggiore partecipazione al processo di cooperazione e concertazione internazionale delle politiche economiche: sono questi gli obiettivi principali che perseguiamo, consapevoli che, nel governo della moneta e del credito, la maturazione delle decisioni debba comprendere in una sempre più stretta considerazione d'assieme gli effetti della manovra di breve periodo, gli aspetti di struttura, i legami internazionali. Nell'impostare la propria azione strutturale e congiunturale, la Banca d'Italia ha avuto come riferimento costante la stabilità monetaria. Se volgiamo indietro lo sguardo, la situazione presente ci appare ben diversa da quella dell'inizio di questo decennio. Ma conosciamo anche la distanza che ci separa ancora dagli altri maggiori Paesi industriali, la precarietà di alcuni equilibri, lo stato preoccupante della pubblica finanza.

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