§ L'INEDITO

Federico G. Lorca: "Canciones"




Giuliano Soria



"Federico è il primo, il più importante, di tutti gli esseri umani mai conosciuti. Non parlo del suo teatro né della sua poesia, parlo di lui. Il capolavoro era lui. Non riesco ad immaginare niente di simile. Che si mettesse al pianoforte per imitare Chopin, che improvvisasse una pantomima, una breve scena teatrale, era irresistibile. Poteva leggere una cosa qualsiasi, e la bellezza usciva sempre dalle sue labbra. Aveva la passione, la gioia, la gioventù".
Ancora un'immagine: "Magia, "duende", qualcosa di irresistibile c'era in tutto Federico. Com'era possibile dimenticarlo dopo averlo visto o ascoltato una volta? Era davvero affascinante: quando cantava, da solo o al pianoforte, quando recitava, quando scherzava e persino quando diceva cose di nessun conto".
Due ritratti che sembrano usciti dalla stessa penna: invece uno è di Luis Buñuel e l'altro di Rafael Alberti. Tante e tali sono le coincidenze, anche a livello lessicale, che i sospetti della facile agiografia, dell'iperbolico, banale elogio "post mortem" da parte di chi conosceva bene García Lorca vengono fugati. Perché Federico era un istrione nato, un padrone della scena, capace di attirare irresistibilmente a sé i compagni di gioco dell'infanzia, ammaliandoli con la sua straordinaria inventiva. Sono passati cinquant'anni dalla sua morte, ma Lorca non è ancora uscito di scena, anzi. Al di là delle celebrazioni per il cinquantennale della sua scomparsa, delle riflessioni su quanto già è stato detto e scritto sul poeta granadino, il poeta, forse lo spagnolo più universalmente noto dopo il Cervantes del Don Chisciotte, Lorca continua ad offrire materia di discussione, indagine, critica. E' sempre un "caso".
Il primo sintomo di un rinnovato interesse per Lorca è di tre anni fa. La vicenda è ormai nota a tutti. Il 17 marzo 1984 il quotidiano madrileno ABC dedica un inserto di ben 36 pagine agli undici sonetti lorchiani conosciuti come Sonetti dell'amore oscuro: consacrazione ufficiale, a quasi cinquant'anni dalla morte del poeta, di quei componimenti che una ristretta cerchia di amici già conosceva per averli sentiti recitare dalla sua viva voce. Tra i privilegiati uditori c'era anche il futuro Nobel Vincente Aleixandre, che li accolse come un "prodigio di passione, di entusiasmo, di felicità, di tormento, puro e ardente monumento all'amore in cui la materia prima è la carne, il cuore, l'anima del poeta in estasi di distruzione".
Ma un inedito di Lorca è un piatto troppo succulento perché al banchetto non intervengano gli indesiderati avvoltoi. E, puntualmente, l'efficientissima banda di "pirati" che sempre veleggia intorno alle occasioni di cultura che possono trasformarsi in buon business ne aveva immesso sul mercato, già alla fine dell'83, un'edizione fantasma, anonima. A parte l'evidente violazione delle norme che regolano i diritti d'autore, questa operazione editoriale clandestina gettava torve ombre su quello che Aleixandre aveva definito puro e ardente monumento all'amore, indirizzando anzi la lettura dei testi - riprodotti in un'edizione assai poco rigorosa - verso un'area interpretativa morbosa e tendenziosa.
Un'operazione così sfacciatamente lesiva dell'immagine del poeta e dell'appassionato lavoro di un gruppo di affermati studiosi che da anni lavorano sui suoi manoscritti non poteva non suscitare la reazione irritata della famiglia di Lorca, che degli archivi è inflessibile e gelosissima custode. Ufficialmente, quindi, la clamorosa iniziativa culturale di un quotidiano ad amplissima diffusione com'è l'ABC doveva servire da "controveleno". In attesa che vedesse la luce l'edizione Ariel dell'opera poetica completa di Lorca, inediti compresi, quella dell'ABC è stata la prima versione "seria" dei chiacchierati sonetti (in Italia i Sonetti dell'amore oscuro, tradotti da Mario Socrate, sono apparsi nell'85 per i tipi della Garzanti).
Ma perché tante polemiche? Molto si è discusso sul significato da attribuirsi all'amore oscuro. Era stato lo stesso Lorca a battezzare in questo modo il piccolo gruppo di sonetti, prendendo a prestito per il titolo il verso iniziale di uno di essi. Tra le ipotesi che maggiormente hanno preso piede vi è quella della lettura dell'"oscurità" come metafora del proibito, della presunta omosessualità del poeta che emergerebbe, più o meno velatamente, da altri componimenti lorchiani (il famosissimo Llanto por Ignacio Sónchez Mejìas o la Oda a Walt Whitman, tra gli altri). Ma non c'è solo questo. Eros e Thanatos, il classico binomio amore e morte, sono una costante della poetica di Lorca. Amore contrastato, sofferto; aguzzino, carcere, tortura, buio. Amore implacabile, assoluto, passione devastante, fuoco che divora e che sorprende il poeta in una condizione di fragilità, indifeso, dominato da un'atmosfera cupa e opprimente, in cui le paure hanno libero sfogo: paura dell'assenza, della separazione, dell'abbandono... Tutti temi, questi, che hanno illustri precedenti nella poesia spagnola, da Góngora a Quevedo. Ed è proprio con Góngora che Lorca e la cerchia di cui faceva parte negli anni degli studi universitari hanno un debito di riconoscenza. Sotto la guida spirituale di José Ortega y Gasset, Ramón Menéndez Pidal, Américo Castro, José Moreno Villa si formarono i poeti della cosiddetta "Generazione del '27", insieme con pittori come Dalì o Mirò, registi come Buñuel, saggisti come José Bergamìn. "Sede sociale" del gruppo era la mitica Residencia de Estudiantes di Madrid - "Resi" per gli studenti - che dal 1910 al 1936 fu uno dei centri culturali più aperti e vivaci, tappa obbligata per artisti di ogni parte della Spagna e stranieri. Pochi i superstiti di quello splendido gruppo, e una testimonianza fresca e godibilissima dell'atmosfera di quegli anni la offre Alberti nella sua Arboleda perdida.
A partire dalla pubblicazione dei Sonetti dell'amore oscuro gli omaggi a Lorca si sono moltiplicati, fino a raggiungere l'acme nell'86, anno che a buon diritto potrebbe essere definito lorchiano. Le manifestazioni si sono susseguite in ogni parte del mondo, e hanno fatto emergere anche aspetti meno noti del granadino. Un esempio significativo è offerto dalla mostra di circa 300 fra disegni e libri con dedica che Lorca era solito regolare agli amici. Federico amava personalizzare i suoi libri con un disegnino dai tratti inconfondibili, tristi pagliacci, arlecchini in lacrime... Era il suo modo, personalissimo e affettuoso, per convertire in un oggetto unico ciò che per nascita non lo è. La mostra, che aveva avuto il suo esordio a Granada nell'estate, è stata ospitata anche a Roma a riprova dell'interesse della cultura italiana per Lorca. A coronamento dell'omaggio italiano a Lorca, la "prima" mondiale il 12 dicembre scorso, presso il teatro Fossati di Milano, de El público, per la regia di Lluis Pasqual. Singolare il destino di quest'opera, che ha dovuto aspettare 56 anni prima di vedere una rappresentazione ufficiale. Come già era avvenuto per i Sonetti dell'amore oscuro, c'era stata anche per El público una lettura per pochi intimi, verso la fine del 1930. Lorca ne era entusiasta. Poco prima della rappresentazione aveva confidato all'amico Martínez Nadal: "Vedrai che opera. Audacissima e con una tecnica totalmente nuova. E' la miglior cosa che abbia scritto per il teatro". Alla fine della lettura, sostenuta dallo stesso Lorca, interprete perfetto delle proprie creazioni, ci furono attimi di imbarazzo fra gli spettatori. "Stupendo" disse qualcuno "ma irrappresentabile". E un altro, più sincero: "Io, se devo dire la verità, non ho capito niente". Federico non se la prese, sapeva bene che i tempi non erano maturi.
L'opera era molto difficile e, per quel momento, irrappresentabile. Ma, così pensava, nel giro di 10 o 20 anni, sarebbe stato un successone. I fatti hanno dimostrato che alle più nere previsioni dell'autore bisognava aggiungere almeno altri trenta anni.
L'ultimo tassello del mosaico Lorca, caso singolare, passa ancora per l'Italia. E' della fine di dicembre la pubblicazione di due nuovi volumi di poesie, Canciones y Primeras Canciones e El poema del conte jondo editi dalla Espasa Calpe di Madrid, primi due volumi della rinnovata collezione di Classici Castigliani, collana diretta da Víctor García de la Concha, che mira a pubblicare testi ormai "classici" delle lettere ispaniche, corredati da un solido apparato critico.
Ci occuperemo solamente del primo volume, quello delle Canciones, che fra i due offre i maggiori motivi di interesse: intanto perché il curatore è un insigne lorchista italiano, il professar Piero Menarini e poi perché ha il pregio di offrire un'appendice con ben 45 componimenti inediti. Il professar Menarini, ordinario di letteratura spagnola presso l'Università di Parma, non è al suo primo ritrovamento clamoroso di inediti firmati da Lorca. Ha già pubblicato un libretto per opera buffa, Lola la comedianta, recuperato fra le carte di Manuel de Falla, il musicista che era stato fraterno amico di Lorca. Al ritrovamento dei 45 inediti, il professar Menarini è giunto per caso. Quando la sorella di Federico, Isabel, e il nipote, Manuel, gli proposero di curare l'edizione critica delle Canciones, Menarini pose come "conditio sine qua non" quella di poter rovistare nel famoso, ricchissimo archivio del poeta. Se è vero, come pare, che almeno il 40% del materiale che compone il "mare magnum" dei manoscritti del poeta è ancora da ordinare, classificare e studiare, c'è da aspettarsi che altre novità lorchiane assurgano presto agli onori della cronaca.
A molti l'atteggiamento della famiglia di Lorca è sembrato di eccessivo "controllo". Come mai dei componimenti pregevoli, quali sono le 45 canzoni inedite, vedono la luce soltanto adesso? La cautela del Lorca è dovuta al desiderio di non creare confusioni e di permettere l'edizione di versioni definitive. Per lungo tempo la prassi era quella che, non appena si pubblicava qualcosa del poeta, compariva all'orizzonte qualcuno in possesso di una versione differente da quella pubblicata. Evento, questo, quasi inevitabile, perché molti sono i manoscritti di Lorca sparsi per il mondo: Federico li regalava spesso e volentieri, in segno di amicizia. Ed è quello che successe anche per Primeras Canciones: Lorca donò il manoscritto agli amici Manuel Altolaguirre e Concha Méndez, come regalo di nozze. I due lo pubblicarono soltanto nel 1936.
Lorca aveva esordito nel 1921 con Libro del poemas a cui era seguito a ruota Poemas del Cante Jondo: le Primeras Canciones sono del '22 mentre Canciones raccoglie componimenti scritti tra il 1921 e il 1924: insieme a Romancero gitano (1924-27) e a Poeta en Nueva York (1920-30) costituisce una delle più importanti raccolte del poeta.
Rafael Alberti conobbe Lorca nel '24 - naturalmente nella "Resi" - quando questi era un aspirante avvocato (prese anche la laurea, ma non la utilizzò mai); ce lo descrive "bruno, olivastro, ampia la fronte, su cui si agitava un grosso e folto ciuffo di capelli, colar nero fumo; brillanti gli occhi e aperto il sorriso, sempre sul punto di trasformarsi rapidamente in risata; aria non tanto di gitano quanto di contadino, di quel tipo di uomo, fine e grezzo a un tempo, che producono le terre andaluse". Le Canciones furono pubblicate nel 1927, per l'esattezza il 17 maggio, su "Sur". La loro pubblicazione fu laboriosa e contrastata. Lorca confidava nell'apparizione della raccolta per difendersi una volta per tutte dall'immagine falsa di poeta dei gitani che gli era rimasta incollata addosso dopo i Romances gitanos. La paura di non essere compreso o meglio di non essere correttamente interpretato come poeta, lo porta a un lavoro di pulitura, di decantazione puntigliosa dei suoi scritti. Le Canciones, libro depurato, intimo e lontano da qualunque sospetto di "spontaneismo", avrebbero avuto il compito di proteggerlo dalle etichette facili per lasciargli solamente il "timbro" di poeta, senza attributi riduttivi.
Gli inediti che oggi trovano spazio nell'appendice, composti tra il 1920 e il '25, non furono scartati dall'edizione del '27 per "scarsi meriti", non si tratta affatto di prove tecniche o esercizi di stile. Molte delle canzoni sono anzi perfettamente mature e concluse (e lo dimostra anche il sostanzioso apparato di varianti), e tuttavia non rientravano in quel progetto ideale di organizzazione dell'opera che Lorca voleva raggiungere. Il minuzioso lavoro di critica, riordino, "limatura" che l'autore attua sul testo delle Canciones aveva come scopo quello di ottenere una forma ben determinata, che corrispondesse a una precisa organizzazione tematico-poetica. Il risultato doveva essere un libro poetico e non un libro di poesia.
Il significato profondo di Canciones è proprio questo: è uno dei libri più drammatici di Lorca, la sua prima presa di coscienza di se stesso, il primo "libro" che il poeta scrive. Il lavoro svolto sulle varianti e sugli inediti permette a Menarini di affermare che è ora di farla finita con la favola di un Lorca incolto, poeta tutto istinto: Lorca leggeva moltissimo e tutto assorbiva e rielaborava con incredibile facilità. A riprova di quanto appena affermato, riportiamo le parole che Lorca pronunciò in una famosa conferenza tenuta nell'Ateneo di Granada il 13 febbraio del 1926, dal titolo "L'immagine poetica di don Luis de Góngora":
"Dice il grande poeta francese Paul Valéry che lo stato di ispirazione non è lo stato conveniente per scrivere una poesia. Come credo nell'ispirazione che Dio manda, così credo che Valéry sia avviato sulla buona strada. Lo stato di ispirazione è uno stato di raccoglimento ma non di dinamismo creativo. Bisogna che la visione vengo decantata dal concetto, perché diventi trasparente. Credo che nessun grande artista lavori in uno stato febbrile. Perfino i mistici si pongono al lavoro quando ormai l'ineffabile colomba dello Spirito Santo abbandono le loro celle e va perdendosi fra le nubi. Si ritorna dall'ispirazione come si ritorno da un paese straniero. La poesia è la narrazione del viaggio".
Presentiamo adesso al lettore una scelta dei testi compresi nell'appendice alle Canciones di Lorca. Preferiamo astenerci da analisi e commenti critici, lasciando al lettore il piacere della lettura e dell'interpretazione di questi inediti che presentiamo in anteprima.

La voz de la campana
Me va desmoronando.
Es un martillo de
Brisa comprimida
Que machaca a los años
En el mortero gigantesco
De los montes.
Tan tan tan tan.
Y uno queda clavado
En el pastoso limo
Terrenal
Mas yo me iré en un globo
De papel y desnudo
De años.
Haré para la dulce Doña Luna
Ejercicios acrobáticos.
Tejerán de estrella a estrella
Hilos de araña
Mis ojos enjaulados.
Y los tan tan tan tan
Irresistibles
Y metálicos
Me servirán de piedras sonoras
Para cruzar los eternos vados.

La voce della campana
mi sgretola a poco a poco
è un martello
a brezza compressa
che frantuma gli anni
nel mortaio gigantesco
dei monti.
Tan tan tan tan.
E si resta conficcati
nel pastoso limo
terrestre...
Ma io me ne andrò su un pallone
di carta e nudo
di anni.
Farò per la dolce Donna Luna
Esercizi acrobatici.
Tesseranno da stella a stella
Fili di ragnatela
I miei occhi ingabbiati.
E i tan tan tan tan
Irresistibili
E metallici
Mi serviranno da pietre sonore
Per attraversare gli eterni guadi.
(senza data)


LA CANCIÓN DE LA TORRE NEGRA

Mi alma es una altìsima
Torre negra.
¡ Niños no sonriáis!
(Pero más alta es mi pena.)

Veinte y cuatro pájaros
anidan en ella
(de oro y de azabache.)
Al pie crece la hierba.

Tiene una campanita
(¡ lin lan lin!)
pero no suena
y es doctora de un viento
(¡ quién lo dirá, pastora!)
que nunca se despierta.

Desde arriba domina
(mirador del amor)
la luna y la tormenta.
La torre Ilega al cielo
(¡ pero más alta es mi pena!)

Sobre el tejado tiene
(¡niños no sonriáis!)
el carazón de Ella.
¡Su corazón! ¿Qué risa?
convertido en veleta.

Pero mi torre alta...
(¡Niños Ilorad por mí!)
...¡no tiene escaleras!
No tiene... (corazòn,
dilo corazón)...
¡no tiene puerta!


LA CANZONE DELLA TORRE NERA

La mia anima è un'altissima
torre nera.
Bambini non sorridete!
(ma ancor più alta è la mia pena).

Ventiquattro uccelli
fan lì il loro nido
(d'oro e di giaietto).
Ai suoi piedi cresce l'erba.

Ha una campanella
(lin lan lin!)
ma non suona
ed è la guaritrice di un vento
(chi lo direbbe, pastorella!)
che non si sveglia mai.

Dall'alto domina
(terrazza dell'amore)
la luna e la tempesta.
La torre tocca il cielo
(ma ancor più alta è la mia pena)

Sulle tegole alberga
(bambini non sorridete!)
il cuore di Lei.
Il suo cuore! che ridere,
trasformato in banderuola.
Ma la mia alta torre...
(Bambini, piangete per me!)
... non ha scale!
Non ha... (dillo cuore,
dillo)...
non ha la porta!
(luglio 1923)


VOTO

La niña que yo amaba
Se cortó la cabellera.

(Cristo tenía frío
En su urna de espejos.)

La niña que yo amaba
Se cubrió con un manto.

(Oh río destrenzado!
¡ Oh viento largo y limpio!)

Una negra serpiente
Lleva muerta en los dedos.

(Cristo calma su frío
De cristal y madera.)

VOTO

La bimba che io amavo
tagliò le sue chiome

(Cristo aveva freddo
nella sua urna di specchi)

La bimba che io amavo
si coprì con un manto

(Oh fiume strecciato!
Oh vento lungo e pulito!)

Porta tra le dita
un nero serpente morto

(Cristo placa il suo freddo
di legno e cristallo)
(luglio 1923)


Palabra de cera.
No te acuerdes más de ella.
Déjala que se torne brisa fresca.

Palabra de plomo.
Ésa se irá a lo hondo.
Sacude tu vestido sobre el pozo.

Sorprende por un rato
El tierno abecedario
Que dibujan las ramas de aquel árbol
En la verde pizarra del remanso.

Mira y mira, hijo mìo,
Aquel lucero limpio
Y deja satisfecho en el olvido
Tus mohosas palabras de bolsillo.

Parola di cera.
Non ricordarla mai più.
Lascia che diventi fresca brezza.

Parola di piombo.
Quella andrò nel profondo.
Scuoti il tuo vestito sul pozzo.

Sorprendi per un momento
Il tenero sillabario
Che i rami di quell'albero disegnano
Sulla verde lavagna della gora.

Guarda e riguarda, figlio mio,
Quel limpido astro
E lascia senza rimpianti nell'oblio
Le tue stantie parole da taschino.
(4 agosto 1924)


CANCIÓN DEL ALMA EN ACECHO

El viento explora cautelosamente
Qué viejo tronco tenderá mañana.
El viento, con la luna en su alta frente
Escrito por el pájaro y la rama.

En mi puesto desde la madrugada
Espero al ángel negro que me turba
Con la flecha de acero preparada.

El cielo se colora lentamente.
Una estrella se muere en la ventana
Y en las sombras tendidas del Naciente
Luchan mi corazón y su manzana.

CANZONE DELL'ANIMA IN AGGUATO

Il vento tasta con cautela
Il vecchio tronco che abbatterà domani.
Il vento, con la luna sulla sua alta fronte
Scritto dall'uccello e dal ramo.

Nel mio cantuccio già dall'alba
Attendo il nero angelo che mi inquieta
Con la freccia d'acciaio pronta nell'arco.

Il cielo si colora lentamente.
Una stella muore alla finestra
E nelle ombre distese del
Nascente Lottano il mio cuore e la sua mela.
(12 agosto 1923)


Mi nombre de tinta,
¿si no fuera por la nieve
lo verías?
Pero llámame en cristal
o en aire frío,
Eloísa.
Viste mi nombre de plumas
o ámbar
pero no de tinta.

Il mio nome d'inchiostro,
se non fosse per la neve
lo vedresti?
Ma invocami su cristallo
o su aria fredda
Eloisa.
Vesti il mia nome di piume
o ambra
ma non d'inchiostro.
(17 novembre 1924)


Bandolero y todo
Te quiero a mi modo.

Tú, raterillo del mar.
Yo, gitano de la sierra.
¡Viva la palma de Egipto
Entre las conchas y banderas!

Alberti, pájaro tierno,
Limón de la limonera.
Federico, flor de todos
En la zarzamora negra.

Bandolero y todo
Te quiero a mi modo.

Bandito e tutto il resto
Ti amo a modo mio.

Tu, ladruncolo del mare.
Io, gitano della serra.
Viva la palma d'Egitto
fra conchiglie e bandiere!

Alberti, tenero passero.
Limone del limonaio.
Federico, fiore di tutti
nel nero rovo.

Bandito e tutto il resto
Ti amo a modo mio.
(1924?)

¡Ay qué montaña de luz
Es el dìa en el mediodía!
Qué blanco pinar de nubes
Asombra tus cimas de oro!

Ahi, che montagna di luce
è il giorno a mezzogiorno!

Che bianca pineta di nubi
ombreggia le tue cime d'oro!
(senza data)


INTERIOR

Llegué queriéndolos besar.
El silencio quemaba mis ojos
como negra cal.

¿Cómo está el niño chico?
Ellas siguieron borda que te borda
sus másteles de hilo.

Quisiera beber agua.
(Vi mi rostro en el
verde cristal de la ventana.)

INTERNO

Giunsi desiderando di baciarli.
Il silenzio bruciava i miei occhi
come calce nera.

Come sta il piccolino?
Loro continuarono a ricamare
e a ricamare i loro puntelli di filo.

Vorrei bere acqua
(vidi il mio volto nel verde
cristallo della finestra)
(senza data)


PREGÓN

La luna ha coincidido
en un círculo concéntrico.

(El agua era cerradura,
la luna llave.)

¡Pasen, señores,
pasen!

¡Señoras y Caballeros!

Al jardín de mi desesperanza,
al jardín de mi desconsuelo.


EDITTO

La luna è coincisa
in un cerchio concentrico.

(L'acqua era serratura,
la luna chiave).

Vengano, signori,
vengano!

Signore e Signori!

Nel giardino del mio sconforto
nel giardino della mia desolazione.

(senza data)

(Traduzione dallo spagnolo di Anna Maria Farinato)
Fonte: Federico García Lorca, Canciones y Primeras Canciones, Edición crìtica de Piero Menarini, Madrid, Espasa-Calpe, CIásicos castellanos. Nueva serie, 1986.


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