§ BANCA - IMPRESA - MEZZOGIORNO

Il declino del piccolo Cesare




Claudio Alemanno



Di fronte ai mutamenti sostanziali che si vanno profilando a seguito della non improbabile partecipazione azionaria delle industrie al capitale bancario come si colloca l'apparato creditizio che opera nel Mezzogiorno? Esistono rischi e contraccolpi che possono limitare la sua efficienza operativa? Apparentemente i problemi dei nuovi assetti proprietari che investono le grandi banche, soprattutto le private, possono essere indifferenti alla dialettica dello sviluppo delle aree deboli. In realtà questo processo è destinato a produrre la creazione di nuovi poli industriali e finanziari col conseguente avvio di un ciclo di investimenti per lo sviluppo che tende a consolidare sul piano internazionale la strategia delle grandi imprese. Non è un caso che la filosofia interventista veda in primo piano gruppi come Olivetti, Fiat, Montedison, Ferruzzi. Come possibile corollario di questo momento evolutivo non è difficile immaginare l'ulteriore rarefazione dell'afflusso di capitali verso aree deboli che, assumendo posizioni marginali nella logica di consolidamento di mercato, vedrebbero fatalmente accentuare la dipendenza degli impieghi dall'azione d'intervento della mano pubblica.
Nell'attuale fase di stallo occorre quindi attrezzarsi per salvaguardare gli interessi sani dell'economia meridionale, preoccupandosi di non disperdere i pochi segnali di dinamismo disponibili.
Nel Mezzogiorno il rapporto tra impieghi e depositi, pari nel 1984 al 45%, è passato nel 1985 al 47,1% pur sussistendo uno scarto tra tassi attivi e passivi ancora penalizzante. Significativi sono i dati che riguardano l'attività degli istituti di credito speciale. Poiché nel Centro-Nord le imprese hanno potuto realizzare margini più ampi di autofinanziamento ed attingere con maggiore disponibilità al mercato dei capitali si è registrato un minore ricorso a questa forma di credito. Nel 1985 l'incremento è stato solo del 7,7% mentre nel Mezzogiorno ha raggiunto l'11,6%. Inoltre la composizione del credito speciale si caratterizza nel Mezzogiorno per a presenza i una quota agevolata più consistente rispetto al Centro-Nord (44,1% contro il 28,2%) che denota la relativa fragilità del suo impianto produttivo e finanziario.
Gli stimoli ed il consolidamento della crescita reale nelle aree deboli hanno bisogno di nuove e più numerose riaggregazioni sul versante del credito, per il monopolio rituale in cui di fatto le banche qui si trovano ad operare e per la maggiore efficienza allocativa che deriverebbe da strutture imprenditoriali meglio dimensionate. Esigenza questa sempre avvertita ma resa ora pressante dai legami più stretti che si profilano nel rapporto banche-imprese e dalla conseguente nuova dialettica che verrà a governare le regole della concorrenza nel settore del credito e del mercato finanziario. l'obiettivo dell'industrializzazione resta sempre centrale per lo sviluppo del Mezzogiorno. Ma in uno scenario di continue trasformazioni tecnologiche e di alta competizione internazionale l'esigenza di costituire nuove imprese e di rinnovare continuamente prodotti e processi produttivi necessita di investimenti massicci che non possono essere soddisfatti con i meccanismi residuali del credito agevolato e degli incentivi finanziari. Questi risultano sempre meno determinanti nello stabilire la convenienza verso l'esercizio di attività produttive nelle aree deboli in assenza di una strategia globale coinvolgente anche gli interessi dei maggiori gruppi industriali e finanziari. Questa strategia è imputabile com'è noto alla politica dei redditi, alla politica industriale, alla politica fiscale e finanziaria del Governo e dei centri istituzionali ma in sede regionale e locale, oltre agli atti amministrativi incidenti sul comportamento delle aziende, un utile supporto può essere assicurato attraverso il riassetto dell'apparato creditizio dal momento che i suoi servizi costituiscono il veicolo più rappresentativo se non egemone nella guida all'ampliamento della base capitalistica. la presenza di un sistema di incentivi atto a mantenere un adeguato differenziale a favore dell'investimento industriale nel Mezzogiorno è stata ritenuta ancora utile e necessaria dal legislatore (legge 64, 1 marzo '86) ma rischia di non essere sufficientemente appetibile se non si predispone una gamma di servizi di supporto all'attività d'impresa (consulenze di rilievo strategico nel campo della finanza, informazione sui mercati esteri, ecc.) che in prima battuta consentano di rendere polpabili i vantaggi della locazione. Questi servizi sono riconducibili allo sviluppo di un sistema bancario più omogeneo ed aderente a quel ruolo propulsivo che da più parti gli viene richiesto, accelerando la tendenza a porre in secondo piano i compiti d'intermediazione rispetto all'esercizio di attività finanziarie cui consegue una vasta ricomposizione dei portafogli.


In un tessuto economico in cui la carenza di società per azioni non consente l'approvvigionamento diretto sul mercato dei capitali, il sostegno del sistema bancario alle imprese produttive deve risultare più penetrante e articolato in ragione delle diverse componenti che influenzano il mercato dei beni e dei prodotti finanziari. La crisi degli investimenti industriali nel Mezzogiorno ha coinciso finora con la crisi dell'intervento straordinario quasi che i due fenomeni fossero riconducibili ad un unico schema. L'approccio a nuovi programmi di sviluppo oggi invece può essere perseguito in condizioni diverse e meno uniformi sia perché sono mutate la direzione e l'entità del progresso tecnico, sia perché sulle economie di localizzazione incidono le differenze che una non omogenea distribuzione dello sviluppo ha prodotto sul territorio.
Questa difformità si riflette naturalmente sulle diverse prospettive di allocazione delle risorse ma lo snodo centrale per un movimento nazionale ed internazionale del capitale orientato verso lo sviluppo delle aree deboli passa attraverso il sistema creditizio e la sua dinamica capacità di attrezzarsi per fornire contributi sostanziali alle condizioni di convenienza dell'esercizio di imprese. La Banca d'Italia insiste da tempo sulla necessità di intraprendere iniziative che accentuino la crescita dimensionale delle aziende. La via delle fusioni, delle concentrazioni, delle attività consorziate, della specializzazione e della esecuzione di sovrapposizioni va percorsa senza attendere che lo stato di fibrillazione in atto produca condizioni di necessità. la pressione concorrenziale che verrà maturando nei prossimi anni renderà la dimensione operativa attuale non sempre sufficiente a garantire i requisiti minimi di una gestione economica.
La polverizzazione delle aziende di credito è stata talvolta segnalata come fattore di ritardo nell'organizzazione dinamica del mercato meridionale, talaltra come espressione pluralistica dell'impegno produttivo che si andava consolidando ed evolvendo. Questo metro di giudizio utilizzato in negativo o in positivo nella logica di un localismo imperante è di fatto superato dai nuovi equilibri capitalistici che investono interessi situati ormai su tutto il territorio nazionale. Quindi la competizione non può essere sofferta e vissuta all'interno di un sistema chiuso a meno che non si voglia impedire l'avvio di un nuovo ciclo di investimenti per lo sviluppo in aree che verrebbero poi penalizzate dall'isolamento progressivo. Evento questo in contrasto con l'approccio alla nuova gestione dell'intervento straordinario e con i generali orientamenti del mercato. Non esiste certo una relazione automatica tra l'attività delle banche nell'area dove sono insediate ed il credito che viene utilizzato. Tuttavia come la caduta del credito agevolato ha concorso nell'inasprire il costo del denaro al Sud, è possibile immaginare che effetti indotti di segno positivo sul versante delle imprese produttive possono essere riconducibili alla riorganizzazione del sistema creditizio.
Il momento sembra anche propizio per dare vita alla costituzione di società finanziarie con funzione intermediaria tra le imprese e la Borsa. Queste società potrebbero raccogliere con l'emissione di azioni mezzi finanziari da destinare alla ricapitalizzazione delle imprese piccole e medie con solide basi di gestione. Si creerebbe in questo modo uno strumento più duttile e vicino all'evoluzione del mercato finanziario consentendo alle imprese un ricorso al credito più agevole ed alle banche la possibilità di ridurre le quote di credito in sofferenza. Per questa via sarebbe anche possibile praticare una più accurata selezione tra le imprese produttive la cui solidità finanziaria costituisce presupposto essenziale nel perseguire obiettivi di sviluppo reale. L'avvertita esigenza di maggiori e più complesse attività direzionali e di servizio nel settore finanziario vede comunque in prima fila istituti di credito presenti nella realtà meridionale. Sulla via di una loro più razionale organizzazione pesa forse il dilemma del prigioniero, cioè quella particolare situazione in cui ciascuno evita di assumere iniziative nel timore di restare bruciato. Ma non sempre si può assicurare la sopravvivenza puntando sull'altrui debolezza più che sulla propria forza.

 


Banca Popolare Pugliese
Tutti i diritti riservati © 2000