§ DIBATTITI

Fisco e contribuenti




Antonio Pedone



Modifiche tributarie che hanno effetti trascurabili sul gettito, ma tendono a ridurre le differenze di trattamento tra i diversi tipi di reddito sono oggi da considerare poco importanti o inutili? Questo interrogativo è stato riproposto in occasione delle modifiche al regime delle esenzioni dalle imposte sul reddito degli interessi e altri proventi delle obbligazioni e dei titoli pubblici introdotte dal governo. Si è così richiamata l'opinione, espressa oltre settant'anni fa da Luigi Einaudi, secondo cui l'imposta sugli interessi dei titoli dei debito pubblico è una semplice partita di giro, la quale non lascia alcuna traccia nel bilancio dello Stato. Non si è ricordato, però, che questo risultato si verifica soltanto in presenza di particolarissime condizioni di mercato, come chiarivano i semplici e precisi esempi formulati da Einaudi; quando, invece, si assuma la presenza di vari sottoscrittori con diverse composizioni di portafoglio e diversi trattamenti tributari caratterizzati per alcuni da strutture progressive, nonché la partecipazione di una molteplicità di intermediari finanziari, è molto improbabile che l'imposizione sugli interessi dei titoli pubblici si risolva in una partita di giro, cioè che il suo gettito netto sia nullo. Ma, anche se il gettito di questa modifica dei sistema tributario fosse trascurabile, o addirittura nullo, possiamo perciò dire che una tale modifica sia inutile o superflua? Ritengo di no, se facciamo concreto riferimento ai moderni sistemi di imposizione sul reddito, i quali sono caratterizzati da tre elementi (che li differenziano sostanzialmente dal sistema di imposizione diretta cui faceva riferimento Einaudi ai suoi tempi): la capacità, o l'esigenza, di fornire un gettito molto elevato; l'essere sistemi di imposizione di massa, riguardanti cioè la maggioranza o un numero molto elevato di soggetti; la progressività dei prelievo.
E' tenendo presenti questi tre elementi caratteristici delle moderne forme di imposizione sul reddito che si possono meglio comprendere alcune discussioni ricorrenti di politica tributaria nel nostro Paese, e individuare più chiaramente alcune tendenze dei sistemi tributari contemporanei. Conviene ricordare che le imposte sul reddito rappresentano intorno al 40% dei prelievo tributario complessivo nella media dei Paesi dell'Ocse, e un altro 25% circa è costituito dai contributi sociali obbligatori; le imposte personali sul reddito forniscono da sole circa un terzo dei prelievo tributario complessivo. Sembra difficile immaginare che si possa radicalmente ridurre il ricorso a una così importante fonte di finanziamento della spesa pubblica, almeno finché quest'ultima non subisca un drastico ridimensionamento (che non appare dietro l'angolo in nessun Paese).
Un volume di gettito così elevato da un lato richiede l'estensione -dei prelievo a un gran numero di soggetti; dall'altro, porta inevitabilmente a perseguire obiettivi di politica economica in materia distributiva o di allocazione delle risorse mediante la concessione di trattamenti variamente differenziati secondo le diverse fonti di reddito, le diverse destinazioni dei reddito stesso, e secondo le condizioni personali dei soggetti percettori o utilizzatori dei reddito. Questa differenziazione ha assunto modalità tecniche di attuazione estremamente variegate: esenzioni, esclusioni, deduzioni, detrazioni, aliquote differenziate per tipi di reddito e, soprattutto, varietà dei criteri di determinazione e di effettivo accertamento delle singole voci di reddito.
Il proliferare dei regimi di trattamento preferenziale ha non solo ridotto la trasparenza e la generalità dell'imposizione sul reddito, ma, anche per effetto di una struttura progressiva dei prelievo, ha incoraggiato sempre più "investimenti destinati al solo scopo di ridurre il carico tributario piuttosto che a realizzare progetti economicamente validi". le origini di queste complicazioni e distorsioni risiedono nella stessa esigenza di assicurare un gettito molto consistente e nella pretesa di attuare una progressività molto accentuata. l'esigenza di continuare ad avere un gettito elevato ha reso inevitabile il ricorso a una base di soggetti molto estesa e ad aliquote mediamente alte. Ciò ha spinto numerosi gruppi di contribuenti e larghi settori dell'economia a richiedere, e i Parlamenti a concedere, svariati trattamenti di favore per motivi di equità (diversità delle condizioni personali e familiari, diversa anerosità e costo nell'acquisizione dei reddito, ecc.) o di destinazione economica e settoriale delle risorse (per favorire l'acquisto della casa, il risparmio assicurativo, gli investimenti in determinate aree o settori).
La conseguenza più importante di questo estendersi dei regimi preferenziali in presenza di un'elevata progressività è stata quella di rendere più difficile il funzionamento dei sistema delle imposte dirette. l'esenzione di alcuni redditi e la diversità dei metodi di determinazione e accertamento per i vari tipi di reddito sono considerati, come è stato notato da tempo, sacrifici accettabili (e, in qualche misura, inevitabili) al principio di generalità e neutralità dell'imposta sul reddito quando questa ha dimensioni quantitative modeste e una struttura largamente proporzionale; vengono, invece, risentite come distorsioni gravi e inaccettabili quando, come nell'esperienza delle nostre imposte sul reddito, tali imposte procurano un gettito molto elevato e crescente e si applicano su una parte soltanto dei redditi con strutture fortemente progressive. Questo "risentimento" può minare alla base il meccanismo di un sistema tributario di massa, perché il funzionamento di un tale sistema si basa inevitabilmente e largamente sull'adempimento volontario dei propri obblighi tributari, almeno da parte dei soggetti i cui redditi sono sottoposti a ritenuta alla fonte. E' questo un aspetto "tecnico" frequentemente trascurato o sottovalutato: un sistema tributario di massa non può sussistere senza un diffuso adempimento volontario dei propri obblighi tributari da parte di un gran numero di soggetti.
Lla complicazione dei sistema derivante dal proliferare dei trattamenti differenziati di favore riduce la spinta all'adempimento volontario, soprattutto quando la complessità dei sistema è sentita come "uno strumento con cui alcuni beneficiano di privilegi e altri no". Perciò, un obiettivo prioritario di tutte le proposte di modifiche tributarie rimane la semplificazione, che non è soltanto quella dei modelli da riempire o delle istruzioni che accompagnano i modelli o delle procedure burocratiche, ma soprattutto quella riguardante la riduzione dei trattamenti differenziali e lo smantellamento di artifici barocchi e di labirintici rifugi fiscali. La semplificazione sostanziale, e non solo amministrativa, insieme all'attenuazione della progressività, appare così l'unica via per scongiurare la crisi definitiva, da lungo tempo annunciata, delle forme di imposizione sul reddito attualmente in vigore nei maggiori Paesi capitalisti.

Banca Popolare Pugliese
Tutti i diritti riservati © 2000