§ NUOVE REALTA' DELL'ECONOMIA - 1

Industria e finanza




Gianni Agnelli



Dopo le numerose ristrutturazioni industriali avvenute sul piano interno dei singoli Paesi, siamo ora in presenza di un processo di ristrutturazione industriale che si sviluppa sul piano mondiale. La via delle concentrazioni e delle alleanze è nella maggioranza dei casi la sola via possibile per partecipare a questo processo e per metterne a frutto le conseguenze positive. Ma è importante il modo con cui si percorre questa via. è importante la scelta dei compagni di viaggio. Molti studiosi e osservatori pongono l'accento sulla quota percentuale degli accordi finiti male. Qualcuno sostiene che sia del 50%; alcuni pessimisti arrivano a parlare del 70%. Non voglio discutere le cifre. Tuttavia credo che alcuni fattori vadano tenuti in attenta considerazione. Uno di questi fattori è la chiarezza negli obiettivi comuni. Non si può andare molto lontani se una parte intende un affare come joint venture e l'altra la concepisce come un take over. Un altro fattore è la forza e la solidità dei partners. Si può unire una impresa forte con una debole in vista di un miglioramento comune. E' molto difficile che si posso avere successo unendo due debolezze. Un terzo fattore è la natura dell'impresa, se pubblica o privata. In linea di principio, non esiste nessuna differenza tra questi due tipi di impresa. In linea pratica, si può essere pesantemente condizionati dalla presenza di motivazioni politiche estranee alla logica economica. è un rischio che va tenuto ben presente.
Un ultima fattore, forse il più importante, sono gli uomini. E' un elemento che non compare nei calcoli di convenienza, ma che ha un peso quasi sempre determinante. lo ricordo l'esempio di una fusione che era praticamente conclusa, salvo la questione di chi dovesse essere il presidente del Consiglio d'amministrazione. Si convenne che questo avvenisse ad anni alterni. L'accordo non si fece perché non ci si accordò su chi dovesse essere il primo.
Ma non è solo una questione di uomini al vertice. La mia opinione è che nel mettere in atto un accordo tra imprese è necessario mettere molto impegno nel creare un denominatore comune di interessi, di motivazioni, diciamo pure di ideologia. Quando Fiat ha acquistato Lancia, si trattava di un affare che metteva insieme tecnologie affini e mercati complementari. L'operazione avrebbe dovuto creare pochi problemi. Eppure, ci vollero alcuni anni per riuscire a far ragionare gli uomini su basi omogenee e a fare in modo che l'acquisizione desse risultati efficaci. Dobbiamo poi considerare le resistenze dell'ambiente esterno e il comportamento dei governi. in Europa, molti fattori rendono la cooperazione tra imprese difficile, se non impossibile. I mercati divisi, le differenze linguistiche, le differenze negli standards e le politiche nazionalistiche e protezionistiche rendono difficile percorrere questo cammino. A tutt'oggi, diversi Paesi europei, come la Francia e la Germania, impongono un limite alle partecipazioni di altre imprese europee, che essi continuano a considerare "straniere".
Altri Paesi, come l'Italia, continuano a tenere in piedi limitazioni al libero movimento di capitali, fino a punirlo penalmente. Quasi la generalità dei casi di accordi di un certo rilievo tra un Paese e l'altro assumono la dimensione di caso politico. Certo si ricorderà il rumore fatto intorno al caso dell'acquisizione della Westland da parte di United Technology e Fiat. in realtà, il rumore nasceva da uno scontro di interessi politici, non certo da considerazioni di carattere industriale. Si sente spesso parlare di Europa unita. Si fa anche molta retorica intorno a questa argomento. In realtà, noi industriali abbiamo bisogno di una Europa unita. Abbiamo bisogno di un vero mercato europeo come base" delle nostre operazioni. Abbiamo bisogno di una vera ricerca europea come sostegno alla nostra innovazione. Abbiamo bisogno di una massa critica di dimensioni europee per far fronte alla competizione mondiale. Abbiamo bisogno di un'industria europea, non italiana, o tedesca, o francese. Per questo lavoriamo e facciamo pressione perché gli strumenti di sviluppo industriale europeo vengano svincolati dai condizionamenti nazionali.
Ma dobbiamo evitare che Europa significhi soltanto allargare il parrocchialismo nazionalistico su confini più larghi. Come industriali, dobbiamo tener presente che il nostro orizzonte è il mondo intero. E non possiamo aspettare i tempi lunghi dell'unificazione europea. Gli ostacoli che vengono posti dalla disunione dell'Europa spingono le imprese alla ricerca di accordi al di fuori del continente. Spesso questi accordi si dimostrano più facili. Spesso il dialogo è più semplice. Secondo uno studio dell'Ocse, negli ultimi cinque anni le imprese europee hanno scelto di accordarsi con un partner extra-europeo in 37 casi su 38. E' facile condannare questi fatti con il nome di antieuropeismo. In realtà, rispondono a una stretta logica di necessitò economica, verso la quale le imprese non trovano ancora rispondenza all'interno dell'Europa.
Bene, sono andato avanti a considerare l'argomento da un punto di vista industriale. Come industriale, mi sia consentito dire che considero questo punto di vista predominante sugli altri. Tuttavia sono ben consapevole che questa è solo una faccia di una realtà complessa. Una realtà che presenta altre facce certo più impressionanti e, in un certo senso, più premianti per i mass-media.
Si prenda, per esempio, l'aspetto finanziario dei mergers and acquisitions. Certo, è impressionante vedere con quanta velocità si muovono miliardi di dollari. E, in recitò, mergers and acquisitions sono sicuramente un grosso affare per Intermediari e arbitrageurs. Nella lista dei più grossi deals del 1985 compaiono almeno quattro fatture per intermediazione e consulenza superiori ai 15 milioni di dollari ciascuna. E si stima che, nello stesso anno, le tre prime imprese di consulenza finanziaria, Goldman Sachs, First Boston e Morgan Stanley, abbiano totalizzato insieme 200 milioni di dollari di compensi. Mergers and acquisitions sembra anche essere un nuovo modo per fare molto denaro in fretta, attraverso invenzioni finanziarie ardite. SI può capire facilmente come, nel mondo della finanza, esista una grossa motivazione a promuovere e a realizzare accordi tra imprese.
Oppure, si consideri la figura dei Rambo del take over. Di quelle persone che considerano mergers and acquisitions come una specie di wargame da combattere senza esclusione di colpi e spesso con scarso rispetto delle regole dei gioco. Acquistare potere attraverso questa via e presentarsi sulla scena pubblica con l'abito dell'empire builder è certo anch'essa una motivazione per portare avanti operazioni di mergers and acquisitions.
Mi sia consentito parlare con franchezza. La mia opinione è che l'introduzione di fattori dinamici e innovativi nel sistema finanziario sia effettivamente un grande progresso. Ristrutturare l'industria a livello mondiale richiede il sostegno di una finanza moderno e in forte movimento. Richiede, forse, anche la presenza di uomini decisi, agguerriti e ambiziosi. Tuttavia, può essere pericoloso e fuorviante cedere alle suggestioni e vedere la realtà diverso da quella che essa è. Far denaro attraverso operazioni finanziarie senza contropartite reali può essere divertente e affascinante, ma può rivelarsi, nel lungo termine, un gioco e una illusione. Nella grande macchina dell'economia, la finanza è solo il software. Se ne sente il bisogno, non se ne può fare a meno, può essere esaltante conoscerlo e maneggiarlo. Ma la vera sostanza della creazione della ricchezza è l'ispirazione e la dedizione a fabbricare un prodotto o a erogare un servizio. è su di essi, e su di essi soltanto, che possiamo costruire il futuro.

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