§ ORIENTAMENTI

Strategie per l'economia pugliese




Paolo Maizza



E' noto a tutti che la Puglia, con un tacco costiero di circa 800 chilometri, è importante per le relazioni commerciali con i paesi che si affacciano sul bacino del Mediterraneo ed in particolare con il Medio-Oriente ed il Nord-Africa. Sappiamo pure che questo nostro territorio presenta una spiccata vocazione agricola. Il destino dell'economia pugliese resta, in ogni caso, fondato sulla agricoltura, per cui chi parla della nostra economia non può non parlare di agricoltura.
Il processo di sviluppo economico della Puglia presenta sensibili squilibri ed un notevole margine di variabilità territoriale. Gli squilibri risalgono al rapporto popolazione-territorio. La variabilità territoriale del nostro sviluppo economico è nell'apporto dei singoli comparti produttivi alla formazione delle nostre risorse. Differenti sono, infatti, i livelli di produttività del settore agricolo, di quello industriale e del settore terziario. Negli ultimi tempi, il prodotto interno lordo della Puglia è aumentato in misura lievemente superiore rispetto a quello del Mezzogiorno.
L'economia pugliese utilizza una rilevante quota di risorse importate da altre regioni e dall'estero. Le esportazioni pugliesi si sono quadruplicate, in termini reali, nell'ultimo decennio. Le importazioni della Puglia, invece, si sono raddoppiate.
La dinamica dei consumi in Puglia è simile a quella italiana, mentre la crescita degli investimenti pugliesi è più elevata rispetto a quella meridionale, ma inferiore a quella nazionale.
Uno sguardo ravvicinato all'economia del Salento ci induce a fare una sorta di "diagnosi" di quel corpo malato che è l'agricoltura salentina per, indi, significare, sempre rapidamente, la terapia dei mali che lo affliggono.
Un primo male di struttura dell'economia agricola del Salento risiede nella bassa fertilità dei nostri terreni: questa fertilità è, nel complesso, di grado inferiore rispetto alla fertilità di altre aree d'Italia e d'Europa. Un secondo aspetto strutturale negativo della agricoltura è nell'assenza di idrografia superficiale. L'acqua pare sia destinata ad essere il problema di fondo della nostra terra. Noi salentini non disponiamo di corsi d'acqua, non abbiamo laghi, né fiumi; abbiamo, per giunta, come naturale contrappunto, un clima che richiede in larga misura, appunto, l'acqua.
Un terzo elemento strutturale negativo dell'agricoltura salentina è rappresentato dalla impossibilità di praticare colture alternative a quelle tradizionali. Le nostre produzioni sono di tipo mediterraneo: produciamo uva, olive, tabacco, prodotti articoli e frutticoli in genere.
Altra causa di debolezza dell'apparato agricolo del Salento è nel livello dei costi di produzione. Gli elevati costi abbassano la produttività della nostra agricoltura. I nostri prodotti agricoli, a cagione degli elevati costi di produzione, non reggono all'urto che essi ricevono sul mercato da parte dei prodotti di altre zone e di altri paesi concorrenziali. Noi Salentini produciamo beni che sono prodotti da altri Paesi Mediterranei, a costi purtroppo inferiori. I Paesi del bacino del Mediterraneo, che fanno parte della CEE, hanno soprattutto costi di lavoro inferiori ai nostri. La Grecia, la Turchia, la Spagna, l'Algeria, il Marocco, Israele non hanno, come il Salento, terreni molto fertili e non hanno nemmeno molta acqua. Quei Paesi, però, hanno costi di produzione in agricoltura notevolmente inferiori rispetto ai nostri, perché pagano meno il lavoro.
Altro punto debole della nostra agricoltura è la frammentazione della proprietà fondiaria.
Un ultimo elemento negativo congenito dell'economia agricola del Salento risiede in un carente istinto delle combinazioni, congenito nelle nostre genti dei campi: nei nostri agricoltori resta ancora diffuso lo spirito individualista, pur se si assiste ad una certa dimostrazione di sensibilità economica, soprattutto attraverso l'adesione all'istituto societario cooperativistico. Questi, dunque, i mali che affliggono l'agricoltura del Salento.
Accenniamo rapidamente ad alcuni tentativi di rimedio di questi mali, dei quali invero ci occupammo molti anni orsono, anche, appunto, in termini di diagnosi-terapia.
La bassa fertilità dei nostri terreni può essere elevata attraverso un impiego appropriato di concimi chimici e fertilizzanti, impiego, però, che implica il discorso economico dei correlativi costi. Le tecnologie avanzate nella conduzione dei terreni producono, purtroppo, un aumento del costo generale di conduzione. Nel Salento quasi tutto proviene dal Nord, per cui - anche per questa ragione - i costi delle nostre produzioni restano elevati e vanno compensati con vantaggi che si possono acquisire diversamente, secondo quanto stiamo per accennare.
Il problema dell'acqua, nei nostri campi, può essere risolto, in parte, attraverso operazioni di trivellamento razionali e soprattutto attraverso la eliminazione della trivellazione abusiva. Se non sarà regolamentato l'abuso dei pozzi, il Salento rischia di veder compromesso l'equilibrio acqua dolce - acqua salata. A questo proposito, è necessario un accurato censimento di tutti i pozzi esistenti, per la migliore difesa delle falde.
Vantaggi economici non trascurabili, che possono in parte compensare le deficienze organiche dell'agricoltura salentina, riteniamo possano ottenersi dalle strutture aziendali che operano nel campo della nostra agricoltura. Nel Salento, esistono già aziende cooperativistiche. Sono quasi tutte entità economiche di prima fase, nella scala generale dell'attività economica. Abbiamo bisogno tuttavia di organismi societari che possano realizzare convenientemente il momento della vendita dei nostri prodotti, di aziende che operino il marketing. Una evoluzione economica non esige un folto numero di piccole aziende, ma un numero piuttosto contenuto di aziende di media e grossa dimensione, dotate di buona efficienza di mercato. E' il mercato di collocamento che determina il valore economico delle produzioni. Non basta produrre, occorre saper produrre e soprattutto saper vendere ciò che si produce! Una norma di economia ci ricorda che la sede in cui l'operatore economico sconta i propri errori e in cui trova i motivi del proprio successo è, appunto, il mercato. Il problema della commercializzazione, invero di primo ordine ai fini della economica sopravvivenza delle imprese cooperative operanti nel Sud, ha una soluzione che si innesta con gli effetti dei processi di distribuzione integrati: l'efficace funzione di organismi cooperativi di grado superiore o consorzi. E', però, necessario che queste strutture di secondo grado possano contare su un sicuro, regolare volume di conferimenti di prodotti da parte delle imprese associate, indispensabile per la economica utilizzazione della propria capacità produttiva e per quella efficiente azione nel mercato di collocamento, che è poi la loro ragion d'essere. Ai consorzi competono, peraltro, funzioni di ricerca e di sviluppo di tecnologie più avanzate, di promozione dei consumi. Nella logica della commercializzazione dei prodotti dell'agricoltura pugliese, indicheremmo, anche in questa sede, la costituzione di una società "trading", con l'intervento delle banche locali. Nell'ambito dei segmenti di mercato di interesse per la produzione agricola, va tenuto presente che la Germania Federale è un ottimo partner per l'Italia e, appunto, per il nostro Sud.
Un accenno fugacissimo, per completare lo scenario dell'economia salentina, facciamo al turismo, all'industria ed all'artigianato del Salento. Molto si dice e si scrive sul turismo del Salento. Ci limitiamo a ricordare che l'attività turistica è anch'essa una attività economica produttiva e, come tale, non si sottrae ai principi che regolano il momento della produzione. Anche per l'attività turistica, vige il principio dell'equilibrio tra costi e ricavi, quel principio che spesso non è rispettato da quelle strutture turistiche che noi osserviamo operanti solo per pochi mesi nell'arco dell'anno. Nel turismo salentino - come in taluni altri settori dell'economia - non è necessario far grande, è necessario far bene! l'attività industriale nel Salento non parte col piede giusto, per più motivi: le materie prime che impieghiamo ci giungono da molto lontano; non disponiamo di risorse idriche sufficienti; è carente la manodopera specializzata. Da noi, quindi, non è valido il mito della "industrializzazione". I miti non troveranno mai spazio in economia. Nel Salento è realizzabile un assetto industriale non di ardite dimensioni.
Quanto all'artigianato salentino, stimiamo che un notevole impulso esso possa acquisire dallo strumento societario, da una concentrazione di singole forze, oggi sparse e frammentarie, in un organismo societario che porti nel mondo la voce delle prestigiose tradizioni dell'artigianato del Salento.
Altro aspetto dell'economia pugliese, degno di interesse, è quello che attiene al mercato finanziario e creditizio. Va subito rilevato che in Puglia, accanto alle banche, compaiono altri intermediari finanziari non bancari ed in particolare le società finanziarie. La presenza delle istituzioni finanziarie non bancarie è, in Puglia, in forte crescita, superiore in termini percentuali ai saggi di variazione nazionali. Le cosiddette "finanziarie", non sottoposte ai controlli previsti dalla legge bancaria, appaiono potenzialmente fungibili alle istituzioni bancarie e limitano l'operatività delle aziende di credito. E' da considerare, al riguardo, che ormai oggi queste aziende sono, in ogni caso, una realtà! Va soggiunto tuttavia che questo comporta del mercato finanziario-creditizio nazionale - malgrado la sua crescita - continua ad operare quasi allo "stato brado", senza un proprio specifico regime legislativo, certamente necessario, anzi indispensabile ai fini dei controlli che debbono essere esercitati dal pubblico potere, nell'interesse del razionale sviluppo economico del Paese, della sana e corretta gestione delle nostre risorse finanziarie e, non di meno, nello interesse del risparmiatore, cioè per la tutela di quelle aliquote di risparmio della collettività che le "finanziarie" riescono a raccogliere. Siffatti controlli debbono investire la genesi, i movimenti o "migrazioni" e le destinazioni delle stesse risorse finanziarie nazionali e, quindi, anche di quelle che variamente fluttuano nei circuiti gestionali, appunto, degli organismi cui ci riferiamo.
Circa venti anni orsono, si formulò un progetto di legge per la disciplina normativa delle aziende finanziarie non bancarie, in argomento. In un nostro trattato ("Istituti e società finanziarie"), apparso nel lontano 1965, dedicammo alcune pagine alla necessità di dare volto e configurazione giuridica compiuta a siffatti organismi. Di tempo ne è passato, e tanto, ma quella necessità permane e, per giunta, non sufficientemente avvertita!
A favorire la fioritura in Puglia delle "finanziarie", erogatrici di credito, ha concorso anche la non adeguata presenza della banca in molte piazze. Nel settore bancario pugliese, operano 72 aziende di credito delle quali 55 locali, concentrate - per un terzo - nell'area di Bari. Nella nostra regione, si rileva una frammentazione del sistema bancario molto lontana dai valori nazionali, nonostante la tendenza delle Autorità Monetarie a favorire obiettivi di riaccorpamento aziendale. Gli sportelli bancari operanti in Puglia sono complessivamente 553.
La dispersione maggiore degli sportelli la si trova proprio nella provincia di Lecce: le banche locali, con 102 sportelli, concentrano oltre i 3/4 del totale provinciale che è pari a 131.
In proposito, osserviamo che un processo di concentrazione tra le banche locali può essere opportuno. Questa concentrazione, per la verità, è suggerita anche da una crescente concorrenza che si constata tra le banche. Va soggiunto che oggi la banca ha bisogno di dimensioni ottimali, vuoi perché l'informatica e la telematica sbarcano con una forza d'urto nella gestione del credito, vuoi e soprattutto perché fra 3 anni scadrò la proroga per l'attuazione della Direttiva della Comunità Europea relativa alla libertà di inserimento delle banche nei paesi della C.E.E. E sappiamo, a tal riguardo, che le banche estere stanno per scendere in Italia (i Tedeschi a Modena). Entro il 1989, nella C.E.E. si realizzerà una completa liberalizzazione del sistema bancario. E' ben intuibile, quindi, la sorte della nostra piccola banca in presenza di banche estere.
L'apporto che, in Puglia, il credito ha dato allo sviluppo economico risulta essere quasi costante nel tempo. Una nota degna di interesse riguarda i tassi passivi: i tassi passivi medi della Puglia risultano essere più contenuti rispetto alla media nazionale, per effetto di una consistente raccolta realizzata a costi minimi nelle zone extraurbane. La domanda di credito in Puglia è risultata essere vivace, non sempre però adeguatamente soddisfatta dall'offerta. Il rapporto pugliese impieghi -depositi è in ripresa negli anni ottanta. Il costo del denaro in Puglia è più elevato di circa due punti rispetto all'analogo costo rilevato nel resto del Paese. Questo divario - che è da collocare in quei differenziali che si constatano nel nostro Paese a livello macroeconomico - è determinato soprattutto da un minor grado di produttività degli sportelli bancari del Sud. Il divario del costo del denaro tra Nord e Sud è pure determinato da un fattore di rischio, e cioè dal fatto che le banche, qui da noi, subiscono un più elevato grado di rischiosità, grado, questo, che potrebbe essere ridotto da strutture di garanzia-fidi. Specialmente nel passato, la minore redditività delle banche pugliese è stata determinata soprattutto da un basso rapporto degli impieghi sui depositi.
La non elevata redditività delle banche pugliesi, rispetto a quella delle altre operanti nel Centro e nel Nord del Paese, è pure determinata dal fatto che, in Puglia, si osservano piazze non adeguatamente servite da sportelli bancari. Per migliorare la redditività delle banche pugliesi occorre allora aumentare il differenziale tra i tassi, oppure - in alternativa - accrescere il rapporto impieghi-depositi. La prima soluzione non è realizzabile, perché il differenziale pugliese è più elevato di quello nazionale. Resta allora la seconda soluzione: cioè elevare il rapporto impieghi-depositi, anche smobilizzando, nei limiti consentiti dalle esigenze di tesoreria, altre poste dell'attivo del bilancio, per esempio titoli e attività intercreditizie. Le banche pugliesi già si muovono in questa direzione. Nel 1984, il rapporto impieghi-depositi delle nostre banche ha raggiunto il 53%; i dati del 1985 confermano questa tendenza. Va riconosciuto che le banche del Sud operano in condizioni profondamente diverse da quelle medie del Paese. Nel Sud l'operatività bancaria è molto più frazionata che nel Nord e nel Centro, sicché essa è più onerosa, ragion per cui si verifica un inasprimento dei tassi di interesse che il sistema bancario pratica nel meridione. Il divario dei tassi di interesse tra Nord e Sud è un fatto per così dire congenito. Per livellare questi tassi, occorrerebbe modificare la condizione economica dei Sud, livellandola all'economia del Centro e del Nord.
Una delle cause principali del differenziale esistente tra economia del Sud ed economia del Nord è che il costo di unità di prodotto del Sud è ben più elevato rispetto a quello del Nord, a cagione dei nostri più elevati costi del lavoro e costi del denaro. Chi scrive ha sostenuto - con altri - la necessità che chi manovra la leva del controllo del credito tenga conto della differenziazione di fatto esistente tra il mercato bancario e creditizio del Sud e quello nazionale, allo scopo di attenuare il differenziale del tassi di interesse esistente tra Meridione e Settentrione. Se è vero, come è vero, che la presenza delle banche locali significa maggiore capacità di corrispondenza ai bisogni dell'economia pugliese, non è meno vero che la banca resta coinvolta nei casi di stasi o di crisi dell'attività produttiva della nostra terra. Qui si innesta l'interpretazione sociale della funzione creditizia, che è progredita negli ultimi decenni. Ispirazione sociale del credito significa essenzialmente sostegno in favore di aziende o di iniziative economiche in grado di realizzare investimenti, di produrre, ergo, occupazione e benessere sociale.
Noi pugliesi dobbiamo riconoscere che, nella nostra terra, persistono sacche di arretratezza e di parziale sviluppo. La Puglia dispone di notevole potenzialità per l'industria agroalimentare, gode di una favorevole collocazione nel bacino del Mediterraneo, ha una felice disposizione dei porti. Il credito è una delle leve sulle quali si può agire, con attenzione e tempestività, per utilizzare convenientemente le risorse di cui disponiamo.
Le anomalie insite nello sviluppo dei processi economici del Meridione, i differenziali che purtroppo esistono tra la nostra economia e quella del Centro e del Nord del nostro Paese possono essere attenuati attraverso quegli effetti certamente positivi derivabili dalla funzione creditizia della banca. Gli istituti di credito devono essere fattori di sviluppo, pur nella consapevolezza che la vita di questi istituti, specie nelle aree economicamente deboli - come la nostra - è certamente vita difficile.
Lo sviluppo del Mezzogiorno e, in particolare, del nostro Sud, è problema soprattutto di investimenti pubblici e privati, è problema di sensibilità economica delle parti sociali. Anche da noi è tempo ormai che attecchisca la pianta della "cultura economica" imprenditoriale a largo spettro, per modo che i nostri operatori ed in special modo le giovani leve degli operatori pugliesi, più sensibili e più preparati professionalmente di chi li ha preceduti, possano cogliere e porre a profitto il "nuovo" portato dal continuo evolversi delle leggi che governano i fenomeni economici, leggi che, per certi aspetti, subiscono gli effetti del continuo innovarsi della società e ad essi compatibilmente si adeguano.
E' ben noto che l'inoccupazione può e deve essere sanata principalmente con i processi di investimenti, i quali richiedono un potenziamento ed uno sviluppo dell'apparato aziendale produttivo. l'impresa è la sede naturale del l'investimento, dell'impiego di capitale a scopo produttivo. Il rapporto "banca - impresa" -naturalmente concepito in chiave produttivistica - può potenziare e sviluppare le imprese già sorte e crearne delle altre, come può dare propulsione ad una più avanzata formazione della classe imprenditoriale pugliese, che potrebbe in quella chiave essere, per altro, foriera di idee, quasi "fabbrica di cervelli", di pensieri di arricchimento della economia meridionale.
In questo orizzonte, un ruolo di propulsione può e deve avere la banca locale. Al riguardo, si può pensare, per altro, ad un sostegno particolare che gli istituti di credito a carattere locale potrebbero dare alle imprese del Sud col favorire e realizzare aumenti di capitale di queste imprese, mediante sottoscrizione di aliquote dei loro capitali sociali. Ma attenzione, alla banca non è lecito chiedere tutto: nella soluzione dei problemi della nostra economia, la banca non può fare tutto!
A proposito della funzione finanziaria creditizia che può e deve sostenere l'economia pugliese, ci sia consentita una affermazione di principio: il denaro del Sud al Sud! Il nostro denaro sia investito in casa nostra, nel mentre, come sappiamo e come è nei fatti, ogni anno decine di miliardi lasciano il Sud per emigrare al Nord. Oggi, il nostro risparmiatore, il risparmiatore del Sud finanzia le aziende del Nord anche e soprattutto attraverso quel veicolo o "cinghia di trasmissione" che sono i Fondi di Investimento.
Qualche proposizione risolutiva ci permettiamo azzardare, ora, in ordine ai problemi che presenta alla nostra attenzione l'osservazione del mercato finanziario e creditizio pugliese. Stimiamo che la gestione razionale di un "consorzio fidi", di adeguate dimensioni, possa concorrere ad attenuare i differenziali dei fattori di rischiosità che esistono tra la nostra area, economicamente debole, ed altre aree forti. Uno sviluppo piuttosto vigoroso dell'Istituto di medio - credito regionale pugliese, già operante, può concorrere a sostenere le iniziative economiche, cui ci siamo riferiti.
Una iniziativa, di marca salentina, potrebbe scaturire da un momento di riflessione dei responsabili delle nostre banche locali. Ci riferiamo a quei prodotti finanziari per così dire "nuovi", che si chiamano "Leasing" e "Factoring". Il "Leasing", in particolare, è già diffuso in Puglia, ma può ancora svilupparsi ed anche notevolmente sulla base delle buone esperienze già acquisite. La sensibilità del nostro medio e piccolo operatore economico verso questi "prodotti" nuovi finanziari può e deve crescere.
Il "Leasing" è un prodotto più maturo del "Factoring", anche nel Salento. La gestione del "Leasing" potrebbe avere una configurazione più allargata, in termini di parabancario. Una brevissima parentesi: la banca ha bisogno di esercitare il parabancario per ragioni di redditività. La forbice tra tasso passivo e tasso attivo si è notevolmente ridotta. Per migliorare la redditività delle banche, noi pensiamo che potrebbe essere opportuna una manovra, invero singolare qui in Italia: se si potesse ridurre l'imposizione fiscale che oggi grava sui depositi bancari, si incoraggerebbe il comportamento del risparmiatore verso il deposito bancario, le banche vedrebbero così aumentare la propria raccolta, sicché si eleverebbe il loro grado di attività - anche quello del parabancario - con conseguente beneficio dei loro conti economici, che potrebbero - in tal modo -meglio sostenere i continui abbattimenti dei tassi attivi, talora sollecitati, invero, più da scelte politiche che da ragioni economiche convincenti. Le manovre che portano alle variazioni dei tassi bancari - nel caso nostro quelle riduttive - sono determinate dalle numerose variabili endogene ed esogene del cosmo economico, dagli effetti delle coordinate del sistema economico generale, e, segnatamente, da una loro convergenza che faccia prevedere - con sufficiente attendibilità - una costante, meglio una possibile stabilità di applicazione delle nuove misure di tasso, cioè, in termini diversi, una accettazione di queste misure da parte della cangiante realtà economica.
Il fugace accenno al parabancario segnala l'opportunità di sviluppare il "Leasing" automobilistico ed il "Leasing" con assistenza finanziaria integrativa allargata, mediante formule operative valide anche nel campo assicurativo. Secondo dati d'insieme, il costo dell'operazione "Leasing" oggi non è inferiore al 22%, e forse nel Salento è pure più elevato. Si può inoltre pensare utilmente al "Leasing agevolato", da collocarsi nel piano decennale di sviluppo degli investimenti nel Mezzogiorno. La gestione del "Leasing" richiede professionalità specifica. Oggi il "Leasing" è esercitato, sia pure indirettamente, dalle banche. Queste, nelle proiezioni delle loro gestioni, guardano al parabancario, per esempio al "Leasing" ed al "Factoring", con interesse crescente, anche attraverso intese interbancarie o di settore.
Le iniziative in questo campo si sviluppano. Potrà non essere lontano il tempo di una serrata concorrenza, anche nel parabancario pugliese, per la gestione del "Leasing" soprattutto. Si può prevedere che la gestione dei "nuovi" prodotti finanziari, collaterale a quella tradizionale bancaria, sarà più convenientemente esercitata dalle banche che non dai privati: le aziende di credito hanno, alle spalle, la raccolta di capitali che consentirà loro una più economica gestione del parabancario. li privato non gode di questa "forza di posizione" (la raccolta) e rischia di essere superato dalla banca nella gestione di questi "prodotti". Le banche già gareggiano nel vendere i nuovi servizi, portati dalla innovazione finanziaria. Domani il loro stato competitivo, nell'area deilparabancario, è destinato ad acuirsi. Questo nuovo "modus operandi" della banca riflette i propri effetti modificatori sulla gestione, innova i rapporti "banca -cliente" (utente del credito e depositante) e "banca - impresa".
Che questa forza economica - che è la banca - accresca, anche attraverso la sua variegata ed innovata articolazione operativa, i propri flussi benefici in favore di quella linfa della vita economica nazionale che è l'impresa, ergo in favore del processo di sviluppo socioeconomico delle nostre genti. la novella ricchezza che è prodotta dall'impresa è, in ogni caso, benessere sociale e allorquando si vogliano usare parametri di quantificazione e di contenimento nei riguardi di quella ricchezza, ci si può allontanare dalla visione preminente e caratterizzante che del reddito di impresa si deve avere, nella quale l'impresa ha la sua naturale configurazione di fonte di investimenti, di occupazione e, appunto, di ricchezza sociale.

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