Intervento
del Direttore Generale della Banca Popolare Sud Puglia al VII Convegno
CEFOR (Roma, 28 novembre 1986).
Il cambiamento
in otto
Il progresso scientifico ed il connesso sviluppo tecnologico hanno
profondamente trasformato la società in cui viviamo. il processo
prosegue a ritmi crescenti, né sembra esistere alcuna realistica
previsione di un possibile rallentamento entro il breve termine.
Lo sviluppo delle comunicazioni - come previsto venti anni fa da Marshall
McLuhan - sta trasformando, il mondo in un "villaggio globale"
in cui uomini ed organizzazioni vivono in contatto sempre più
stretto, legati da una rete di interconnessioni sempre più
vasta e diversificata ed in continuo mutamento, in cui anche le minoranze
ed i singoli possono svolgere ruoli altrimenti impensabili.
Sotto l'impeto della spinta acceleratrice del cambiamento, per l'individuo
è diventato indispensabile essere molto più adattabile
a situazioni in continuo divenire, sforzandosi di padroneggiare la
"transitorietà" (unica costante, forse, dei nuovi
tempi), in modo da poter agire adeguatamente, cogliendo l'opportunità
ed evitando le minacce che ogni periodo di trasformazione comporta.
Le banche e
il cambiamento
In questo scenario a complessità crescente ed ad alta turbolenza
si inserisce - com'è naturale - anche il mondo del credito.
Sotto i nostri occhi in un arco temporale della durata di neanche
una generazione è cambiato radicalmente il modo di "fare
banca"; sono cambiati i comportamenti, le strategie, le competenze.
Il successo in futuro, come esplicita l'inchiesta "Banca Anni
90", può essere assicurato solo da un uso appropriato
della tecnologia, da una corretta gestione delle risorse umane, da
chiari obiettivi di marketing, sotto la guida di una direzione efficace
sempre più e meglio informata sull'evoluzione del mercato e
sull'andamento dei fatti aziendali.
La complessità e la rapidità della trasformazione rende
il governo del cambiamento sicuramente né agevole, né
indolore e potrà essere efficacemente ottenuto solo con interventi
che risultino "globali", per la presenza ormai evidente
di trasformazioni contemporanee in tutti i settori di attività,
e "rapidi", per la grande velocità di diffusione
e di penetrazione di dette trasformazioni e per il naturale ritardo
con cui gli interventi correttivi possono produrre i propri effetti
(si pensi, ad esempio, alla difficoltà di progettare e creare
nuove competenze ed alla resistenza anche inconscia del personale
ad adottare le nuove metodologie di lavoro conseguenti ai cambiamenti).
Interventi non globali, né rapidi, potrebbero infatti comportare
il rischio della perdita del controllo delle situazioni in evoluzione.
Ogni Azienda reagisce ovviamente in modo diverso al cambiamento, privilegiando
l'uno piuttosto che l'altro dei comportamenti nuovi in rapporto alla
situazione interna di partenza ed all'ambiente che la circonda. Non
sembra sussistano dubbi però sulla irrinunciabilità
della ricerca della produttività e del conseguente contenimento
dei costi e sulla necessità di una presenza sul mercato completa
e flessibile per non essere marginalizzati da una domanda sempre più
esigente, evoluta ed informata.
Le competenze e gli investimenti che tutto ciò comporta sono
alla portata di tutti? Oppure lungo la strada di questa interminabile
"maratona" il gruppo dei partecipanti è destinato
a perdere man mano gli elementi più deboli?
Fuori dalla metafora: è evidente che le Aziende di credito
di minore dimensione sono le più esposte ai rischi della trasformazione
in atto. I motivi sono fin troppo noti per ripeterlo! Per continuare
la "corsa" possono tentare di raggiungere dimensioni più
adeguate attraverso operazioni di concentrazione, collocandosi così
su livelli dimensionali tali da consentire di controllare e dominare
meglio la scena. L'altra possibilità - forse unica alternativa
- è rappresentata dalla cooperazione. Insieme possono essere
economicamente percorse strade che altrimenti la ridotta dimensione
aziendale non rende praticabili.
Se queste sono le condizioni ed i problemi che le Banche devono oggi
affrontare, se la cooperazione può essere - specialmente per
le aziende di credito di minore dimensione - la sola alternativa alle
concentrazioni per sopravvivere con relativa tranquillità in
un mercato sempre più difficile e competitivo, vediamo quali
possono essere le principali aree in cui forme di cooperazione sostanziale
fra le Popolari italiane possono essere realizzate o - quanto meno
- messe allo studio.
Il cambiamento
impone una scelta
Se analizziamo il complesso delle attività svolte da una Banca,
possiamo individuare fra di esse i seguenti due principali gruppi:
a) attività che richiedono competenze di tipo essenzialmente
bancario (ci si riferisce in particolare al complesso di attività
di natura monetaria e creditizia);
b) attività che richiedono principalmente competenze di tipo
non esclusivamente bancario (ci si riferisce alle attività
di supporto in genere, sviluppo del l'automazione, piani di marketing,
pianificazione e controllo aziendale ecc.).
Le Banche di maggiori dimensioni hanno sicuramente struttura e potenzialità
adeguate per gestire autonomamente e con successo le attività
di entrambe le categorie, mentre le Aziende di dimensione medio-piccola
dovranno molto probabilmente operare una scelta, se non giù
fatta nel frattempo, su quale dei due gruppi di attività concentrare
maggiormente i propri sforzi e fare i maggiori investimenti, non potendo
con molta probabilità impegnare - come detto innanzi -in entrambi
i settori con eguale profitto le proprie risorse umane e finanziarie
che, per essere adeguate alla dimensione, non possono che essere limitate.
La scelta mi sembra ovvio debba cadere in favore della gestione diretta
delle attività di tipo prettamente bancario e ciò sia
perché è la strada più naturale per un'Azienda
di credito per competenza e vocazione e sia per l'esigenza di non
perdere quote di mercato in un periodo di crescente concorrenza fra
Banche e fra queste ed i numerosi intermediari non bancari ormai presenti.
La cooperazione
nelle attività tipicamente bancarie
L'opzione dianzi indicata non esclude, però, che anche in questo
primo gruppo di attività esistano aree di interesse comune,
in cui valide iniziative congiunte fra più Banche di piccole-medie
dimensioni possano essere attuate con reciproca soddisfazione, usando
la Cooperazione come un veicolo preferenziale per il raggiungimento
della dimensione minima che consenta di svolgere in maniera efficace
ed economica specifiche attività, la cui consistenza potrebbe
essere troppo rilevante rispetto alla dimensione di una sola delle
Banche cooperanti.
Si può pensare:
- alla costituzione di strutture in comune, quali - ad esempio l'apertura
di Uffici di Rappresentanza a nome di un gruppo di Banche, sia in
Italia che all'Estero, per diffondere l'immagine delle Partecipanti
e per sviluppare rapporti di affari;
- al coordinamento e razionalizzazione di operazioni creditizie di
importo rilevante, che richiedano collaborazione e supporto reciproco
fra le Partecipanti;
- alla rappresentanza in forma congiunta ed univoca degli interessi
comuni di un gruppo di Aziende nei confronti di determinati Enti Terzi,
con i quali avviare operazioni, rapporti ed affari.
La cooperazione
nelle attività non tipicamente bancarie
Evidentemente, però, è nel secondo gruppo di attività
- quelle che richiedono competenze non esclusivamente bancarie - che
la cooperazione ha maggiore possibilità di essere efficacemente
attuata.
Il rapido sviluppo della tecnologia ed il corrispondente e non meno
tumultuoso inserimento in Azienda delle altre forme di innovazione
(gestionale, organizzativa, finanziaria) richiedono un altrettanto
rapido e costante aggiornamento sia del personale che della struttura
della Banca. Ciò comporta ovvii, consistenti e continui investimenti
in uomini ed attrezzature per tenere il passo delle evoluzioni che
si manifestano nei vari settori di interesse.
Le dimensioni della Banca sono, a questo punto, un chiaro elemento
discriminante per valutare fino a che punto la singola Azienda potrà
procedere stabilmente da sola, oppure avrà convenienza a ricercare
forme di collaborazione con altre Aziende.
Come già indicato precedentemente, le Banche di piccole dimensioni
rientrano sicuramente nella categoria di Aziende per le quali sembra
evidente la convenienza a delegare a specifici centri esterni (operativi
o di competenza) lo svolgimento di quelle attività a contenuto
più avanzato e più rapidamente in evoluzione.
Da queste considerazioni deriva immediatamente l'individuazione di
una serie di possibili iniziative in comune che possono apportare
sicuri e significativi vantaggi alle aziende partecipanti.
Sicuramente non tutte le Banche dell'area indicata hanno già
attuato iniziative in comune e forse nessuna ha giù messo in
pratica tutte le possibili forme di cooperazione. è però
già più che evidente la tendenza e chi saprà
prima attivarsi avrà sicuri vantaggi, almeno temporali, rispetto
agli altri.
Una conferma di quanto precede è data dalle varie realtà
costituite da raggruppamenti di Banche oggi esistenti in Italia (ormai
già oltre la dozzina), fra i quali ricordo il Gruppo Levante,
costituito sul finire del 1980 per volontà di sette Consorelle
di Puglia e Basilicata. Anche se lo sviluppo delle attività
in comune non è stato sempre facile, i risultati ottenuti dalla
nostra Associazione sono già importanti e da tutti apprezzati.
Quali allora le principali possibili forme di cooperazione?
Un primo settore di intervento è sicuramente quello relativo
alle applicazioni della tecnologia, che possono essere viste sia nell'ottica
dei centri comuni di gestione, che in quella dei centri comuni di
progettazione e sviluppo.
Nel primo caso si tratta di realizzare impianti comuni centralizzati
per la gestione delle attività connesse all'automazione, al
trattamento dei documenti (ottico e magnetico), all'archiviazione
ed alla microfilmatura degli stessi, ecc.... Un esempio, pur limitato,
di tali possibili realizzazioni è dato, per quanto mi riguarda,
da una società di servizi di informatica creata dalla Popolare
Sud Puglia e dalla Popolare della Murgia. Allo stato, tale società
già svolge per tutte le Banche del Gruppo Levante la gestione
comune e centralizzata del Bancomat on-line/realtime e diventerà
quanto prima unico punto di interconnessione alla rete nazionale;
per alcune poi delle Banche del Gruppo attua il trattamento magnetico
degli effetti con risultati soddisfacenti. Si punta ora a sviluppare
il servizio fino a comprendere la gestione del caveau effetti, il
trattamento degli insoluti e la stampa e spedizione degli avvisi.
Altre realtà di più ampia portata sono rappresentate
dai Consorzi per la gestione in comune tra più Banche della
funzione di elaborazione dati. I vantaggi in questi casi sono di almeno
duplice ordine:
- si realizza una notevole economia di costi, consentendo così
a ciascuna Banca aderente di beneficiare delle economie di scala che
la dimensione del Centro e la quantità di informazioni trattate
consentono;
- si permette a tutte le Banche aderenti di mettersi, senza particolari
sforzi, al livello della maggiore del gruppo, dando per scontato che
il Centro comune non può che posizionarsi almeno sulle esigenze
dell'Azienda di maggiori dimensioni.
Nel secondo caso, quello del Centri comuni di progettazione e di sviluppo,
ci si riferisce alla costituzione di gruppi di personale specializzato
nella progettazione e realizzazione di sistemi informativi. Tali gruppi,
per il fatto di lavorare all'esterno delle Banche, possono essere
impiegati con maggiore flessibilità. Possono assicurare la
presenza di figure professionali molto specifiche e specialistiche
di cui la singola Banca di minori dimensioni di solito non può
disporre. E non sembra questo un vantaggio di poco conto se si tiene
presente che la crescente sofisticazione degli apparati impone oggi
quasi a tutti figure professionali dei tipo gestore di rete, gestore
di data-base, ecc.
la scelta poi di realizzare i nuovi progetti ed il relativo software
all'esterno delle Banche lascia anche intravvedere una notevole maggiore
produttività del gruppo di sviluppo, perché protetto
da tutte le interferenze - provocate dalla gestione del contingente
- che finiscono col far durare i progetti EAD ben oltre il previsto.
Questa soluzione poi - a differenza di quella prima indicata - non
crea le tensioni interne che di solito frenano le decisioni di portare
fuori dalla Banca la funzione EAD, perché lascia la Banca pienamente
autonoma nel settore, realizzando in cooperazione solo la parte più
difficile e costosa.
Un secondo settore di possibile cooperazione è quello relativo
alla costituzione di centri comuni per la realizzazione di studi e
ricerche, per svolgere efficacemente una funzione di interconnessione
tempestiva fra le problematiche delle Banche partecipanti e la realtà
esterna in costante evoluzione. Tali centri, che chiamerei di "studi
e competenze", potrebbero effettuare analisi ed interventi in
tutti i campi di più rapida evoluzione, in cui si richiedono
competenze non tipicamente bancarie, ma molto avanzate e specialmente:
- nella conoscenza delle varie forme di innovazione e nello studio
della possibile introduzione delle medesime nella realtà organizzativa
ed ambientale delle Banche partecipanti;
- nella definizione di adeguate metodologie di sviluppo e gestione
di progetti interni aziendali;
- nel l'introduzione delle tecniche di pianificazione, di contabilità
analitica e di controllo di gestione;
- nella definizione ed approfondimento di opportune filosofie e metodologie
di gestione marketing;
- nell'analisi ed individuazione di adeguate tecniche di gestione
delle risorse umane e di motivazione del personale.
Un terzo settore di intervento potrebbe essere quello relativo alla
costituzione di specifiche "Banche-dati", relative alla
zona di operatività dell'insieme delle Banche aderenti, in
modo da ottenere un unico patrimonio di informazioni utile a più
aziende, la cui organizzazione, elaborazione, gestione, ed aggiornamento
venga fatta in modo univoco e centralizzato. Si pensi - ad esempio
- che in qualsiasi attività budgetaria - sofisticata o meno
che sia - non si può fare a meno di disporre di tutta una massa
di informazioni, di cui solo una parte di fonte aziendale, il resto
attiene alla conoscenza dell'ambiente nella sua estrinsecazione storica
(statistica) e prospettica (previsioni). Perché fare questo
lavoro per una Banca sola? Si può ancora efficacemente cooperare
nella realizzazione di specifici progetti, mirati a precisi obiettivi,
come ad esempio la ideazione, definizione, avvio e gestione di nuovi
servizi comuni e coordinati fra più Banche (home-banking, corporate-banking,
ATM, POS, ecc.). Allo scopo potrebbero essere costituiti appositi
gruppi di lavoro, di durata limitata nel tempo, opportunamente composti
da rappresentanti delle Banche aderenti e specialisti esterni. Ma
si può anche cooperare creando strutture comuni per la realizzazione
e gestione del patrimonio immobiliare per lo studio e la realizzazione
di misure per la sicurezza fisica degli edifici, per l'offerta di
servizi esterni alla clientela.
Conclusioni
Le possibili forme di cooperazione indicate non pretendono di esaurire
l'argomento. Altri potranno avere idee diverse; mi pare comunque che
ci sia già tanto su cui riflettere per tutti ed in tempi che
si fanno stringenti. "Si tratta di percorrere per un tempo non
definibile un sentiero stretto e difficile per tutti ... "ha
detto il dottor Dini a Biella. Ebbene un valido sostegno può
essere rappresentato dalla cooperazione sostanziale! La cooperazione
sembra una ineluttabile via da percorrere, specialmente in determinate
condizioni dimensionali, per affrontare le nuove più difficili
condizioni di lavoro e, sperabilmente, per conseguire uno sviluppo
tranquillo, cercando di "crescere insieme" alle proprie
consorelle, in una equilibrata e serena unione di intenti e di risorse.