A
Francesco,
inesauribile interlocutore
in discorsi di meccanica architiana
Annotava nello
Zibaldone Giacomo Leopardi, in data 8 Settembre 1823, giorno "Natalizio
di Maria Vergine Santissima":
"... E qui si consideri il divario fra gli antichi i moderni
tempi. Che fra gli antichi i filosofi, e massime e i poeti, avevano
senza contrasto il primo luogo, se non nella fortuna (molti filosofi
l'ebbero ancora nella fortuna, come Pitagora, Empedocle, Archita,
Solone, Licurgo ed altri de' più antichi, che furono padroni
delle rispettive repubbliche), certo nella estimazione pubblica, non
solo dopo morte, ma durante la loro vita ... ".
dove con un solo concetto è delineata la figura del grande
tarantino.
L'espansione della cultura pitagorica in Italia conobbe alterne vicende
e fruì di diversi centri. Uno dei quali, com'è noto,
fu quella Taranto(1), nella cui vita pubblica e nella cui operosità
si distinse, per la sua infinita saggezza, Archita.(2) Quest'uomo
dalla mente poliedrica, a sua volta, ebbe una vasta scuola nella quale
si formarono tante personalità di studiosi e di uomini pubblici,
tra i quali quell'Eudosso di Cnido, che fu geometra, fisiologo ed
astronomo e, particolarmente, legislatore della sua città,
dalla quale ottenne lusinghieri riconoscimenti.
Tuttavia, più che per la diffusione della cultura pitagorica,
Archita fu importante per Taranto ai fini di quel prestigio che, con
la sua complessa e suggestiva personalità, riuscì ad
attirare sulla città. Che divenne veramente, in quest'epoca,
un centro propulsore di cultura e di forza morale.
Ecco un interessante passo di Aristotele, cui fanno eco Strabone e
Laerzio Diogene:
"... è degno d'imitazione anche il governo di Taranto.
Quivi, infatti, facendo comune ai poveri il reddito della proprietà,
si sono reso il popolo maneggevole: inoltre si sono create due specie
di magistrature, le une elettive, le altre sorteggiate: quelle sorteggiate,
perché il popolo potesse parteciparvi, le elettive per poter
meglio governare ... ".
Fu questa, dunque, nelle grandi linee, la struttura ideologica del
sistema politico del quale Taranto ebbe a fruire sotto il governo
di Archita: un risultato, questo, di supremo equilibrio cui fu in
grado di pervenire la tradizione politica pitagorica all'indomani
degli sconvolgimenti e delle contese cui Taranto era stata costretta
ad andare incontro durante tutto il secolo V.
Una situazione socio-politica, questa, dovuta un po' all'atmosfera
differenziata, nella quale era anche confluito la struttura politica
pitagorica, un po', d'altro canto, anche alle contingenti circostanze
storiche e, infine, soprattutto all'intervento personale di un uomo
di pensiero come Archita.
Taranto, in effetti, sul piano del traffici era un emporio molto più
ricco della vicina Crotone e godeva di una struttura socio-economica
estremamente articolata e disponibile ai rapporti commerciali con
i popoli d'oltre mare.
Preponderante, ovviamente, vi era il ceto del pescatori, data la situazione
topografica della città e l'economia che da questa situazione
scaturiva; tuttavia la riforma fondiaria realizzata su disegno di
Archita sottintendeva una cospicua aristocrazia terriera, economicamente
abbastanza forte, dalla quale non poteva non essere espressa una nutrita
categoria di ottimati, i quali, in effetti, dirigevano il governo
della città. E non va esclusa, quasi di conseguenza, una struttura
militare pervenuta a grande potenza, secondo una testimonianza di
Strabone.
Di modo che a Taranto, la ricchezza s'era subito accumulata e concentrata
nelle mani di una classe divenuta socialmente e, quindi, politicamente
egemone.
Taranto, di conseguenza, acquista prestigio ereditando l'egemonia
di Crotone, la cui potenza era andata decadendo in seguito agli eventi
politici che s'erano verificati nell'area dell'Italia meridionale,
e si trova, naturalmente per così dire, alleato con Dionigi.
Sia Taranto che Siracusa, in fondo, puntavano, nelle loro strategie
espansionistiche, verso il nord: Siracusa mirava a Napoli, data la
situazione geografica, e per lo stesso motivo Taranto, dal canto suo,
si orientava verso il Sannio, per compiere, subito dopo, il salto
verso la Campania.
E' così che nasce un'alleanza tra la tirannide siracusana,
di origine democratica, e l'aristocrazia pitagorica, molto esclusiva,
delle città italiote.
E' nel contesto di questi eventi e, in particolare, della situazione
politico-diplomatica scaturita dai mutati rapporti con Siracusa, che
va situata l'illuminata opera di Archita, uomo politico.
Molti degli storici antichi indugiarono sulla carriera politica di
Archita, il quale, contro ogni consuetudine, fu eletto sette volte
stratego di Taranto. Aristosseno, citato da Diogene Laerzio, poi,
informa che in qualità di comandante militare, Archita non
aveva conosciuto mai alcuna sconfitta. Ed ecco una testimonianza di
Diogene Laerzio:
"... Del Pitagorico, Aristosseno dice che quando era stratego
non fu mai vinto; ma una volta per odii di parte si ritirò
dal comando, e subito i suoi concittadini subirono una sconfitta...
".
La posizione di Archita uomo politico tuttavia non può essere
differenziata da quella dell'uomo di scienza. La sua formazione pitagorica
è troppo marcata, ideologicamente complesso nella strutturazione
di fondo perché nel valutare la gestione politica di Archita
si possa non tener conto della formazione intellettuale.
La concezione della proporzione e dell'armonia, baricentro del pensiero
scientifico di Archita, sta anche alla base della sua riflessione
etico-politica. Ecco in che modo, allora, a fondamento dell'armonia
tra le classi, per superarne la conflittualità, e della parità
dei diritti, Archita riconosce ed imposta la questione dei rapporti
tra ricchi e poveri. Termini fondamentali di questi rapporti sono,
da una parte, l'obbligo per i ricchi di cedere una parte delle loro
sostanze ai poveri, dall'altra, poi, l'obbligo per i poveri di prestare
la loro opera ai ricchi. In questa prospettiva s'individuano agevolmente
due ceti, l'aristocrazia illuminata, che non si sottrae all'urgenza
delle problematiche sociali, ed il movimento democratico, che si confronta
dialetticamente con la classe dei ricchi.
Un fecondo e perspicace storico francese, Jérome Carcopino,
sostenne che:
"... Depuis que, au cours des cinquante premiéres années
du lVe siècle, Archytas avait gouverné Tarente en maître
absolu, cette cité était devenue la métropole
du pythagorisme..."(3).
Va sottolineato ancora che i rapporti politici di Archita con Dionigi
si fondano su valori spirituali troppo saldi - fu per suggerimento
di Archita che Platone accettò di recorsi a Siracusa - perché
si posso negare che la formazione pitagorica di Archita agisse spiritualmente
nell'ottica e nell'azione del politico.
In fondo, all'elaborazione della dottrina pitagorica ArchiIo portò,
con la sua lucida intelligenza, contributi di rilievo, prima che quella
dottrina se l'appropriasse la scuola platonica: contributi, peraltro,
quelli di Archita, che portavano avanti e razionalmente sviluppavano
quelli recati da Filolao, che di Archita era stato maestro. Tali contributi
andavano ad arricchire le acquisizioni di diverse discipline, quelle
nelle quali la scuola pitagorica era pervenuta a risultati sorprendentemente
prodigiosi.
Per valutare pienamente il posto che Archita occupa nella storia del
pensiero scientifico, bisogna rilevare che fu per superare i confini
dello strumentalismo geometrico che egli s'impegnò nella realizzazione
di apparecchi e macchine più complesse. Infine, egli dimise
del tutto la tecnica empirica ed indirizzò i suoi studi verso
soluzioni e dimostrazioni meccaniche. Di notevole importanza, peraltro,
è il fatto che Archita, in virtù della sua pratica esperienza
meccanica, insieme con il suo discepolo Eudosso sia stato in seguito
ricordato come il precursore di Archimede, o proposito delle macchine
impiegate da costui nella difesa di Siracusa, allorquando questa città
fu assediata dal console Marcello, nel 212 a.C., nel corso della seconda
guerra punica. La città, com'è noto, fu conquistata
dai romani e rimase capitale della Sicilia, ma andò lentamente
decadendo, conservando, tuttavia, il ricordo dell'ingegno di Archimede.
Comunque, se Archita, secondo la tradizione, fu invincibile, all'arte
militare, d'altro canto - cioè la vera e propria organizzazione
militare e, in particolare, il perfezionamento della cavalleria, che
nelle guerre di quei tempi era largamente impiegata - dedicò,
con la sua inventiva scientifica, non poche energie. E tutto ciò
è evidente dal fatto che Archita, mediante la modernità
del suo ingegno, mediante la vastità dei suoi interessi, mediante
la sua mente chiara, disponibile all'esercizio speculativo, disponibile
ancora ad una interpretazione rigorosamente scientifica dei problemi,
porta veramente uno spirito nuovo nei cioè nei problemi della
scienza.
Fu, dunque, quel IV secolo a.C. epoca di grandiose intuizioni scientifiche
che lasciarono un segno nella storia della cultura scientifica di
tutti i tempi. Nell'opera filosofica di Platone il valore conoscitivo
ed il carattere astratto della ricerca matematica ricevettero una
giustificazione di tipo metafisico. Democrito sviluppa la teoria atomistico.
Eudosso di Cnido da una definizione del concetto di proporzione generalizzata
al caso di grandezze incommensurabili. Elabora inoltre un metodo (metodo
di esaustione) per il calcola delle aree e dei volumi che sfugge ai
paradossi di Zenone. A Eudosso si deve anche l'elaborazione matematica
di un sistema astronomico geocentrico.
Nelle opere di Aristotele trova una sistemazione unitaria gran parte
delle acquisizioni scientifiche del tempo. Allo sviluppo, nell'Organon,
della logica sillogistica, concepita come metodo della scienza, corrisponde
l'affermarsi di una concezione finalistica della natura e della spiegazione
scientifica fondata sulle opposizioni materia-forma e potenza-atto.
Aristotele trasforma, inoltre, l'ipotesi astronomica di Eudosso in
un sistema cosmologico corrispondente ai principi della sua filosofia.
Nel secolo successivo, negli stati ellenistici la ricerca scientifica,
organizzata in istituzioni quali il Museo e la Biblioteca di Alessandria,
accentuerò il suo carattere specialistico e si distaccherà
dalla filosofia.
Voltaire, peraltro, denunciò che "Una volta chiunque possedesse
qualche segreto in qualche arte rischiava di passare per mago ..."(4).
Non a caso, infatti, i pensatori rinascimentali, quelli i quali si
preparavano a edificare una cultura sinceramente laica, i quali, poi,
s'ispiravano alla tradizione di Ermete Trismegisto, ritennero che
il mago dovesse avere ampie cognizioni di matematica(5). Nell'ordine
di idee della magia, in fondo, fu situato anche Archita. Cornelio
Agrippa, in un passo del De occulta philosophia, dove sono contenuti
larghi riferimenti ermetici anche a scritti di carattere magico-astrologico,
sottolinea la necessità che il mago sia esperto di matematica,
poiché grazie alla matematica si possono realizzare senza alcuna
virtù naturale, e cioè con mezzi puramente meccanici,
operazioni meravigliose, come la colomba volante di legno, costruita
da Archita, le statue semoventi costruite da Dedalo, le statue parlanti
di Mercurio.
Quello dei giocattoli viventi è uno dei capitoli più
affascinanti dell'ingegno meccanico, scientifico e matematico, dell'uomo
di tutti i tempi.
Furono, gli automi creati in tutti i tempi, dei veri e propri sistemi
viventi, macchine autopoietiche - cioè che si automodellavano,
che sono il prodotto del proprio operare e della propria organizzazione
--, chiuse, in sostanza, nei riguardi dell'ambiente?
Oggi, Goldrake proiettato verso un futuro, che sotto qualche riguardo,
è giù presente?(6)
Certo è che duemila anni prima di Cristo in Cina erano stati
realizzati meravigliosi automi. Si ricorda poi la famosissima colomba
di Archita, cara anche a quanti studiano la storia e la teoria del
volo(7). Ma nel Medio Evo il monaco Alberto Magno fabbricò
- si racconta - un cameriere meccanico, che apriva le porte, accoglieva
gli ospiti con un inchino e li salutava parlando. Diavoleria, avrà
pensato San Tommaso d'Aquino, del quale si dice che abbia distrutto
questo automa con un violento calcio. Ma Leonardo da Vinci, a sua
volta, realizzò, per il re di Francia, un leone che camminava,
s'accucciava e poteva, con una zampa, aprirsi il petto e scoprire
un enorme stemma reale, nascosto all'interno e azionato da complicati
congegni. Ma gli automi più celebri sono quelli più
vicini a noi: cioè il turco giocatore di scacchi, costruito
nel 1769 dall'ungherese Von Kempelen. Era detto turco per via dell'abbigliamento.
Batté nel corso di una partito Napoleone. Gli fu fatto fare
il giro del mondo. Acquistato dal museo di Filadelfia, fu distrutto
da un incendio nel 1854: nessuno svelò mai il segreto della
suo bravura.
Nel Settecento, Jacques Vaucanson, "meccanico" di Grenoble,
realizzò il "Canard", l'anatra che nuotava, lisciava
le penne, starnazzava, inghiottiva il mangime e così via...
Ed è del secolo XVIII il "disegnatore" di Droz.
Il mito di Icaro testimonia che il desiderio di volare risale alle
origini della vita. In un'iscrizione dell'antico Egitto è espresso
il concetto del desiderio di volare da parte dell'uomo. Nel 1898 in
una tomba presso Sakkara fu rinvenuto, nel corso di una serie di scavi,
un modello cui fu subito applicata la denominazione di uccello: ma
studi profondi, pur senza giungere a spiegazioni definitive, lasciarono
intendere, poi, che si trattava di qualcosa di più di un giocattolo,
come s'era pensato in un primo momento.
Certo è che, già alcuni secoli prima di Cristo, la tecnologia
aveva raggiunto risultati sorprendenti. Una riprova può essere
offerta, tra l'altro, dal "meccanismo di Antikythera", cioè
un oggetto metallico rinvenuto nel relitto di una nave vecchia di
duemila anni, nel quale oggetto è contenuto un complesso di
ingranaggi costituenti una sorta di strumento o meccanismo. La nave
era sommersa al largo dell'isola di Antikythera, fra la Grecia e Creta.(8)
Oggi, dopo tanti studi, si pensa che quel congegno fosse un calcolatore
astronomico in grado di meccanizzare i "rapporti" ciclici
fra il sistema solare e le stelle.
L'ingegno meccanico di Archita fu veramente straordinario. I greci
attribuivano la scoperta della vite ad Archita intorno al 390 a.C.
e in Archimede (250 a.C.) e in Erone (100 a.C.), in un secondo momento,
si parla della vite come di un tipo elementare di tecnologia già
conosciuta in diverse forme. Erone sosteneva che "la vite è
un cuneo attorto".
Inoltre, Archita studiò il problema della duplicazione del
cubo e realizzò strumenti meccanici per tracciare curve diverse.
Per quel che riguardava l'astronomia insegnò che la terra ha
forma sferica ed in un giorno compie la rotazione intorno al suo asse.
Ancora, fondò la teoria delle pulegge.
Aulo Gellio dò la notizia più esauriente intorno alla
colomba volante di Archita.
Il Mieli afferma che si trattava "di uno di quei giuochi, sul
tipo di quelli della pneumatica di Erone, che tanto erano prediletti
dagli antichi meccanici greci"(9). Resta incerta, tuttavia, una
circostanza, se cioè dev'essere attribuito alla colomba volante
di Archita il carattere di giocattolo, come per la raganella, o il
carattere di vero e proprio esperimento di meccanica, basato sull'applicazione
dell'aria compressa e sulle reali possibilità offerte da questa
anche in altri prodotti della meccanica.
Favorino, riportato da Gellio, afferma che "Archita di Taranto,
esperto, fra le altre cose, anche di meccanica, costruì una
colomba di legno che volava; ma una volta che si fosse posata, non
si rialzava più. Fino a tal punto ... ": la citazione
a questo punto è interrotta e qualcuno - l'Olivieri e Bernardino
Baldi, vissuto nel sec. XVI - ha anche tentato d'integrare il passo,
senza tuttavia molto aggiungere al senso del discorso. Più
importante è invece il commento di Gellio, il quale afferma,
prima di citare testualmente Favorino, "... che un modello di
colomba di legno, costruito da Archita secondo certi principi di meccanica,
riuscì a volare. Senza dubbio essa si sosteneva per mezzo di
contrappesi e si muoveva mediante la pressione di aria rinchiuso e
nascosta nel suo interno. Ma in verità la cosa è tanto
poco credibile che voglio riportare le parole di Favorino stesso ...
".
Si può dire, a questo punto, che con Archita, sia nata la storia
del volo? L'ipotesi è suggestiva, ma più suggestiva
è un'altra ipotesi, che cioè lo stesso Archita possa
aver volato. I filologi, certo, sono molto cauti, ma Orazio, laddove
parla della morte di Archita dice: " ... né punto ti giova
aver tentato con la mente le acree dimore e aver percorso la volta
celeste, se eri destinato a morire ... ". L'ipotesi è
dibattuta dal D'Arrigo il quale afferma: " ... Domandiamoci piuttosto
se l'attività aviatoria di Archita si limitò a questo
o non si esplicò in altri tentativi. I versi di Orazio farebbero
propendere verso la seconda ipotesi ..."(10).
Questa ardita ipotesi, comunque, non avrà mai il suffragio,
che forse è anche inutile auspicare, di una semplice proposta,
appena appena accennata.
Affermò il Carcopino:
"... Les destinées de l'Italie antique et celles du pythagorisme
sont indissolubles ... "(11).
Fu nel contesto di questa nobile tensione filosofica che fiorì
un Filolao, "le grand homme de la seconde géneration pythagorique"(12)
, e fiorì un Archita, la cui personalità, fervida d'ingegno
speculativo, ancora oggi giganteggia nel panorama della filosofia
di tutti i tempi.
NOTE
1) Per un panorama generale, cfr. L. FERRERO, Storia del Pitagorismo
nel mondo romano (Dalle origini alla fine della Repubblica), cap.
secondo della parte prima: Pitagora cittadino romano. Università
di Torino, Facoltà di Lettere e Filosofia -Fondazione Parini-Chirio,
1955.
Sono stati omessi in questo articolo tutti i riferimenti bibliografici
alle citazioni di autori classici perché reperibili in qualsiasi
manuale di storia della filosofia o di storia della letteratura greca
o in qualsiasi enciclopedia di diligente compilazione.
2) Sulle ramificazioni del pitagorismo di Taranto, a partire dal governo
di Archita, cfr. gli eccellenti rilievi di PAIS, Storia critica di
Roma, I, p. 83 e Italia antica, II, p. 298. Una storia del pitagorismo
italiano e romano è accennata in GIANOLA, la fortuna di Pitagora
presso i Romani dalle origini fino al tempo di Augusto. Catania, 1921.
3) Cfr. J. CARCOPINO, De Pythagore au Apotres. Etudes sur la conversion
du monde romain. Paris (Vle), Flammarion Editeur, 1956, p. 77.
4) Cfr. VOLTAIRE, Dizionario filosofico, a cura di Mario Bonfantini.
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1970. Voce Ateo, Ateismo, p. 90.
5) Cfr. Frances A. YATES, Giordano Bruno e la tradizione ermetica.
Bari, Laterza, 1969, p. 167.
6) Cfr. a proposito del robot, la copiosa narrativa di Jsaac Asimov.
E' recentissimo di Asimov, Tutti i miei robot, Milano, Mondadori,
1986. Precedenti opere di Asirnov sono lo, robot e Il secondo libro
del robot.
7) Cfr. A. D'ARRIGO, Ricerche di storiografia della tecnica nell'Italia
Antica, Il - la colomba volante di Archita da Taranto (IV° secolo
a.C.), in "Rivista d'ingegneria", Luglio 1953, vol. III,
n° 7.
8) Cfr. Erich Von DANIKEN, Enigmi del passato. Sugarco, Milano, 1978.
9) Cfr. A. MIELI, Manuale di Storia della Scienza - Antichità.
Roma, Casa Editrice Leonardo da Vinci, 1925, pp. 433-434.
10) Cfr. A. D'ARRIGO, Le origini dell'areonautica. La colomba volante
di Archita da Taranto (IV secolo a.C.), in Natura e tecnica nel Mezzogiorno,
Firenze, "La Nuova Italia" Editrice, MCMLVI, pp. 587-620.
11) Cfr. J. CARCOPINO, Etudes romaines. La Basilique pythagoricienne
de la Porte Majeure. Paris, L'Artisan du Livre, MCMXLIII, p. 161.
12 ) Cfr. ROBIN, La Pensée greque, p. 73.