§ ITALIA E MEZZOGIORNO

Gli impegni della politica economica




Carlo Azeglio Ciampi



Strutture creditizie moderne ed efficienti sono fattori essenziali di stabilità e di sviluppo: il loro apporto sarà tanto maggiore, quanto più potrò iscriversi in un'economia che torni a registrare successi secondo il metro ultimo della crescita del reddito e del l'occupazione.
Cause profonde di instabilità si concentrano nella finanza pubblica. Aree di debolezza ed elementi di contraddizione persistono nell'allocazione settoriale e territoriale delle risorse, all'interno degli stessi rami produttivi che hanno proceduto più speditamente a ristrutturarsi. La consapevolezza di dover completare l'opera di ricomposizione degli equilibri è cresciuta.
Di recente, essa si è tradotta in impegni di politica economica, esposti in significativi documenti programmatici. Negli ultimi anni, il risanamento produttivo è avvenuto, sebbene non possa dirsi compiuto, nell'industria e nei comporti del terziario ad essa più vicini. Ma l'economia è una, e il costo di quel risanamento ha pesato anche sul bilancio pubblico. Il nodo della finanza pubblica va ora sciolto. Si rischia, altrimenti, proprio perché l'economia è una, di compromettere quanto è stato fatto.
Gli interventi finora compiuti, pur numerosi e taluni impegnativi, sono valsi solo a contenere l'esplosione delle spese, implicata nell'applicazione della legislazione esistente. Il declino del rapporto fra spesa pubblica e prodotto interno lordo non è ancora cominciato. l'attuazione di una politica di ampio respiro trova ostacolo nelle ripercussioni che i necessari provvedimenti, per la loro natura e per la loro entità, implicano per le diverse componenti della società. Nella funzione del benessere sociale, i costi, immediati, possono apparire più elevati dei benefici, in parte differiti, che gli interventi mirano a realizzare per l'intera economia.
Oggi, l'evento favorevole rappresentato dal calo delle quotazioni del dollaro e del petrolio configura condizioni che possono alleviare quei costi. Al tempo stesso, per essere d'incerta durata, le mutate condizioni esterne rendono ancor più necessario tradurre prontamente in atti concreti gli impegni che la politica economica si è data. Il miglioramento delle nostre ragioni di scambio, sinora conseguito rispetto alla media del 1985, può stimarsi in oltre il 10%. Questa cifra indica la dimensione delle risorse aggiuntive divenute potenzialmente disponibili. Nell'immediata ripartizione dei vantaggi del petrolio meno caro, è stata opportunamente data priorità al sostegno della competitività, alla riduzione del disavanzo pubblico, al mantenimento dell'incentivo al risparmio energetico negli usi finali. La modifica delle ragioni di scambio ampia la prospettiva di sviluppo che la domanda interno può realizzare, senza provocare nuovi disavanzi nella bilancia dei pagamenti correnti e aggravare il già rilevante debito estero. Si aprono spazi per una maggiore attività di investimento.
Nel 1986 l'aumento della domanda interna in termini reali può risultare prossimo al 4%. Analogo incremento è prevedibile per le esportazioni. Lo sviluppo del reddito può essere dell'ordine del 3%, e quello dell'occupazione di circa 200.000 unità. Nonostante una crescita della domanda interna maggiore di quella del prodotto, la diminuzione dei prezzi all'importazione consentirà il formarsi di un avanzo di parte corrente nei conti con l'estero e accellererà la discesa dell'inflazione. La realizzazione delle favorevoli prospettive per il 1986 non cancellerà il lascito negativo di anni di squilibri: nel debito pubblico, nella capacità produttiva, nel mercato del lavoro, nella competitività dell'intera economia. Nella parte ormai trascorsa degli anni '80, vi è stato un ristagno o addirittura un regresso della capacità di produzione degli impianti industriali: ancora nel 1985 essa era inferiore ai livelli del 1980. La formazione di profitti nell'industria e le migliori prospettive di crescita possono costituire la premessa per avviare una fase di ampliamento della base produttiva. Dalla fine degli anni '70, l'esigenza di accrescere la produttività degli impianti ha spinto a realizzare la maggior parte degli investimenti nel Centro-Nord. Qualora l'ampliamento della capacità avvenisse in prevalenza là dove essa è già installata, il Mezzogiorno ne subirebbe un ulteriore svantaggio. I danni per l'intero Paese. di una distribuzione territorialmente divergente delle risorse aggiuntive, di capitale e di lavoro, sarebbero gravi. La variazione avvenuta nelle ragioni di scambio non costituisce fattore di duraturo allentamento nel vincolo esterno. Il saldo delle quantità delle merci scambiate continua a peggiorare ed espone la nostra bilancia commerciale all'alea di gravi disavanzi in caso di rovesciamento della tendenza delle ragioni di scambio. Al di là di questo pericolo, nel medio periodo, se le importazioni continueranno a presentare l'elevata elasticità rispetto al prodotto interno lordo sperimentata negli ultimi anni, una crescita delle esportazioni in linea con la domanda mondiale non eviterà il riproporsi della cogenza del vincolo esterno sullo sviluppo. Possibilità di sviluppo durevole presuppongono, quindi, un significativo innalzamento e una migliore qualificazione dell'offerta interna e la ricerca di una maggiore competitività ed efficienza, anche nei settori non esposti alla concorrenza internazionale. Alla soluzione di questi problemi è rivolto l'insieme di interventi nella finanza pubblica e di indirizzi di politica economica, espressi nei documenti sopra ricordati: urga la loro attuazione.
Per la politica di bilancio, le linee di azione indicate sono quelle del contenimento della spesa corrente entro tassi di crescita non superiori all'inflazione; di un'espansione delle spese in conto capitale analoga a quella del prodotto in termini nominali; di una pressione fiscale che si mantenga sui livelli attuali, ancorché meglio distribuiti fra i contribuenti. Lo sforzo per riequilibrare il bilancio si appunta soprattutto nei settori della previdenza, della sanità, della finanza locale, sulla riconsiderazione quantitativa o qualitativa dei trasferimenti alle imprese e alle famiglie, sulla revisione e sul consolidamento dei meccanismi istituzionali a cui sono affidati il rispetto del vincolo di copertura e il controllo degli impegni di pagamento.
Per il triennio 1986-88, il Servizio Studi della Banca d'Italia ha effettuato esercizi di simulazione che ipotizzano l'attuazione di una siffatta politica di bilancio, un prezzo dei petrolio tra i 15 e i 20 dollari al barile, una crescita del commercio mondiale di circa il 4%. La concatenazione tra lo scenario internazionale e i comportamenti e le politiche all'interno è stretta e decisiva per i risultati, mentre le ipotesi sottostanti sono caratterizzate dai gradi di incertezza diversi. A tali esercizi quantitativi non va dato, quindi, valore di previsioni. Non di meno, essi offrono materia di riflessione e possono contribuire a orientare le scelte. L'insieme di queste ipotesi conduce, nel triennio, a uno sviluppo annuo del prodotto lordo del 3% e della domanda interna prossimo al 4%, a un incremento dell'occupazione a tassi medi quasi doppi rispetto al 1985, a un sostanziale equilibrio dei conti correnti con l'estero, a un'inflazione in ulteriore discesa.
Riducendosi il fabbisogno statale rispetto al reddito, l'attività produttiva e d'investimento troverebbe sostegno nelle migliorate aspettative e nei più bassi saggi d'interesse reali che diverrebbero possibili. L'interazione virtuosa tra la crescita dell'economia, il minor costo dell'indebitamento pubblico e la caduta del disavanzo al netto degli interessi, riporterebbe sotto controllo la dinamica del debito pubblico. La discesa dell'inflazione non cancellerebbe tuttavia il differenziale con i nostri concorrenti. Il suo annullamento non può discendere dai fattori esterni: questi giocano anche per gli altri Paesi. Il differenziale scaturisce dalle componenti interne dei costi che, seppure attenuate, continuano a imprimere ai prezzi dei nostri prodotti spinte maggiori che altrove. Lo stesso aumento dell'occupazione che risulta dagli esercizi di simulazione non basterebbe ad assorbire interamente la nuova offerto di lavoro, che fattori demografici e crescenti tassi di partecipazione, soprattutto femminile, manterranno alta sino ai primi anni '90.
L'alimentazione del differenziale inflazionistico e una maggiore occupazione, altroché sul riequilibrio del bilancio, dovranno fondarsi sulla politica dei redditi. L'aumento dell'occupazione deve far premio sull'aumento dei redditi di chi ha già il lavoro. Occorre che le riduzioni dei costi derivanti da progressi della produttività e dal ribasso dei prezzi delle materie prime si traducano in decelerazione dei prezzi dei prodotti, anziché in incrementi della dinamica retributiva e dei margini di profitto. Un contributo significativo proviene dal miglioramento delle relazioni industriali; l'accordo sul pubblico impiego ha condotto alla riforma della scala mobile, anche nel settore privato; il nuovo meccanismo di indicizzazione propaga meno rapidamente gli impulsi inflazionistici. La determinazione delle tariffe è chiamata a conciliare il fine di assecondare la disinflazione con quello di contenere i consumi, segnatamente di energia, e di alimentare con l'investimento l'offerta dei beni e dei servizi richiesti. Tanto dalla politica di bilancio quanto dalla politica dei redditi, se verranno ispirate ai necessari criteri di rigore, potrà derivare un concreto orientamento meridionalistico: per tornare a ridurre i divari territoriali nello sviluppo economico e contenere la disoccupazione. Per il Mezzogiorno, sono già state stanziate ampie risorse pubbliche: dalla legge finanziaria, da quelle per l'intervento straordinario e per la nuova imprenditoria; ciò che occorre è la loro efficace utilizzazione. Gli effetti sperati sull'occupazione non si produrranno se dovessero mancare la fiducia delle parti sociali nel risultato finale e la necessaria flessibilità sul mercato del lavoro. Troverebbero, allora, ostacolo sia gli investimenti della piccola e media impresa locale, sia la mobilità del capitale verso il Meridione, sia spostamenti pur contenuti di inoccupati verso il Centro-Nord, dove in un futuro non lontano potranno presentarsi situazioni di difetto di offerta.
Attuandosi questa vasta azione di politica economica, l'allentamento del vincolo esterno e il minor peso del fabbisogno pubblico consentirebbero una discesa dei tassi d'interesse nominali e reali, senza che ciò entri in conflitto con un governo della moneta e del reddito intento a portare a compimento il rientro da un'inflazione che domina la nostra economia dall'inizio degli anni '70. Al perseguimento di questo obiettivo la condotta della Banca Centrale resta in ogni caso impegnata.

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