§ LA NUOVA LEGGE PER IL SUD

Debutto in grigio per un new deal




Claudio Alemanno



Se la nuova strumentazione legislativa adottata per dare continuità all'intervento straordinario sia appropriata oppure no è questione sulla quale persone ragionevoli possono avere ragionevoli differenze di opinione. Dubbi, perplessità e polemiche affiorarono anche nel 1950, quando fu decisa la creazione della Cassa per il Mezzogiorno che pure ha svolto un ruolo di rilevante significato nel corso di un'esperienza trentennale. Sembrò allora necessario innovare nella metodologia dell'intervento statale a favore del Sud. Richiamandosi alle pratiche operative della rooseveltiana Tennessee Valley Autority maturò in Italia la convinzione prevalente di utilizzare uno strumento non burocratico cui assegnare, a carico del bilancio statale, una dotazione annua immutabile per un decennio al fine di produrre opere di carattere straordinario. Il progetto per la creazione del nuovo Ente fu elaborato negli uffici della Banca d'Italia e la stessa denominazione "Cassa per il Mezzogiorno" fu voluta ed imposta da un pugliese di assoluto prestigio, il Governatore pro tempore Donato Menichella.
Le polemiche odierne hanno certo motivazioni diverse ma nella sostanza sono centrate, ora come allora, sull'articolazione istituzionale della gestione e sull'incidenza delle responsabilità centrali e periferiche nella formazione del processo decisionale.
Noi consideriamo sterile l'esercizio di rilasciare attestati di merito o demerito mentre rileviamo che il nuovo quadro istituzionale si muove tra aspettative, carichi pendenti e debiti pregressi di larga valenza sociale ed economica. Allo stato attuale si avverte l'esigenza concreta di recupero di competitività per l'economia meridionale e di allargamento generalizzato della base produttiva. Non si tratta più di uscire dall'economia dell'albero degli zoccoli ma di inserire nella dialettica dello sviluppo degli anni novanta le strutture più deboli del sistema produttivo per ammortizzare i fattori di crisi e rendere più razionale il processo di formazione del reddito nazionale. la dotazione finanziaria dell'intervento straordinario (120 mila miliardi in nove anni) ed il nuovo assetto gestionale hanno quindi implicazioni essenziali per il futuro del Sud e del Paese. Tuttavia nella disputa tra diritto "eloquente" (elaborato da politici e giuristi) e diritto "operante" (vissuto nella pratica quotidiana dagli operatori) l'osservatore più attento deve volgere la sua attenzione su quegli elementi di analisi che possono vanificare o rendere incisiva la nuova normativa nel contesto delle misure di politica economica generale che si vanno periodicamente elaborando. E' il quadro d'assieme che va costantemente sorvegliato e raccordato con un pacchetto di norme dal respiro certamente ampio ma pur sempre condizionato da fattori esterni di primaria grandezza: dalla gestione del credito alle agevolazioni per le imprese, dalla definizione di un progetto di politica industriale alla gestione di un atto fondamentale come il bilancio dello Stato. Sono tutti fattori concorrenti ed essenziali alla elaborazione di una strategia economica orientata in senso meridionalista. Quindi a monte di un atto fondamentale di spesa che coinvolge organi pubblici centrali e periferici nei principali compiti di governo della legge esiste un obbligo alla razionalizzazione del processo decisionale che vede coinvolti gli stessi organi nella definizione delle opzioni di politica economica generale. Una premessa senza la quale l'attività di spesa straordinaria destinata al Mezzogiorno finirà per inaridirsi in una semplice sommatoria di microdecisioni scoordinate e forse distanti dalle esigenze della economia reale.
Se un solo organo tecnico-politico finirà per accentrare ogni responsabilità decisionale agendo con funzioni di supplenza verso un sistema amministrativo regionale che marcia in ordine sparso prescindendo da vincoli di risorse e di bilancio propri, avremo realizzato una terapia messa a punto con le tecniche di produzione del placebo. Solo la pratica attuazione di una politica industriale concertata con una politica di bilancio vincolante tutte le sedi istituzionali è in condizione di produrre l'attesa inversione di tendenza e quindi promuovere corrette regole di dialettica per un buon governo della finanza pubblica e della economia reale. Nel l'articolazione delle competenze voluta dal legislatore per gli interventi straordinari questo rapporto dialettica è stato sufficientemente disegnato ma ci sono fondati motivi per ritenere che i soggetti amministrativi coinvolti raramente troveranno ipotesi congiunte di lavoro nelle opzioni di sviluppo perseguibili. Il timore è che l'iter di esame dei singoli progetti si impantani in un cerimoniale complesso di autorevoli audizioni per arrivare ad ottenere dignità di seria valutazione solo per l'attenzione del "Policy makers".
Nevralgico quindi diventa lo strumento dei regolamenti che dovranno essere adottati per dare attuazione al dettato legislativo.
Con essi saranno definiti i poteri istruttori e le funzioni degli organi preposti alla gestione. E' auspicabile che vengano trovati criteri validi per dare sistematicità ed affidabilità alla metodologia dell'analisi costi-benefici e per conferire collegialità, elasticità e snellezza all'intero processo decisionale. L'efficienza di questi criteri procedurali dev'essere comunque confortata da un quadro generale in cui la gestione della politica economica di breve e medio periodo sia sorretta da valutazioni più organiche, specifiche e determinate rispetto a quelle finora in uso. L'intreccio tra temi generali e temi specifici d'interesse meridionale è evidente e deve risultare costantemente in primo piano nella definizione delle decisioni che intervengono tra le pieghe e le piaghe della pubblica finanza.
La preoccupazione di inquadrare nella pianificazione economica nazionale il problema dello sviluppo del Mezzogiorno utilizzando l'articolazione regionale delle competenze era già presente in altri testi legislativi che a più riprese hanno tentato di mettere ordine nella materia degli interventi straordinari. Ma è la prima volta che si cerca di dare unità alla pluralità delle competenze regionali, all'interno di programmi elaborati con la partecipazione degli stessi destinatari. Ciò, oltre ad essere l'aspetto più qualificante della nuova disciplina, determina una novità assoluta di marcia nella gestione della pubblica finanza. Altro elemento di novità è il raccordo più serrato tra organi centrali e periferici. Non a caso è stato coinvolto il Cipi come organo centrale di indirizzo e di promozione dello sviluppo industriale, in modo da orientare gli interventi nel Mezzogiorno in sintonia con i progetti d'impulso decisi su scala nazionale. Sebbene le mutate condizioni dello sviluppo abbiano imposto una nuova organizzazione dell'intervento, viene riaffermato e rinsaldato il principio della unitarietà dello sviluppo meridionale che dal 1950 ispira la legislazione speciale mentre un impegno più esplicito viene chiesto a I l'organizzazione amministrativa regionale in modo da consentire il formarsi di un accordo politico Stato-Regioni tale da produrre una elaborazione comune delle linee d'azione.
Purtroppo un testo legislativo non è sufficiente a rendere eccellenti metodi ed obiettivi di lavoro. I nodi da sciogliere, oltre alle questioni di metodo già indicate, attengono alla strategia e dunque alla scelta delle priorità utilizzabili per dare contributi alla produzione dello sviluppo. Le tematiche che destano maggiore interesse in termini di riordino strutturale e di conseguente maggiore impulso nell'allocazione delle risorse verso le aree meridionali riguardano il governo delle aree metropolitane, l'attivazione dei progetti speciali, l'incentivazione ai settori produttivi, la formazione del personale qualificato.
Trattasi di un'ampia scacchiera operativa in cui la componente dell'intervento straordinario si propone come elemento di continuità essenziale nella gestione degli impegni finanziari.
Il tema delle aree metropolitane è di grande attualità dal momento che costituisce oggetto centrale di dibattito anche in riferimento ad altri progetti di legge relativi al nuovo ordinamento delle autonomie locali. Per il Mezzogiorno acquista una rilevanza particolare poichè alle risposte attese dalle aree ad alta concentrazione insediativa e con elevata dinamica di crescita si sommano necessità dei nuovi modelli di sviluppo industriale che si vanno consolidando. La diffusione delle attività produttive sul territorio è strettamente connessa alla specializzazione dei servizi di supporto situati di consueto nei maggiori centri urbani.
Sotto questo profilo nel Mezzogiorno c'è uno svantaggio notevole da colmare poichè le grandi agglomerazioni urbane hanno struttura sociale e base produttiva difficilmente conciliabili con lo sviluppo di funzioni direzionali e di terziario avanzato.
Trattasi di una discrasia che di fatto impedisce la diffusione spaziale dei nuovi impianti poichè il loro insediamento richiede a priori un collegamento agevole con determinati servizi essenziali per l'esercizio della funzione direzionale (centri di consulenza aziendale, marketing, pubblicità, ecc.). Un impegno pubblico seriamente orientato sul versante del risanamento e della riqualificazione delle aree metropolitane, oltre a costituire un volano di grande richiamo occupazionale, consentirebbe di rendere più disponibile nel breve periodo l'afflusso ragionato di capitale in attrezzature e servizi destinati ad espandere le attività produttive nel rispetto delle regole di mercato.
Di grande interesse sempre nel campo delle infrastrutture sono i progetti speciali che la cessata attività della Cassa ha rallentato in sede di attuazione e che invece meritano di essere rivitalizzati affinando i processi di concerto che vedono impegnate a vario titolo le autonomie minori, locali e regionali. In questo settore l'impegno per contributi in conto capitale ed interventi creditizi risulta per il 1984 (ultimi dati disponibili) pari ad un ammontare complessivo di 450 miliardi impiegati in nuovi interventi contro i 1394 miliardi del 1983. Interesse primario in questo campo rivestono a nostro avviso il progetto 33 per lo sviluppo delle zone interne, il progetto 23 per l'irrigazione ed i progetti 14 e 25 per gli schemi idrici intersettoriali. Senza escludere naturalmente l'opportunità di continuare nella cooperazione interregionale ogni qualvolta le tematiche dello sviluppo sollecitano interventi infrastrutturali di ampia dimensione geografica. Più articolato risulta invece l'impegno per l'incentivazione ai settori produttivi dovendo concertare l'azione dell'intervento straordinario con appropriate manovre generali di allineamento funzionale.
Sul fronte fiscale sono attese agevolazioni più ampie alle imprese perseguibili con una diverso disciplina degli ammortamenti accelerati e l'istituenda normativa sulla detassazione degli utili reinvestiti. Inoltre è auspicabile una manovra differenziata sulla fiscalizzazione degli oneri sociali in modo da migliorare la redditività delle imprese operanti al Sud. Sul fronte del credito ordinario si attende ancora una sensibile riduzione dei tassi ed una maggiore correttezza amministrativa. Lo stesso emendamento Minervini, fatto proprio dalla legge per gli interventi straordinari (art. 8), con cui in pratica viene introdotto l'obbligo per le singole banche di applicare tassi uniformi su tutto il territorio nazionale è rivolto non tanto a calmierare il mercato quanto a sollecitare maggiore vigilanza tra le istituzioni preposte all'erogazione del credito. E' nella sostanza un invito a perseguire l'obiettivo della trasparenza delle condizioni bancarie rivolto agli istituti di credito, alla Banca d'Italia per i suoi compiti d'istituto ed al Cicr nella veste di organo politico di controllo.
Sul fronte assicurativo sono attesi nuovi strumenti finanziari per rendere più appetibile la destinazione degli impieghi verso il Mezzogiorno. In particolare si pensa alla creazione di un fondo alimentato dal sistema Stato - Autonomie locali - Istituti di credito con funzioni di garanzia verso quote di credito delle banche eroganti. Una proposta in tal senso è stata già avanzata dalla Cassa di Risparmio di Puglia ed è allo studio di una Commissione istituito presso la Banca d'Italia per tradurla in fattibilità operativa. Un'assicurazione sul "rischio Sud" è uno strumento di rilevante interesse per lo sviluppo dell'economia reale, sia in riferimento agli impieghi per il riordino e lo sviluppo della base produttiva, sia in ragione di un raccordo più funzionale del rapporto bancaimpresa.
Per le erogazioni a carattere straordinario si avverte in particolare la necessità di mettere a punto nuove strategie che dal testo legislativo appena varato non emergono in modo compiuto. Sia per invertire la tendenza che con l'esperienza della Cassa ha visto privilegiare una gestione della materia molto discrezionale operando invece a favore dello snellimento e dell'automatizzazione delle procedure. Sia per assicurare che il potenziamento del sistema produttivo meridionale avvenga attraverso la diffusione del processo di innovazione.
Sotto questo profilo la tendenza in atto appare sostanzialmente diversa, con l'imprenditoria settentrionale dedita a realizzare incrementi di produttività e quindi accelerare il riordino dei processi produttivi e la ricerca di nuovi prodotti nei settori non tradizionali e con l'imprenditoria del Centro-Sud impegnata a radicalizzare la specializzazione nei settori tradizionali (alimentare, tessile, abbigliamento, calzature, commercio). Gli incentivi a carattere straordinario attendono quindi di essere gestiti secondo regole diverse rispetto a quelle finora praticate e potrebbero meritare anche una ulteriore attenzione specifica del legislatore essendo ampiamente avvertita la necessità di renderli sempre più qualificati ed orientati per settori e per aree.
Contestuale attenzione meritano l'evoluzione ed i mutamenti che si verificano sul mercato del lavoro. L'esodo dalle campagne e la tendenza verso l'urbanizzazione costituiscono tuttora i principali problemi che una politica di localizzazione si trova ad affrontare nelle aree meridionali dando nuovo risalto alle tematiche della questione urbana. Questi complessi fenomeni fanno sì che in molte regioni si avverta la necessità di una struttura produttiva più diversificata, sia per ridurre il grado di vulnerabilità delle fluttuazioni economiche, sia per offrire a coloro che si affacciano sul mercato del lavoro una più vasta gamma di scelte fra le occupazioni possibili. S'intrecciano quindi problemi di formazione e di riqualificazione che diventano spesso condizionanti ai fini della distribuzione delle attività produttive fra le diverse aree geografiche. E se finora si è data scarsa attenzione alla mobilità territoriale, si ha motivo di ritenere che in futuro a questo problema si aggiungerò anche quello della mobilità professionale.
I profili aziendali divengono infatti sempre più complessi e le attuali qualifiche della forza lavoro locale risultano ampiamente inadeguate. Si dovranno perciò aumentare gli investimenti non solo per il potenziamento delle strutture formative di base ma anche per l'organizzazione di corsi di qualificazione, riqualificazione e addestramento che sempre più sollecitano una seria e fattiva collaborazione delle autorità locali e regionali con le organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori. Senza sottovalutare servizi di consulenza che in questo campo possono essere offerti da istituzioni universitarie e private di assoluto prestigio.
L'intervento straordinario può svolgere nel quadro dei bisogni primari indicato un'utile funzione di supporto ma non può sostituirsi alle forme ordinarie di intervento nè va utilizzato seguendo l'esperienza negativa già sperimentata di trasformare i centri istituzionali preposti alla sua gestione in organismi di burocrazia appaltata dalle espressioni del potere dominante. Inoltre occorre esprimere un netto rifiuto verso la tendenza a sottostimare le voci di spesa iniziale per giustificare con successive valutazioni adottate nelle sedi tecnico-amministrative le tesi espansive prodotte dalle aziende o dai gruppi interessati. I rischi di patologia gestionale possono essere molteplici e vanno in partenza contenuti riducendo i margini di discrezionalità nelle valutazioni di merito e confinando l'arbitraggio politico alla mera definizione del generali disegni di sviluppo.
Torna così in evidenza il rapporto tra le decisioni macroeconomiche e gli indirizzi di politica regionale che a sua volta crea le condizioni per la mobilità dei flussi finanziari lungo l'asse Nord-Sud. Naturalmente l'intervento straordinario, per gli obiettivi di crescita che investono un modello a struttura debole, esige una programmazione di medio-lungo periodo. l'adozione della prospettiva novennale sembra quanto mai opportuna anche se scadenze più brevi, ad esempio di tipo triennale, dovranno essere utilizzate per le esigenze di controllo e di revisione degli impegni assunti e per le possibili esigenze di adeguamento delle dotazioni finanziarie.
L'intreccio tra politica di bilancio, politica industriale e azione dell'intervento straordinario suggerisce poi comportamenti concreti che vanno percepiti in tutte le sedi istituzionali pubbliche e private, anche al di fuori del Mezzogiorno, in modo da stabilire mutamenti sostanziali nella formulazione degli strumenti adottati per orientare lo sviluppo, allargare e qualificare la base produttiva. Non a caso i segnali di vitalità ed efficienza del sistema unitariamente considerato richiedono oggi meno assistenza di tipo microeconomico e più sostegno sul versante macroeconomico.
Alla migliorata utilizzazione degli impianti si è accompagnata infatti uno profonda ristrutturazione finanziaria che ha permesso alle aziende presenti sul mercato di incrementare la dotazione dei mezzi propri riducendo la dipendenza dalle banche ordinarie per i crediti a breve e promuovendo un ricorso maggiore agli istituti di credito mobiliare per i debiti a medio-lungo termine chiaramente collegati con gli impegni di ristrutturazione ancora ]ungi dall'essere esauriti.
Ai segnali positivi che vengono dagli aspetti economici e finanziari della ristrutturazione industriale non fanno purtroppo riscontro adeguate politiche generali di sostegno per una domanda che qualifichi ambiziosi obiettivi di sviluppo. Da qui l'esigenza di produrre sforzi adeguati per una riflessione coordinata sulla politica di bilancio e sulla politica industriale capace di liberare quote di domanda per beni e servizi tecnologicamente avanzati in sintonia con la promozione della crescita industriale sul mercato meridionale.
Lo strumento legislativo varato costituisce un segnale importante in questa direzione. Ma non vorremmo trovarci tra qualche anno a dovere descrivere su questi fogli i guasti che al cocktail per lo sviluppo può produrre il modo gordiano dell'ideologia.
Attenzione dunque ai rischi dell'illuminismo sempre presenti nelle norme adottate nell'ambito della problematica meridionalista. La posta in gioco non è di poco conto, dovendosi finalmente acclarare se il Mezzogiorno debba essere tagliato fuori oppure no dagli attuali modelli dell'economia di scambio.

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