Una
crescita dell'economia italiana leggermente superiore a quella del 1985.
Prezzi all'ingrosso in netta discesa, ma prezzi al consumo tenacemente
attestati su livelli elevati. Un passivo corrente verso l'estero che
si colloca su valori non rassicuranti, ma inferiori a quelli dell'anno
precedente. Per la finanza pubblica: un fabbisogno del Tesoro superiore
di 5 mila miliardi a quello dell'obiettivo dell'anno, pari a 110 mila
miliardi. Tassi di interesse reali sostanzialmente costanti. Questi,
alcuni dei risultati delle previsioni '86, effettuate con il modello
dell'economia italiana elaborato da Antimo Verde presso la Luiss di
Roma. Si tratta di un modello d'impostazione post-keynesiana, composto
da 230 equazioni che si "estendono" su tutti i settori dell'economia.
L'accordo sulla semestralizzazione della scala mobile, l'attuazione
della manovra governativa sulla legge finanziaria e il recupero del
drenaggio fiscale sono ipotesi poste a base della previsione.
Il paese cresce
gli occupati no
Il bilancio economico nazionale. Il tasso di crescita del sistema
economico è pari al 2,6%, superiore rispetto a quello registrato
l'anno scorso, ma ancora inferiore a quello, pari al 3-3,5%, richiesto
per un parziale riassorbimento della disoccupazione. La manovra governativa
(legge finanziaria e restituzione del fiscal drag), ha effetti nel
complesso limitati e che si riflettono in un "appiattimento"
del profilo ciclico dell'anno: il tasso di sviluppo si riduce soprattutto
in seguito ad un aumento più contenuto dei consumi e delle
scorte. Sui consumi delle famiglie pesano soprattutto la minore crescita
delle retribuzioni in seguito alla semestralizzazione della scala
mobile e ai tagli della legge finanziaria, i cui effetti, a fini della
formazione del reddito disponibile delle famiglie, possono essere
stimati in 6.500 miliardi.
Il recupero del drenaggio fiscale, che nel 1986 è valutabile
in 3.800 miliardi, impedisce una flessione più accentuata dei
consumi che, nell'anno, crescono dell'1,5% (in luogo del 2% che si
sarebbe avuto in assenza dei provvedimenti governativi e della modifica
della scala mobile). Gli investimenti crescono del 3%, contro il 4,5%
del 1985.
Se il dollaro
è in discesa "morbida"
Naturalmente, le previsioni sono fortemente condizionate anche dalle
ipotesi adottate circa l'evoluzione dei cambi della lira. Tra quelle
possibili, l'ipotesi di un "soft landing" del dollaro e
di un deprezzamento della lira rispetto alle valute Cee limitato a
quell'8% deciso il 19 luglio '85, è parsa la più realistica
oltre che quella più auspicabile.
L'evoluzione ipotizzata, che ripropone, con qualche differenza, la
situazione del triennio 1977-79 , consente un miglioramento non disprezzabile
nella bilancia commerciale. I riflessi positivi si fanno maggiormente
apprezzare, se si considerano anche le conseguenze finanziarie che
da una tale evoluzione derivano al nostro paese dalla sua pesante
posizione debitoria. Il passivo'85 della bilancia commerciale, infatti,
è pari a 27 mila miliardi di lire, pari al 4% del Pil. Nell'86
esso si ridurrà per il calo del prezzo del petrolio, per una
crescita reale delle esportazioni superiore a quella prevista per
il commercio mondiale dei manufatti (4%), e per un incremento contenuto
delle importazioni.
Le esportazioni risentono positivamente di una migliore situazione
per quanto riguarda la competitività e la "convenienza
ad esportare". La profittabilità delle esportazioni per
l'economia nel suo complesso aumenta poiché la crescita dei
prezzi all'esportazione supera quella dei prezzi interni.
Si fanno anche avvertire gli effetti di una domanda mondiale in cui
aumenta il peso delle economie europee e di una domanda interna meno
dinamica. Le importazioni aumenteranno a un tasso dimezzato rispetto
all'85.
A favorire una tale evoluzione contribuiscono un rapporto più
equilibrato tra prezzi interni e quelli a I l'importazione; un andamento
degli investimenti meno tumultuoso di quello registrato nell'85, quando
nel comparto dei macchinari ed attrezzature si ebbe un aumento dell'11,3%;
una domanda interna più riflessiva.
Prezzi ancora
oltre il "tetto"
L'evoluzione ipotizzata dei cambi della lira, rispetto al dollaro
e alle valute Cee, corrisponde, anche se i risvolti di medio periodo
andrebbero approfonditi, ad una manovra del cambio accorta e "possibile".
Le previsioni relative ai conti con l'estero non appaiono, come abbiamo
visto, tali da giustificare una seconda svalutazione della lira: il
"soft landing" del dollaro può, in effetti, scongiurare
questa eventualità che, da più parti, si dà per
scontata.
Naturalmente, nell'86 potrebbero intervenire eventi, irrefrenabili,
che possono rendere inevitabile un secondo riallineamento della lira
nello Sme, (eventi quali, ad esempio, la svalutazione del franco francese,
che trascinerebbe con sé la lira; ovvero più in generale,
un'evoluzione del rapporto marco/dollaro differente da quella ipotizzata).
In questo caso, la seconda svalutazione della lira in breve tempo
non migliorerebbe di molto i conti con l'estero dell'anno (gli effetti
sarebbero comunque deboli e ritardati), mentre eserciterebbe un'influenza
nefasta sui prezzi, soprattutto su quelli all'ingrosso.
L'esame delle due tabelle consente di intuire luci (poche) e ombre
(molte) che caratterizzeranno il 1986. Per quanto riguarda in particolare
i prezzi, il dato positivo del prossimo anno è rappresentato
dal contenuto aumento dei prezzi dei prodotti industriali. Nell'86,
essi, nell'ipotesi adottata per i cambi, aumenteranno del 4,5%. Ovviamente,
questo dato va considerato con precauzione, se non altro perché
le imprese potrebbero sfruttare la migliore situazione sul fronte
dei cambi non per ridurre i prezzi, ma per accrescere i margini di
profitto. Si tratta, tuttavia, di un dato estremamente positivo e
che verrebbe annullato da una seconda svalutazione della nostra moneta.
Se le prospettive per i prezzi all'ingrosso sono buone, non altrettanto
può dirsi per quelli al consumo. Dopo il 9,2% registrato nell'85,
i prezzi al consumo supereranno, sia pure di poco, il 7,5% nell'86,
e quindi si avrà uno sfondamento di oltre un punto percentuale
del "tetto" programmato per l'anno. La previsione del 7,5%
è peraltro, anch'essa un obiettivo, nel senso che presuppone,
come si è detto all'inizio, l'attuazione della manovra governativa
e la modifica della scala mobile.
La manovra governativa, se, come ipotizzato, riesce ad incidere sull'evoluzione
della domanda interna, non toglie molto al tasso d'inflazione che
si sarebbe avuto in assenza di interventi. In effetti, senza i provvedimenti
economici e senza la semestralizzazione, l'inflazione, misurata dalla
variazione dei prezzi al consumo, sarebbe stata dell'8,2%. Complessivamente,
quindi, la legge finanziaria, integrata dalla restituzione del fiscal
drag, e la modifica della scala mobile, riescono, in un anno, ad erodere
soltanto qualcosa in più di mezzo punto percentuale.
Il contributo della modifica dei meccanismi di indicizzazione delle
retribuzioni ai fini del contenimento dell'inflazione aumenta sensibilmente
se la previsione si sposta su un arco temporale di due-tre anni. Le
cause di un tasso di inflazione ancora molto elevato vanno ricercate
nell'incremento delle tariffe pubbliche e nell'aumento dei margini
commerciali.
Per quanto riguarda le tariffe, l'aumento previsto per l'86 è
dell'8%. E' difficile escludere del tutto che tale percentuale non
verrà superata, tenuto conto che il solo trascinamento ereditato
dall'85 è pari al 2,5%. E, in tal caso, anche il 7,5% dovrebbe
essere rivisto verso l'alto.
Ma allora è proprio impossibile "toccare" senza "sfondare"
il tetto del 6,5%? Invero, una soluzione, pur se di breve periodo,
esiste ed è. quella del blocco per un anno delle tariffe pubbliche.
In tal caso, queste aumenterebbero del 2,5% (trascinamento) e i prezzi
al consumo del 6,5%! Lo Stato, chiamato a finanziare la manovra di
contenimento delle tariffe, beneficerebbe di minori spese, per interessi,
stipendi e pensioni, prestazioni sociali, ecc., e ciò consentirebbe
di ridurre notevolmente, se non di annullare, il costo della manovra
stessa.
Considerando anche i 3.800 miliardi di restituzione del drenaggio
fiscale, il fabbisogno del settore statale sfiora i 115 mila miliardi.
Tuttavia, il rapporto del fabbisogno rispetto al prodotto interno
lordo (Pii) scende dal 15,9% dell'85 al 15,2% dell'86.