LA MURGIA DEI TRULLI




Marco Bartolomeo



Non si può fare a meno, parlando dell'architettura di pietra in Puglia, di andare a scoprire gli aspetti morfologici del territorio cercando di ricostruire, attraverso un'osservazione se pur superficiale, le radici naturali di quel percorso architettonico che congiunge le prime strutture megalitiche ai caratteri più sfarzosi del barocco leccese, costituendo una linea continua e progressiva fortemente legata alle matrici storico morfologiche della terra di Puglia.
Che strana terra quella di Puglia, pur essendo in gran parte pianeggiante ad eccezione di un breve tratto dell'Appenino e del Gargano, è profondamente segnata da grosse diversità etniche, culturali ed ambientali che ne caratterizzano talmente il territorio da suddividerlo in zone geograficamente ben distinte: tre altopiani detti Murge, quella settentrionale, la Murgia dei trulli al centro e quella salentina a Sud.
E forse, proprio nella Murgia dei Trulli che risaltano più limpidi quegli aspetti architettonici spontanei, legati agli usi e costumi di gente semplice stretta da sempre alla terra, che diverrà l'argomento primario di questo incontro con l'architettura "povera" di Puglia, ed è ancora una volta la peculiarità del territorio a caratterizzarne sia i materiali da costruzione sia la costituzione stessa degli agglomerati urbani.
La Murgia dei Trulli si estende vasta e silenziosa, all'apparenza arida, senza laghi né stagni, dove i rari ruscelletti che si formano sono subito inghiottiti dalla natura carsica del terreno.
Una terra difficile ove la pietra è porte stessa del terreno, che ha costretto l'uomo ad un lavoro secolare durissimo quasi ciclopico.
Ogni pezzo di terra, quasi ogni zolla, deve essere ripulito, "spietrato" se si vuoi renderlo produttivo; non è però una terra avara e in primavera le diverse tonalità di verde dei giganteschi olivi e dei mandorli, contrastano violentemente con una terra rossa, una terra che sporca le mani quasi fosse dipinto.
Basta inoltrarsi nella campagna, anche a ridosso delle grandi città, per poter constatare quanto poi la pietra sia sempre stata presente in un processo culturale ed architettonico della Puglia rurale.
La pietra, come l'ulivo è parte integrante del paesaggio della Murgia dei Trulli; una pietra colorata, bianca o rossiccia, accatastata in muretti a secco che delimitano le proprietà o composta in semplici pietraie o in vecchie costruzioni ora diroccate.
Vecchie pietre erose dal sole, un tempo forse depositi per attrezzi o piccoli trulli ormai cumuli di macerie, abitazioni temporanee nei periodi di raccolto.
Procedendo verso Sud dove i dolci pendii dell'altopiano tendono al mare, è sempre la pietra a caratterizzare la struttura del terreno, non più roccia calcarea ma un compatto strato di tufo vulcanico in cui fiumi impetuosi ormai scomparsi, hanno segnato profonde gole, le gravine, sulle pareti delle quali si affacciano grandi e piccole grotte rifugio per l'uomo sin dall'età neolitica.
Sono proprio queste gravine, che diedero i natali in età bizantina a quei villaggi rupestri che pur con alterne vicende resistettero fino al XVIII sec. Quasi ogni gravina ai margini meridionali della Murgia dei trulli ha avuto il suo villaggio rupestre così come si può ancora ammirare nelle vicinanze delle attuali città di Massafra, Laterza, Mottola, Palagianello, Crispiano, fino a sconfinare in terra Lucana dove la gravina di Matera è rimasta abitata fin quasi ai nostri giorni ed è tuttora viva, deposito di attrezzi e ricovero per animali.
Il primo utilizzo di queste grotte come rifugi ed abitazioni risale probabilmente ai tempi delle colonie greche in Italia; il villaggio rupestre incominciò ad assumere le caratteristiche che possiamo ancora vedere solo intorno al VI secolo, quando le armate bizantine occuparono la regione e sulla scia di esse gruppi di monaci vi insediarono i loro monasteri.
Questi monasteri divennero ben presto non più solo luogo di culto religioso, ma centro culturale di uno sviluppo urbanistico che incominciava ad assumere proporzioni notevoli; basti pensare che nel periodo di maggiore sviluppo (X e XI sec.) nelle grotte vicino a Massafra tra monaci e contadini vi abitarono probabilmente circa 2000 persone.
Per una popolazione dedita per secoli al loro lavoro della terra, la presenza di questi monasteri rappresentava un'enorme ricchezza culturale, fonte preziosa per risolvere grandi e piccoli problemi tecnici e certamente la possibilità di usufruire di erbe mediche e altri medicinali di cui i monaci conoscevano le formule; così ben presto il greco divenne la lingua più comune e crebbe di popolarità la religione Ortodossa.
La comunità rupestre di Massafra per esempio, era organizzata in modo da adibire il versante Nord-Ovest alla popolazione con abitazioni, negozi, etc., mentre quello Sud Orientale aveva funzione pubblica e religiosa. Vi si trovano infatti le chiese, il monastero, la "farmacia" che la leggenda attribuisce al mago Gregorio e, procedendo verso Est., la cosiddetta "Grotta del Ciclope", una grotta di proporzioni vastissime probabilmente luogo di riunione o di consiglio.
Le centinaia di grotte della parete Nord Occidentale, sono quelle più umili, che mancano sicuramente di particolari architettonici degni di rilievo, ma sono anche quelle che riescono a darci l'impressione più viva del modo di vivere nelle gravine, di come giorno dopo giorno uomini, donne, animali, hanno legato la loro vita alla terra in maniera totale.
Hanno tutte caratteristiche molto simili; un solo ingresso il soffitto piatto, una o più stanze separate tra loro da porte di legno o stuoie di cui non è rimasta alcuna traccia ad eccezione dei ganci sul muro.
All'esterno canali di drenaggio appositamente studiati, impediscono alla pioggia di entrare nella grotta.
Il fondo della gravina era adibito a principale via di comunicazione e da collettore delle acque piovane, ripide scale scavate anch'esse nella roccia mettevano in comunicazione le grotte disposte sui vari piani.
Gli insediamenti più complessi si trovano però sul lato opposto della gravina, dove le chiese grotta divengono i punti più qualificanti dell'urbanistica di questo arroccato insediamento umano.
Tra le tante chiese-grotta di cui è popolata questa gravina, desta particolare attenzione quella della Madonna della Scala; in essa scavate nel tufo si riprendono caratteristiche tipiche delle costruzioni in muratura di quei periodo, pilastri cruciformi dividono il locale in tre navate, mentre la cura con cui sono state rifinite pareti e spigoli dimostra l'elevata tecnologia acquisita nella lavorazione del materiale.
Nota a parte va fatta per gli affreschi che abbelliscono queste chiese rupestri; affreschi che rappresentano esempi dell'arte votiva greco-bizantina tra il X e il XIII sec., non testimoniando solo il senso artistico e la profonda devozione, ma riflettendo il grado di importanza economica e culturale rispetto ai centri urbani vicini.
Purtroppo di questi affreschi, ne rimangono solo sbiadite immagini che l'umidità e lo scarso interesse da parte degli uffici preposti hanno già condannato a sicura fine.
Il villaggio rupestre testimonia in maniera estrema il vincolo indissolubile tra questa terra e la maniera stessa di vivere dei suoi abitanti, le loro case e la loro cultura, questo rapporto tra struttura geologica ed espressione architettonica e culturale rimane costante in tutto l'altopiano.
L'importanza del dato geologico locale è un fattore determinante nel processo evoluzionistico degli insediamenti umani; all'interno della Murgia carsica dove la pietra è coperta da solo pochi centimetri di terra, non poteva essere che questo materiale lapideo a costituire l'essenza base per gran parte delle costruzioni.
La casa a trullo rappresenta l'esempio più tipico nell'utilizzo della pietra calcarea in tutta la Puglia; la semplice eleganza delle sue forme antiche, ci riportano a millenni indietro nel tempo, ai confini con la preistoria sperdendo le origini di queste meravigliose costruzioni nelle lontane terre medio Orientali.
Per comprendere un trullo è necessario incominciare ad evidenziare sotto l'aspetto strutturale, quali siano i suoi due caratteri essenziali.
Il primo è certamente identificabile nel tipo di copertura a tholos costituito cioè di anelli di "conci" posti in maniera concentrica progressiva, fino a formare un corno, resti stabili da una grossa pietra, detta pinnacolo posta alla sommità della costruzione; l'altro elemento caratteristico di questo tipo di edilizia è la forma planimetrica, generalmente circolare.
Caratteristica quest'ultima che con l'affinarsi delle tecniche costruttive si è andata trasformando e i trulli di costruzione più recente tendono generalmente ad assumere forme quadrangolari.
Il contadino che intendeva costruirsi un trullo, dopo aver fatto grossa incetta di pietre ricavandole generalmente dallo stesso sito di edificazione, metteva a nudo lo strato di calcare che costituiva il basamento della costruzione e ne andava quindi, a delimitare il perimetro esterno e quello degli eventuali ambienti interni.
Procedeva per costruire i muri, alla sovrapposizione delle piatte pietre calcaree senza malta, riempiendo lo spazio tra le due pareti con pietrame minuto o terriccio; dopo si erigeva la volta in modo che ciascuna pietra si incastrasse tra le due laterali e sporgesse abbastanza per sostenere il peso di quella sovrastante, e non crollare.
Gli anelli venivano progressivamente restringendosi fino a lasciare una piccola apertura che veniva infine ostruita da una pietra cilindrica o piramidale con funzione di chiave di volta.
Gli edifici a trullo a parte la loro comune impostazione generale, si possono presentare con caratteristiche leggermente dissimili in relazione alla specifica costituzione geologica delle varie zone. Ciò può determinare delle differenze soprattutto nella costruzione della cupola, allungata o con forme più tozze, a seconda del grado di lavorabilità e di resistenza del materiale.
Proseguendo nella conoscenza di questo tipo di architettura ritengo sia altresì necessario definire, oltre alle caratteristiche tecniche, la costruzione nel suo contesto culturale ed economico della sua terra, affinché possano risultare più chiari quei caratteri che hanno reso possibile di generazione in generazione il tramandarsi Inalterato di questa tecnica costruttiva.
Esiste inequivocabilmente un rapporto molto stretto tra le forme di vita di un popolo e le sue espressioni architettoniche, che variano parallelamente al modificarsi delle condizioni naturali e delle esigenze umane; è il fossilizzarsi di questa relazione tra bisogni economici e capacità produttive, ad aver permesso il riproporsi per secoli di forme edilizie sempre uguali, senza che la loro trasformazione abbia indotto l'uomo ad uno sforzo per riequilibrare il rapporto stesso.
La campagna nella Murgia dei Trulli è rimasta praticamente immutata per lunghi periodi storici, ed immutate sono state le tecniche di lavorazione che hanno determinato il mantenersi costante delle condizioni socio-produttive, rallentando l'evolversi di nuove forme di cultura e quindi di nuove caratteristiche architettoniche.
L'economia contadina, rappresenta quindi, un altro elemento indispensabile per capire meglio una costruzione a trullo; il mantenimento delle colture dell'ulivo; del mandorlo e della vite, e quindi l'invariare della forza economica della famiglia rurale nella Puglia dei trulli, ha fatto si che non si andasse a creare un ciclo chiuso, nel quale non c'era posto per alcun tipo di spreco; in questo quadro il trullo ha mantenuto inalterate le sue caratteristiche di economicità potendo così rimanere pressoché uguale nelle forme e nei materiali.
Il contadino pugliese ha concepito l'architettura della propria casa come espressione di un'esigenza costruttiva legata essenzialmente alla funzionalità escludendo qualsiasi elemento decorativo, ad eccezione dei pinnacoli che sommano la doppia funzione di dare stabilità alla cupola sottostante a quella estetica e di buon auspicio. Neppure l'avvicendarsi di nuovi stili nel resto della Puglia ha potuto modificare il trullo; è la natura stessa a codificarne le caratteristiche, espressione di una terra che non concede nulla all'estetica e di cui l'uomo divento il semplice interprete manuale. Ormai però, il trullo non si inserisce più nel quadro attuale della vita della Murgia, le nuove generazioni tendono ormai ad abitare in casa di cemento armato, un processo naturale quanto inarrestabile che non è certo possibile condannare.
Ambiguo è invece il tentativo di far rivivere i trulli unicamente come meta turistica, mantenendo le caratteristiche architettoniche di sempre ma facendogli perdere irrimediabilmente tutto quei bagaglio secolare di cultura che rappresenta l'anima stessa delle costruzioni a trullo.
La costruzione a trullo se da un lato aveva caratteristiche ideali date dall'economicità del materiale, dai costi praticamente nulli dalla manodopera e dalla capacità di mantenere freschi gli ambienti anche nelle calde giornate estive, dall'altro necessitava di un enorme dispendio di tempo per erigere una cupola per ogni singolo ambiente limitando moltissimo quindi, l'estensione della casa.
La necessità però di fare case con muri più sottili e capaci di sostenere uno o più piani, ha fatto si che dove le condizioni generali lo permettevano alla costruzione con i muri a secco, si è andata a sostituire quella con l'impiego della malta, utilizzando lo stesso materiale, la pietra calcarea che era di facile reperibilità.
Dagli scarti della lavorazione delle -pietre, cotti in fornace veniva prodotta la calce che impastato con un terriccio particolare detto "boia", produceva un'ottima qualità di malta. E' evidente che questo tipo di costruzione doveva necessariamente essere inserito in un contesto più complesso, diverso da quello solitario della campagna.
C'era bisogno di strutture tecniche relativamente elaborate e di molto legno, la cui reperibilità necessitava di un'organizzazione economica complessa che il semplice contadino e la sua famiglia non potevano da soli sostenere.
Ecco perché l'evoluzione nell'utilizzo della pietra e della malta, pur mantenendo in origine caratteristiche di economicità e di relativa semplicità di esecuzione, è strettamente legata ad un processo di evoluzione urbana piuttosto vasto.
Le volte e gli archi che costituivano la struttura portante dell'architettura di pietra e malta erano molto solide e permettevano una serie di combinazioni stilistiche e funzionali quasi illimitate; la loro moltiplicazione verticale o orizzontale degli spazi, rappresentava l'elemento indispensabile nella costruzione e nell'ampliamento di un agglomerato urbano.
Con questa tecnica edificativa si andarono a fare case sempre più rifinite e sofisticate; le volte potevano essere storte e composte con gli archi nelle combinazioni più varie, erano però limitate dalla necessità di essere curve per sopportare il peso sovrastante e dovevano essere ben equilibrate per contrastare le spinte laterali.
Erano inconvenienti facilmente superabili, ma richiedevano una specializzazione della manodopera, che a sua volta faceva sì che proprietario e costruttore non fossero sempre identificabili nella stessa persona.
Nuovi meccanismi si andavano lentamente inserendo anche ai livelli più poveri della società, cambiavano i bisogni e il grado di cultura, e anche l'architettura di pietra si dovette adeguare ai nuovi cambiamenti.
All'inizio il tufo e successivamente il cemento armato si andarono a sostituire alla pietra calcarea, cambiando non solo l'aspetto del paesaggio, ma anche il rapporto stesso che l'uomo aveva con la propria casa.
Un rapporto che legava entrambi alla terra in modo indissolubile quasi simbiotico. Certamente le nuove tecniche hanno migliorato le comodità della casa, suggerendo inoltre forme architettoniche infinite, ma le città nella murgia dei trulli stanno incominciando a perdere quel senso umano e familiare che avevano prima, trasformandosi in muti testimoni dell'avvenuto mutamento tecnologico della società, nella quale la voce dell'uomo si fa sempre più fioca coperta troppo spesso dall'esigenze economiche e commerciali, un mondo nel quale sembra il grigio e il cemento armato debbano rimanere gli unici superstiti.

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