§ L'INEDITO

LOPE DE RUEDA - SEI PASOS




Traduzione di VITTORIO BODINI
Presentazione di Oreste Macrì



In uno studio su Vittorio Bodini ispanista (in Le terre di Carlo V / Studi su V. Bodini [ ... ], Congedo, Galatina 1984, pp. 625-675) ho tentato dal principio di caratterizzare lo spirito versificatorio bodiniano, suo annoso demone intrinseco alla poesia originale, e alla prosa: "[ ... ] Quanto alla traduzione [ ... ] ha sempre tentato la quadratura del cerchio tra rigorosa aderenza alla lettera testuale e resa italiana a mezzo della lingua poetica novecentesca (compresa la propria di poeta), partendo dal riflusso del testo spagnolo nella struttura sememica preverbale, e profittando della zona linguistica-etimologica comune. Nella strategia di questi tre parametri è il segreto delle belle, eleganti, traduzioni bodiniane, schiave ed autonome, sempre d'intento metrico-ritmico [...]" (p. 626).
Le versioni che presentiamo stanno sulla linea della prosa ispanica, alternate e intrecciate pur esse con la prosa originale dei bodiniani rari e squisiti, racconti originali e prose diaristiche, che aspettano di rivelarsi all'altezza della poesia originale. Il modello costante negli anni è la scrittura breve dialogica, inteso il dialogo come archetipo espressivo pregenere dei generi propri, incipienti - definitivi, del teatro farsesco e rissoso del racconto realistico-fantastico, della divagazione critica, in proprio pepata e puntigliosa, con la quale Vittorio graffiò più di una vittima; ma si dovrebbe tener conto anche del dialogo epistolare, quando sia pubblicato il carteggio. La motivazione biografica di fondo è complessa, storico-sociale e individualissima, che è quella che conta artisticamente e simboleggia la prima: la condizione di sradicato, emigrante, che si proietta nella Spagna salentinizzata, picaresca e gitana, attraverso le sue avventure vitali e letterarie: fiamminga-rinascimentale, goticobarocca e la novecentesca "pura" e surreale. Alludo agli "esercizi" versificatori trentennali di questo ramo prosastico estroso, implicato il verso, naturalmente; "esercizi" tra virgolette, ossia acrobatici, quasi scommessa di vecchio giocatore, nel porgere gli equivalenti, in dialetto leccese sottocutaneo al vivo ed elegante italiano, di testi ardui e pressoché intraducibili per il caratteristico idiomatico e ambientale, dalla malavita sivigliana alla fucina gitana, dal proverbio al gomitolo.
Sorvolando sull'oscura fase prebellica dell'inedito, del resto difficile da ricostruire, risale al '45 la traduzione del Lazarillo de Tormes (per ogni informazione bibliografica rimando al mio studio citato), prototipo ossuto ed elementare del picaro, e tanto più gustoso nella sua verità di fame e verme all'interno della retorica umanistica e imperiale. Bodini non tradusse, ma scrisse sulla Lozana andalusa. Di tutto il teatro di Lorca tradotto isoliamo quello breve: Don Perlimplìn, Teatrino di don Cristóbal. Quindi, l'impresa del Don Chisciotte, che fu - rammento! - fatica improba per l'impazienza del cuore di Bodini, criticamente risolta e mirabilmente superata, nell'intuizione espressa nel saggio introduttivo, di quel grande libro come avventura scrittoria, non sapendo l'autore dove andasse a parere il protagonista col suo scudiero, e che cosa pronunziasse nel capitolo seguente e ancora nel seguente; non alla maniera ariostesca, pur il Cervantes discepolo dell'Ariosto. Insomma, lo aggredì episodio per episodio, ciascuno autonomo e composto nel tutto divisionisticamente; emergendo, naturalmente l'umana, giusta e tenera, malizia popolare di Sancio.
Di Quevedo, non - purtroppo - il picaresco Buscón, ma i Sonetti, scelta essenziale. Saltiamo agli ultimi anni di vita, essendosi cimentato con Gòngora e Calderón; è un ritorno a Cervantes con la traduzione degli Intermezzi, incarnazione categoriale assoluta del genere proprio farsesco, ma in senso metateatrale, giacché criticamente da Bodini, sono collegati e fusi con Don Chisciotte e con le Novelle esemplari in un'unica e continua esperienza fondatrice della prosa moderna. Mi richiamo a qualche frase del mio studio citato: "[ ... ] l'ingegno critico [di Bodini], ingegnoso di empiria quasi gracianesca, si eccita in contatto diretto coi testi cervantini, e questi vieppiù congeniali, percepiti e commentati in tensione tra grottesco e piena umanità soggiacente-difficile. Vive intensificato il binomio arte-letteratura con la conseguente denunzia e protesta fautrici dell'ardua bellezza artistica della confezione cervantina dell'intermezzo a contrasto e rimedio del fallimento biografico degli ideali ed esemplari platonici della virtù, dell'onestà, ecc. Ne deriva altresì l'appassionato e saporosissimo divertimento versificatorio, forse il vertice dell'arte traduttoria bodiniana, congregati il gergo della malavita e la parodia forsennata, quanto oggettiva, del linguaggio petrarchesco-gongorino. Equivalenti italiani perfetti, come i nomi propri dei reali-irreali personaggi [ ... ].
E con ciò Cervantes [nel pensiero critico di Bodini] fondava semplicemente il genere della prosa moderna, pur essa decentrata e policentrica, asimmetrica, frazionata, tra gli assi scambievoli tipico-esemplaristico ed empirico-esistenziale".
Suppongo posteriore e davvero ultima la versione di questi cinque "pasos" di Lope de Rueda, direi fatale nel risalire al maestro di Cervantes, suo primo biografo e scopritore dei suoi valori e strutture di riformatore radicale del teatro rinascimentale spagnolo, come ne discorre nel Prólogo alle Ocho comedias del 1615:
"[ ... ] mi trovavo a conversare con amici e cadde il discorso sulla commedia [ ... ] in particolare, su chi le tolse le fasce di neonata, la mise in trono e la vestì d'ogni ornamento e sfarzo. Io, come il più anziano di loro, dissi di ricordarmi d'aver visto recitare il grande Lope de Rueda [ ... ]. Fu cittadino di Siviglia e di mestiere battiloro. [ ... ] Le commedie erano colloqui o egloghe tra due o tre pastori [ ... ]. Si condivano e si ampliavano con due o tre intermezzi, dove comparivano tipiche a volta a volta la negra, il ruffiano, l'ingenuo, il biscaglino. E tutte queste quattro figure e altre molte il detto Lope le eseguiva con la maggiore eccellenza e proprietà che si potesse immaginare [ ... ]".
Dimenticava Cervantes i precedenti del teatri in prosa della Celestina, Torres Naharro, Encina, Lucas Fernandez, Gil Vicente, ecc., ma colse il nucleo vivo della riforma di Rueda nel quadro burlesco-popolare del "paso" generatore dell'"entremés", che Cervantes innalzò ai vertici del teatro comico spagnolo. Nato nei primi anni Dieci del Cinquecento, Rueda dovette abbandonare ben presto il mestiere di battiloro per intrupparsi in qualche compagnia comica italiana delle peregrinanti tra Francia e Spagna. I comici italiani godevano di grande prestigio; ad es., a Valladolid nel 1548 in una festa regole comici italiano dettero una commedia dell'Ariosto, ma si eseguivano anche pezzi brevi da commedia dell'arte; più tardi restò famoso il Ganasa. Insomma l'italianismo teatrale, come quello lirico petrachesco-bembesco e l'epico ariostescotassesco, copriva l'intera gamma dei sottogeneri, si che a Lope de Rueda, come ai Garcilaso e ai Barahona de Soto, spettò il compito di castiglianizzare nei propri costumi temperamento e lingua le maniere tematiche e tecniche italiane.
Prime date incerte di Rueda impresario di una propria compagnia, capocomico nonché attore: il'38 della Comedia de los enganados e il '42 della Comedia Eufemia: fonti italiane Boccaccio, Bandello, e latine-umanistiche, Plauto, ecc. Dello stesso anno un "auto" su "carros" commissionato dalla città di Burgos per la Festa Del Corpus Domini. Insomma, una compagnia regolare e discretamente pagata, operante nelle piazze e nei palazzi, come in quello del Duca di Medinaceli, la cui vecchiezza e infermità era allietato dalla moglie di Rueda, nella stessa compagnia, la valenciana Mariana, straordinaria cantante e ballerina. Rueda girovagò per varie città della Castiglia, dell'Andalusia, della terra valenciana, riflettendosi nel suo teatro omogeneizzate le parlate della Spagna nei loro modi idiomatici, più puri e caratteristici. Morì poco dopo aver dettato, infermo a Cordova, il testamento il 21 marzo 1565 senza aver potuto firmarlo.
Il "paso", dunque, imperversa ovunque nella sua opera; non solo autonomo come anticipo o intermezzo delle commedie, ma queste stesse si amenizzano interrompendo il filo della recita, fino alla commedia Tymbria da considerare un insieme di "pasos". La farsa di Rueda, seminata da gerghi dei più vari ambienti popolari, dal campo alla malavita, è frutto della più essenziale e nuda economia espressiva, fitto e sprizzante di proverbi, sentenze, giochi di parole. E' testo scritto che si consuma in dialogo-azione, parola-gesto. Suo intento è il riso senza catarsi dell'umana debolezza e credulità, e della malizia che se ne serve. Una vacanza pura dello spirito comico senza problemi. E qui Bodini affila la punta estrema della sua penna; "non mi sono mai tanto divertito", mi scriveva per il suo racconto del Conte Danilo negli ultimi mesi di vita, frase estensibile a queste versioni deliziose quanto il Sei-Dita, Il giro delle mura, Il balletto delle fanciulle del Sud.
Il progetto era più ampio, comprendendo 14 "pasos", secondo l'indice in un foglietto autografo. Nella libreria del Poeta, passata alla Biblioteca Universitaria di Lecce, vi sono tre edizioni di Rueda: il Teatro di Espasa-Calpe nei "Clàsicos castellanos", 1934; i Pasos completos di Taurus, 1966; Comedia Eufemia, Comedia Armelina, El Deleitoso di Espasa-Calpe, 1968. Qui basti accennare che le versioni si dilungano fin dal soggiorno in Spagna con due principali revisioni e aggiunte, rispettivamente, al tempo di impiegato nel Ministero dei lavori Pubblici e negli ultimi due o tre anni, processo significativo di un profondo affetto letterario e vitale per un artista comico congeniale; affetto accresciuto, come ho accennato, dalla intimità col discepolo di Rueda, il Cervantes degli Entremeses !
Le tre edizioni citate, come tutte le altre in questo secolo, con minime eccezioni, derivano dai due tomi delle Obras, curate da Emilio Cotarelo per la R. Academia Espanola, 1908, riproduzione dei volumi originali editi dal libraio valenciano Juan Timoneda, amico e discepolo di Rueda.
Pertanto, ad essi, riferiamo i 6 "pasos" tradotti da Bodini:
I. L'invitato: Posa tercero di El Deleitoso [...] 1567.
II. La terra di Jauja: Paso quinto, ib.
III. Le olive: Paso séptimo, ib.
IV. Il falso medico: Paso primero in Registro de representantes , 1570, silloge di "pasos" di Rueda e di altri autori, non nominati; al nome di Rueda il 4°, e il 5° e il 6°.
V. Il doppio matrimonio. Paso tercero, ib.
VI. Leno, lo smemorato: è El paso de Mesiflua, y Leno nella "tabla de los passos graciosos que se pueden sacar de las presentes Comedias, y Coloquios pastoriles", nel f. 55r di Las quatro comedias y dos Coloquios postoriles [ ... ], 1567; detto "paso" sta nel Coloquio de Tymbria.
I "pasos" non hanno titoli precisi, che son fissati dal traduttore; alcuni tradizionali, come Las aceitunas (Le olive). Di traduzione italiane, molto rare, ricorderò per mera curiosità Gl'inganni e Cornuto contento, in Teatro scelto spagnuolo antico e moderno di Giovanni la Cecilia Torino 1857, I, pp, 75-114.
Da ultimo, abbiamo tralasciato un settimo "poso" (tale considerato nell'indice citato) in redazione incompleta senza titolo, versione delle prime due scene della Commedia Ilamada Armelina, che è la terza di Las quatro comedias citate.
Ci fermiamo qui, con riserva per una futura edizione critica di queste traduzioni dei "pasos". Naturalmente, abbiamo condotto una revisione formale sul testo di Cotarelo. Mi resta di porgere il mio animo profondamente grato, anche a nome degli amici del Poeta, alla vedova, signora Antonella, che mi ha affidato la cura di queste carte con la sua consueta generosità e vigile solerzia nella conservazione e pubblicazione dell'opera bodiniana.


L'INVITATO

Viaggiatore
Dottor Cavezza
Baccelliere Braccetti

Viaggiatore Una delle più grandi tribolazioni che possono toccare a un uomo in questa vita miserabile è il dover camminare, e quella superlativa è che gli manchino i quattrini. Dico questo perché mi si è offerto un certo affare in questa città, e strada facendo, per le molte piogge di libagioni, mi son venuti a mancare i soldi. Posso fare solo un tentativo: siccome so che in questo paese vive un laureato della mia terra, a cui devo portare una lettera, voglio vedere se può aiutarmi. Questa dev'essere la locanda. Voglio chiamare. Ehi, di casa!
Baccelliere Chi è che chiamo? Chi c'è?
Viaggiatore Se c'è, esca.
Baccelliere Cosa comanda?
Viaggiatore Mi sa dare un'informazione su un certo laureato?
Baccelliere Nossignore.
Viaggiatore Mi lasci dire: è un uomo basso, curvo di spalle, la barba nera, nativo di Burbáguena.
Baccelliere Non lo conosco. Mi dica come si chiama.
Viaggiatore Signore, lì veniva chiamato dottor Capestro.
Baccelliere Signore, nella mia locanda per quanto mi consta, c'è un tale che si fa chiamare il dottor Cavezza.
Viaggiatore Dev'esser lui, signore, perché tra capestro e cavezza mi pare che ci sia una grande parentela. Lo chiami.
Baccelliere D'accordo. Ehi, dottor Cavezza!
Dottore E' lei che mi chiama, baccellier Braccetti?
Baccelliere Sissignore, esca qui fuori.
Dottore La prego di scusarmi, signore, ma mi ha colto nell'ardore nello studio ed ero proprio al punto in cui dice: sicut adversus tempo re, et quia bonus tempus non est non ponitur ille.
Baccelliere Esca, signore, che c'è qui un tale del suo paese.
Dottore Signor baccelliere, santo Dio, ha visto il mio berretto?
Baccelliere E' rimasto là, super Plinio.
Dottore Signor baccelliere, e le mie pantofole di pelo di cammello, le ha viste?
Baccelliere Le ha portate Perechiglio a rifare le suolette e mascherine, perché erano mai ridotte.
Dottore Signor baccelliere, e il mio mantello, l'ha visto?
Baccelliere Lo abbiamo tenuto lì sul letto stanotte invece della coperta.
Dottore L'ho trovato. Lei che voleva?
Baccelliere E ora se ne viene con questo, dopo due ore che la sto chiamando? Questo signore cerca di lei: dice che è della sua terra.
Dottore Della mia terra? Sarà così, se lo dice lui.
Viaggiatore Non mi riconosce, signor dottore?
Dottore In verità non la riconosco, se non per servirla.
Viaggiatore Non conosce un Juanitico Gòmez, figlio di Pero Gòmez, che andavamo insieme a scuola e facevamo quella farsa dei Gigantini?
Dottore Così, così. Lei è figlio di un trippaio?
Viaggiatore Ma no, signore. Non si ricorda che mia madre e la sua vendevano cavoli e ravanelli in un sobborgo di Santiago?
Dottore Cavoli e ravanelli? Avrà voluto dire coltri e rasatelli.
Viaggiatore Come vuole lei, ma davvero non mi riconosce?
Dottore Ah, sì, ora mi viene in mente: non è lei quello che faceva la parte di ragazzina, quel birboncello, quello coi calzoncini rossi?
Viaggiatore Sissignore, son proprio quello.
Dottore Oh, signor Joan Gómez! Signor baccelliere, una sedia. Perechiglio, ragazzino, una sedia.
Viaggiatore Non occorre, signore.
Dottore Oh, signor Joan Gómez, mi abbracci! E mia madre le ha dato qualcosa da portarmi?
Viaggiatore Sissignore.
Baccelliere Un altro abbraccio, signor Joan Gómez, e che le ha dato? E' una cosa importante?
Viaggiatore E come no?
Dottore Oh, signor Joan Gomez, che sia il benvenuto! Faccia vedere che cos'è.
Viaggiatore Signore, è una lettera che mi ha pregato di portarle.
Dottore Una lettera? E le ha dato anche del denaro mia madre?
Viaggiatore Nossignore.
Dottore E a che mi serve una lettera senza denaro? Ora, signor Joan Gómez, mi faccia il segnalato favore di venire a mangiare con noi.
Viaggiatore Le bacio le mani, signore; ma nella locanda hanno già preparato per me.
Dottore Mia faccia questo piacere.
Viaggiatore Signore, per non essere villano, farò come comanda, e con l'occasione porterò con me la lettera, che avevo lasciato in custodia al locandiere.
Dottore Vada allora.
Viaggiatore Le bacio le mani.
Dottore Che gliene pare, baccelliere Braccetti, di quest'invitato?
Baccelliere Benissimo, mi pare.
Dottore A me no, signore; malissimo.
Baccelliere Perché, signore?
Dottore Perché io, per invitarlo, non ho un centesimo, non ho un tozzo di pane, e se c'è una sola cosa da mangiare, se la prenda pure il buon Dio; e pertanto vorrei supplicare la vostra grazia che mi facesse la grazia di farmi la grazia, che queste grazie si aggiungo no tutte a quelle grazie che vostra grazia suoi fare, di farmi la grazia di prestarmi due reali.
Baccelliere Due reali, signor dottore? Ma scherziamo? Lo sa lei che io porto in testa questo cencetto perché il mio berretto è impegnato per sei denari di vino nella taverna, e mi viene a chiedere due reali?
Dottore Allora, non mi potrebbe la vostra grazia farmi la grazia di escogitare una burla in modo che questo invitato se né vada al diavolo?
Baccelliere Una burla, dice? lasci fare a me, che io gliene farò una per cui andrà dicendo che lei è consideratissimo e benvoluto da tutti.
Dottore Ah, sì? E in che modo farà?
Baccelliere Vede, signore, lui ora deve venire a mangiare; lei si metterà sotto questa coperta, e come arriva, chiederà: che ne è del signor dottore? E io gli dirò: il signor Arcivescovo lo ha mandato a pubblicare certe bolle, che era una cosa urgente, e non s'è potuto fare altrimenti.
Dottore Ben detto, ottimamente! Ma guardi che penso che sia lui che chiama.
Viaggiatore Ehi, di casa!
Baccelliere Sì, è lui. Si cacci sotto, presto!
Dottore Cerchi di coprirmi bene, che non mi veda.
Viaggiatore Ehi, di casa!
Baccelliere Chi è? Chi chiama?
Viaggiatore è in casa il signor dottore?
Baccelliere Chi cerca?
Viaggiatore Il signor dottore Cavezza.
Baccelliere Lei sarà venuto a mangiare?
Viaggiatore No, non vengo per questo.
Baccelliere Avrà un bell'appetito, eh?
Viaggiatore No, davvero non ce l'ho.
Baccelliere Non lo neghi, per dire che viene a mangiare ci vogliono tante retoriche?
Viaggiatore Beh, sì, è vero che venivo a mangiare, che m'aveva invitato il signor dottore.
Baccelliere Allora le posso assicurare che stavolta lei è caduto proprio male, perché in tutto la cosa non c'è un centesimo, nè un tozzo di pane per invitarla.
Viaggiatore Io non credo che il signor dottore si sarebbe preso gioco di me.
Baccelliere Ah, lei non ci crede? Allora sappia che dalla vergogna che ha si è nascosto sotto quella coperta.
Viaggiatore Non ci credo, neanche se lo vedessi con i miei occhi.
Baccelliere Ah, no? Guardi allora come se ne sta ginocchioni tutto mogio mogio.
Viaggiatore Gesù, Gesù, signor dottore! Con me c'era proprio bisogno di fare certe cose?
Dottore Giuro su Dio, che è stato da farabutto.
Baccelliere No, è stato magnifico.
Dottore No, è stato da grandissimo farabutto: che se io mi son nascosto, è perché me l'avete detto voi.
Baccelliere E voi non avreste dovuto nascondervi.
Dottore E voi non avreste dovuto dirmelo; e ringraziate questo signore del mio paese, il signor baccellieruccio dei vostri stivali.
Baccelliere Dei vostri stivali? Aspettate.
Viaggiatore Andatevene all'inferno. Là vi potrete mettere d'accordo.


LA TERRA DI JAUJA

Onzighera, ladro
Patereccio, ladro
Tozzetto, ingenuo

Onzighera Presto, presto, amico Patereccio, non restar Iì sospeso, che ora è tempo di tendere le reti, che la sbirraglia è in gran bonaccia e tregua, e le borse son distratte. Oh, Patereccio!
Patereccio Che diavolo vuoi? Non puoi gridare più forte? Mi hai lasciato costretto a un pegno nella taverna e ora mi rompi l'anima?
Onzighera Per due sporchi denari che bevemmo sei rimasto impegnato?
Patereccio Se non li avevo!
Onzighera E se non li avevi, come hai rimediato?
Patereccio E come potevo rimediare, se non lasciando la spada?
Onzighera La spada?
Patereccio La spada.
Onzighera Proprio la spada dovevi lasciare, sapendo quel che abbiamo da fare?
Patereccio Senti, amico Onzighera, fa in modo che mangiamo, perché son bianco dalla fame.
Onzighera E io più di te. E per questo, caro Patereccio, sto aspettando qui un campagnolo che porto da mangiare a sua moglie, che ha in carcere, un'autentica casseruola di varie qualità di carne, e noi gli racconteremo quei raccontini della terra di Jauja, e lui s'incanterà tanto, che noi ci rimpinzeremo ben bene le trippe.
Entra Tozzetto, ingenuo, cantando.
Tozzetto Brutta notte m'hai dato. Maria di Riòn, con il bimbilindròn.
Patereccio Suvvia, dobbiamo andare?
Tozzetto Sì, signore, ora finisco, aspetti: Brutta notte mi hai dato, Dio te la dia peggior, col bimbilindron, dron, dron.
Onzighera Salute, amico!
Tozzetto E' con me che ce l'hanno o con lei?
Onzighera Chi è lei?
Tozzetto E' rotonda così, ha due manici e ha la bocca spalancata all'insù.
Patereccio Che razza di domanda! Come si fa a indovinare?
Tozzetto Si danno per sgufati?
Patereccio Sì.
Tozzetto La casseruola.
Onzighera Perché? Hai una casseruola?
Tozzetto No, fermi! Al diavolo, come son svelti di mano!
Patereccio Diteci dove andate.
Tozzetto Al carcere, se posso esser loro utile in qualcosa.
Patereccio Al carece? E a che fare?
Tozzetto Signore, ho lì mia moglie rinchiusa.
Onzighera E perché?
Tozzetto Per cose inconsistenti: le male lingue dicono che fa la mezzana.
Patereccio E ditemi: vostra moglie non ha nessun appoggio?
Tozzetto Sissignore, ha molte maniche, e ha dalla sua la Giustizia, che farà quel che sarà giusto. E ora tutti quanti hanno deciso che, siccome mia moglie è una donna dabbene, ed è in grado di tenerlo benissimo, le daranno un vescovado.
Onzighera Un vescovado?
Tozzetto Sì, un vescovado. E piaccia a Dio che lei lo sappia tener bene, che diventiamo ricchi questa volta. Dica, signore, lei sa che cosa danno per questi vescovadi?
Patereccio Sai che danno? Molto miele, molte scarpe vecchie e molta bambagia, penne e melanzane.
Tozzetto Per l'amor di Dio! Tutto questo, danno? Non vedo l'ora di vederla vescovessa.
Onzighera E perché?
Tozzetto Per diventare io vescovesso.
Patereccio Sarebbe molto meglio, se puoi, che la facessero vescovessa della terra di Jauja.
Tozzetto Perché? Che terra è?
Onzighera E'' una terra magnifica, dove pagano il salario agli uomini per dormire.
Tozzetto Parola?
Patereccio Sì, veramente.
Onzighera Vieni qua, siediti un po' e ti racconteremo le meraviglie della terra di Jauja.
Tozzetto Di dove, signore?
Patereccio Della terra dove frustano gli uomini perché lavorano.
Tozzetto O che bella terra! Mi racconti le meraviglie di quella terra, per l'amor del Cielo.
Onzighera Su! Vieni qui; siediti in mezzo a noi. Sta a sentire
Tozzetto Sento, signore.
Onzighera Vedi, nella terra di Jauja c'è un fiume di miele e accanto ad esso un altro di latte, e fra fiume e fiume c'è una fontana di burro fresco, incatenata con ricottine e cadono in quel fiume di miele, che pare proprio che dicano: "mangiami, mangiami".
Tozzetto Perdio, non mi farei ripetere due volte l'invito.
Patereccio Senti, me ora, grullo.
Tozzetto Sento, signore.
Patereccio Vedi, nella terra di Jauja ci sono certi alberi i cui tronchi son di lardo.
Tozzetto O alberi benedetti! Dio vi benedica, amen.
Patereccio E le foglie son crespelle, e i frutti di quegli alberi son ciambelle, e cadono in quel fiume di miele, che loro stessi dicono: "masticami, masticami".
Onzighera Voltati di qua.
Tozzetto Mi volto.
Onzighera Vedi, nella terra di Jauja le strade son lastricate di rosso d'uovo, e fra tuorlo e tuorlo un pasticcio di lonza di maiale.
Tozzetto E arrosti?
Onzighera E arrosti che dicono loro stessi: "ingoiami, ingoiami".
Tozzetto Mi pare di ingoiarli.
Patereccio Grosso bue, sta a ascoltare me.
Tozzetto Parli, che io ascolto.
Patereccio Vedi, nella terra di Jauja ci son girarrosti lunghi trecento passi, con molte galline e capponi, pernici, conigli e francolini.
Tozzetto O quelli come me li mangio!
Patereccio E accanto a ogni uccello un coltello, che non bisogna fare altro
che tagliare; e ogni uccello dice anche lui: "ingoiami, ingoiami".
Tozzetto E che? Parlano gli uccelli?
Onzighera Ascoltami.
Tozzetto Ascolto, ascolto, peccatore che sono! Che starei tutto il giorno a sentir cose da mangiare.
Onzighera Vedi, nella terra di Jauja ci sono tante scatole di marmellata, tanti dolci di zucca, tanti cedri canditi, tanti marzapani e tanti confetti.
Tozzetto Questo lo dica più lentamente, signore.
Onzighera Ci sono tanti confettini colorati e certi fiaschetti di vino che va dicendo esso stesso: "bevimi, mangiami, bevimi, mangiami".
Patereccio Te ne rendi conto?
Tozzetto Me ne rendo conto fin troppo, signore, che mi pare proprior di star ingoiando e bevendo.
Patereccio Vedi, nella terra di Jauja ci son molte casseruole con riso, uova e formaggio.
Tozzetto Come questa che porto io?
Patereccio Sì, che arrivano piene e tornano vuote, e regalo al diavolo tutto quello che ne rimane.
Tozzetto Che il diavolo li assista, che Dio li guardi! Che m'hanno fatto questi miei contaballe della terra di Jauja? Possiate essere esposti a cinquanta uccellacci, che ne avete fatto della mia casseruola? Giuro che è stata proprio una grandissima porcheria. Che il diavolo dalle zampe lunghe se li prenda con sé! Se avevano tanto da mangiare in quella loro terra, perché mangiarsi la mia casseruola? Parola mia, parola d'onest'uomo, gli scaraventerò dietro le guardie campestri, a costo di spenderci quattro o cinque denari, perché me li riportino qui. Ma prima voglio dire a tutti voi che le cose che mi hanno incaricato di raccontare.


LE OLIVE

TORUVIO, un vecchio semplicione.
ÁGUEDA DE TORUÉGANO, sua moglie.
MENCIGÜELA, loro figlia.
ALOXA, vicino di casa.

Toruvio Per l'amore di Dio, che razza d'un temporale che ha fatto dal crepaccio del monte sin qua: pareva che il cielo si volesse subissare e le nuvole venire giù. Allora mi dico: che mi avrà preparato da mangiare la mia signora moglie?
Le venga il vermocane! - Mi udite? Ehi, ragazza MencigüeIa! Macchè! A Zamora tutti dormono. Águeda di Toruégano, mi senti?
Mencigüela Gesù, babbo! E c'era bisogno di romper le porte?
Toruvio Sentila, sentila, che becco! E vostra madre dov'è che s'è cacciata, signora?
Mencigüela Sta in casa della vicina, dov'è andata a torcere certe matasse.
Toruvio Così vi vengano a tutt'e due le male matasse! Va' a chiamarlo.
Águeda Ci siamo: è arrivato quello dei misteri; basta che torni dall'aver preso un miserabile caricuccio di legna, e non c'è più chi gli possa parlare.
Toruvio Ah, sì, eh? Caricuccio di legna le pare, alla signora? Per il cielo divino, che eravamo in due a caricarla, io e il tuo figlioccio, e neanche ce la facevamo.
Águeda Sia, lasciamo perdere. Ma tu, te ne vieni tutto bagnato!
Toruvio Son tutto una zuppa d'acqua. Orsù, moglie, per la tua vita, dammi da cena.
Águeda Che diavolo debbo darti, se non ci ho nulla?
Mencigüela Gesù, babbo, quella legna com'era fradicia!
Toruvio Già, dopo, tua madre dirà che è per la brina.
Águeda Sbrigati, ragazza, prepara un paio d'ova per la cena di tuo padre e poi rifagli subito il letto. Però, marito, ti faccio presente che mai ti sei ricordato di quel germoglio d'ulivo che ti avevo pregato di piantare.
Toruvio E per che altro ho tardato io tanto tempo se non per piantarlo, come mi avevi pregato?
Águeda Davvero, marito? E dove l'hai messo?
Toruvio Vicino al caprifico, dove ti diedi un bacio, se ti ricordi.
Mencigüela Potete venire a cenare, babbo; è già tutto pronto.
Águeda Sai che ho pensato, marito? Che quel germoglio che quest'oggi hai piantato, di qui a sei sette anni porterà quattro o cinque fanegas d'olive, e che collocando piante qua piante là, dappertutto, altri venticinque trent'anni e ti troverai un oliveto coi fiocchi.
Toruvio E' la verità sacrosanta, ed è anche una bella cosa, non c'è che dire.
Águeda E sai, marito, che ho pensato altro? Che io coglierò le olive, tu le carichi con l'asino e Mencigüela le venderò in piazza. E tu bada, ragazza: non voglio che tu l'abbia a vendere a meno di due reali castigliani il moggio.
Toruvio Come sarebbe a due reali castigliani? Non vedi che è contro coscienza
e che andremmo ogni giorno per multa davanti all'annona? Che! che, sarà sufficiente chiedere quattordici o quindici denari al moggio.
Águeda Sta zitto; se il pollone è della qualità di Cordova.
Toruvio Cordova o non Cordova, basta chiedere quello che ho detto.
Águeda Non rompermi l'anima, ora. E tu apri gli orecchi, ragazza: ti ordino di non vederle a meno di due reali castigliati il maggio.
Toruvio Come a due reali? Come a due reali? Vien qui, ragazza: quanto ne domanderai?
Mencigüela Quanto vorrete, babbo.
Toruvio Quattordici o quindici denari.
Mencigüela Così farò, babbo.
Águeda Come "così farò, babbo"? Vieni qua, ragazza: a quanto devi darle?
Mencigüela A quanto mi direte, mamma.
Águeda A due reali castigliani.
Toruvio Come a due reali castigliani? Se non fai a modo mio, ti prometto che ti buschi almeno duecento cinghiate. Quanto domanderai?
Mencigüela Quanto dite voi, babbo.
Toruvio Quattordici o quindici denari.
Mencigüela Così farò babbo.
Águeda Come "così farò, babbo"? Prendi, prendi, tu farai come dico io.
Toruvio Lascia stare la ragazza.
Mencigüela Ahi, mamma, ahi! Babbo, babbo, mi ammazza!
Aloxa Che succede, vicini? Perché state maltrattando così la bambina?
Águeda Ah, signore, questo sciagurato uomo vuoi dar via ogni cosa sotto prezzo, vuoi mandarmi alla malora la casa mia i Delle olive grosse quanto noci!
Toruvio Giuro sull'ossa dei miei antenati che non lo sono neanche quant'un pinocchio.
Águeda Sì, lo sono.
Toruvio No, che non lo sono.
Aloxa Voi, signora vicina, fatemi il grandissimo piacere d'entrarvene là dentro, che io metterò in chiaro ogni cosa.
Águeda Metta pure in chiaro, o si segni anche questo sul conto delle tribolazioni.
Aloxa Dove sono le olive, signor vicino? Portatemele qua fuori che ve le comprerò io, fossero anche venti fanegasa.
Toruvio Ma no, signore, le cose non stanno come lei pensa: non sono mica in casa le olive: sono nel podere.
Aloxa Non fa niente, portatemele qui, io ve le compro a quel prezzo che sarà giusto.
Mencigüela Mia madre vuole che siano vendute a due reali il moggio.
Aloxa Direi che è piuttosto caro.
Toruvio Non pare anche a lei?
Mencigüela E invece mio padre dice a quindici denari.
Aloxa Insomma, fatemene vedere un campione.
Toruvio Ma signore, per l'amor del cielo!, lei non vuoi proprio intendermi. Io stamani ho piantato un germoglio d'ulivo, e mia moglie dice che di qui a sei sette anni verranno su quattro cinque fanegas d'olive e che essa le coglierò, io le caricherò col carro e la ragazza le venderò. Ora lei sostiene che a forza di diritto si dovrebbe chiederne due reali al moggio, io a dire di no, e lei di sì, e così è nata la questione.
Aloxa Oh, che buffa lite, che buffa lite!, non se n'era mai vista l'eguale. Gli ulivi non sono piantati e già la bambina ne ha portato le pene.
Mencigüela Ha visto? Ha visto, signore?
Toruvio Non piangere, bambina. Questa ragazza vale quanto l'oro, signore. Vai ora, figlia mia, e apparecchiami tavola; ti prometto che ti farò un vestitino alle prime olive che si venderanno.
Aloxa Andate, andate, vicino. Andate dentro e rappaciatevi con vostra moglie.
Toruvio Addio, signore.
Aloxa Oh, le strane cose che vediamo a questo mondo! Gli ulivi non sono piantati e già c'era nata sopra una lite. Ma è tempo ch'io ponga fine alla mia parte.


IL FALSO MEDICO

Personaggi:
Monserrate, ingenuo
Coladiglio, poggio
Valverde, dottore
Poliziotto
Jumilla, Donna
Sbirro.

Coladiglio Forza, forza, caro Monserrate, che se oggi ci sappiamo fare, abbiamo un buon colpo per le mani.
Monserrate Dimmi, ti prego. Che colpo?
Coladiglio Se avrai un po' di abilità...
Monserrate Cos'è la babilità?
Coladiglio Se saprai rispondere a tutto quello che io ti andrò chiedendo, oggi avremo assicurati due reali e una focaccia al burro.
Monserrate Una focaccia al burro?
Coladiglio Sì, una focaccia al burro.
Monserrate Sull'anima di tua madre?
Coladiglio E anche sulla tua.
Monserrate Come? In che modo?
Coladiglio In questo modo: che io m'impegno, pur non avendo fatto nessuno studio, a laurearti medico.
Monserrate Mèrdico, vorrai dire?
Coladiglio Sì, amico.
Monserrate E come? Resterò fatto mèrdico per tutti i giorni della mia vita?
Coladiglio E anche dopo morto.
Monserrate Sei diaborico. Vediamo come.
Coladiglio Devi sapere che, siccome il nostro padrone è medico, ho sentito che oggi deve venire una donna di Ruzafa, che ha la madre ammalata.
Monserrate Di dove?
Coladiglio Di Ruzafa.
Monserrate Te la ridò.
Coladiglio Di Ruzafa.
Monserrate Ruffiana sarà tua madre, e ti sta bene. Sei frizzante.
Coladiglio E'' il tempo che è frizzante! Ma no, insomma, è di Ruzafa.
Monserrate Di Rufiasa, di Ruflafa. Accidenti al paese, che nome!
Coladiglio Di Ruzafa, un paese qui vicino, e siccome ha la madre che sta male ...
Monserrate Chi? Il paese?
Coladiglio No, per Dio! La donna.
Monserrate Allora tu dici che Ruzafra non ha madre, ma la donna è figlia di Ruzafra, e la figlia, che sta male, ci porterà una focaccia al burro.
Coladiglio Ma no; a Ruzafa c'è una donna che sta male, e deve venire sua figlia a portare due reali e una focaccia al burro per noi due.
Monserrate Sta bene, comunque sia, per la focaccia al burro ci sto.
Coladiglio Perciò, quando verrà, tu non le chiederai nulla senza aver prima ascoltato il mio consiglio.
Monserrate Non ti preoccupare.
Coladiglio Perché io farò in modo che tu segua i dettami della medicina.
Monserrate Dici bene. Seguiremo i lettami della merdicina? Stiamo a cavallo. Questa volta io sarò lareato dalle tue mani; e così, e se la cosa funziona, per Dia, me ne andrò merdicando di casa in casa, guadagnando reali e focacce al burro.
Coladiglio Allora aspetta: andrò a prendere la veste da camera e il berretto del padrone.
Monserrate Su, che aspetti? Per Dia, questo ragazzo è diaborico, e se mi larea mèrdico, ne sarà onorata la mia razza.
Coladiglio Tieni, indossa questa veste.
Monserrate Arnesaccio del diavolo! Come me lo devo infilare?
Coladiglio Di qua.
Monserrate Ora sono da questo lato mèrdico e da quest'altro Monserrate.
Coladiglio Sbrighiamoci. Metti il braccio in questa manica.
Monserrate Ecco fatto.
Coladiglio Ora leva il cappuccio e mettiti questo berretto.
Monserrate Quello mi devo mettere? Vattene via! Sembrerei un monsignore o un negromantilo.
Coladiglio Dammi il cappuccio, perché senza di questo non sarai un medico.
Monserrate Il cappuccio? Ah, no! Lo custodirò qui in petto. E ora ti sembro mèrdico?
Coladiglio Sì, perfetto.
Monserrate E ora molla la focaccia.
Coladiglio Aspetta, che la deve portare la donna. Siediti su questa sedia e fa conto che ora tu sei il signore, e io il tuo servo Coladiglio, e puoi comandare.
Monserrate Tu sei il mio servo? Allora ti posso dare un cazzotto.
Coladiglio Calma, calma, ce ne vuole ancora per picchiare.
Monserrate Per Dia, il ragazzo ha già paura di me.
Coladiglio E mi puoi comandare quanto vuoi.
Monserrate Faccio una prova, per non sbagliare.
Coladiglio Proviamo.
Monserrate Coladiglio!
Coladiglio Signore.
Monserrate Colletto, colata, diavolo, folletto, passa di qua, non passare; togliti il berretto, non te lo togliere; inginocchiati, non t'inginocchiare; gettati in terra, non ti gettare.
Donna Chi c'è in questa casa?
Coladiglio Eccola. Sta venendo.
Monserrate Vedi se è lei e ricordati della focaccia al burro.
Donna E' in casa il signor dottore?
Coladiglio Chiede di te.
Monserrate Ma io sono mèrdico.
Coladiglio Non fa nulla: dottore o medico, sei la stessa cosa.
Monserrate Sta bene.
Donna E' in casa il signore?
Monserrate Dille di sì.
Coladiglio E' in casa.
Monserrate Sono in casa. Dille che vuole.
Coladiglio Che volete, brava donna?
Donna Gli ho portato l'orina.
Monserrate La farina? Allora la focaccia non è fatta?
Coladiglio L'orina, dice.
Monserrate Che orina?
Coladiglio Le acque.
Monserrate Che acque?
Coladiglio Il piscio di sua madre. Guarda che tu devi prenderlo con la mano e agitarlo come fa il padrone.
Monserrate Avanti col piscio. Coladiglio!
Coladiglio Signore.
Monserrate Dille che entri.
Coladiglio Entri, brava donna.
Donna Bacio la mano a sua signoria.
Monserrate Signoria mi chiama? In tutti i giorni della mia vita non mi ha mai chiamato nessuno signoria, fino ad oggi. Che bella cosa essere mèrdico.
Coladiglio Di' che si avvicini.
Monserrate Avvicinatevi qui. Non ti scordare la focaccia al burro, Coladiglio.
Coladiglio Sta bene.
Donna Le bacio le mani.
Monserrate Eccole qua. Com'è che non le bacia, Coladiglio?
Coladiglio Taci. Quello è per buona creanza.
Monserrate Che le dico?
Coladiglio Dille: vi porgo il benvenuto, buona donna.
Monserrate Piaccia a Dio che io riesca a dirlo senza scoppiare a ridere. Ahi, sto ridendo, sto ridendo; ah, ah! Il benvenuto, il malvenuto. Ah, ah!
Coladiglio Dimmi se vuoi smetterla, o penserà che ci stiamo burlando di lei.
Monserrate Sta zitto, che ora glielo dico tutto in una volta. Vi porgo il benvenuto, buona donna.
Donna Dio le dia salute.
Monserrate Andrebbe bene anche la focaccia.
Coladiglio Dille come sta sua madre.
Monserrate Come sta vostra madre?
Donna Male, signore.
Monserrate Dovrà star bene.
Donna Ma sta male.
Monserrate E io voglio che stia bene. Che vuoi dire.- "Sta male, sta male?" Dovrà star bene, anche se non le piace. Vedete, quando il mèrdico dice che la donna sta bene, deve star bene, se no, si prende un randello e: pac, pac, giù botte, finché non starà bene.
Coladiglio Chiedile l'orina.
Monserrate Dammi l'orina.
Donna Ecco signore.
Monserrate Coladiglio, questo pare vino bianco.
Coladiglio E' infiammata.
Monserrate La focaccia. Coladiglio?
Coladiglio Non ti preoccupare. Chiedile che cosa stava facendo sua madre quando s'è sentita male.
Monserrate Dite, buona donna: che cosa stava facendo vostra madre quando s'è sentita male?
Donna Stava facendo il bucato.
Monserrate E' esatto, infatto qua dentro c'è una camicia che bolle.
Coladiglio Hai detto bene. Dille che siccome l'orina mostra un'infiammazione, che prenda quattro once di cassia preparato.
Monserrate Vedete, donna, siccome l'orina è un po' infiammata, fate prendere a vostra madre quattro once di discanasia impasticciata.
Donna E dove si potrà trovare?
Monserrate Dai pasticcieri.
Coladiglio Che diavolo vai dicendo, che ti confondi?
Monserrate Coladiglio, se io avessi la focaccia al burro, non c'è nulla al mondo che mi farebbe confondere.
Coladiglio L'avrai. Ora dille che se ha la testa un po' svanita, le diano degli stimolanti.
Monserrate Badate, se la testa di vostra madre è pesante, fate che le diano dei fichi.
Donna Che fichi? Bianchi o neri?
Monserrate Bianchi o verdi o azzurri: di tutti i colori.
Coladiglio Ascoltami. Perché la sostanza non le faccia male, dille che le diano delle fette di zucca candito.
Monserrate Va bene, glielo dirò. Sentite, buona donna, perché il mangiare non faccia male a vostra madre, datele alcune fette di crusca candita.
Donna Dove si potrà trovare?
Monserrate Nelle pescherie.
Coladiglio Ma no, nelle spezierie.
Monserrate Ah, si, dai notai.
Coladiglio Dille questo: che siccome il suo male tende alla parlasia, di notte le diano delle pillole e di giorno pietra di drago.
Monserrate Donna, siccome il suo male tende alla pietreria, di notte le darete pillole e di giorno pietre di drago.
Coladiglio Esamina l'orina.
Monserrate Mi piacerebbe di più esaminare la focaccia, Coladiglio.
Coladiglio Dille...
Monserrate Che devo dirle?
Coladiglio Che siccome l'orina indica che ha molto sangue, la salassino dalla vena di tutto il corpo e le levino quattro once.
Monserrate Ascoltatemi: siccome vostra madre ha molto sangue, fatela salassare dalla vena di tutto il porco, in modo che le levino quattrocento once di sangue.
Donna Gesù! Ma non ce l'ha tanto sangue la mia mamma.
Monserrate Anche se non ce l'ho, se lo dice il mèrdico, dovrà avere: che ne capite voi di sangue? Vuoi dire che se le mancherà il sangue venite pure da me io gliene darò a sazietà.
Coladiglio Dovete sapere, buona donna, che in latino quattrocento vuoi dire quattro nella nostra lingua.
Monserrate E' vero: erratum.
Donna Allora prenda sua signoria i due reali e il suo servo, la focaccia al burro.
Monserrate No, no. Tutto nelle mie mani. Che creanza è questa? Ora guarda, Coladiglio, siccome questa signora sembra una persona per bene, dalle quella boccia di quel sangue bianco che sta sotto il letto della signora, e che ne beva un po' e sua madre guarirà immediatamente.
Donna Dio la consoli, signor dottore.
Monserrate E ora andate con Dio. Infatti i giorni della mia vita non mi ero mai visto signore e padrone di una focaccia al burro, prima di ora.
Una professione che rende esser mèrdico.
Coladiglio Amico Monserrate, le parti.
Monserrate Le parti! Via, via! Da solo me la son guadagnata e da solo me la mangerò.
Valverde Ehi, ragazzi, che ne è della veste da camera?
Coladiglio Il padrone, Viene il padrone!
Monserrate Che facciamo?
Valverde Che io mi veda liberato da tutte le cose da cui non saprei liberarmi da solo. Tenetevi servi come questi in casa! E questo che cos'è? Ah, ah, ah!
Monserrate Ah, ah, ah!
Valverde Avete finito di ridere, signore?
Monserrate Mi mancano solo le sgocciolature.
Valverde E non ti alzi in piedi, briccone, quando il tuo padrone ti sta davanti? Chi ti ha conciato in quel modo?
Monserrate Signore, non vede che sono mèrdico?
Valverde E chi ti ha fatto medico?
Monserrate Coladiglio.
Coladiglio Mente, signore. Io l'ho trovato in quel modo, che andava dicendo che voleva andarsene per il mondo a guadagnar danaro.
Donna Signor poliziotto, è quello là in veste da camera che ha ammazzato la mia mamma.
Poliziotto Quello? Afferralo, sbirro, e portalo in prigione.
Monserrate Chi, e perché?
Poliziotto Voi, perché avete ammazzato la madre di questa donna.
Monserrate è vero che l'ho ammazzata io, ed è stato molto ben fatto, ed è un onore per me che è morita.
Valverde Aspetti, signor poliziotto, vorremmo prima sentire di che si tratta.
Poliziotto Il vostro servo ha dato una certa medicina a questa povera donna, con cui ha ammazzato sua madre.
Monserrate Che colpa ho io se lei ha voluto morire?
Valverde Vieni qua. Che cosa le hai dato?
Monserrate Quella boccia di quel sangue bianco che sta sotto il letto della signora.
Valverde Che mi possano ammazzare se non le hai dato la boccia di sublimato che stava sotto il letto di mia moglie.
Monserrate Sì, proprio quella, con cui si lavava la faccia.
Valverde E perché gliel'hai data?
Monserrate Perché questa giovane ha detto che a sua madre mancava il sangue.
Poliziotto Allora, signor dottore, dovrete andare in prigione anche voi. Consideratevi in arresto.
Valverde Per quale motivo?
Poliziotto Perché tenete in casa vostra simili servitori. Andate, su! Che aspetti, sbirro?
Monserrate Sappia, signore, che io ci vado proprio controvoglia; che è proprio contrario alla mia volontà; e guardi che col carceriere io sto litigato.


IL DOPPIO MATRIMONIO

Personaggi:
Gutiérrez De Santibánez, lacchè giovane
Ines López, sguattera
Margherita, sguattera, che è lo stesso Gutiérrez
Rodrigo del Toro, ingenuo
Salmerón, padrone di Rodrigo

Gutiérrez Ci può essere al mondo uno più sfortunato di me, che pare che tutti mi si dissolva o mi si rannuvoli fra le mani? Volete vedere che Luisa del Palomar, la serva di Illescas, l'oste, che mi portava in palma di mano e aveva per me mille premure, quali del resto sono dovute alla mia persona, è sparita, non so come? Credo che qualche tristo figuro, qualche trappolone me l'ha abbindolata.
Ma non mi chiamerei Gutiérrez de Santibáñez, figlio di Buscavida, il Segoviano, se non sarò capace di trovare un'altra come lei. Voglio piazzarmi qui, su questo cantone, a vedere tra quelle che vanno e vengono per la piazza, se ce n'è qualcuna che mi vorrà dare retta.
Ines Gesù! In questa cosa non si fa altro che comandare! Per me, credo, è stato inventato il rigovernare, per me lo spazzare, per me lavare e abburattare. Il mio segno e pianeta penso che ne sia la causa, perché ci son altre che non son degne di levarmi le scarpe, eppure vivono assai più tranquille di me. Così disgraziata devo essere, che non trovi uno che mi dica: "Che fai là, cagna?" Eppure a me, che mi manca? Son ben fatta e ho un bel viso, ho la bocca come un pignolino e un po' ridente; e soprattutto son chiacchierina, che è il pregio migliore. Non ho che un difetto: sono un po' bassina, ma non me ne importa nulla, perché la donna deve essere come un granello e l'uomo come un torello.
Gutiérrez Il mio piano va a meraviglia. Conosco bene i miei polli. Ora, avanti! Fortuna, dammi una mano. Intelligenza, assistimi. O la mia signora Ines López, che incontro fortunato è questo!
Ines L'incontro fortunato, signor Gutiérrez de Santibáñez, lo faccio io, incontrando lei.
Gutiérrez Questa è bella. Ma del resto tutte le donne hanno le battute pronte, e specialmente quelle che son belle come lei.
Ines Signor Gutiérrez, mettiamo da parte dei complimenti così fuor di luogo, e mi dica: qual buon vento la porta da queste parti?
Gutiérrez Signora, la cosa che ho attualmente per le mani è che ho saputo che Rodrigo del Toro, servitore del nostro compaesano Salmerón, sta per essere mandato dal suo padrone a portare in dono a un convento di monache un marmellata; noi gli combineremo un trucco per mangiarcela noi.
Ines In che modo?
Gutiérrez Che mi ha tanto importunato e seccato perché io lo faccia sposare, che non ho altro mezzo per sbarazzarmene se non quello di accontentarlo. Ho pensato, dunque, se lei è d'accordo, di mangiarci lo spuntino e farci quattro risate, facendogli credere che lei è disposta a sposarlo.
Ines Siete diabolico, signor Gutiérrez; potreste fare il sarto. Ma io non vorrei che con le burle avessi a rimanere sposata per davvero, e per giunta a un insensato simile.
Gutiérrez Ma no, signorina, questo significherebbe togliermi io stesso il pone dalla bocca. Non vede che tutto si limiterò a spassarcela un po' alle sue spalle! Perché io non farò altro se non levargli di mano lo spuntino, dicendo che deve servire per le nozze, ed entrar dentro, con la scusa che vado a metterlo fra due piatti.
Ines E io che devo fare nel frattempo?
Gutiérrez Trattenerlo in conversazione, facendogli qualche moina. Io intanto mi vestirò da donna e verrò fuori, dicendo che si è promesso con me, e lei dirà lo stesso, e così rideremo un poco. Poi lo lasciamo e ce né andiamo a mangiare in pace la marmellata.
Ines Mi pare che vada benissimo.
Gutiérrez Ora, su, conformatevi a quello che ho detto, perché eccolo lì che spunta.
Entra Rodrigo del Toro
Rodrigo Non ci resisterei più in quella casa neanche se me lo ordinassero gli orfanelli dell'ospizio; che un giovanottone come me, con tanto di barba e tutto, all'ora di mangiare, morto di fame, dev'essere mandato per queste vie con incarichi per le monache.
Gutiérrez Oh, amico Rodrigo del Toro, qual buon vento?
Rodrigo Oh, signor Santibáñez!
Gutiérrez Servitorem tibi domini michi.
Rodrigo Figlio di gran puttana! Perché mi parlate in atum? Per Dia ve la farò vedere io.
Gutiérrez Tacete.
Rodrigo Come? Gli asini parlano in latino? Si vede che sta per arrivare la fine del mondo.
Gutiérrez Tacete. Vedete qui l'uomo che farà il vostro bene, e andate dicendo mille corbellerie?
Rodrigo La prego, qual è il mio bene?
Gutiérrez Sì, ne son sicuro.
Rodrigo Mi dica: che bene è?
Gutiérrez Sappiate che la giovane che vi dissi l'altro giorno è bell'e pronta, e disposta a sposarsi con voi.
Rodrigo Non mente?
Gutiérrez Non mento. Guardatela: è là
Rodrigo Per Dia, mi sta guardando!
Gutiérrez Oh, ha dei bellissimi occhi!
Rodrigo Credo che si stia burlando di me: non può esser quella.
Gutiérrez Invece vi dico che è lei.
Rodrigo E che? Mi ama!
Gutiérrez Più dei suoi occhi.
Rodrigo Allora sposatemi, amico Santibáñez, possa vedervi fatto di pietra marmo.
Gutiérrez Aspetta, che la chiamo. Signorina Ines!
Rodrigo Si chiama Ines? Oh, che nome importante! Allora a me mi chiameranno signor Ineso di qua, signor Ineso di là.
Ines Signor mio.
Gutiérrez Vedete qui Rodrigo del Toro. Siete contenta di sposarvi con lui?
Ines Sissignore.
Rodrigo Accidenti! Che sì tanto dolce ha pronunziato!
Ines Ma manca il meglio, e sarei dell'avviso che rimandassimo tutto a un altro giorno.
Gutiérrez Come? Che manca?
Ines Lo spuntino.
Gutiérrez Se è per questo, c'è un rimedio eccellente. Questa marmellata che porta qui Rodrigo servirà da spuntino, e lui, che se la sbrighi col suo padrone con una bugia o come preferirà meglio.
Rodrigo Sì, sì, è più importante che io mi sposi, e per il mio padrone, la gran puttana di sua madre.
Gutiérrez Dite benissimo. Fate vedere che cosa portate, e io entrerò là dentro a metterlo tra due piatti, e di ritorno porterò con me un prete che abbia la potestaà di sposarvi.
Rodrigo Senta, cerchi di far presto, prima che la fidanzata perda la pazienza.
Gutiérrez Non Lo farà. Voi intanto ditele delle frasettine amorose.
Rodrigo Per questo non si preoccupi. Vada con Dio.
Ines E ora, che mi dice?
Rodrigo Quello che dicevo io; lei che mi dice?
Ines Io dico che ci sediamo.
Rodrigo Sediamoci pure.
Ines Allora, sieda, signore.
Rodrigo No, perché son romatizzato.
Ines Su, la smetta.
Rodrigo Non sarò certo così maleducato.
Ines Lasci perdere queste cose.
Rodrigo Che Dio m'assista, prima che io faccia una cosa simile: devono sedersi prima le spose.
Ines No, prima gli sposati.
Rodrigo Allora sediamoci nello stesso momento.
Ines Volti verso di me la faccia.
Rodrigo Ho vergogna.
Ines Oh, signor Rodrigo, che giorno felice è stato questo per me.
Rodrigo Per questo c'è un'aria così bella.
Ines Gran fortuna è stata la mia, che lei abbia voluto accettarmi per sposa.
Rodrigo Dev'essere stato perché m'ero lavato la faccia.
Ines Già basta la conversazione con lei per fare innamorare chiunque.
Rodrigo E perché dormi scalzo e con le unghie tagliate.
Ines Aveva voglia di sposarsi?
Rodrigo Moltissimo.
Ines Allora il suo desiderio si è compiuto.
Rodrigo No, no, finché non sarà arrivato Io spuntino.
Ines Ora parli lei.
Rodrigo E' già il mio turno?
Ines Sissignore
Rodrigo Aspetti, ora parlo. Parola mia, signorina, se la prendessi, la prenderei.
Ines Lo credo bene.
Rodrigo E se me la portassi in una stanza, le darei un pizzicotto a quel naso da boccale olandese e un graffio a quel polpaccio.
Gutiérrez (vestito da donna) Ah, traditore! Vi pare ben fatto corteggiare le donne nella pubblica via?
Ines Andate per la vostra strada, buona donna, e non venite a compromettere le nozze delle donne oneste.
Gutiérrez Come, le nozze? Venite qui, canaglia: potete voi negare che mi avete dato la parola, sul grembo di vostra madre, di diventare mio marito?
Rodrigo No, questo non lo posso negare.
Ines Cos'è questo? Non vi siete promesso proprio ora con me?
Rodrigo Vero, non Io nego.
Gutiérrez Vero? Ma non lo prenderete.
Ines E voi nemmeno, per quanto vi sforziate.
Rodrigo Ehi, ragazze, non mi scardinate.
Gutiérrez Smettetela di insistere.
Ines Me Io porterò via io.
Rodrigo Andate al diavolo, non mi voglio sposare più.
Salmerón E' già passaro parecchio tempo da quando ho mandato il mio servitore, Rodrigo del Toro, con un regalo a un convento di monache e ancora non torna. Ma che succede? Io vedo lì sballottolato da quelle due donne. Che stai facendo, Rodrigo?
Rodrigo Signore, mi sposo.
Salmerón Ti sposi, bestia? Non sai che non è possibile, perché tuo padre ti ha destinato alla Chiesa?
Rodrigo Dice il vero, perché devo diventar cranonico. Ragazze i vostri sogni sono svaniti. Mi dispiace.
Salmerón Venite qui, signore. Mi volte dire che cos'è questa storia col mio servitore?
Gutiérrez Signore, deve sapere che io sono una di quelle che vendono frattaglie in piazza.
Rodrigo Sì, di quelle che tengono esposte le trippe.
Gutiérrez L'altro giorno, signor Salmerón, passò i suo servitore di là e mi si fermò davanti, proprio nel momento in cui tiravo fuori un sanguinaccio, e lui, a mangiarselo cogli occhi; e allora disse: "Amico, che cosa mi dareste se io ve ne facessi saziare?". Mi rispose: "Per Dia, mi sposerei con voi"; io Io feci saziare, e per questo motivo dev'essere mio marito.
Salmerón E voi, signora, che dite?
Ines Io son di quelle che vendono pan buffetto, e l'altro giorno entrò il suo servitore nella mia bottega e si fermò a guardarselo con un palmo di bocca aperta. Io gli dissi: "Che cosa mi dareste se io ve ne facessi saziare?" Mi rispose: "Giuro su san.... che mi sposerei con voi"; io l'ho fatto saziare, e per tale motivo dev'essere mio marito.
Salmerón Vieni qua, animale: devi essere così asino da andarti sposando per del pane e del sanguinaccio?
Rodrigo Viva il diavolo. Vede, io san così ridotto che se il diavolo mi saziasse di pane e di sanguinaccio, mi sposerei anche con lui.
Salmerón Ora, su, vediamo di mettere in chiaro questa faccenda. Vieni qua: ti ricordi del sanguinaccio?
Rodrigo Sissignore.
Salmerón E della promessa?
Rodrigo Negaverunt.
Salmerón Che Dio ti assista, figlio mio! Del pan buffetto, te ne ricordi?
Rodrigo Sissignore.
Salmerón E della promessa?
Rodrigo Anche.
Salmerón Quand'è così hai l'obbligo di sposarti con la signora.
Rodrigo A che titolo?
Salmerón Perché le hai dato la promessa di matrimonio.
Rodrigo In tal caso lei ha altrettanto abbligo di sposarsi con tutt'e due.
Salmerón Per quale ragione?
Rodrigo Non ha mai sentito dire che chi elimina la clausola elimina il peccato?
Salmerón Perché dici questo?
Rodrigo Perché se lei, signore, mi avesse fatto mangiare a sazietà pan buffetto e sanguinaccio, io non mi andrei sposando a ogni angolo di strada.
Salmerón Non lo so. Ma ora ti vedo nei guai.
Rodrigo Vuole che me ne liberi?
Salmeròn Sì, lo vorrei.
Rodrigo Mi faccia vedere un po' quel bastone e vedrà quello che succede. Ehi, signora del sanguinaccio!
Gutiérrez Signore dell'anima mia!
Rodrigo Volete sposarvi con me?
Gutiérrez Sissignore
Rodrigo Voi che mi volete, non mi prenderete.
Gutiérrez Perché no?
Rodrigo Perché si, perché no; la gran puttana della mamma vostra! Ammogliarsi abbarruffarsi, ciascuno col suo eguale; tenetevi questo sulle spalle! Che gliene pare, signore, di come mi sto disammogliando?
Salmerón Benissimo.
Rodrigo Allora stia zitto che ce n'è per tutti. Ehi, signora del pan buffetto?
Ines Luce dei miei occhi!
Rodrigo Vedete: la donna non la voglio nè grassa, nè rotta, nè salterellona, nè ridanciana, nè bighellona, e filate via, perché casamentorum tuorum per omnia saecula saeculorum.
Salmerón Parola mia, te la covi benissimo.
Rodrigo lo sono un uomo rapido e deciso. Veda, signore: la prima moglie che io ebbi parlava coi diavoli, e quando mi arrabbiavo con lei, non facevo altro che prenderla per un braccio e picchiarla così: pac, pac.


LENO, LO SMEMORATO

(Da Timbria)
Personaggi:
Leno
Mesiflua

Leno Spesso vi son cose che riducono gli uomini al punto che gli converrebbe di più doversene stare a letto con la febbre quartana o anche quintana. Pensate un po' voi, chi glieli ordinava al mio padrone, quando mi mandò per quel carico di ginestre spinose per scaldare il forno, tanti sproloqui e tante chiacchiere? Mi pare che per un uomo accorto e intelligente come me sarebbe bastato un terzo di tutte quelle parole, sicché stanco di ruminarmele all'ombra di un lentischio, mi addormentai e, al risveglio, mi son trovato senz'asino e legato con la cavezza, come mi vedete. Che Dio mi aiuti, se per mia mala sorte qualche fantasma mi ha convertito in asino, sta fresco Leno! Ti prego, Angelo Michele, fammi trovare qualcuno che mi conosca e mi dica chi sono veramente. Voglio chiamare. Ehi, signora!
Mesiflua Chi sei? Come di chiami?
Leno Proprio questo io vorrei sapere.
Mesiflua Come? Non sai il tuo nome?
Leno Se lo sapessi, starei a posto.
Mesiflua Da dove sei partito oggi, e chi ti ha mascherato in quel modo?
Leno Credo, da casa del mio padrone Solco.
Mesiflua E per quale motivo sei uscito da casa del tuo padrone, e quando?
Leno Ieri, prima che uscisse il sole.
Mesiflua E a che fare?
Leno Se sono quello che penso, sono uscito a fare un carico di ginestre spinose per scaldare il forno, perché già si stava impastando il pane quando uscii di casa.
Mesiflua E quando doveva cuocersi il pane?
Leno Doveva cuocersi ieri, perché per due giorni, per la mancanza di farina, in casa osservammo il digiuno.
Mesiflua Bella premura che si ha per dar da mangiare alla gente di casa del tuo padrone! Ma ora che cosa vuoi? Che cerchi?
Leno Vorrei sapere chi sono e come mi chiamo.
Mesiflua E in che modo vuoi saperlo da me?
Leno In che modo? Che io girerò la testa di là e voi dovete chiamarmi col mio nome, e se vi rispondo, vuoi dire che sono io.
Mesiflua E se non rispondi?
Leno Se al nome Leno io non rispondo, mi recherò in casa di qualche fattucchiere e lo scongiurerò che mi esorcizzi, perché forse devo essere l'anima del garzone di Sulco, che quando si addormentò, devono averlo ammazzato e legato con la cavezza.
Mesiflua Dici bene. Con che nome vuoi che ti chiami?
Leno Quando ero vivo, mi chiamavano legno.
Mesiflua Allora sta zitto, che io ti chiamo.
Leno Lasciami voltare di spalle.
Mesiflua Voltati.
Leno Ecco fatto. Su, mi potete chiamare.
Mesiflua Leno!
Leno Alza un po' la voce.
Mesiflua Leno!
Leno Che volete?
Mesiflua Ah, allora lo vedi che sei tu?
Leno Sì, sì, sono io. Sono io. Oh, benedetto colui che mi ha fatto ritrovare! In vita mia non mi ero mai visto in tanta confusione.
Mesiflua E ora che vuoi fare?
Leno Smettere di piangere su di me e cominciare a piangere per l'asino, che credo che sia quello che si è perduto, e rientrare in casa.
Mesiflua Voi. E auguri.
Leno Che io possa morire schiantato se da ora in avanti non mi faccio mettere uno scritto sulle spalle, che dica di chi sono e come mi chiamo, e in che località abito, come sogliono metterlo ai bambini quando incominciano a camminare.


Banca Popolare Pugliese
Tutti i diritti riservati © 2000